On Paper We’re a Disaster
- If
you’re so upset with me why did you feed me your
blood to save my life?!
- Because I do stupid
things, Bonnie!
Bonnie
& Damon, The Vampire Diaries
–
3x21 “Before Sunset”
Non bastava essere consapevole di aver
dato vita ad un mostro.
Non bastava sapere che Alaric, un loro
amico, avrebbe fatto di tutto per eliminarli. Non bastava aver ripreso
il
controllo della propria mentre e del proprio corpo nel bel mezzo del
nulla,
infreddolita, mentre il sangue le defluiva prepotentemente dalla
giugulare
proprio a causa di quello che avrebbe voluto poter ancora definire solo
un
semplice insegnante di storia europea.
No. Ovviamente no. Il senso di colpa
evidentemente non era sufficiente, se qualche entità suprema
aveva deciso di
inviarle Damon come punizione divina.
Adesso si sentiva sporca e di certo
questo non aveva nulla a che fare con il trucco sbavato o con il fango
che le
sporcava le gambe ambrate. Forse, non riusciva realmente ad accettare
che fosse
stato proprio lui a salvarle la vita quella notte. Stefan non sarebbe
stato un
problema, ma suo fratello… oh, Bonnie aveva costruito un
muro molto resiste tra
se stessa e Damon Salvatore dal suo arrivo a Mystic Falls.
C’era
qualcosa… qualcosa che doveva ricordare.
Si morse delicatamente il labbro inferiore, mettendo da parte la paura
e lo
sconforto. Anche se contro la sua volontà, aveva causato lei
quel problema ed
era suo compito risolverlo. Doveva solo… ricordare.
-Non
credevo che un semplice libro potesse contenere tanti incantesimi.-
Bonnie
sorrise soddisfatta nel sentire le parole di Jeremy, mentre
continuava a sfogliare le pagine ingiallite dal tempo. -Ogni famiglia
di
streghe ha un proprio grimorio-, spiegò, -le streghe
più potenti erano anche le
più antiche e ogni nuovo incantesimo o qualsiasi
informazione utile veniva
riportata, in modo che le loro discendenti si trovassero preparate nel
caso si
ripresentasse un’occasione simile.-
Jeremy
inarcò un sopracciglio, -Un po’ come il Libro
delle Ombre in
Streghe?-, chiese con sarcasmo.
-Ma
smettila-, replicò la ragazza, cercando di trattenere una
risata che
le era nata spontaneamente sulle labbra, -guarda questo, invece-,
catturò la
sua attenzione su una magia molto particolare. Serviva a tornare
indietro nel
tempo.
-Mi avevi
detto che questo tipo di incantesimi sono difficili da
gestire-, il piccolo Gilbert incrociò lo sguardo della mora,
aggrottando le
sopracciglia.
Erano altri tempi quelli che erano
risaliti a galla nella mente di Bonnie, ma fu esattamente
ciò che le serviva. -Posso
riportare le cose com’erano-, stava guardando intensamente
entrambi i fratelli.
Forse, quando lei e Jeremy avevano sfogliato il grimorio non ne sarebbe
stata
capace, ma le cose erano cambiate e avrebbe fatto di tutto per
rimediare ai
propri errori. -posso tornare indietro nel tempo-.
-Stai dicendo-, Damon apparve
più
serio e si avvicinò nuovamente al tavolo di legno, unico
elemento che lo
separava dalla figura minuta della strega, oggetto che avrebbe potuto
scaraventare facilmente dall’altra parte della stanza, -che
potresti salvare Alaric?-
I suoi occhi azzurri si incatenarono a
quelli verdi di lei, ma Bonnie non si sentì sotto pressione,
non svenne come
avrebbe fatto qualsiasi altra ragazza in sua presenza. Erano abituati,
loro
due, a guardarsi in quel modo, era il motivo dell’esistenza
di quel muro
invisibile.
-No-, non poteva illudere nessuno,
-sai benissimo che non posso farlo
da sola, per quanto vorrei aiutarlo; ma posso impedire alla me stessa
del
passato di nutrirlo-, non sembrava così difficile, almeno a
parole.
-Controllare il flusso spazio
temporale è rischioso-, si intromise Stefan, -potrebbe
finire male, potresti
rimanere bloccata da qualche parte e non tornare mai più.-
Potevano affrontare
quella situazione per com’era, non avevano mai avuto bisogno
di cambiare il
flusso delle cose.
-Ti sembra ci sia un altro modo, fratellino?- , adesso la
profondità
dello sguardo di Damon era tutta per il minore.
-E a te sembra una buona idea perdere
anche Bonnie, oltre che Alaric?-, anche Stefan aveva alzato la voce e
la
situazione stava degenerando. Il moro stava per replicare, ma la
ragazza
interruppe entrambi e il suo tono deciso convinse anche il
più titubante dei
due.
-Posso controllarlo.-
Mentre Bonnie raggiungeva di nuovo la
propria abitazione, non poteva fare a meno di pensare a quanto diavolo
fosse
rischiosa quell’idea, ma era la loro unica via
d’uscita e lei era coraggiosa.
Non avevano tempo, probabilmente
Alaric stava già mettendo in pratica il suo piano per
eliminare i vampiri di
Mystic Falls.
Recuperò il grimorio e
dispose una
ventina di candele bianche in cerchio, al centro del quale
poggiò un recipiente
d’argento colmo d’acqua. Sapeva di possedere un
enorme potere, ma l’aiuto degli
elementi avrebbe sicuramente facilitato tutto.
Sfogliò lentamente le
pagine del
vecchio libro finché non trovò quello che le
interessava. Non poteva farlo. Cambiare
il flusso naturale delle cose era sbagliato, una di quelle cose che una
strega
non avrebbe mai dovuto fare, ma allora cosa c’era di naturale
nell’essere
circondata da vampiri?
Cosa c’era di naturale in un
amico che
veniva riplasmato da una strega molto più potente per
eliminare i propri amici?
Bonnie chiuse gli occhi, cercando di
frenare le lacrime che le cadevano inesorabilmente lungo le guance. Era
tutto
così sbagliato ed ingiusto, mentre era tutto così
normale e… felice, fino a
qualche anno prima.
Respirò lentamente,
iniziando a
pronunciare le parole in latino.
Sentiva il potere che la stava
lentamente avvolgendo, trascinandola verso il basso ed entrandole nelle
ossa.
Controllarlo era come cercare di sfuggire ad un tornado.
Focalizzò le vaghe e
poche immagini che ricordava della sera precedente. Alaric.
Quanto avrebbe voluto che tutto
tornasse all’inizio. Non riuscì a sopprimere
questo pensiero prima che un’ondata
di potere le facesse perdere i sensi.
Voleva
aprire gli occhi, ma non riusciva a farlo. Era come se un
primitivo
istinto di autoconservazione le stesse dicendo che non doveva farlo, ma
non
aveva tempo. Doveva alzarsi e aiutare Alaric, doveva impedire che
venisse
nutrito e, forse, avrebbe potuto dirgli finalmente addio.
-Tutto bene?-, conosceva quella voce,
-vi sentite bene?-
Esortata da quelle domande insistenti,
Bonnie aprì gli occhi, incrociando quello sguardo che poteva
appartenere ad una
persona e ad una soltanto. -Damon-, si tirò indietro,
poggiando le mani
sull’erba appena tagliata. Quello fu un grosso errore e se ne
rese conto quando
le sopracciglia nerissime del vampiro si aggrottarono.
-Prego?-, chiese, mentre la strega
aveva l’occasione di percorrere la sua intera figura con
occhi accesi dallo
stupore, -come conoscete il mio nome?-, i suoi capelli altro non erano
che
morbide onde dello stesso colore delle piume di un corvo, gli
incorniciavano il
viso chiaro, ma non cadaverico. Indossava
una camicia bianca che nulla aveva a che fare con il suo solito
abbigliamento
e, alle sue spalle, faceva capolino la più grande residenza
che Bonnie Bennett
avesse mai visto in vita sua.
-Io…-, tentò di
dire qualcosa, ma la
vena egocentrica di Damon ebbe la meglio, interpretando il suo
tentennamento
come meraviglia dovuta alla sua straordinaria e indiscussa bellezza.
Inarcò appena un angolo
delle labbra
in quello che doveva essere un sorriso; alla strega non poteva che
ricordare la
malizia presente in ogni sua parola, -Forse potreste iniziare col dirmi
il
vostro nome e il motivo per cui siete stesa nel giardino di mio padre-,
c’era
un velo di sarcasmo nelle sue parole, ma non di scherno. Non poteva davvero
essere Damon.
Ormai era tutto chiaro e Bonnie
capì
una cosa: non si può rimediare ad un errore con un altro
errore, due cose
sbagliate non ne fanno una giusta ed era quello che lei aveva cercato
di fare
con quel dannato incantesimo. La natura probabilmente aveva deciso di
punirla e
ora aveva solo un modo per tornare a casa.
-Mi chiamo Bonnie Bennett-, continuava
a guardarlo negli occhi, non avvezza alle consuetudini ottocentesche,
-credo…
di essere svenuta-, ammise con riluttanza. Concedere a quel subdolo
essere di
apprendere una propria debolezza era uno sbaglio e se ne sarebbe
sicuramente pentita.
-Bennett? Siete in visita per Emily,
immagino-, stavolta furono gli occhi di ghiaccio di lui ad esaminare il
ridicolo modo di vestire della
ragazza,
nonostante gradisse vedere un paio di belle gambe.
-e deduco che le abbiano rubato i vestiti,
per viaggiare in sottoveste-, il sorriso che le rivolse stavolta
sembrava quasi
genuino, ma molto più vicino al Damon dell’epoca
di Bonnie.
-Credo, signor Salvatore- gli
occhi della ragazza si ridussero a due fessure, mentre si tratteneva
dal
provocargli un aneurisma in grado di uccidere qualsiasi umano, -che se
non si
conoscono le culture degli altri paesi, bisognerebbe tacere, a meno che
non si
desideri passare per un bigotto ottuso.-
-Non era mia intenzione offendervi.-
-Non si direbbe.-
Damon scoppiò a ridere.
Conosceva
un’unica donna capace di tenergli testa ed era esattamente
colei con cui
desiderava condividere l’eternità intera: Katherine Pierce.
Ma se Katherine sapeva quando era il
momento di provocare qualcuno, quest’affascinante donna dalla
pelle ambrata non
sembrava farsi troppi problemi, né pareva farlo per uno
scopo preciso, senza
alcuna malizia come invece era stato abituato dalla sua bella vampira.
Semplice
spirito di contraddizione?
-Potreste perdonare la mia
mentalità
da bigotto ottuso, se vi accompagnassi da Emily?-, lui non poteva
negare che si
stava divertendo, -io potrei perdonare la vostra predilezione nel
giudicare gli
altri-
“Oh,
ma allora è un vizio tramandato negli anni, io non giudico
nessuno”.
Bonnie stava per partire in quarta,
ma evitò di farlo per mera convenienza. Aveva bisogno di
tornare nell’epoca
giusta, sicuramente non poteva rimanere lì sapendo quello
che sarebbe successo.
Beh, non conosceva tutta la storia nei dettagli, ma se non fosse stata
attenta
l’avrebbero messa al rogo nella cripta se avessero scoperto
che era una strega.
Rabbrividì.
-Portatemi da Emily e potrei
considerare quest’ipotesi.-
-Quello che hai fatto è
stato da
sconsiderati-, la rimproverò Emily, mentre le faceva
indossare qualcosa di
consono all’epoca, -saresti potuta finire molto peggio se
solo avessi pensato a
qualcosa di diverso-, borbottò ancora, mentre la passava una
camicia di cotone
bianco.
-Lo so-, replicò Bonnie,
cercando di
interrompere il flusso infinito di rimproveri della sua antenata, che
nonostante tutto non abbandonava quell’espressione calma e
distaccata. Erano
tutte così le dame di compagnia?! –Ma ormai sono
qui e mi serve una mano per
tornare a casa.-
La donna sospirò,
fermandosi e
prendendo le mani di quella ragazzina venuta dal futuro, -non
è così semplice.
Io non conosco un incantesimo per viaggiare nel tempo- le
spiegò, carezzandole
una guancia. Le dispiaceva; faceva comunque parte della sua famiglia e
non
desiderava altro che proteggerla, -e mi ci vorrà del tempo
per crearne uno,
capisci, vero?-
L’altra avrebbe voluto
replicare, ma
la porta si aprì, mostrando una figura vestita elegantemente
con un abito da
mozzare il fiato. I ricci le incorniciavano il viso dai lineamenti
delicati,
-Emily-, Katherine raccolse gli orli della gonna con le mani, in modo
che non
si sporcasse a contatto con il pavimento, -il signor Salvatore mi ha
avvisata
della nostra… ospite- lo sguardo della vampira si
posò sul viso della nuova
arrivata.
-Tu.- Bonnie scattò dalla
stretta
della donna dalla pelle scura e guardò la vampira negli
occhi, mentre chiamava
a sé i propri poteri. Katherine non era così
anziana come nell’epoca nativa
della ragazza, poteva provocarle un aneurisma con i fiocchi senza
problemi,
dopotutto adesso aveva i poteri di cento streghe dalla sua parte,
niente era
impossibile.
Katherine osservò la scena
incuriosita, ma sicuramente non intimorita. -Come mai questa ragazzina
è tanto
adirata nei miei confronti?- chiese alla sua dama di compagnia, come se
fosse
vagamente divertita da tutta la faccenda, -non ricordavo nemmeno di
averla mai
vista-, commentò con eccitazione, quasi fosse un giocattolo
nuovo.
-Ti dico solo una cosa-, disse,
stavolta rivolgendosi direttamente alla discendente della sua
domestica, -non
cercare in alcun modo di interferire con le mie azioni, se non vuoi che
ti
mandi al rogo-, stavolta si era avvicinata minacciosamente e aveva
abbassato il
tono della voce, -o magari saresti deliziosa come cena.-
accompagnò le parole
con una risatina frivola che, come abitudine di Katherine, stava a
nascondere
qualcos’altro.
-Vado nelle mie stanze, preparami il
vestito per il ballo in maschera di domani sera-, sparì,
lasciando subito la stanza, dirigendosi
in quelle designate a lei.
La strega avrebbe voluto semplicemente
ammazzare quella donna, -Come fai a proteggerla, io...-, stava per
urlare
qualcosa, ma Emily la interruppe, scuotendo il capo.
-Ti prego, Bonnie-, le prese
dolcemente il viso tra le mani, guardandola con aria materna nonostante
all’epoca fosse anch’ella molto giovane, -mentre
preparo l’incantesimo fa’ ciò
che vuoi, visita il palazzo oppure parla con altri domestici, ma evita
la
signorina Katherine e non sconvolgere troppo il mio tempo, potrebbe
avere gravi
conseguenze nel tuo.-
-Tu non hai idea del male di cui
sarà
artefice-, gli occhi di Bonnie erano seri, se non
gliel’avesse chiesto Emily
probabilmente si sarebbe attrezzata per ucciderla.
-No, ma so ciò che potrebbe
fare a
te.-
Bonnie non aveva la minima idea di
cosa avrebbe dovuto fare, Emily non le permetteva nemmeno di aiutarla
con la
preparazione dell’incantesimo. Sospirò,
nascondendo il capo tra le mani. Aveva
fallito. Aveva usato i suoi poteri per aiutare Alaric e non era servito
a
niente.
-La mia assenza vi devasta fino a
questo punto?-, Damon la schernì, poggiandosi contro lo
stipite della porta
delle cucine, addentando una mela rossa.
Alzò lentamente il viso
verso di lui,
era decisamente l’ultima persona che voleva vedere, si
sentiva già fin troppo
arrabbiata con se stessa per dedicarsi anche all’odio nei
suoi confronti, -Non
è il momento- tagliò corto.
Sul viso del giovane si dipinse una
piccola smorfia, -Dovrei chiamarvi mio fratello-, suggerì
mentre oltrepassava
la sua figura e apriva un’anta della credenza, -lui se ne
intende di problemi,
dopotutto se lo avete incontrato avrete sicuramente notato
l’aria corrucciata
perennemente presente sul suo volto.-
L’imitazione che Damon fece
di Stefan,
riuscì a far ridere la strega, nonostante tutto. Pensava che
Stefan avesse
iniziato a preoccuparsi così tanto solo dopo essere
diventata un vampiro.
-Ad ogni modo, io posso offrirvi solo
del whiskey e fingere di interessarmi ai vostri problemi, se questo vi
basta-,
le fece l’occhiolino, versando il miglior bourbon in circolo
in due bicchieri.
Lo aveva nascosto personalmente lì, almeno si sarebbe
risparmiato le lagne di
suo padre.
Bonnie prese il bicchiere che
l’altro
le stava offrendo e sospirò, rigirandoselo tra le dita, -Non
è una cosa di cui
posso parlare-, si sforzò di dire.
-Possiamo bere e basta in questo
caso-, propose il moro, prendendo un sorso del liquore e sedendosi di
fronte
alla donna. C’era qualcosa di strano in lei, ma forse stava
solo sviluppando
una paranoia dovuta alla presenza di Katherine.
L’altra inclinò
appena il capo di
lato, scrutando Damon con meraviglia. A lui non interessava del resto
dell’umanità,
né faceva qualcosa per aiutare il prossimo,
eppure…
-Vi sto proponendo
dell’alcool,
signorina Bennett, non di raggiunge la mia camera da letto-, rise il
giovane,
in risposta alla sua espressione. -Anche se ammetto-, si sporse
leggermente sul
tavolo in legno, incatenando gli occhi verdi della ragazza ai propri,
-di
essere molto affascinato dalla vostra persona.-
Il ragazzo agiva d’istinto,
senza
pensare a Katherine, che era sempre presente in un angolo della sua
mente, ma
come oscurata dai luminosi occhi verdi di quella ragazzina che gli
stava
davanti.
Bonnie si sporse un po’
verso di lui,
cadendo nell’oceano del suo sguardo, come se fosse la sua
ancora di salvezza in
mezzo alla confusione che aveva provato quando era stata obbligata a
nutrire
Alaric. Socchiuse lentamente gli occhi.
–Oh, no-, tentò
di tornare in sé,
tirandosi indietro e guardandolo, senza riuscire a capire cosa stesse
succedendo.
-No?-, il giovane Salvatore non
sembrava dello stesso avviso, ma non aveva intenzione di forzarla.
Tornò a
poggiare la schiena contro il retro della sedia, osservandola
interrogativo.
Avrebbe voluto picchiarlo! Fargli
venire un aneurisma e dargli fuoco per quanto si sentiva umiliata!
–Mi avete
colto in un momento di debolezza, non capiterà mai
più!-, sbottò, alzandosi
velocemente e rivolgendogli un’occhiata piena
d’odio.
Lui aveva tentato di ucciderla ed era
colpa sua se sua nonna era morta e se sua madre era diventata una
vampira. Era
sempre e solo colpa sua. Ed era in utile che la guardasse come se non
sapesse
cosa aveva combinato! Lei… non sapeva nemmeno più
cosa pensare.
-Verrete al ballo di domani sera?-, le
chiese, prima che riuscisse a raggiungere la porta e le scale che
l’avrebbero
condotta nella camera di Emily, sfortunatamente adiacente a quella di
Katherine.
Ignorò la sua domanda e
raggiunse
quella stanza vuota. Si richiuse velocemente la porta alle spalle e
poggiò la
schiena contro il legno scuro. Non poteva essere accaduto veramente.
Chiuse gli
occhi e si infilò le dita tra i capelli, tentata dallo
strapparseli uno per
uno.
Non provava niente per Damon
Salvatore.
O forse sì? Era per questo
che si
lanciavano attacchi continuamente?
Era per questo che in fondo era
contenta che lui l’avesse nutrita con il proprio sangue?
Si sentiva in colpa perché
il sangue
di Stefan non era minimamente paragonabile a quello di Damon?
No. Non poteva assolutamente pensare
quello dell’uomo che l’aveva quasi prosciugata del
suo stesso sangue.
Era completamente in preda alla
disperazione e l’unica cosa che voleva era tornare alla
normalità di un Damon
che la odiava e non tentava di baciarla dopo averle offerto del whiskey.
Una normalità in cui il suo
cuore non
era così confuso.
Bonnie aveva imprecato, sbuffato
eaveva
persino battuto ripetutamente i piedi per terra, ma non era servito a
nulla.
-Non ho la minima intenzione di
andarci-, non voleva rivederlo, non adesso che l’aveva
turbata così tanto ed
era consapevole che sarebbe stato impossibile evitarlo se fosse davvero
andata
a quella festa.
-Non sono io a volere che tu ci vada-,
Emily scosse appena il capo, -fosse per me, non ti avvicineresti
nemmeno al
peggiore dei fratelli Salvatore-, oh, non serviva che glielo dicesse
lei!
Sapeva benissimo che Damon era una persona pessima, che meritava
soltanto di
essere ignorata.
-Ma queste sono le richieste e, dal
momento che è stato così generoso da farti
recapitare un vestito, non puoi
destare sospetti sulla tua provenienza-, aggiunse, lasciandosi scappare
una
risata sentendo l’urletto di dolore dell’altra
mentre le stringeva il corpetto
sulla schiena, -devi trattenere il respiro, cara.-
-Vestite tutte così da
queste parti?-,
chiese con una smorfia.
-No-, Emily parve sorpresa da quella
domanda, -non so come funziona da te, tesoro, ma qui le persone con la
pelle
come la nostra non sono invitate alle feste e non devono mettere bei
vestiti,
quindi nemmeno fastidiosi corpetti. Immagino che la mia discendenza sia
diventata più chiara con le unioni- aggiunse, sicuramente il
colorito più scuro
di Bonnie non passava inosservato, ma non era di certo possibile
metterlo a
confronto con quello dell’altra donna.
-Comunque sta’ attenta. La
signorina
Katherine è molto gelosa ed entrambi i signori Salvatore le
appartengono, lo ha
deciso ormai da tempo- le spiegò, anche se probabilmente non
ce ne sarebbe
stato bisogno, -io passerò tutta la serata qui ad ultimare
l’incantesimo. Ti
prometto che entro l’alba di domattina sarai a casa-
-Lo spero- fu la risposta di Bonnie,
mentre osservava il riflesso che le rimandava lo specchio. I ricci
scuri le
ricadevano morbidi e larghi sulle spalle, gli occhi verdi erano messi
in
risalto da un abito dello stesso colore, che le fasciava
meravigliosamente la
vita e le lasciava scoperte le spalle. Sarebbe parsa bellissima a
chiunque.
Forse
persino a Damon,
le suggerì la sua testolina malata.
Scosse il capo. Lui sarebbe stato
troppo impegnato ad osservare la sua Katherine e come avrebbe potuto
biasimarlo? Lei non era bella come le Petrova.
Indossò la maschera
abbinata al
vestito, che le incorniciava gli occhi, perdendosi in un fitto
intreccio di
ghirigori di raso nero e fece il suo ingresso in sala, ritrovandosi
subito a
pensare di essere una completa deficiente. Non avrebbe parlato con
nessuno quella
notte.
Perché era lì?
Si morse il labbro
inferiore, non riuscendo a darsi una risposta sensata.
Cercò un angolo dove
nascondersi per
il resto della serata. Nemmeno il pensiero che l’incantesimo
fosse ormai quasi
ultimato riusciva a risollevarle l’umore: si stava quasi
abituando a quel Damon
Salvatore.
-Mi state evitando, per caso?-, la
sbeffeggiò la stessa voce che non riusciva ad allontanare
dai propri pensieri.
Bonnie inarcò un
sopracciglio,
sentendosi quasi in un romanzo di Jane Austen .
–Perché mai dovrei evitare
l’uomo che ha tentato di approfittarsi di me?-, chiese,
evitando attentamente
di incrociare il suo sguardo.
Era possibile non cedere di fronte a
quegli occhi?
Sì,
Bonnie. Solo le ragazzine stupide si lasciano ammaliare da quelli
come lui.
-Perché è
estremamente affascinante e
ignora l’essere ipercritica
delle sue malcapitate vittime, forse*-, aggiunse,
porgendole una mano guantata di bianco, -ma mentre lo decidete, che ne
pensate
di danzare?-, si era fatto incredibilmente serio e Bonnie si era
trovata
costretta a prendere un lento respiro, prima di annuire e seguirlo al
centro
della pista da ballo.
-Credo che sareste più
interessato a
concedere questo momento alla donna che ci sta fissando- ovviamente
Bonnie si
stava riferendo a Katherine. Lasciò comunque che le mani del
suo accompagnatore
sfiorassero le proprie.
-Volete davvero parlare anche
adesso?-, lei non riuscì a fare a meno di perdersi nella
meravigliosa mezza
curva formata dalle labbra del maggiore del Salvatore.
Sorrise di riflesso, non riuscendo a
farne a meno, -Uno di noi due deve pur pensare a parlare, non
trovate?-,
domandò a bassa voce, avvicinandosi di un passo
all’uomo che le stava di
fronte. Stava seguendo l’istinto, dimenticandosi
completamente di chi fosse lui,
dimenticandosi di se
stessa e di ciò che lui le aveva fatto passare.
Dimenticandosi persino il
proprio disordine interiore.
Damon chinò lentamente le
labbra,
sfiorando l’orecchio della mora, -se proprio volete parlare,
continuiamo la
conversazione in giardino-, mormorò, afferrandole saldamente
la mano.
C’era qualcosa di gentile che si addiceva solo e
soltanto ad un uomo
dell’Ottocento in lui e che non aveva niente a che fare con
il vampiro che
conosceva.
Questo la confondeva. Quasi quanto il
fatto che quello sarebbe stato l’unico momento in cui avrebbe
potuto
condividere qualcosa di così speciale ed intimo con lui e se
ne sarebbe
probabilmente pentita per il resto della sua vita che fortunatamente, a
differenza di quella di Damon, non era eterna.
Si lasciò condurre in
giardino, mentre
i sensi di colpa la assalivano e le suggerivano, accerchiandola, di
scappare a
cercare Emily e di tornare nella sua epoca.
Aveva già sbagliato
abbastanza: non
aveva aiutato Alaric.
-Forse…-
sussurrò la ragazza, facendo
per tirarsi indietro, ma venendo bloccata con facilità dalle
grandi mani di
Damon che la imprigionarono contro la balaustra in marmo che dava sulla
splendida vista degli alberi in fiore.
-C’è qualcosa tra
me e la signorina
Pierce, non so se avete mai provato un sentimento simile a
ciò che provo io nei
suoi riguardi-, era terribilmente serio, come non sarebbe stato
più dopo la sua
morte, -ma dovete sapere che non basta averla al mio fianco per farmi
smettere
di pensare a voi e a quanto vi desidero.-
Il cuore di Bonnie perse un battito e
poi un altro, voleva dirgli che lei non riusciva a toglierselo dalla
testa da
molto prima, ma poggiò invece le dita sottili sul dorso
delle mani di Damon,
per respingerlo, mentre cercava di capire cosa voleva lei.
Fece per aprire la bocca e dire
qualcosa, ma le parole di lui la bloccarono di nuovo, -penserete che
sia
insensato e incommensurabilmente sciocco dire questo ad una donna che
si
conosce da appena qualche giorno-, un lieve sorriso gli
increspò le labbra
mentre una delle sue mani, sicure che ormai non si sarebbe mossa da
lì, salì ad
accarezzarle delicatamente una guancia, alzando quella maschera di raso
che la
nascondeva parzialmente alla sua vista, -ma ho paura che scompariate,
proprio
come siete apparsa dal nulla-, incatenò di nuovo lo sguardo
a quello di lei.
-Non mi conoscete!-, rispose lei,
quasi disperata, -potreste odiarmi! Potreste odiare quello che sono!-
non
poteva lasciare che continuasse a parlarle in quel modo, non poteva
lasciare
che fosse così dolce con lei.
Per quanto volesse, doveva
non volerlo.
-Bonnie-,
sussurrò, era la prima volta che sentiva il suo
nome pronunciato in quel modo e non aveva minimamente a che fare con il
modo in
cui la chiamava Jeremy, -non potrei mai odiarvi-,
mormorò, chinandosi di nuovo con la chiara intenzione di
baciarla.
-Damon.-
La voce di Katherine lo fece bloccare
e questo concesse ad una Bonnie che non riusciva né a
controllare il proprio
battito né tanto meno a capire cosa le passasse per la mente
di abbassarsi
velocemente e, presi tra le mani i lembi della lunga gonna verde,
correre via
con le lacrime che le rigavano le guance.
La porta della camera di Emily
sbatté
contro la parete con un colpo secco.
-Devo tornare a casa, ti prego-,
Bonnie non riusciva a controllare le lacrime, mentre si avvicinava alla
sua
antenata che le stava porgendo un libro. Il suo grimorio o, almeno,
quello che
sarebbe diventato tale.
Non fece domande, accarezzò
lentamente
i capelli della ragazza in lacrime, mentre accendeva delle candele,
poggiandole
in dei piattini d’argento, -Ho dovuto scrivere un incantesimo
per questo genere
di cose-, le spiegò, -così ne ho potuto ricavare
una formula contraria che lo
annullasse-.
Bonnie annuì, notando
appena che
quello che reggeva tra le mani era lo stesso incanto che
l’aveva condotta lì.
Strinse i denti: non capiva cosa le
stesse succedendo, era totalmente disorientata e senza nemmeno una
certezza.
Non pensava che uno stupido viaggetto nel tempo le avrebbe sconvolto la
vita in
modo così radicale.
Pronunciò le parole latine,
macchie
informi di inchiostro su quel pezzo di carta, sperando che i singhiozzi
non
alterassero il significato di quello che stava dicendo e si
abbandonò
totalmente al potere.
-Tutto bene?-, fu la prima cosa che
sentì quando riprese conoscenza; peccato che stavolta fosse il Salvatore sbagliato.
Bonnie alzò lo sguardo,
incrociando
quello di Stefan, -No,
ho fallito-,
sussurrò, lasciandosi andare ancora una volta alle lacrime,
-non sono riuscita
ad aiutare Alaric-, si strinse maggiormente al vampiro. Erano anche
altre le
cose che non la facevano stare bene, ma non voleva ammettere
né parlare di
quelle.
-Lo so-, mormorò
l’altro stringendola
a sé in un alquanto vago tentativo di consolarla. -Ricordo
vagamente di averti
vista al ballo in maschera del 1864-, le spiegò, notando
l’occhiata confusa che
gli rivolse, -immagino tu abbia sbagliato epoca, sono ricordi nuovi ed
è come
se li avessi solo sognati-, aggiunse qualche attimo dopo, come per
tranquillizzarla.
Bonnie deglutì e si
asciugò le
lacrime. Questo significava che anche lui
ricordava?
-Dov’è Damon?-
chiese, alzandosi di
scatto dal pavimento e scostandosi dalla presa di Stefan.
Seguì la direzione che
gli indicava il viso dell’amico, fino ad incontrare gli occhi
blu del moro
freddi e distanti, l’espressione dura.
Ti prego,
fa’ che sia per Alaric.
Il maggiore dei Salvatore le concesse
uno dei suoi sorrisi. Uno di quelli che promettevano tempesta. Era
arrabbiato.
–A cercare un modo per uccidere quello che è
rimasto di un suo amico-, rispose,
dando le spalle ad entrambi e dirigendosi con stizza verso
l’ingresso.
-Damon-, Bonnie si morse le labbra,
seguendolo e poggiandogli una mano attorno al polso, per bloccarlo. Non
sapeva
perché l’aveva fatto: cosa gli avrebbe detto
adesso? Scusa per aver flirtato
con te duecento anni fa?
Il vampiro ritirò il
braccio con una
tale rabbia e forza da farla quasi ricadere all’indietro. Si
voltò a guardarla
e la sua espressione sembrava tutto fuorché amichevole.
–Sai cosa, streghetta?
Mi sento preso in giro.-
E confuso. Era così
convinto di amare
Elena. Lo era stato fino a quel momento. Non poteva arrivare a
sconvolgere il
suo cuore morto e martoriato.
-Sei stato tu a cercare di baciarmi!-
si difese a quel punto la ragazza, incrociando le braccia al petto,
arrabbiandosi a sua volta. Adesso ricordava perfettamente per qualche
motivo
odiava così tanto Damon Salvatore.
La smorfia sul volto
dell’altro la
fece solo arrabbiare di più, -Perché ovviamente
il tuo guardarmi con gli
occhioni da cucciolo smarrito non era un chiaro invito a farlo-, il
sarcasmo
traspariva da ogni parola.
-No! Io non volevo baciarti!-, fu la
risposta tempestiva di lei. Forse troppo tempestiva.
-Io non credo-, Damon era deciso e
sicuro di sé, come lo aveva sempre visto e come non si
stupiva di trovarselo
davanti. La spinse contro la parete dell’ingresso, cercando
di dosare la
propria sovrannaturale forza, ma quella ragazzina gli faceva saltare i
nervi,
lo mandava fuori di testa non appena apriva quella dannatissima bocca.
Bonnie non ebbe nemmeno il tempo di
replicare, di provocargli un aneurisma o qualcosa del genere che si
ritrovò le
sue labbra premute sulle proprie, in quello che non era altro che uno
scontro,
messo su un punto di vista diverso da quello verbale.
Era la prima volta che nessuno dei due
si sentiva confuso, il senso di turbamento era svanito. Volevano
lottare
entrambi per averla vinta. Le labbra di Bonnie mordevano quelle di lui,
mentre
le dita sottili si insinuavano tra i suoi capelli neri e sottili.
I loro sapori si mischiavano, insieme
alla sensazione di aver finalmente trovato un posto sicuro, un posto
giusto
dove poter passare l’eternità.
Le mani di
lui preferirono distruggere la gonna verde,
principalmente per fare pressione sulla struttura rigida della
crinolina, in
modo da romperla e poter spingere la ragazza con la schiena alla
parete,
sollevandola i e lasciando che gli circondasse i fianchi con le gambe.
La mora sentì uno dei palmi
freddi di
Damon sfiorarle una gamba e subito dopo un vampiro inopportuno che si
schiariva
la gola.
-Io, davvero, non vorrei-, Stefan si
passò una mano tra i capelli, quasi in imbarazzo, -ma
c’è Klaus qui fuori e
evidentemente Caroline non ha seguito il vostro esempio con lui.-
-Non ti ricordavo così
divertente-,
ironizzò Damon, scostandosi con irritazione, -andiamo- disse
a Stefan, senza
però distogliere lo sguardo dagli occhi verdi della strega. Le accarezzò
una guancia, prima di decidere
di raggiungere il fratello che era già sparito
all’esterno, -va’ a vedere che
fine ha fatto Elena-, le disse, indicandole le scale.
Bonnie sentiva il cuore batterle a
mille e la scarsa lucidità prendere di nuovo possesso della
sua mente, mentre
saliva gli scalini a due a due.
-Ehi, ipercritica*-, la
bloccò la voce
di lui, -non scherzavo quando dicevo che non mi bastava per farmi
smettere di
pensare a te, nemmeno una certa persona che le somiglia.-
Ci fu un attimo di pausa in cui non
poterono fare a meno di rimanere a guardarsi, dai lati opposti della
stanza.
–Dammi un po’ di
tempo per schiarirmi
le idee-, le chiese alla fine.
E quella richiesta profumava di
promesse.
*Ipercritica: questa non è
una vera e
propria nota, ma preferisco d gran lunga la versione inglese, dove la
chiama
“judgey” .
** Il titolo è
preso da una canzone di
Orianthi, Shut up and kiss me.
Note
Scialve!
Non ho molto da dire su questa storia, eccetto che partecipa al The Vampire Diaries contest - Human di Lua93 :3
Maaaaaaa, soprattutto! Avrei intenzione di scriverci una long. Cioè, una vera long. Quindi riscrivere l'inizio (questo) in più capitoli e poi continuarla, ma non so davvero, gradirei dei consigli in proposito. :3
Note
Scialve!
Non ho molto da dire su questa storia, eccetto che partecipa al The Vampire Diaries contest - Human di Lua93 :3
Maaaaaaa, soprattutto! Avrei intenzione di scriverci una long. Cioè, una vera long. Quindi riscrivere l'inizio (questo) in più capitoli e poi continuarla, ma non so davvero, gradirei dei consigli in proposito. :3