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Autore: KH4    12/10/2013    3 recensioni
 - Dovresti lasciarli respirare, ogni tanto -, esordì infine lei. 
Un veloce spostamento delle pupille dal libro a lei fu tutto quello che il ragazzo le concesse.
 
- I capelli -, specificò la ragazza, raddrizzando il busto e appoggiandolo alla balaustra del letto – Li porti sempre legati, anche di notte. –
- E allora? – Proferì atono lui.
- E allora mi chiedevo se posso pettinarteli. –
- Scordatelo. – 
One-Shot dedicata alla Strega di Ilse e a Broken Mask.
Paring: Yu Kanda x Yuki Yurohi.
 
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio , Yu Kanda
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Yuki Yurohi si era sempre domandata che tipo di sensazioni avrebbe provato a pettinare l’acqua.
Acqua nera e fredda come gli oscuri abissi oceanici, per essere precisi, come quella che picchiettava contro il vetro della finestra da diverse ore. I capelli di Kanda erano così inspiegabilmente limpidi nel loro essere inchiostrati di petrolio dai profondi riflessi bluastri, da rifletterne addirittura l’immortale riflesso glaciale delle iridi ossidiane del ragazzo.
 
E solo per questo Yuki li adorava.
 
Di quella scontrosità vivente che rispondeva alle domande altrui con cenni di seccata diffidenza, rappresentavano un segno di beltà sfiorante la perfezione che nella quotidianità del giapponese si riduceva a un ordine sobrio, composto di poche cose, ma perennemente costanti.
Una specie di reliquia ancora non sconsacrata da mani estranee.
 
Neppure ricordava quando aveva cominciato a provare un così accentuato interesse per un tale elemento estetico, giacché l’attenzione per i suoi di capelli, si era sempre unicamente rifatta a non averli pieni di nodi; il lambirne con le sue pagliuzze ambrate l’ondeggiante luminosità, ogni singolo e puro filamento che componeva quella cascata dalle punte dritte e scivolava sulla schiena allenata del ragazzo, era concepito da un sentimento per quella stessa intoccabilità che permeava tutte le minuziose particolarità dell’esorcista semi-sdraiato sul suo letto a leggere un libro dai caratteri minuscoli. Kanda era schivo, di una semplicità caratteriale tesa alla complessità che impediva a chiunque di capirlo, nonostante lui stesso detestasse futili grovigli di qualsiasi natura; tutto lasciava intendere una serie di scelte fisiche e morali prese e mantenute per conto di una decisione originale che ne aveva condizionato il futuro, ma nel suo sondare scrupolosamente ogni lungo filo nero che si gettava verso il basso e si disperdeva sul cuscino, Yuki aveva volutamente messo da parte quella consapevolezza appresa col semplice sostenere lo sguardo gelido del ragazzo e si era concentrata sul presente.
 
Perché quei capelli erano davvero belli e se in un primo momento si era accontentata di guardarli scivolare a destra e a sinistra a ogni passo sicuro che Kanda compiva, ora l’impellente desiderio di poterli vedere liberi, magare toccarli, rendeva la vista di quel laccio stretto in alto alla nuca a dir poco ingiusta.
 
-
Dovresti lasciarli respirare, ogni tanto -, esordì infine lei.
 
Un veloce spostamento delle pupille dal libro a lei fu tutto quello che il ragazzo le concesse.
 
-
I capelli -, specificò la ragazza, raddrizzando il busto e appoggiandolo alla balaustra del letto – Li porti sempre legati, anche di notte. –
- E allora? – Proferì atono lui.
- E allora mi chiedevo se posso pettinarteli. –
- Scordatelo. –
 
Non si era preso la briga di guardarla, di staccare le lunghe dita dalla copertina rigida del libro o di compiere qualunque altro atto che indicasse un minimo di attenzione nei suoi confronti. Esibire la propria opinione personale con poche parole era già una concessione che andava oltre ai comuni “Tch!”, “Sì”, “No”, che ogni tanto anche la ragazza doveva farsi andar bene quando il suo umore era più nero del solito, ma pensare sul serio che Yuki Yurohi gettasse la spugna solo per una negazione arrivatale in faccia senza troppe premure, altro non era che un’assurda ridicolaggine. E Kanda lo aveva imparato a proprie spese.
 
- Yu? – Il suo nome. Un piccolo privilegio concessole nella loro intimità.
- Che vuoi? -
- Posso pettinarti i capelli?-
- Guarda che se ti annoi, puoi andare a fare un giro o chiedere a Lenalee di farti da cavia –, sbottò lui.
- Non voglio pettinare i suoi di capelli: voglio i tuoi -, si ostinò calma, schiudendo le lunghe ciglia verso il suo viso e poi all’oggetto del suo attuale interesse – Sono così lunghi e lisci…Ricordano un po’ la seta, sai? Viene voglia di toccarli e passarci dentro le dita. -
- Dici sempre cose senza senso. –
- E tu sei sempre il solito musone -, fu la pronta replica di lei - E comunque non è senza senso esprimere a voce alta ciò che si prova quando si guarda qualcosa di bello. -
-Tch! - Kanda roteò gli occhi all’insù e sbuffò come a suo solito, quanto bastava perché la linea della bocca gli si piegasse in una smorfia esasperata.
 
Non mollerà la presa, la conosceva così bene ormai da prevederne i pensieri e le reazioni. S'impunterà bambinescamente senza perdere niente di quella sua impeccabile compostezza e professionalità che cadevano quando si trattava di avere una stanza perfettamente in ordine e non con l’intero armadio riversato sul pavimento. Lo osserverà profondamente con quelle inusuali iridi che tenevano sfacciatamente testa alle sue, crogiolandosi sulle striature bluastre per il semplice ricercarne sfumature non ancora colte. Starà lì, in silenzio, aspetterà, sapendo meglio di lui che il suo atteggiamento passivo lo istigherà abbastanza da chiedersi perché ogni volta che erano da soli, finiva sempre per cadere preda delle macchinazioni insensate che il suo cervello puntualmente partoriva. Sa che farà così, Yuki incarna quel tipo di testardaggine contro cui si era ritrovato a primeggiare diverse volte per riuscire a ristabilire il dovuto controllo scombussolato. E’ caparbia e ingestibile, con tanto di parlantina che lo sfinisce con quei suoi discorsi che di logica non hanno niente, ma più di tutto, ne ha sempre inspiegabilmente detestato l’isolamento qualora sorgessero dissapori. Lì l’ordine cessava di esistere, subentrava un muro di alto silenzio e indifferenza che superava di gran lunga la sua inspiegabile quanto esasperante propensione di porre stupidi quesiti per altrettante stupide ovvietà.
 
-
Non fare danni -, si limitò a dirle, chiudendo con colpo secco il libro e staccandosi dal cuscino.
 
Yuki sorrise, con le labbra rosee addolcite e il piccolo pettine rosso pronto in mano, sistemandosi meglio sul materasso di modo che fosse perfettamente di fronte al ragazzo. Capire Kanda e cosa avesse di tanto prezioso e innominabile dietro quella sua perenne maschera carica di scherno per qualsiasi aspetto riguardante la Chiesa che invece lei aveva servito molto da vicino, era sempre stato come guardare nel vuoto e coltivare la speranza di scorgerne un qualche fondo.
Stando attenta, prese fra le dita uno dei fili sporgenti del laccio e lo tirò fino a quando il nodo non si sciolse. Da prassi, i capelli di Kanda ricaddero lungo la schiena.
 
-
Allora? – Incalzò quest’ultimo, aggrottando le sopracciglia – Ti decidi o no? –
- Un secondo. Adesso sta fermo. -
 
A volte Yuki dimenticava che con Sua Altezza bisognava essere pazienti tre volte più del necessario. Inutili gli studi, le lunghe ore notturne passate a chiedersi in che modo il cervello del ragazzo funzionasse, quali meccanismi e ingranaggi ne componessero la psiche sempre pronta a ribattezzare la sua avversione per l’essere umano in generale: Kanda andava accettato così com’era, non vi era altra strada per andare oltre a quanto dava a vedere. E il solo concederle quel piccolo capriccio era la prova più fresca in suo possesso.
Delicatamente, portò l’intera chioma color ebano davanti, sul suo torace, dividendola in due parti che cominciò a pettinare gradualmente, ciocca per ciocca. Non un nodo, una doppia punta o un punto dove i capelli si unissero e le rendessero il lavoro più difficile; i denti del pettine scivolavano indisturbati fino alle estremità, seguiti dagli splendenti riflessi blu elettrici che scomparivano quando le dita affusolate di lei li lasciavano pigramente ricadere contro il petto tonico del ragazzo.
 
Faceva attenzione, Yuki, a non commettere errori, come il lasciarsi risucchiare da quella scura imperscrutabilità presente perfino in essi, ma in cuor suo non si sarebbe stupita se fosse riuscita a scorgere la sua immagine in mezzo a quella distesa liscia e filamentosa che richiese molte meno cure di quante ne avesse previsto. Aveva rinunciato a capire per il semplice fatto che certe cose andavano semplicemente ammirate e gli occhi di Kanda, il suo viso dai lineamenti incapaci di esternare le più basilari forme di calore umano, non facevano testo. Ogni tanto ci cadeva, si perdeva in domande che finivano per estraniarla o farla muovere inconsciamente, ma reprimerne l’impulso non era mai stato possibile: non si poteva avere sempre il controllo di tutto, era un dato di fatto.
 
A guardarlo ora, Yuki si rese conto quanto fosse diverso con i capelli sciolti; lo avrebbe quasi definito innocente, se dai suoi occhi, dal suo modo di fare, sarebbe trasparito un sentimento incarnante tale aggettivo.  E siccome aveva ottenuto ciò che voleva, non le restò altro da fare che cingergli il collo con le braccia e rinchiudere nuovamente quella cascata nera in una coda bassa che lasciasse fuori soltanto le solite due ciocche laterali e dare un’ultima sistemata alle suddette.
 Per quante occasioni le fossero state offerte per godere di una vicinanza più intima con il giapponese, Yuki non aveva mai permesso che queste perdessero la loro preziosità. A prescindere da che cosa erano, quanto sporche e ferite fossero le loro anime e quanto ancora sarebbe occorso perché i vecchi dolori smettessero di tormentarli, quei rari momenti di solitudine congiunta non avrebbero mai attraversato le mura pietrose di quella stanza.
 
Soltanto lì la ragazza poteva provare a diminuire la distanza che la divideva dall’intoccabile irraggiungibilità del compagno e lenire quella dolorosa costrizione che ne infilzava il cuore artificiale con piccoli gesti carezzevoli che esprimessero il suo amore.
 
E neanche a farlo apposta, se ne era lasciata condizionare nuovamente.
 
- S-Scusa. –
 
Yuki ritrasse la mano indietro velocemente, tirandosela al petto come se si fosse appena scottata. Avrebbe tanto voluto mordersi la coscienza, se fosse stato possibile, ma l’unica concessione offertale era quella di infierire sulla sua stupidità che perennemente le abbonava figuracce su figuracce. Il pensare a quanto desiderava poter essere motivo di fiducia per Kanda le aveva fatto dimenticare che sì, le erano permesse certe concessioni, ma sempre dentro specifici limiti che, fra sbuffi mentali, si era sempre ripromessa di non valicare.
 Il perdersi via nell’accarezzare la guancia di Kanda per tempo indeterminato, sotto lo sguardo penetrante del suddetto, e accorgersi tardi di quel suo piccolo e inconscio gesto d’affetto che molto probabilmente ne aveva riflesso un’intensità doppia del previsto, scalò la graduatoria fino a spodestare prepotentemente la sua ultima uscita.
 
-
Scusa -, ripeté – Non volevo… -
 
La frase rimase in sospeso, sostituita da un brivido che le attraversò il corpo non appena la mano del giapponese le afferrò il polso e la tirò a sé fino a farla finire sdraiata sul materasso con lui a cavalcioni.
 
- Kanda? –
- Oggi sei decisamente in vena di dire stupidate –, proferì nuovamente lui, senza lasciarle il polso – Prima i capelli, adesso questo tuo chiedere scusa. –
- Ma avevo finito di sistemarti la coda e mi sono incantata -, tentò di replicare lei – Non era mia intenzione farti altro e… -
- E chi ti ha detto che non mi piacesse quello che stavi facendo? -
 
Se il più delle volte Yuki Yurohi sosteneva la freddezza di Yu Kanda con mite accondiscendenza, c’erano alcuni episodi dove inconsciamente lei abbassava la guardia e gli occhi del ragazzo le entravano dentro a tal punto da disarmarla. L’aveva osservata, Kanda, per tutto il tempo, soffermandosi brevemente sul perché la normalità di un pomeriggio piovoso con la dannata ragazzina dovesse per forza implicare un attacco ai suoi nervi. C’era sempre un qualcosa che lui non riusciva a prevedere e neutralizzare, un “Perché” dal significato indefinito che aveva imparato a sopportare perché certo che dipendesse da una qualche sperimentazione teorica ordita dalla mente di lei, ma nel seguire il lento movimento della mano di lei dai suoi capelli alla sua guancia, le dita che ne accarezzavano la pelle con evidente affetto e gli occhi ambrati assorti, non aveva affatto obbiettato.
 
Aveva lasciato che accadesse e basta.
Adesso ce l’aveva lì, con ancora il suo polso esile prigioniero della sua mano e il sordo picchiettare dell’acqua piovana a mischiarsi con i loro respiri regolari.
 
-
Yu? –
- Cosa?- Le lasciò andare il polso, che stranamente rimase sospeso in aria.
- Posso scioglierti i capelli? –
- Hai fatto un sacco di storie per sistemarmeli solo per disfare tutto? –
- Il solito esagerato: non ho fatto un sacco di storie -, replicò lei - E comunque…Mi piacciono di più sciolti. Sono davvero belli da accarezzare -, confesso dolcemente, sfilando il nodo del nastro - Li puoi tenere così quando siamo qui, io e te? –
- Se serve a farti smettere di parlare... –
- Sempre tanto simpatico, eh? -
 
 A quel punto zittirne la lingua cocciuta con la sua seppe quasi di obbligo. A Kanda non interessavano i sentimenti, il provare emozioni, essere una persona come tante altre. A un artificio riuscito per miracolo e con un’anima dilaniata dall’umana superbia pentita come la sua, serviva tutto fuorché carichi di inutile accozzaglia scaturiti da un cuore pulsante, ma la morbidezza delle labbra mielate di Yuki sotto le sue, le dita affusolate che gli sfioravano la pelle e quel viso di bambola che si rifletteva tremolante nei suoi occhi d’ossidiana al solo sollevarle la maglia di cotone, gli ricordò che dopotutto, corpo artificiale o meno, anima e sensazioni attaccate a quel fiore di loto che brillava nella clessidra riposta sopra la scrivania, di vita ne aveva una sola. E forse valeva la pena provare a viverla con un minimo di umanità.
 
 
Extra:
Laccio per capelli.
 
- Dammelo. –
 
            Gli imperativi categorici avevano il potere di esprimere un pensiero senza inutili giri di parole cariche di disgustosa cortesia legata alla buona educazione. Perfetti per Kanda, che andava sempre al nocciolo della questione non appena varcava la soglia di una stanza per il solo scopo di spendere meno tempo possibile in compagnia di altre persone. Odiava qualsiasi forma d'intrattenimento che gli facesse perdere preziosi minuti che magari poteva spendere in un redditizio allenamento mattutino – come massacrare le orde di Finder che non reggevano nemmeno tre secondi - e imputarsi su una questione che sapeva benissimo essere sciocca, anzi, indicibile sotto tutti i punti di vista, minava quel briciolo di controllo stizzito che solitamente scemava quando aveva a che fare con Moyashi.
 
Ma quel laccio gli serviva, a prescindere da quanto si stesse rendendo ridicolo nel cercare di riprenderselo! Era l’unico che aveva, lo stesso che Yuki aveva sciolto, legato e nuovamente sciolto prima che lui decidesse di prendere in mano la situazione. Lo stesso laccio per i capelli con cui ora Kuro giocava sul tappeto della camera, arrotolandosi e affondandoci le unghiette delle soffici zampette pelose per farlo volare in aria.
 
- Dammelo subito -, ordinò una seconda volta, inginocchiatosi col viso truce.
 
Si ritrovarono a fissarsi l’un l’altro per diversi secondi. A Kuro, Kanda piaceva discretamente, sebbene il sentimento non fosse chiaramente reciproco. Si parlava più che altro di un’accettabile convivenza ben gestita dal semplice fatto che la morbida e piccola bestiolina era incapace di parlare e gli unici miagolii pronunciati si rifacevano al suo bisogno di mangiare o di coccole che lo vedevano finire puntualmente - e anche fastidiosamente - acciambellarsi fra le braccia di Yuki.
E in quest’accettabile convivenza, ovviamente, sussisteva un corollario di obblighi che potevano ridursi a due semplici regole: non toccare le cose di Kanda e, in caso di pericolo, rifugiarsi nel solo posto veramente sicuro di tutta la Home.
 
-
Che diavolo…?! –
 
Mancò poco che il giapponese, irretito a tal punto che le pupille si erano ridotte a due sottilissime linee, perdesse il controllo della mano che era già andata a impugnare il manico di Mugen. Non aveva mai avuto nulla contro gli animali; in verità, non aveva mai nutrito una concreta opinione al riguardo sicché non ci aveva mai avuto a che fare, ma l’osservare il rapido zampettare di Kuro verso la padrona, dormiente nel suo letto, l’infilarsi sotto le coperte e il successivo sistemarsi contro il suo petto, lasciando fuori soltanto la testolina, lo portò all’irritante conclusione che anche con loro bisognava essere categorici e territoriali. L’unica ragione valida per la quale si astenne dal lanciarlo fuori dalla finestra e dallo sbattere la porta con tanta violenza da fargliela portare dietro, fu il viso profondamente addormentato di Yuki che meritava un po’ di riposo e i segni rossi visibili sul collo e le spalle scoperte.
 
 
Note fine capitolo:
Allora, premetto che questa cosa, qualunque sia il nome giusto, è saltata fuori così rapidamente che in meno di una settimana l’ho pensata e scritta di getto. Io adoro Yuki, è un personaggio che amo nel mondo degli Oc di D. Gray Man e ho sempre sperato di poterci scrivere qualcosa di degno, anche se ho ripreso il paring di Broken Mask invece del rifacimento attuale Maschere Infrante. La prima l’avevo già letta tutta e mi era più facile riferirmi a quella Yuki che questa nuova, anche se le differenze non sono moltissime. Quanto a Kanda…Avevo pensato di scrivere qualcosa quando tornava alla Home dopo la vicenda di Alma (quanto ho pianto per quella accidenti di saga…TT-TT) ma poi mi è partita questa cosa per i capelli, che neanche farlo apposta, ha trovato il trampolino di lancio nell’ultima one-shot de La Strega di Ilse e…bè, come vedete questo è il risultato! Spero ti possa piacere, tesoro, e spero non ci siano errori!
  
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