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Autore: vook20    12/10/2013    1 recensioni
Si fermò e trasse di tasca una piccola foto sgualcita che ritraeva quella che a prima vista poteva sembrare una famigliola felice di tre persone, due adulti sorridenti e in atteggiamento di protezione verso una bambina bionda un po’ stupita di quelle mani calde sulle sue spalle e con un sorriso speranzoso di chi assaggia la felicità per la prima volta. Gocce caddero sul viso della bambina, gocce di pioggia e di dolore.
Song-fiction ispirata al testo e al video della canzone Nobody's Home di Avril Lavigne in cui ci sono un po' di ipotesi sul passato Emma.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nobody’s Home
 

 
 
 
 
I couldn't tell you why she felt that way,
She felt it everyday.
And I couldn't help her,
I just watched her make the same mistakes again

 
 
Emma vagava da ore sull’autostrada sotto la pioggia scrosciante, lo zaino fradicio in spalla, il pollice alzato ad ogni macchina che passava, ma tutte sfrecciavano via bagnandola un po’ di più e aggiungendo una crepa al suo cuore. Si fermò e trasse di tasca una piccola foto sgualcita che ritraeva quella che a prima vista poteva sembrare una famigliola felice di tre persone, due adulti sorridenti e in atteggiamento di protezione verso una bambina bionda un po’ stupita di quelle mani calde sulle sue spalle e con un sorriso speranzoso di chi assaggia la felicità per la prima volta. Gocce caddero sul viso della bambina, gocce di pioggia e di dolore.
Quella bambina si era fidata, aveva pensato di essere a casa finalmente, si era crogiolata nella sicurezza. E aveva perso tutto, di nuovo. E adesso stava pagando il prezzo di sei anni di felicità, sola su quell’autostrada dove era finita dopo due giorni di vagabondaggi, con il cuore a pezzi e solo quella foto a ricordarle quella breve parentesi nella sua vita di orfana.
 
 
What's wrong, what's wrong now?
Too many, too many problems.
Don't know where she belongs, where she belongs.
She wants to go home, but nobody's home.
I's where she lies, broken inside.
With no place to go, no place to go to dry her eyes.
Broken inside.

 
 
I due giorni si erano trasformati due settimane, poi in due mesi, in fine in sei mesi. Si era fortificata, ma ogni tanto, quando la notte l’avvolgeva sola in una parcheggio crollava ancora a terra singhiozzando come quando suo padre le aveva detto che era per colpa sua se la mamma stava male; colpa sua, di quella bastarda che avevano fatto l’errore di adottare sei anni prima, colpa di quella ragazzina ingrata che aveva rovinato loro la vita, colpa sua, Emma. Quelle parole si erano fatte strada in lei come veleno, lasciando che le sue mani preparassero lo zaino e non si aggrappassero al collo di suo padre cercando di chiarire; suo padre, quello che l’aveva lasciata andare contento, con un sospiro di sollievo.
L’avevano cercata in seguito, ma a lei non interessava farsi trovare e così dopo un mese circa avevano lasciato stare, una scocciatura in meno. E’ questo che Emma si sentiva, una scocciatura, un problema, un rifiuto. Un’orfana. Orfana dei genitori, orfana di una patria, orfana di se stessa. E così aveva iniziato a rubare: era iniziato quando, spinta dai morsi allo stomaco, aveva rubato una graffa a un bambino. Da allora ogniqualvolta che doveva mangiare, ogni volta che i vestiti si erano fatti troppo laceri e le scarpe avevano troppo buchi rubava.
E ora, mentre si svegliava sulla panchina dell’autobus con i capelli sporchi e lacrime che le scendevano dagli occhi vuoti le veniva voglia di gridare fino a consumarsi la gola, fino a consumarsi del tutto. E la vita cominciava ogni giorno, sempre uguale, fino a che be aveva perso il conto e a segnare quanto tempo passava c’erano solo il sole che beffardo si alzavo ogni giorno con la sua irritante allegria, e la luna che la notte la guardava fredda distante, come a disprezzare quel rifiuto della società, quella ragazza sola che aveva perso tutto, che in un anno si era consumata fino a perdere la speranza di un giorno migliore, con la sola voglia di addormentarsi e non risvegliarsi mai più.
Poi il cuore si era indurito, non provava più niente, solo disprezzo per se stessa e qualche volta la voglia di urlare e rompere le pareti dello squallido bagno in cui si stava lavando i capelli.
 
 

Open your eyes and look outside, find a reasons why.
You've been rejected, and now you can't find what you left behind.
Be strong, be strong now.
Too many, too many problems.
Don't know where she belongs, where she belongs.
She wants to go home, but nobody's home.
It's where she lies, broken inside.
With no place to go, no place to go to dry her eyes.
Broken inside.

 
 
Fino a che, una volta in cui stava rubando un’auto per poter cambiare città e iniziare a scappare di nuovo, nel macinino giallo che aveva trovato una testa bruna si era alzata dal sediolino posteriore e l’aveva salvata. Le era sembrato l’inizio di una favola, lei e Neal in giro per il mondo, non più per lottare con lui ma per scoprirlo, e lui li accoglieva benevolo, con infinite possibilità di ricominciare da capo. Si era di nuovo illusa di aver trovato la sua strada con lui, una nuova vita a Tallahassee, si era illusa di aver trovato il suo “per sempre felici e contenti”. Lui aveva asciugato le sue lacrime e l’aveva stretta tra le braccia, aveva riso con lei. L’aveva fatta sentire amata di nuovo.
 
 
Her feelings she hides.
Her dreams she can't find.
She's losing her mind.
She's fallen behind.
She can't find her place.
She's losing her faith.
She's fallen from grace.
She's all over the place.
Yeah,oh

 
 
Ma poi era arrivata quella notte, quella notte in cui il mondo le era caduto addosso di nuovo, quella notte in cui la polizia l’aveva trovata sola e le avevano detto che Neal era fuggito. Si era lasciata portare in commissariato senza opporre resistenza e aveva risposto di sì a tutte le domande; due giorni dopo era in carcere.
All’inizio era rimasta in uno stato di apatia, mangiava, dormiva, respira, in uno stato di semi-incoscienza , poi quando aveva saputo che aspettava un figlio il dolore e la rabbia si erano risvegliati.  Aveva iniziato a urlare e a battere i pugni contro alle pareti, a perdere la testa e a mormorare parole prive di senso. La branda del carcere aveva ascoltato le sue maledizioni, le sue preghiere e accolto le sue lacrime.
Quando aveva partorito aveva guardato quel bambino con un misto di odio e disprezzo: era il frutto del suo fallimento finale, della sua completa distruzione. Aveva deciso che era meglio per lui che non conoscesse sua madre, che non provasse quello che le aveva graffiato la pelle.
 
 
 She wants to go home, but nobody's home.
It's where she lies, broken inside.
With no place to go, no place to go to dry her eyes.

Broken inside.
 
 
 
Due settimane dopo era uscita dal carcere con i sogni infranti e una nuova consapevolezza, quella di essere sola per sempre, che non avrebbe mai potuto legarsi a nessuno. La sua vita era una pagina bianca alla fine di un capitolo troppo lungo, un capitolo con cui lei non voleva avere più niente a che fare un capitolo che comprendeva suo figlio.
Aveva cercato un lavoro e una casa, aveva rafforzato ancora di più il muro tra lei e il mondo*, con gli occhi che non sapevano più piangere e il cuore privo di battiti, tranne qualche fitta il giorno del compleanno di suo figlio.
 
 
She's lost inside, lost inside...oh oh yeah
She's lost inside, lost inside...oh oh yeah

 
 
 
 
 
 
*= riferimento alla prima stagione, quando Emma butta i fiori di Whale per MaryMergaret e quest’ultima parla del suo “muro”.
N.D.A:
Bè, che dire, le song-fiction mi piacciono, e mi piace questa canzone (anche se mi mette un magone addosso…). Ho voluto ipotizzare come Emma si sia ritrovata a rubare rifacendomi un po’ alla canzone e al video Nobody’s Home di Avril Lavigne. Spero vi sia piaciuto e come sempre le recensioni sono ben accette, anche se vi ho fatto vomitare con le mie melensagini!
Vook20.

 
  
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