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Autore: Herit    12/10/2013    1 recensioni
“Credo mi piaccia Leo.”
Okkay, quest'affermazione dà addito a due -per essere eufemistici- grossi problemi.
Il primo problema è che io, Francesco Ricci, sono un uomo. E che, da qualunque parte lo si guardi e lo si giri, Leonardo è a sua volta un nome da uomo. E che uomo!
Il secondo problema è la persona cui ho svelato questo fatto increscioso. Per lo meno, presumo che lei, a ragion di logica, dovrebbe trovarlo increscioso: Federica.
La stessa Federica che credo mi abbia sputato addosso, ora come ora, l'intero contenuto di una lattina di birra da 33ml. Bel colpo, Fefè.
La stessa Federica che, con il suddetto Leo -che sì, ci tengo a ripeterlo, è un uomo- ci sta assieme.

Una Band.
Un amore complicato.
Una curiosità senza nome, ed una gravidanza non voluta, ma nemmeno rifiutata che porta ad una soluzione forse senza senso.
Francesco è gay, ed è innamorato di Leo. Fin qui, niente di strano, no: è uno yaoi. Ma in tutto ciò c'è Federica che sta ufficialmente con Leo. Ed allora, dov'è la novità?La novità è Rachele. La migliore amica di Francesco, tornata con una sorpresa dall'Erasmus. E poi ci sono Claudio, Massi e Rosario... che macello!
Genere: Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome | Contesto: Contesto generale/vago
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Cap.1

 

I'm gonna twist your head off, see
Till you say don't you wish you never never met her
Lick my legs, I'm on fire
Lick my legs of desire

(Rid Off Me)

 

“Credo mi piaccia Leo.”
Okkay, quest'affermazione dà addito a due -per essere eufemistici- grossi problemi. Ho detto che è un eufemismo per risparmiare a te, o povero lettore, una sfilza di aggettivi che potrei utilizzare per definire più appropriatamente quest'assurda situazione e che invece, nella mia magnanimità ho deciso di risparmiarti. Naturamente solo perché tu possa scegliere il termine che ritieni più opportuno per descrivere il casino in cui mi sono cacciato, una volta che avrò finito di raccontarti il tutto. Ma torniamo a noi.
Il primo problema è che io, Francesco Ricci, sono un uomo. E che, da qualunque parte lo si guardi e lo si giri, Leonardo è a sua volta un nome da uomo. E che uomo!
Il secondo problema è la persona cui ho svelato questo fatto increscioso. Per lo meno, presumo che lei, a ragion di logica, dovrebbe trovarlo increscioso: Federica.
La stessa Federica che credo mi abbia sputato addosso, ora come ora, l'intero contenuto di una lattina di birra da 33ml. Bel colpo, Fefè.
La stessa Federica che, con il suddetto Leo -che sì, ci tengo a ripeterlo, è un uomo- ci sta assieme.
Io la guardo.
Lei mi guarda.
Noi ci guardiamo.
E voi sicuramente avrete capito che per lo meno il presente indicativo del verbo “guardarsi” lo so!
Ed è in questo momento di gelo più assoluto, mi rendo conto che forse l'idea con cui ero partito: “è giusto che almeno lei lo sappia”, non è stata esattamente una trovata vincente. Dannata sincerità!
Decido quindi che anche la strategia “fissiamoci intensamente nelle palle degli occhi” non sembra essere ugualmente valida, come pare non esser valido nulla di quello che sto facendo da circa un anno a questa parte e quindi distolgo lo sguardo, valutando con particolare interesse un pelucco che mi svolazza accanto. Che carino, ha delle sfumature nere sulla puntina. Oh, che ci fa una piuma di colombo qui?
E' quindi mentre io sono perso nella contemplazione della suddetta piuma, che Fede sembra riattivare le sue già scarse funzioni celebrali -altro che celluline grige di Poirott-, per un istante completamente sopite, ritrovando magicamente l'uso della parola. Quella, contrariamente alla sua capacità di pensare, è raro si addormenti... purtroppo.
“No, Frappo, mi stai prendendo per il culo, vero?” Già, lei e la sua finezza. Ma diamine, sono un maschio e sono più forbito di lei, quando parlo. E con questa realizzazione, la mia già sminuita virilità subisce un altro duro colpo. Auto-inflitto, tra l'altro. Scuoto il capo. Cretino.
“Non mi pare il caso. Soprattutto dopo che mi sono fatto una doccia di birra e saliva. No.” Giusto per metterlo in chiaro, sono sempre stato una persona abbastanza riservata e timida, ma nonostante tutto non ho mai rinunciato a stare in mezzo alla gente, né ad una discreta dose di sarcasmo quando apro bocca. Anche ora, per intenderci, canto in un gruppo e di quando in quando, ci esibiamo in locali che nel 90% dei casi nemmeno ci pagano. Ma poco male. Tuttavia è la prima volta che ammetto tanto chiaramente le mie preferenze. Capiamoci, so che preferisco un corpo maschile ad uno femminile da quando ho iniziato a capire certe cose, ma questa è assieme la mia prima dichiarazione pubblica di un qualche sentimento ed al contempo di guerra.
Federica continua a fissarmi come se le avessi appena detto che la Tatangelo è rimasta incinta. Cioè, noi facciamo cover di Bruce Springsteen e lei idolatra la Tatangelo. Ma in fondo, chi sono io per discriminare? 'Dimmi che male c'è, se amo un altro come me..?' Insomma, una che ha le palle di cantare una cosa simile... dovrei quasi quasi esserle grato. Quasi. Mi tiro uno schiaffo mentalmente e torno a fissare la mia tastierista di fiducia che sembra essersi persa in una lunga catarsi cosmica. Evidentemente il suo cervello ha deciso di prendersi un minuto di silenzio per lutto. Le agito una mano davanti al viso e lei sbatte le palpebre una, due, tre volte - forse di più, ma credo abbia superato la dozzina e quindi vorrei evitare di annoiarti, mio povero lettore.
“Ma... ma... tu lo sai che con Leo ci sto assieme io!” Ho sempre ammirato la sua intelligenza così simile a quella di un'ameba (che sia lei l'anello mancante della catena evolutiva?), ma d'altro canto devo averla sconvolta. Per questa volta la perdono, ma ugualmente sollevo un sopracciglio, scettico.
“No, pensavo che gli stessi controllando se gli era saltata l'otturazione, prima mentre te lo limonavi.” La lingua è un muscolo, vero? Bene, credo che con la sua Federica, sarebbe in grado di vincere le olimpiadi di sollevamento pesi.
“No, ma serio. Ma ti piacciono gli uomini?” Non capisco se mi sta prendendo per il sedere, con questo suo atteggiamento o se veramente sta scendendo dal pero sulla sua nuvoletta con tutta calma. Probabilmente, in realtà, s'è incastrata su qualche ramo e non riuscirà mai nell'impresa.
“Credo tu sappia meglio di me che Leo ha una zucchina e due albicocche in mezzo alle gambe.” A quel che so io, per loro è stato prima il sesso e poi il “ma stiamo assieme?” “beh, a questo punto se vogliamo dire così, per me va bene...” questa è la prova che quei due, nemmeno assieme fanno un cervello intero.
“E che zucchina!” Ecco, appunto. Ma si rende conto che sta disquisendo con un uomo del pene del suo ragazzo, dopo che il suddetto uomo ha appena dichiarato espressamente di essere interessato al suddetto esemplare di maschio con cui lei ha una relazione? La malizia con cui le si accendono gli occhi poi mi inquieta non poco. “Sai che mi fa sesso l'idea di due uomini che scopano tra loro?” Se ne esce così, dal nulla, dopo qualche attimo in cui a farci compagnia è solo un silenzio piuttosto irreale, in una sala prove scassata come quella dove ci esercitiamo noi. Gli altri sono fuori per una cicca, se vi state chiedendo cosa ci facciano un gay non dichiarato ed un microcefalo con inserti di tette assieme e soli in un posto simile.
“Oi, ragazzi! Certo che siete degli asociali del cazzo, posso dirvelo? Cioè, noi siamo fuori – ahia, imbecille, mi hai fatto male! – e voi state qui a blaterare dei fatti vostri. Almeno rendeteci partecipi. Ho sentito parlare di sesso!” Mi stupisce ancora quanto possa essere scemo pure Massimo, quando ci si mette. No, giuro che non è sempre così. E' solo che vuol fare la parte del figo, quando sta con noi. Siamo tutti ragazzi che hanno superato la maggiore età da un pezzo e lui qui, è l'unico bimbetto che va ancora al liceo. E' piccolo, e non parlo solo della sua età, ma anche del suo aspetto: quell'aria da eterno bambino che farebbe invidia anche a Peter Pan trae in inganno tati. Ha un sorriso allegro ed un po' sbruffone sulle labbra sottili. Gli occhi sempre ridenti, nonostante il bisticcio che sta portando avanti con Rosario da che sono entrati. Da che quest'ultimo gli ha piantato un pugno sul capo. Sono fratelli e Saro, il più grande dei due, sta cercando disperatamente di tenere buono il più piccolo, da quando questi si è aggiunto al nostro gruppo come bassista.
Guardarli così attivi mi strappa un sorriso, nonostante la situazione a dir poco imbarazzante in cui mi sono cacciato con Federica. Lei, però, non fa una piega dal canto suo. Secondo me, a giudicare dai sospiri languidi che regala al soffitto imbottito di materiale insonorizzante, può star pensando solamente a due cose: o la zucchina di Leo, o a Leo e me che scopiamo. Io. Con. Leo. Avvampo e ringrazio il cielo che, essendo di colore, la cosa si nota pure poco. Respiro a fondo, conto fino a tre – non mi azzardo ad arrivare al dieci, potrei morire prima! - e mi alzo.
“Vado a prendere una boccata d'aria, prima di finire coinvolto in un pestaggio.” Massi e Saro mi sorridono di sfuggita, prima di tornare a discutere su... a chi toccherà una doppia porzione di tirami su, questa sera. Bel cambio di argomento! Devo comunque ammettere che nonostante sia il più piccolo, le argomentazioni di Massimo sono decisamente interessanti. Credo che Rosario, oggi perderà il suo dolce. Esco dalla stanzetta ridendo e salgo di corsa le scale che portano in strada. Lì non posso certo fumare in pace. Sì, fumo. Canto e fumo. Sono le uniche cose che so fare bene. Cantare ed aspirare. E se ci leggi dentro un doppio senso, mio mal capitato lettore... beh, non posso darti torto. Tuttavia devo smentire immediatamente. Alla veneranda età di ventidue anni suonati, sono ancora vergine e non ho la più pallida idea di come si faccia un pompino. No, non sto aspettando il principe azzurro, lo trovo ridicolo e terribilmente femminista. Né mi sono mancate le occasioni. Ma come detto poco fa, sono timido ed assolutamente impacciato, in special modo quando si tratta di qualcuno che mi attrae particolarmente. Divento scontroso. Balbetto. Scene da banale fumetto per ragazzine con serie turbe ormonali. Sì, ne ho letti; ne leggo; e probabilmente continuerò a leggerli vita natural durante. O finché i giapponesi non saranno divorati da una catastrofe atomica. Spero non accada mai.
Problema: come sarete stufi di sentirvi dire, io sono un ragazzo. Problema che si ripresenterà estremamente presto, temo. Per tutta la mia storia, in realtà.
Mi fermo per un attimo a metà di un passo e in cima alla breve scalinata chi trovo? L'unico che prima mancava all'appello. Il nostro fantastico leader. Leo. Uno spinello tra le labbra rosse, piene, carnose. Cazzo, non ho mai visto labbra più... più... allettanti attaccate alla faccia di un uomo. Occhi marroni, color miele. Un po' sornioni. Un po' arroganti. E quando mi vedono con la Marboro già in bocca, sorridono. Sorridono con quelle rughette che gli si formano sul naso, perché li socchiude. Sorridono con guance, zigomi e labbra. Dio, quelle labbra che si stendono dopo qualche istante, come se ci fosse un ordine particolare nel suo modo di ridere. Di ridere di me; quindi deridermi.
“Ehi, zoccola, hai da accendere?” Zoccola; puttana; megera... tutti soprannomi che appartengono ad entrambi. Lui allarga il suo sorriso e scoppia a ridere, spostandosi la canna dalla bocca. Me la mostra.
“L'accendino se l'è fottuto Max.” Mi spiega. Mi fa la linguaccia, mettendo in mostra una sferetta di ferro che transita proprio in mezzo a quel pezzo di carne popora.
“Se è per quello, credo si sia inculato anche i profilattici che hai in sacca ed il dolce di Saro. Quel ragazzino è un cleptomane.” Secca. La mia gola sembra riarsa. Parlo e sento ogni lettera raschiare sul palato. Faticano ad uscire in modo spontaneo. Ed io sto sparando una vagonata di cazzate, lo so, ma non posso farci niente. E' l'effetto Leonardo. Lo vedo e per il nervosismo dico stronzate. E' normale, ormai.
“Quella checca isterica. Mi chiedo come faccia a cambiare compagno di letto ogni notte.” Non è contro i gay, lui. Ci denigra, ma non ci odia nel senso stretto del termine. Sì, mi metto nel gruppo, ovvio, anche se lui non credo si sia reso esattamente conto del mio essere di questa sponda del fiume.
“Io invece mi chiedo come tu faccia a stare ancora con Fede.” Commento, avvicinando la punta della sigaretta a quella di Leo. Aspiro lentamente, un paio di volte, fin quando il fumo non mi riempie la bocca. Finalmente la cicca si accende.
“Me lo chiedo anche io. Come mi chiedo come sarebbe vederti fare una pompa a qualcuno.” Per poco non mi soffoco con il fumo. Tossisco un paio di volte, con le lacrime agli occhi perché credo che mi si sia bruciato il cervello. O forse mi sta solo andando in auto-combustione la gola, devo ancora capirlo, in realtà.
“Dio, che schifo, ma che fantasie hai?” Viola. Rosso. Non so di che colore divento. Forse marrone più scuro. Un nero di che colore diventa quando arrossisce? Dio. Ma gli sembrano pensieri di esprimere così? Cioè, ho detto che anche assieme a quello di Fede, non fa un cervello intero, però... Leonardo ride di nuovo.
“Dai, scherzavo. Lo so che Rachele ti soddisfa in modo più che sufficiente.” Mi dà una pacca sulla spalla in modo assolutamente cameratesco, scendendo di un paio di scalini. Ed io chiedo solo di morire. Qui. Ora. Nell'immediato. Mi appoggio al muro e fisso un punto imprecisato davanti a me, chiedendomi che fine abbia fatto la mia sigaretta solo perché ho necessità di pensare ad altro. La individuo a terra e rassegnato pesto la punta appena accesa.
Rachele è la mia migliore amica. Ed è l'unica, oltre a Federica ormai, a sapere il mio “segreto”. E... beh, anche lei ha un segreto piuttosto pesante sulle spalle. Segreto per cui abbiamo stretto un accordo: non voglio che i miei genitori mi ammazzino e lei ovviamente non desidera che i suoi la scortichino viva. Certo, rischio di essere scorticato io da entrambe le famiglie, quando l'accompagnerò a dire loro che è rimasta incinta... di me.
“Sì, certo... mi soddisfa... come no!” Balbetto poi. Sento già il panico salire e stringermi la gola alla sola idea di incontrare i signori Collina e dirgli che sono il padre – adottivo. L'ho detto che sono vergine! - del loro nipotino. Fisso Leo disperato.
“E' successo qualcosa con lei?” Mi domanda mostrando quell'umanità e quell'interesse che a volte mi sorprendo di ritrovare nei suoi occhi. Non rispondo ed inspiro, sbuffandofuori poi bile, nervosismo e cattivi pensieri.
“No, no, no. Tutto bene. Davvero.” Gli sorrido impacciato: non so dire le bugie, me ne rendo conto e guardo altrove. “Vai ad accendere di nuovo tutto, dai. Io vi raggiungo tra due minuti. Tempo di farmi una cicca in santa pace.” Aggiungo poi, con tutta l'intenzione di apparire tranquillo. So che non funzionerà mai, ma tentar non nuoce. E poi Leo è proprio scemo, l'ho già detto, no?
E pensare che fino ad un anno fa non potevo vederlo. Lo odiavo come se fosse una cosa naturale. In fondo, da bambino non mi ha mai dato un attimo di pace, non perdendo occasione per prendermi in giro, insultarmi o sminuirmi durante ogni singolo istante della mia vita scolastica. Sì, anche questo sembra tanto la trama di un fumetto per ragazzine, lo so. La marmocchia -solitamente sedicenne- di turno che s'invaghisce dello bello e dannato. Tanto meglio se questi è il caro amico d'infanzia. Ancora di più se questo le ha rotto le palle durante i loro giorni di scuola. Poi la separazione durante le scuole medie e poi l'improvviso ritrovamento al liceo. Ecco, la mia vita per filo e per segno. Uguale, uguale, uguale! Solo che loro poi finiscono assieme, mentre io probabilmente arriverò alla fine dei miei giorni con Rachele.
Solo che Leo mi ha ripescato mentre andavo dal tabaccaio e per il mio amore non ci sarà un “e vissero per sempre felici e contenti”.
Beh, poco male. Almeno ne sono già consapevole.
Sorrido mesto a questi pensieri e rinuncio alla mia sigaretta. Mi sono già calmato abbastanza così, pensando ad altro. Scendo giù ed imbocco la porta della sala prove, ritrovando il medesimo tugurio che ho lasciato poco prima.
 

"Two faces have I 
One that laughs one that cries 
One says hello one says goodbye 
One does things I don’t understand 
Makes me feel like half a man" 
(Two Faces)

 

Gliel'hanno detto, a Rachele, che in Erasmus certe cose succedono.
E' normale. Ragazzi che partono per città talvolta lontane. Sconosciute. Città più grandi di loro. Che nascondono e li coinvolgono in follie più grandi di loro. Le vedono con gli occhi di chi è troppo abituato all'ipocrisia dell'università o di un paesino come quello in cui era cresciuta lei. Con occhi da piccoli Indiana Jones del futuro. L'arca Perduta è celata in un bar un po' nascosto nel seminterrato di un grande edificio. Il sacro Graal è un coktail inventato sul momento dal cameriere che ti ha preso in simpatia. E c'è un pensiero fisso: il pensiero che “ciò che succede in Erasmus, resta in Erasmus”. Che ci sono scopate semplici con gli autoctoni. Che ci sono le grandi conquiste, quando quella se la tira troppo finalmente te la molla e quello che ti sta fissando da un'ora, invece, è disposto a darti il cazzo in mano appena vede un accenno di compiacenza da parte tua.
A Rachele l'hanno detto. L'hanno avvertita e lei è partita conoscendo i rischi. E' partita alla ricerca di quelle follie. Di quella realtà che le manca. Una realtà ben lontana da quella della sua quotidianità e bella perché pericolosa. Anche di quella scopata, perché no? Ha ventidue anni quando parte. E' una bambina, per tante cose e non ha mai avuto uno straccio di fidanzato, non l'ha mai nascosto. Quei kiletti di troppo l'hanno sempre fregata, dice. Rachele ha ventidue anni e quelle esperienze ha deciso di viverle tutte fino in fondo, durante il suo Erasmus a Tokyo. Anche troppo in fondo, forse.
A ventitré anni appena fatti, Rachele è seduta davanti a me con il viso cereo.
“Grazie per essere venuto.” Mi guarda, sventolandosi davanti al viso il foglio del medico con la richiesta per l'ecografia. La prima ecografia della creaturina che si porta dentro oramai da un mese e mezzo. Fortuna che sono maggiorenne. Me l'ha detto con le lacrime agli occhi, mentre stavamo andando dal medico per fare la richiesta. Mio padre mi ammazza se gli dico che sono rimasta incinta e che suo padre non lo rivedrò mai più. In macchina, sul sedile del passeggero, s'era stretta in se stessa ed aveva iniziato a piangere sommessamente. Una piccola “Cenerentola innamorata” che però non ha mai pensato all'aborto. Lei che si mostra sempre così forte, mi era apparsa di nuovo piccola e fragile come un tempo. Un salto nel passato, alle elementari, quando prima piangeva e poi picchiava i maschietti che le alzavano le gonne. Lei che ha imparato tardi a reggersi in piedi da sola. A fronteggiare la propria obesità, camminando a testa alta ed ignorando gli sguardi curiosi e carichi di malizie e cattiverie. In quel momento non avevo saputo consolarla, ma avevo già preso la mia decisione.
La guardo e le sorrido. “Non dire sciocchezze. Te l'ho detto, no? Sono il 'padre', è mio dovere farlo.” E le stringo una mano con tutto l'afffetto che posso darle: quello di un amico. La scenetta, però basta a commuovere una signora davanti a noi. Ci guarda e sorride con la dolcezza di chi sa già cosa vuol dire essere madre. Ricambiamo anche noi, perché certe cose scaldano il cuore e rasserenano. Certe espressioni che è capace di fare solo chi sta portando consapevolmente ed amorevolmente una vita dentro di sé, fanno sentire al sicuro.
Non invidio le donne per il parto -oddio, mi fa star male solo il pensiero!-, ma le invidio per tante cose in quei nove mesi di gestazione, un uomo non può capire. E' vero. La bellezza di una nascita, noi maschi possiamo sentirla nella testa. Ci commuove. Ma non comprendiamo cosa voglia dire portarsi dentro qualcuno per nove mesi. Sentirlo crescere, cambiare e cambiare noi stessi in sua funzione. E non comprendiamo la gioia ed il dolore del farlo nascere. Lo vediamo nelle donne, in quei pancioni rotondi che le fanno sembrare un po' buffe, ma non è un'esperienza che ci appartiene.
“E' bello vedere coppie così giovani.” Si congratula così, con la dolcezza di chi pensa ad una nuova vita, ma ignora quello che c'è dietro, nel nostro caso. Ma noi continuiamo a sorridere, perché, beh saremo una piccola famiglia sgangherata e già lo sappiamo.
Il medico ci chiama dentro per l'ecografia ed è un colpo al cuore. E la mano di Rachele ha un tremito nella mia. La guardo. La vedo piccola. E le sorrido, altro non posso fare. "Andiamo, cucciola." Altro non posso fare...

 

   
 
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