Serie TV > Star Trek
Ricorda la storia  |      
Autore: Bombay    13/10/2013    2 recensioni
Un malfunzionamento del teletrasporto riporta tutti a bordo dell’Enterprise, tranne il capitano Jim Kirk. Quest’ultimo viene catapultato nello spazio e nel tempo ad incontrare una persona che non ha mai conosciuto.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James T. Kirk
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Rating: PG
Spoiler: sì, per la parte iniziale di “Star Trek - Il futuro ha inizio e qualche accenno ad “IntoDarkness”
Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Gene Roddenberry (J.J. Abrams). I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.
 
Ritorno al futuro
di Bombay
 
Riprese conoscenza lentamente, non aveva un singolo angolo del suo corpo che non gli facesse male e la testa… la testa sembrava sul punto di esplodergli.
“Dottore si sta svegliando” disse la voce di una donna a pochi metri da lui.
Era in infermeria! Bene McCoy gli avrebbe somministrato un antidolorifico così da mettere fine a quel dolore lancinante.
“Avvisate il Capitano, il ragazzo si sta riprendendo”
Jim aggrottò la fronte, quella non doveva essere la sua nave allora. Niente McCoy, niente antidolorifico.
“Ragazzo mi senti?” domandò un uomo sulla cinquantina, puntandogli addosso un tricoder.
Kirk si umettò le labbra ed annuì.
“Come ti chiami? Fai parte della Flotta Stellare?”
Il giovane trasse un respiro profondo stava per rispondere quando la porta dell’infermeria si aprì ed un uomo attraversò la soglia.
“Sono il capitano Richard Robau” disse tendendogli la mano.
Jim si mise a sedere lentamente aiutato da una infermiera, quel nome gli diceva qualcosa, ma era troppo stordito.
“Benvenuto a bordo della USS Kelvin” disse mentre Jim gli stringeva la mano e sbarrava gli occhi.
“Come?” chiese incredulo ed il suo cuore prese a battere all’impazzata.
“Come hai fatto a salire a bordo, stavano andando a curvatura?”
“Non lo so” sussurrò in realtà era solo una mezza menzogna, Scotty doveva riportarlo a bordo dell’Enterprise, ma qualcosa doveva essere andato storto.
“E’ meglio lasciarlo riposare, i suoi valori sono tutti sballati. Avrà modo di interrogarlo quando starà un po’ meglio e sarà meno confuso”
“Come sempre ha ragione dottore. Un’ultima domanda come ti chiami?”
Jim stava per rispondere quando la porta dell’infermeria si aprì nuovamente.
Il nuovo arrivato e Jim si fissarono per un momento.
Un groppo serrò la gola di Jim ed avvertì le lacrime salirgli prepotentemente agli occhi.
“Ti presento George Kirk, il mio Primo Ufficiale”
Tutto il mondo di Jim divenne improvvisamente nero.
 
***
 
“Dov’è Jim?” ansimò McCoy voltandosi verso la pedana del teletrasporto.
“Vi avevo agganciato tutti” disse Scotty ricontrollando i dati sul pannello.
“Manca solo Jim” sussurrò Bones mentre il sudore gli colava giù per la schiena.
Scott scosse la testa rileggendo i dati “Qui è tutto normale…”
In quel mentre nella sala entrò Spock e sollevò un sopracciglio nella direzione del dottore.
“Dov’è il capitano Kirk?”
“Non lo so” gemette il capo ingegnere.
“Lo scopra”
 
***
 
Jim riprese conoscenza lentamente, si sentiva un po’ meglio, ma era terribilmente confuso, aveva fatto un sogno strano.
Si girò su un fianco socchiudendo appena gli occhi.
Si trovava nell’infermeria, ancora.
Sentì qualcuno parlare poco distante da lui. Voci di donne che chiacchieravano tra loro.
“Non ho chiuso occhio questa notte. Ha continuato a scalciare come un matto”
“Forse non vede l’ora di uscire” disse l’infermiera.
“Già, non manca molto ormai!”
Jim sentì un groppo serrargli la gola e lo stomaco. Con cautela scese dal letto e fece qualche passo in direzione delle voci, fino a quando il gruppetto di donne non fu nella sua visuale.
Una era stesa sul lettino, mentre altre due erano in piedi accanto al letto.
“Guarda chi è venuto a trovarti” disse l’infermiera.
Un uomo si avvicinò al letto e baciò sulle labbra la donna.
“Come stai, Winona?”
“Sono solo un po’ stanca, non ho dormito molto questa notte a causa sua” disse con un sorriso dolce battendosi un colpetto sulla pancia. Pochi istanti dopo il Primo Ufficiale posò un bacio sul quel ventre rigonfio.
Jim si morse le labbra, si sentiva un intruso, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo da quella scena così tenera e domestica.
Restò incantato sulle mani intrecciate della giovane coppia, poggiate sul ventre di lei.
Avvertì una lacrima scendere sul suo volto, incapace di trattenersi.
Sollevò gli occhi ed incontrò quelli di George Kirk, che lo fissava sorridendo.
“Ti sei ripreso ragazzo”
Winona si volse verso di lui ed a sua volta sorrise, invitandolo con un gesto ad avvicinarsi, ma rimase immobile dove si trovava.
“Hai un nome o dobbiamo continuare a chiamarti ragazzo” disse il Primo Ufficiale annullando la distanza tra loro, posandogli un mano sulla spalla.
A quel contatto Jim chiuse gli occhi e dovette far violenza su se stesso per non gettarsi tra le braccia dell’uomo e stringersi a lui, come aveva desiderato tante volte da bambino.
“Stai bene?” la voce del padre gli giunse calda ed avvolgente come se l’era immaginata tante volte.
“Sì, sono solo un po’ stordito e scosso” disse e dovette fermarsi per schiarirsi la voce.
“Mi chiamo… mi chiamo Gary Mitchell… sono tenente. Non so come sono finito qui… un malfunzionamento del teletrasporto… credo” disse incerto.
“Beh sei stato fortunato a finire su una nave stellare e non nell’universo”
“Sì”
Si posò le mani sugli occhi sfregandoli con forza emettendo un gemito strozzato.
“Sei proprio ridotto male, ragazzo. Cosa stavi combinando prima di finire su questa nave?” disse George, pochi istanti dopo una mano si posò sulla sua fronte.
A quel gesto Kirk trattenne il fiato ed avvertì un groppo serrargli prepotentemente la gola e lo stomaco.
Si impose di calmarsi ed aprì gli occhi, fissandoli in quelli azzurri di suo padre.
“Sono confuso” mormorò tossendo, aveva la bocca arida.
Il tenente lo fece sedere su uno dei letti e gli porse un bicchiere.
“Ti darà un po’ di ristoro”
Jim bevve piano il liquido fresco e dolce, dal sapore di menta.
“Allora Gary, hai voglia di rispondere ad un po’ di domande?”
Jim scosse la testa, ma non aveva molta scelta.
“Hai detto che fai parte della flotta” disse indicando lo stemma sulla maglia nera di Jim.
“Sì”
“Su quale nave presti servizio?”
Jim chiuse gli occhi riordinando le idee, doveva pensare in fretta, ma il martellare continuo nella sua testa gli impediva di pensare lucidamente.
“Il vostro medico di bordo, può somministrarmi un antidolorifico. Ho la testa che mi scoppia. Non riesco a pensare” il che non era tutta una menzogna.
Il Primo Ufficiale chiamò il medico e pochi istanti dopo un’infermiera gli iniettò un antidolorifico.
“Allora?” tornò all’attacco il tenente.
“USS Antares” mormorò e vide George corrugare la fronte pensieroso ed aprire la bocca per parlare, ma dall’interfono giunse la voce del Capitano “Tenente Kirk, venga in plancia”
 
***
 
Jim sprofondò ancora in uno stato di dormiveglia, doveva essere il medicinale ad intontirlo così.
Il mal di testa cominciava a dargli tregua, eppure si sentiva spossato, ma soprattutto profondamente scosso.
Era diviso a metà. Da un lato, avrebbe voluto dire tutta la verità a suo padre, dall’altro sapeva che se avesse parlato, i destini di tutti loro sarebbero cambiati, a partire dal suo.
Doveva seguire il cuore o la ragione?
L’istinto gli diceva il cuore, avrebbe potuto riavere la vita che gli spettava. Quella realtà che Nero gli aveva portato via. La Flotta non avrebbe perso tanti uomini in un’unica missione, Vulcano non sarebbe stato distrutto e la madre di Spock sarebbe vissuta.
La porta dell’infermeria si aprì con un sibilo interrompendo i tormentati pensieri di Jim. Entrarono il capitano Robau ed il Primo Ufficiale seguiti da tre uomini della sicurezza.
“Arrestate quest’uomo” ordinò il Capitano.
“Con quale accusa?”
“Non esiste nessun tenente Gary Mitchell” lo informò l’uomo.
“E nemmeno la USS Antares” aggiunse il tenente con voce dura, così diversa da poche ore prima.
Jim si umettò le labbra, non riusciva a guardarlo in faccia. Doveva prevedere che avrebbero controllato la sua identità, lui stesso aveva fatto la medesima cosa quando aveva avuto a bordo un prigioniero.
 
***
 
Jim si strinse nelle spalle, non aveva idea di come uscire da quella folle situazione.
Il Capitano ed il Primo Ufficiale lo fissavano in silenzio. A Jim venne in mente una situazione molto simile a quella, ma lui era fuori dalla cella, insieme a Spock.
“Allora ricominciamo da capo. Qual è il tuo nome, perché indossi un’uniforme della flotta stellare e perché sei qui?” lo interrogò George.
“Ve l’ho già detto. Il mio nome è Gary Mitchell e sono un tenente il mio numero di matricola è: 1478--”
George Kirk batté con violenza un pugno sul vetro che li separava, facendolo sussultare.
“Dannazione ragazzo, tuo padre non ti ha insegnato a non mentire”
Jim si senti mancare la terra sotto i piedi.
“Non ho mai conosciuto mio padre” bisbigliò più a se stesso che per il Primo Ufficiale, il quale lo fissava con rabbia malcelata.
Jim piegò la testa “Anche se vi dicessi la verità non mi credereste mai” mormorò mestamente.
Avrebbe tanto voluto che ci fossero Spock e Bones insieme a lui per consigliargli cosa fare.
“Prova ad iniziare a parlare”
Jim abbassò lo sguardo, non riusciva a sostenere quello del tenente carico di rabbia, ma soprattutto di delusione.
“Che giorno è oggi?”
“Prego?” chiese il Capitano perplesso.
“La data di oggi”
“Data stellare 2233.4”
Jim impallidì ed abbandonò ogni prudenza.
“Invertite la rotta! Tornate indietro! Subito!” gridò battendole le mani sul vetro.
Aveva la possibilità di salvare suo padre, di far tornare tutto alla normalità, avrebbe potuto vivere con i suoi genitori, entrambi. Questo contava, solo questo.
Non si sarebbe più sentito tanto solo.
Non avrebbe vissuto nell’ombra di suo padre, non avendolo mai conosciuto davvero.
Aprì la bocca per parlare ancora, ma gli allarmi della nave presero a suonare.
Era troppo tardi.
“Ne riparliamo dopo” disse George dirigendosi verso l’uscita.
“Non ci sarà un dopo!” urlò Jim.
Il tenente Kirk si fermò di colpo e tornò indietro.
“Cosa hai detto?”
“Non ci sarà un dopo, questa nave verrà distrutta…”
“Non ho tempo per le farneticazioni di un pazzo” disse andandosene.
 
***
 
Leonard si morse le labbra. Spock e Scott stavano lavorando a quel dannato teletrasporto da due giorni.
Spock aveva trovato un’infinitesimale anomalia nel registro di quel diabolico aggeggio ed aveva lavorato su quella flebile speranza con solerzia e calma. Una calma che McCoy gli aveva invidiato ogni singolo momento anche se non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura.
 
***
 
La nave fu attraversata da uno scossone violento. Le luci si spensero all’improvviso e, dopo qualche secondo, si accesero quelle di emergenza.
L’uomo della sicurezza fuggì di corsa dall’area delle celle, non curandosi di lui.
Si lasciò cadere contro il vetro con un sospiro sconsolato, ripensando alle ore appena trascorse. Perché non gli aveva chiesto prima la data esatta. Perché?
Se avesse avuto più tempo forse poteva convincerli ad ascoltarlo e credergli.
Che senso aveva la sua presenza lì, se non poteva fare niente.
Colpì con un pugno il vetro, gridando tutta la sua frustrazione.
Tutto quello gli pareva una follia.
Incontrare suo padre, ma non avere la possibilità di salvarlo. Perché doveva assistere alla sua morte senza poter fare nulla? Perché doveva soffrire ancora, non era già abbastanza crudele vivere senza un padre?
Il suo cammino si concludeva lì, dunque.
Era intrappolato in quella cella, senza possibilità di fuga. Separato dalle persone che amava, da un vetro, di nuovo.
Un’altra detonazione scosse la nave che emise dei sinistri scricchiolii, come i guaiti di un animale ferito.
Sapeva che tutti si sarebbero salvati, grazia a suo padre.
La porta della cella si aprì con un sibilo. Istintivamente Jim si precipitò fuori e raggiunse una consolle, non poteva fare niente e non avrebbe mai raggiunto il ponte di comando in tempo.
“Ragazzo” la voce di suo padre gli giunse alle orecchie e si precipitò allo schermo.
“Come lo sapevi?”
Jim scosse la testa con forza incapace di parlare, mancava veramente poco.
“Come ti chiami?” chiese con urgenza.
“Jim” sussurrò e vide l’uomo aggrottare la fronte.
“James Tiberius Kirk” confessò, non aveva più senso mentire.
“Non è possibile… ho dato questi nomi a mio figlio… è appena nato”
“Quel bambino sono io. Sono io papà! Io!” gridò con rabbia, disperazione e frustrazione.
Jim avvertì un formicolio in tutto il corpo, un intorpidimento familiare.
“Non è possibile” disse George, eppure nel suo sguardo Jim vide che gli credeva.
“James T. Kirk, Capitano della nave stellare USS Enterprise, data stellare 2260” disse sorridendo tra le lacrime.
Suo padre sorrise dolcemente e vide il corpo di Jim avvolto dalla luminescenza caratteristica del teletrasporto. Comprese che sarebbe stato salvo.
“Addio figlio mio…”
“Addio papà…”
 
***
 
McCoy si precipitò sulla piattaforma, si inginocchiò accanto al corpo rannicchiato del capitano e la prima cosa che vide fu il suo viso inondato di lacrime.
Spock si accostò loro nel momento stesso in cui Kirk aprì gli occhi di scatto ed inspirò a bocca aperta come se emergesse dall’acqua.
“Capitano?”
Kirk si aggrappò al braccio di McCoy. Che gli passò il tricoder addosso.
“Sta bene” annunciò sollevato.
Spock posò un ginocchio a terra “Fisicamente sì” convenne il vulcaniano.
“Dove era finito, capitano?” domandò piano.
“Mio padre… mio padre…” sussurrò scuotendo la testa.
“Jim…”
“Ero sulla Kelvin, ho visto mio padre… e mia madre… non ho potuto fare nulla per salvarlo…” gemette posando la fronte sulla spalla del medico.
“Forse è stato un sogno o un’allucinazione” ipotizzò Leonard, anche se non ne era convinto nemmeno lui.
“No. Era reale, come lo siamo tu ed io ora. Ero là. Mi avete riportato indietro appena in tempo…”
 
***
 
Kirk sedeva a capo chino sul letto del suo alloggio, McCoy gli porse una tazza di the fumante.
“Ne vuoi parlare?”
Jim scosse la testa fissando il liquido ambrato.
“Quanto tempo è trascorso qui?” chiese con un filo di voce.
“Due giorni” rispose sedendosi sul bordo del letto “E lì?”
“Troppo poco” sussurrò con tristezza infinita “Non lo so, un giorno forse… ho perso i sensi un paio di volte e la cognizione del tempo”
Poco dopo Spock li raggiunse e fece un rapporto dettagliato e preciso al Capitano.
McCoy non si intromise, ma era evidente che Jim non lo stesse ascoltando.
La voce del vulcaniano si spense e guardò il medico in attesa.
“E’ ancora sotto shock” disse McCoy.
“Sto bene Bones. Sono qui e ti sento”
“Non stai bene, Jim. Lo sai tu, lo so io, lo sa Spock”
Kirk bevve un lungo sorso di the.
“Se solo avessi avuto più tempo” bisbigliò.
“Cosa avrebbe fatto, Capitano? Interferire con il passato può essere molto pericoloso”
“Lei sa sempre trovare le parole giuste per confortare qualcuno” intervenne McCoy con sarcasmo.
“Sto solo esponendo i fatti” si difese.
Un pallido sorriso increspò le labbra di Jim; era confortante sentirli battibeccare. Finì in un sorso il the e porse la tazza vuota al dottore.
“Posso avere qualcosa di più forte adesso?”
“No!” rispose secco il medico, mentre Jim si sdraiava con un sospiro.
Leonard fece per alzarsi, ma Kirk lo fermò “Restate” pregò con voce stanca.
“Va bene” acconsentì il dottore tornado a sedersi.
“La mia presenza è necessaria in plancia… come facente funzione di Capitano…” iniziò il Primo Ufficiale, ma i suoi occhi incontrarono quelli di Jim e vi lessero una implicita supplica.
“Mi dia un minuto” concluse uscendo a grandi passi dalla cabina.
“Ha lavorato incessantemente due giorni per trovarti, Jim. Il tuo posto è qui con noi. Questa è la nostra realtà, la nostra vita e la tua”
Kirk non rispose rimase con gli occhi aperti a fissare il vuoto davanti a sé.
Pochi minuti dopo il vulcaniano fece ritorno, trascinò una sedia accanto al letto e vi si sedette composto e silenzioso.
Solo allora Kirk si concesse di chiudere gli occhi e di abbandonarsi alla stanchezza.
Ma prima di cedere al sonno mormorò: “Tutto quello di cui ho bisogno è qui”

 
 
---
Note dell’Autrice: ed eccomi qui con un’altra pazzia! Non chiedetemi come mi sia venuta in mente una cosa del genere fatto sta che è successo. ^_^
Il titolo è banale lo so, ma non mi è venuto niente di meglio ^^’
Ho scelto il nome di Gary Mitchell non a caso, visto che nella TOS era il migliore amico di Jim, ho pensato che potessero essere amici anche nel reboot.
La USS Antares è una delle navi distrutte nel primo film.
Grazie di aver letto fino a qui.
Alla prossima.
Un Kiss
Bombay
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Star Trek / Vai alla pagina dell'autore: Bombay