Cap
6
Il
Sole splendeva alto e il cielo era
sgombro, la temperatura si aggirava intorno ai venti gradi: il tempo
ideale per
una partita. I tifosi stavano prendendo rapidamente posto sulle
gradinate e i
giocatori erano nei rispettivi spogliatoi a sorbirsi il solito discorso
pre
partita degli allenatori.
-
Mi raccomando, voglio che giochiate come
sapete fare, dobbiamo mettere paura a tutti ancora prima
dell’inizio del
campionato. – si raccomandò Mourinho, osservando
uno a uno i suoi ragazzi.
Poteva leggere nel loro sguardo una lieve preoccupazione mista alla
voglia di
fare bene e vincere. Le squadre francesi erano da sempre le rivali
più sentite
da quelle italiane e in particolare il Paris Saint Germain sembrava
promettere
un grande spettacolo durante la stagione che stava per iniziare. Era
fondamentale vincere quell’amichevole, avevano chiuso la
scorsa stagione sul
tetto del mondo e i loro avversari non dovevano avere
l’impressione che si
fossero adagiati.
-
Sì, Mister! – replicarono in coro.
Sembravano
essere più carichi di quanto
dessero a vedere.
-
Cinque minuti e vi voglio in campo. –
decretò, uscendo dallo spogliatoio e andando a prendere
posto accanto al suo
fido braccio destro, Oriali, che si era già accomodato in
panchina e batteva
nervosamente il piede a terra.
-
Sarà una partita difficile, i francesi
sono belve, chissà come finirà. –
Mourinho
annuì in silenzio. Non amava fare
pronostici prima del calcio d’inizio, ma aveva fiducia nei
suoi ragazzi e
sapeva che non l’avrebbero deluso.
-
Forza, signorine, se avete finito di
farvi belle è giunto il momento di andare. –
esclamò Manuel, una volta che ebbe
allacciato gli scarpini, riferendosi palesemente a Rico e Cesar che
erano
ancora intenti a ridere e scherzare davanti allo specchio.
-
La tua è tutta invidia. – commentò
ironicamente Catalano, ottenendo in risposta un’occhiataccia
che la diceva
lunga su cosa il difensore spagnolo pensasse di lui.
-
Coraggio, andiamo a prendere a calci
qualche culo francese. – intervenne Rico, suscitando i
mormorii di appoggio del
resto della squadra.
Uscirono
in formazione compatta, accolti
da uno scroscio di fischi che proveniva dai tifosi di casa.
-
Non dategli retta, li zittiremo a suon
di goal. – commentò Julian, notando che il
nervosismo stava cominciando a
serpeggiare tra i compagni.
-
Julian ha ragione, a fine partita
piangeranno. – concordò Rob, lo sguardo fattosi
immediatamente duro e
determinato. Voleva portare a casa una bella vittoria, non importava
cosa
avrebbero dovuto inventarsi, alla fine avrebbero trionfato loro.
Pierre
e Rico si strinsero le mani con
fredda decisione, fissandosi negli occhi con aria di sfida, ma il vero
avversario dell’italiano era un altro. Spostò lo
sguardo verso destra dove,
alle spalle del capitano del Paris, si stagliava la sagoma bionda di
Napoleon.
Tra lui, Luis e Karl c’era una rivalità e
antipatia reciproca pertanto gli
scontri con il Paris e il Bayern finivano sempre per trasformarsi in
incontri
più adatti a un ring che a un campo da calcio.
-
Fischio d’inizio, palla a Bellin che si
lancia subito all’attacco. Ma ecco Napoleon che allunga la
falcata e lo punta.
Scontro tra i due attaccanti, tutto regolare per l’arbitro
che lascia
proseguire. È Campos in possesso della palla, salta
agevolmente Ulliel e
Deveraux, gira a Catalano che va al tiro. Botta all’incrocio
dei pali. Riparte
il gioco da Minner, attacco pressante del Paris Saint Germain che
relega
l’Inter nella propria metà campo. Intervento
falloso in area di Campos che
mette giù Le Blanc. Rigore per la squadra francese.
–
Male,
molto molto male.
-
Dannazione Manny. – imprecò Cesar,
avvicinandosi al compagno e alzando gli occhi al cielo.
Il
difensore rispose con una generosa dose
di veleno: - Se l’avessi messa dentro e non avessi sbagliato
quel tiro da
principiante non ci troveremo in questa situazione. –
Rico
si mise in mezzo, separando i due che
sembravano sul punto di saltarsi al collo a vicenda.
-
Piantatela di fare i bambini, è contro
di loro che dobbiamo riversare la rabbia non tra di noi. –
Annuirono,
separandosi ma continuando a
fissarsi in cagnesco.
-
Le Blanc va al tiro, carica il destro e…
parata di Turner che ha del miracoloso! Il risultato resta sullo 0 a 0.
–
-
Rico! –
La
voce di Ice sovrastò lo schiamazzo dei
tifosi e annunciò il lancio lungo verso di lui.
Stoppò
di petto poi, palla al piede,
percorse metà campo praticamente indisturbato. Ma dove
accidenti era la difesa
del Paris? Alzò lo sguardo verso la porta e li vide, quattro
giocatori che
puntavano dritti verso di lui. Ah, dannazione. Con la coda
dell’occhio
intravide Rob, che correva a un paio di metri dietro di lui. Colpo di
tacco e
gli consegnò la palla tra i piedi, poi si smarcò
e giunse al limite dell’area. Attese
pazientemente che la palla gli venisse riconsegnata. Eccola.
Dribblò Leon e
Junea, poi beffò il portiere con un cucchiaio.
-
Un tiro del genere è un delitto di lesa
maestà nei confronti di un portiere con
l’esperienza di Bàrtez… ma comunque la
mettiamo è goal! Ha segnato per noi con il numero 22 il
Fenomenoooooo Ricoooooo
Beeeeelliiiiin! 1 a 0! –
Rico
si godette gli abbracci dei compagni,
sorridendo soddisfatto. E uno era andato.
Continuarono
a giocare dando il cento per
cento poi, al termine del primo tempo, si lasciarono cadere sulla
panchina e
sorseggiarono una bottiglietta d’acqua.
-
Per stare tranquilli
dovremo farne un altro. –
considerò Cesar, versandosi il resto del contenuto della
bottiglietta sulla
testa. La calura aveva ricominciato a farsi sentire.
-
Continuate ad attaccare e andrà tutto
bene. State facendo un’ottima partita. –
confermò Mourinho, rivolgendo un
sorriso soddisfatto al nipote. Di questo passo sarebbe entrato
sicuramente tra
i primi posti della classifica dei cannonieri a livello europeo.
Il
gioco riprese con i francesi che
attaccavano senza sosta ed erano diventati decisamente più
aggressivi. Fu Tom a
sbloccare il risultato, segnando la rete del pareggio e spiazzando del
tutto la
difesa.
-
Ma che state facendo lì, dormite per
caso?! – urlò Ice, agguantando la palla e facendo
il gesto di volerla mordere
per la rabbia di non essere riuscito a pararla. La rilanciò
lunga,
direzionandola verso Julian.
-
Sveglia ragazzi, non lasciatelo solo. –
Le
urla del capitano fecero eco a quelle
del portiere. Allungò la falcata affiancandolo e ricevendo
la palla all’ultimo
secondo. Fintò il tiro e la girò a Rob, che
arrestò la corsa e se la sistemò
meglio sul sinistro, caricò e tirò in porta.
Bàrtez respinse con i pugni,
spedendola in corner.
-
Calcio d’angolo per l’Inter, lo batte
Catalano. – annunciò il cronista.
-
Occhio, proverà a tirare direttamente in
porta. – annunciò Pierre, notando lo sguardo
dell’attaccante che cercava di
calcolare la traiettoria migliore per saltare la difesa e spiazzare il
portiere.
Rico
alzò la mano nel momento stesso in
cui Cesar stava per calciare il pallone, che atterrò tra i
piedi del capitano.
Si voltò per correre verso la porta, ma
all’improvvisò sentì la fastidiosa
sensazione dei tacchetti che battevano sul crociato. Cadde a terra
cercando di
proteggere la palla con il corpo e non si alzò
finchè non udì il fischio
dell’arbitro e le proteste dei tifosi francesi.
-
Cartellino rosso per Napoleon, Paris
Saint Germain in dieci, e calcio di punizione in favore
dell’Inter. –
Rivolse
un beffardo cenno di saluto al
rivale di sempre e alzò un pollice in direzione del Mister e
dei compagni.
Stava bene, era solo un po’ dolorante.
-
Il calcio di punizione viene battuto da
Catalano. Bàrtez non ci arriva… goal, 2 a 1!
–
Il
portiere francese rimise in gioco la
palla con un tiro in profondità che raggiunse Tom nella
metà campo interista.
-
Becker aggancia e crossa per il suo
Capitano. Le Blanc si accinge a tirare, ma ecco Turner che esce.
Scontro tra i
due giocatori; Le Blanc ha un taglio sulla fronte sicuramente causato
dagli
scarpini di Turner. Rosso per il portiere nerazzurro che sportivamente
aiuta
l’avversario a rialzarsi e si scusa con lui. Inter in dieci e
senza portiere. –
-
Merda. Merda, merda, merda! – sbottò
Rico, calciando nervosamente una zolla d’erba.
-
Ecco la sostituzione di Mourinho. Fuori
Catalano e tra i pali prende posto il secondo portiere, Gino Buffetti.
–
Il
Capitano fece cenno a Julian, Manuel e
Rob di avvicinarsi.
-
Ascoltatemi bene. Gino è bravo, ma non
si è ancora ripreso del tutto dall’infortunio.
Manuel e Julian, voglio che
giochiate a ridosso della porta, non m’interessa come farete,
ma nessuno deve
tirare; Rob, è il momento di verificare quanto sia forte la
nostra intesa in
attacco. –
Denton
annuì sorridendo: - Sì, Capitano! –
La
partita riprese e il resto del secondo
tempo trascorse sulla falsa riga del primo. L’unica nota
significativa fu il
goal di Rob su assist di Rico e il salvataggio spettacolare di Julian
proprio
sulla linea di porta.
-
E così l’amichevole Paris Saint Germain
– Inter si chiude con un 1 – 3 in favore dei
milanesi. In goal: Bellin, Becker,
Catalano e Denton. –
Si
trascinarono fuori dal campo come un
gruppo di zombie e, malgrado l’euforia della vittoria,
nessuno spiccicò più di
un paio di parole. Erano distrutti.
Mark,
che aveva assistito a tutta la
partita con trepidante attesa, sorrise soddisfatto. Aveva visto un
incontro a
dir poco avvincente e la grinta dei nerazzurri gli faceva ben sperare
di
trovarsi a casa propria in caso di una risposta favorevole alla
cessione da
parte della Juventus.
********
-
Ed eccoci qui, ormai al termine
dell’amichevole tra le nazionali tedesca e italiana. Partita
avvincente e ricca
di colpi di scena, sei d’accordo Andrea? –
-
Assolutamente, le ragazze hanno giocato
con una grinta che non ha nulla da invidiare a quella dei loro
connazionali
maschili e il risultato del 2 – 1 è stato
giustissimo. – concordò Stramaccioni.
-
Non trovi che la prestazione della
Bellin sia stata un po’ opaca questo pomeriggio? –
domandò il cronista.
-
Di sicuro non ha brillato come è solita
fare, ma non scordiamoci che è reduce da un brutto
infortunio e a quanto pare
anche ieri ha avuto un duro scontro con la Gattuso. Resta comunque da
segnalare
il suo tiro da fuori area che ha portato al pareggio durante il primo
tempo. –
-
Certo, certo. Veniamo ora alle pagelle
dell’incontro. –
-
Bene. Per quanto riguarda la nazionale
italiana, do:
7
alla Zamorano, suo il goal della
vittoria e ottima l’intesa con la Bellin;
8
alla Baggio, in campo la sua esperienza
fa la differenza e il suo cross alla Zamorano è stato
perfetto;
7
alla Bellin che oggi non era
evidentemente in giornata e colleziona solo un goal da fuori area che
porta al
pareggio;
6
alla Gattuso, buona la difesa ma un
pizzico d’aggressività di troppo che le costa un
giallo;
9
alla Bardi, una sicurezza tra i pali,
peccato solo per la svista sul colpo di testa della Lotzen;
6
per la Facchetti, alterna ottime giocate
a momenti di black out difensivo.
Per
la nazionale tedesca:
8
e mezzo alla Lotzen, oggi era in gran
forma, suo il goal del momentaneo vantaggio e sempre suo
l’insidioso tiro che
ha messo in seria difficoltà la Bardi alla fine del secondo
tempo;
7
alla Munch, buona visione di gioco e
qualità nei passaggi;
7
e mezzo alla Grindelwald, ci prova
proprio a parare prima il tiro della Bellin e poi quello della
Zamorano, ma non
può nulla. Grandi parate per il resto della partita che la
riconfermano
un’ottima giocatrice;
6
e mezzo alla Muller, prova un po’ opaca
per la centrocampista tedesca, ma è sua
l’iniziativa che ha innestato la
Lotzen;
5
alla Skorr, troppe amnesie in fase
difensiva. – concluse Stramaccioni.
-
Da noi è tutto, linea allo studio. –
Il
collegamento con lo studio italiano
venne chiuso e i due poterono finalmente prendersi la loro pausa.
Fiamma
sbuffò, spegnendo il mini
televisore che si trovava nello spogliatoio. Avevano ragione, non aveva
giocato
come sapeva fare, e la colpa non era neanche tutta della botta che
aveva preso
il giorno prima, anche se le sarebbe piaciuto tantissimo poterlo dire.
Ma no,
non poteva mentire a se stessa. Aveva giocato male e la colpa era solo
sua; era
stata svogliata, priva della solita carica e a fine primo tempo aveva
sentito
la stanchezza farsi strada e intorpidirle le gambe. Se non fosse stato
per il
suo orgoglio probabilmente avrebbe smesso di correre già al
sessantesimo
minuto. Doveva tornare in forma, e doveva riuscirci prima
dell’inizio del
campionato, non poteva permettersi altre figuracce come quella che
aveva appena
fatto.
Uscì
dallo spogliatoio e trovò ad
attenderla Benji, l’immancabile cappellino calcato in testa e
l’espressione
seria negli occhi scuri.
-
Come va? –
-
La gamba così e così, se invece ti
riferisci alla mia autostima allora è sottoterra.
– borbottò, lasciando che il
ragazzo le togliesse la sacca dalle mani e l’indirizzasse
verso il parcheggio.
-
Non hai giocato poi così male. –
obiettò.
Gli
rivolse un’occhiata molto poco
cordiale.
-
Per favore, Benji, cerca di essere obiettivo.
Sei mio amico, ma non puoi affermare sinceramente di avermi visto
giocare bene
e neppure discretamente. Sono stata penosa. –
Benji
la fissò per un istante poi, senza
sapere esattamente cosa gli fosse passato per la testa, la trasse a
sé in un lieve
abbraccio. Fiamma rimase spiazzata, ma in quel momento aveva bisogno di
qualcuno che le stesse vicino e la consolasse. Di norma ci avrebbe
pensato
Rico, ma suo fratello non c’era e tanto valeva accontentarsi
dell’abbraccio di
un amico. Affondò la testa tra la spalla e il collo del
portiere e chiuse gli
occhi; le lacrime le pizzicavano gli occhi, ma non avrebbe pianto,
questo
assolutamente no.
-
Va tutto bene, capita anche ai migliori
di avere una giornata storta, non puoi crocefiggerti solo
perché per una volta
non hai dato il massimo. –
-
Lo diresti anche se ci fossi tu al mio
posto? – domandò ironica.
-
Probabilmente no, ma questo è solo
perché sono un testone orgoglioso proprio come te.
– scherzò.
Risero
insieme e Fiamma continuò per un
paio di secondi in più di lui.
-
Grazie, Benji. –
Il
giapponese le rivolse uno sguardo
perplesso: - Per cosa? –
-
Per avermi tirato su il morale, ne avevo
bisogno. – replicò, alzandosi in punta di piedi e
scoccandogli un bacio sulla
guancia.
-
Ci vediamo a cena da Lena. – aggiunse,
salutandolo e salendo in macchina.
Benji
la osservò allontanarsi toccandosi
la guancia con aria assorta.
***********
Rikki
era seduta accanto a Carlo
Ancelotti, entrambi erano concentrati sulla partita. Il Real aveva
cominciato
molto bene, ma stava cominciando a soffrire la pressione incessante del
Barcellona. Il risultato era ancora fermo sullo 0 a 0 e mancavano pochi
secondi
alla fine del primo tempo. Ricardo se la stava cavando egregiamente,
parando
due tiri particolarmente insidiosi di Santana e facendolo evidentemente
innervosire. Era quella la tattica preferita di suo fratello,
stuzzicare gli
avversari per fargli perdere la concentrazione. Per giocare bene
bisognava
essere concentrati e con la mente sgombra, arrabbiarsi non aiutava di
certo.
-
Credo che dovrebbe fare uscire Santana. –
Ancelotti
la guardò con aria sorpresa,
come se non credesse a quanto aveva appena detto. Poteva capirlo,
Carlos era il
loro migliore attaccante, un vero fenomeno, non aveva senso farlo
uscire
durante una partita come quella.
-
Perché? –
-
È troppo nervoso, non si concentra e vuole
fare tutto da solo. Non passa palla neanche a Leo, così non
segnerà mai a mio
fratello. – spiegò pacatamente, seguendo con lo
sguardo il duello tra Hutton e
Santana. Rivaul arrivò in raddoppio di marcatura e
riuscì a togliergli palla.
In quel momento l’arbitro fischiò la fine del
primo tempo, non ci sarebbe stato
recupero.
I
ragazzi tornarono alla panchina con aria
visibilmente amareggiata.
-
Perché non mi hai passato la palla, ero
solo davanti alla porta, avrei segnato?! – esclamò
Leo non appena arrivarono
alla panchina.
Santana
non gli rispose e si limitò a
scrollare le spalle.
-
Devi piantarla di voler giocare sempre
da solo, siamo una squadra, credevo l’avessi capito Carlos!
–
-
Lasciami stare, Luciano. – replicò il
ragazzo, afferrando una bottiglietta d’acqua e vuotandola
tutta d’un sorso.
Leo
l’afferrò per un braccio,
costringendolo a voltarsi verso di lui.
-
No che non lascio stare. –
Ancelotti
li raggiunse, posando una mano
sulla spalla di Leo.
-
Basta così, ragazzi. Volete sapere perché
Carlos non riesce a giocare come sa fare? –
Annuirono.
-
Spiegaglielo. – ordinò, rivolgendosi a
Rikki.
Inarcò
un sopracciglio, irritata per quel
tono di comando. Lei lavorava per la società, non per lui, e
non era nemmeno
uno dei suoi ragazzi, avrebbe fatto meglio a ricordarselo.
-
Sei troppo nervoso, non sei concentrato,
e l’hai presa troppo sul personale. È esattamente
quello che voleva Ricardo,
non riuscirai mai a segnargli. –
Santana
sbuffò incredulo: - Certo che
riuscirò a segnargli, sono il migliore e lo
dimostrerò. –
-
Magari la prossima volta, ragazzo. Il
secondo tempo lo guardi dalla panchina. – intervenne
Ancelotti.
-
Che cosa? È un suicidio togliermi
proprio adesso, un paio di minuti e riuscirò a segnare.
– protestò.
-
Ne hai avuti quarantacinque e non è
servito. Ramos, preparati, entri al posto di Santana. –
Lo
spagnolo annuì, sfilandosi la pettorina
e cominciando a riscaldarsi velocemente.
Carlos
gettò la bottiglietta a terra con
rabbia e s’incamminò verso il tunnel che portava
agli spogliatoi. Era stato
sostituito, lui che non aveva mai giocato una partita a metà
se non quando si
era rotto il braccio e l’avevano portato fuori in barella.
Era tutta colpa di
quella ragazzina che giocava a fare la manager, ne era sicuro.
Lasciò la divisa
sulla panca e si infilò sotto la doccia, regolando il getto
finchè non fu
abbastanza caldo da arrossargli la pelle.
L’arbitro
fischiò l’inizio del secondo
tempo. I ragazzi tornarono in campo, tranne Leo che sembrava
preoccupato.
-
Che succede, stai bene? – gli domandò
Rikki, affiancandolo.
Annuì:
- Si tratta di Carlos, non so come
la prenderà, non era mai stato sostituito prima. –
Mai
sostituito? Certo era bravo, ma non
immaginava che fosse così bravo.
-
Se entri in campo e ti concentri sulla
partita, andrò io a vedere come sta. –
-
Lo faresti davvero? –
Sembrava
incredulo, probabilmente perché se
lui non fosse stato il suo migliore amico non
sarebbe mai andato a fronteggiare Carlos Santana da arrabbiato.
-
Certo, ma tu cerca di vincere questa
partita, voglio prendere un po’ in giro mio fratello.
– replicò, con un
sorrisetto bastardo che lo fece sorridere a sua volta.
-
Agli ordini. –
Aspettò
che la partita fosse ricominciata,
poi entrò nel tunnel. Bussò alla porta dello
spogliatoio, ma non ottenne
risposta. Perfetto, e adesso dove si era cacciata quella testa calda?
Varcò
la porta con circospezione, aveva
appena individuato la divisa sulla panca quando Carlos uscì
dalla doccia con la
sola protezione dell’asciugamano legato in vita.
Rikki
non potè fare a meno di notare come
le gocce d’acqua gli imperlavano il petto muscoloso facendolo
sembrare
inaspettatamente appetitoso. Oh, dannazione, era di Santana che stava
parlando.
Era un egocentrico insopportabile narcisista, non poteva permettersi di
pensare
che oltre a tutto quello fosse anche carino.
Carlos
rimase senza parole, imbarazzato
dalla sua presenza.
-
Sai, tra le persone civilizzate si usa
bussare. –
-
Fortuna che tu non sia civilizzato. –
Uff,
possibile che avesse sempre la
risposta pronta?
-
Che ci fai qui? –
-
Faccio un favore a Luciano, voleva
essere sicuro che non avessi fatto qualcosa di incredibilmente stupido.
–
Sì,
quella era una cosa molto da lui.
-
Ok. Hai visto che sto bene, ora puoi
anche andartene. – borbottò.
Rikki
sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
Faceva un gesto quasi carino e lui si comportava da perfetto
troglodita. Fantastico.
-
Tolgo subito il disturbo, mr simpatia. –
replicò acida, uscendo e sbattendo la porta.
Carlos
rimase per un paio di secondi a
guardare la porta. Era stato scorbutico, lo sapeva bene, ma la
verità era che l’aveva
colto di sorpresa e a lui non piaceva farsi sorprendere, specie se si
trattava
di una ragazza.
Spazio
autrice:
Dopo
un’assenza indegna, eccomi con il
nuovo capitolo. Spero che vi piaccia, fatemi sapere che ne pensate. Al
prossimo.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt