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Autore: Melinda Pressywig    14/10/2013    9 recensioni
Una banca. Uno psicopatico. Una motosega.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Delirio e Sanguinolenti Poltiglie










 
La giornata era iniziata in modo piuttosto proficuo per gli impiegati della banca cittadina. Avevano aperto solo da mezz'ora e c'era già un via vai notevole di gente. Le operazioni bancarie agli sportelli si susseguivano rapidamente, soddisfacendo in tempi brevi le richieste della clientela. C'era fila nelle sale d'aspetto, e dalle porte scorrevoli continuavano a entrare uomini e donne con sguardi cupi e seri. Sembrava una giornata tranquilla e monotona come tutti i santi giorni. 
Il direttore, il Signor Arnaldo Piastrini, se ne stava in piedi, in un angolo tra la porta del suo ufficio e il distributore d'acqua manuale. Contemplava soddisfatto quel luogo per lui così familiare e osservava divertito le persone passargli accanto. Era grazie a loro se quella banca tirava avanti nel modo più dignitoso possibile. Era grazie ai loro soldi se a fine mese riusciva a pagare tutti i dipendenti secondo i termini prestabiliti. E di questo era grato al padre eterno. Riempì un bicchiere di plastica d'acqua fresca e, mentre sorseggiava, guardava distratto l'ambiente. 
Poi, d'improvviso l'atmosfera cambiò: come in una scena a rallentatore, le persone presenti in quel luogo parevano muoversi più lentamente. Da fuori, in lontananza, si sentì il suono di una sirena delle forze dell'ordine; delle urla terrorizzate, attutite dal chiacchiericcio sommesso e dai vetri spessi che separavano dall'esterno; la sirena di un'ambulanza, o forse anche di più. 
Arnaldo Piastrini aggrottò le sopracciglia e il suo sguardo si spostò immediatamente verso l'entrata. 
Proprio in quel momento, con i suoi stessi occhi, vide la sagoma di una enorme motosega sfondare i vetri della porta scorrevole. Un frastuono terribile, uno schianto che avrebbe fatto perdere l'udito anche a un giaguaro. Schegge di vetro volarono per tutto l'ampio ingresso, riversandosi sulla gente colta alla sprovvista. 
Ci furono urla di spavento, urla isteriche, urla di puro stupore. Molti si rannicchiarono a terra, per proteggersi dall'attacco  improvviso. Pezzi di vetro appuntiti saettarono, andando a conficcarsi nella pelle, o peggio, negli occhi dei malcapitati lì vicino. Si sentirono urla di dolore e il pavimento lucido iniziò a macchiarsi di sangue.  
Ad Arnaldo Piastrini era caduto il bicchiere dallo spavento, e l'acqua si era rovesciata a terra. Si era inginocchiato pure lui, coprendosi il volto con il braccio. A quel punto, egli guardò sconcertato lo scenario davanti ai suoi occhi. Non poteva crederci. Il rombo di una motosega risuonò assordante per tutta la sala, facendo vibrare i pavimenti e i muri. E insieme a quell'oggetto infernale, apparve la figura di un uomo robusto, dallo sguardo perso e delirante. Con quella motosega in mano era pronto a dar spettacolo e commettere una carneficina memorabile. Pareva fosse uscito da un manicomio. Quello rise: una risata folle e inquietante. Alzò la motosega in alto, come se stesse brindando il giorno del suo compleanno. 
«Ma guarda un po' chi abbiamo qua» esordì. «Sono venuto da queste parti per ridurvi in poltiglie... Chi vuole essere il primo?» chiese eccitato. E continuò a ridere, estremamente divertito da quella situazione. 
Attorno a lui vi erano dei corpi accasciati a terra e sembravano già morti, oppure solo svenuti. 
Intanto, Arnaldo Piastrini guardava esterrefatto la scena. Non riusciva a capacitarsene. Pensò fosse uno psicopatico senza speranze. Altra gente tentava in tutti i modi di scappar via. Volevano tutti scavalcare gli sportelli o qualunque barriera si ritrovassero davanti, per fuoriuscire da una possibile porta sul retro. Ma ogni mossa era inutile.
Lo psicopatico proseguì dicendo:
«Nessuno!? Bene, allora ci penso io...», il suo tono di voce sembrava compiaciuto. 
Si mosse, continuando a far roteare i denti affilati dello strumento: un suono che assomigliava al ruggito di un animale feroce. Senza pensarci due volte quello colpì alla rinfusa, accanendosi su un gruppo di persone raggruppate alla sua destra. Non c'erano vie di scampo; il pazzo fu su di loro e li trucidò con un sol ronzio, tagliando braccia, mani, polsi, gambe, spalle, ventri, piedi. Per i più fortunati rotolavano via le teste. 
L'uomo pareva felice nel vedere tutto quel sangue spruzzare a fiotti dai corpi squartati delle persone. E mentre le martoriava aveva una espressione appagata, bramosa di continuare la sua opera d'arte, come se fosse la sua unica ragione di vita. Terminato con quel primo gruppo, si girò a guardare il resto dei presenti, con sguardo omicida e un ghigno felice in volto. Le sue prossime vittime erano già a sua disposizione. C'era chi piangeva dalla disperazione, chi vomitava in un angolo e chi guardava inorridito l'intera scena. Sapevano avrebbero fatto la stessa fine. 
Lo psicopatico avanzò a passi lunghi e decisi, provocando il panico generale ovunque. L'azione si ripeté, ancora più violenta e crudele di prima. Il sangue nero e viscoso allagava buona parte della sala e schizzava dappertutto. 
Arnaldo Piastrini continuava a rimanere nel suo angolo senza sapere cosa fare, se non guardare quello spettacolo dell'orrore. A malapena sentiva alcuni dei suoi dipendenti che gli urlavano disperati: «Signor Piastrini! Faccia qualcosa, la prego!». Ma lui non muoveva un muscolo. Probabilmente avrebbe fatto la stessa fine. 
Nel frattempo, fuori impazzava il caos generale. Quel pazzo aveva fatto strage anche all'esterno della banca. Lungo i marciapiedi vi erano disseminati altrettanti corpi, riversi a terra in un bagno di sangue. Uomini, donne e bambini. Le ambulanze accorrevano numerose, e al loro arrivo rimanevano scioccati e increduli. 
Le squadre delle forze dell'ordine, invece, erano fluite tutte dinnanzi alla banca. Non avevano un piano d'azione, ma dovevano fare qualcosa e fermare il pazzo omicida.
«Signore, come dobbiamo agire?» chiese un agente al suo superiore. 
Egli non esitò a rispondere e disse  gridando all'intera compagnia di uomini: 
«Forza, tutti con me! Dobbiamo introdurci in quella banca e fermare quella carneficina! Sparategli più pallottole che potete! Lo voglio morto quel figlio di puttana... Al diavolo l'etica!»   
All'unisono gli agenti risposero: «Sì, signore!», e si mossero. 
Gli uomini si avvicinarono rapidi all'entrata, ormai frantumata. Riuscivano distintamente  a sentire il rumore della motosega che strappava alla vita quelle povere persone innocenti e sentivano anche la risata gioiosa del matto che uccideva senza sosta. Dovevano assolutamente fermarlo.
Nel giro di un minuto furono dentro. Spararono allo psicopatico e la finirono una volta per tutte. 
Quello, per sua risposta, fu scosso dall'arrivo delle pallottole come se fosse in preda a una crisi epilettica. Lasciò andare la motosega che cadde a terra con un tonfo assordante, e la catena tagliente continuava a roteare all'infinito. 
Presto gli agenti furono sul corpo riverso dell'omicida e riuscirono anche a spegnere il fracasso che produceva la motosega animata. Quando anche gli altri agenti entrarono all'interno della banca, ciò che videro fu solamente sangue, praticamente ovunque; a terra i volti delle teste mozzate ancora ad occhi spalancati e a bocche aperte. 
Arti mozzati, budella sparse qua e là, sulle pareti. I pochi sopravvissuti sputavano l'anima dai loro stomaci in subbuglio.   Una visione raccapricciante e nauseante. 
Il direttore Arnaldo Piastrini era anch'egli riverso a terra, con un piede e l'altra gamba strappati, che grondavano di sangue. E dire che sembrava una gran bella giornata. 


Il giorno seguente, sulle prime pagine di tutti i giornali era pubblicata la notizia dell'accaduto. Diceva così:
 
È stata una mattinata all'insegna della morte per gli sfortunati della banca della città. Un pazzo psicopatico di nome Riccardo Donastri, alle otto del mattino, è scappato indisturbato dal manicomio principale della città, vestito con comuni abiti civili. È entrato in un negozio di falegnameria e ha rubato una motosega, decapitando il proprietario del negozio e tutto il suo seguito. Poi ha seminato morte e distruzione anche per le strade limitrofe, fino a quando non è giunto dinnanzi alla banca in questione. È entrato, distruggendo l'intera vetrata e ha ammazzato senza ritegno chiunque gli si parasse davanti. Gli agenti delle forze dell'ordine sono intervenuti dopo un quarto d'ora, ma per i poveri malcapitati era troppo tardi. L'agente Roberto Savegni ha condotto gli uomini all'azione, mettendo fuorigioco Riccardo Donastri. Gli agenti gli hanno sparato senza esitare, andando contro l'etica professionale. Per fortuna l'incubo adesso è finito. Tra le cinquanta vittime e una ventina di feriti, vi è anche  il direttore della banca, Arnaldo Piastrini, che adesso si trova all'ospedale della città in gravissime condizioni ed è in prognosi riservata. L'intera città è amareggiata e in lutto, e prega per quelle anime volate via, sperando che un lago di sangue del genere non si ripeta mai più.





























 
Spazio Autrice.

Dedico questo racconto a Ser Balzo, che mi ha ispirato, lanciandomi questa idea. 
Mi sono divertita enormemente a scriverlo. E ne sono abbastanza soddisfatta. Ho puntato sull'esagerazione e forse anche un po' sul nonsense.
Spero vi sia piaciuto.
Mi rendo conto che l'articolo di giornale sia piuttosto corto,
ma di meglio non ho saputo fare, mi dispiace.
Perdonate la sezione Horror, non penso di averci azzeccato, ma mi è sembrata l'unica alternativa. 
Grazie a chi ha letto e a chi lascerà una recensione!

Saluti - Melinda Pressywig 
  
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