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Autore: Shainareth    14/10/2013    3 recensioni
Strinse le labbra, cercando di recuperare il respiro che gli era venuto meno a causa di quella domanda. Infine, le schiuse e, con voce rauca, una voce estranea persino a se stesso, rispose. «Io sono Garu.»
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Amnesia'
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CAPITOLO SECONDO




Quando fu loro consentito di entrare, rimasero entrambi impalati sulla soglia d’ingresso della stanza, gli occhi sgranati e le bocche socchiuse per lo stupore. «Per la miseria!» fu l’esclamazione che si lasciò sfuggire Abyo, facendole ridere. «Ma quanto sei alta?»
   Pucca non avrebbe saputo rispondere a quella domanda perché, in effetti, non ne aveva idea. Si rendeva però conto che Ching era più bassa di lei e che, a questo punto, si poteva anche supporre, forse erroneamente, che tutto il tempo che aveva dovuto passare a letto le avesse in qualche modo consentito di crescere in statura più del normale. Si strinse perciò nelle spalle e domandò: «Ti secca ch’io sia alta quasi quanto te?»
   Sentendo gli altri ridere, Abyo corrucciò lo sguardo con aria seccata. «Sono ancora in fase di sviluppo», le assicurò, incrociando le braccia al petto.
   «Alla tua età?» lo prese in giro anche Garu, dandogli una leggera spallata. Benché fosse assai improbabile, non era da escludere che il loro amico potesse guadagnare ancora uno o due centimetri, ma comunque non sarebbe mai stato un gigante.
   «Invece di blaterare», li interruppe Ching, sostenendo l’altra fanciulla per un braccio, «che ne dite? Non è carina da morire?» Adesso che Pucca era in grado di alzarsi da sola, la sua amica non aveva perso tempo e si era data da fare per togliere di mezzo quelle maledette tenute ospedaliere e, almeno durante l’orario delle visite, farle indossare degli abiti adatti ad una qualunque ragazza della sua età. E, a onor del vero, le stavano anche bene.
   «Altroché», concordò Abyo, squadrando Pucca da capo a piedi. «Certo è lievitata quasi soltanto in altezza, ma è comunque una gran bella pupattola», affermò compiaciuto, facendola accigliare e mortificare per la mancanza di un seno prosperoso come quello di Ching.
   «Potevi limitarti a dire di sì», lo redarguì quest’ultima, mentre Garu lanciava uno sguardo tutt’altro che amorevole al suo amico di una vita. Chi se ne importava se Pucca non portava una quarta, una terza o quel che era? In effetti, Garu non era molto pratico di quel genere di misure come poteva esserlo Abyo… Ad ogni modo, a lui interessava soltanto che la sua piccola Pucca continuasse a fare progressi e che potesse uscire il prima possibile da quel dannato ospedale.
   Quando riportò la propria attenzione su di lei, notò che lo stava fissando con occhi lucenti di gioia e… Cos’era quella?, si domandò il giovane ninja con un vago senso di disagio. Speranza? Si rese improvvisamente conto di non aver ancora detto mezza parola di apprezzamento riguardo all’aspetto della sua fidanzata e perciò, pur sentendosi in imbarazzo anche per via della presenza di altra gente, benché si trattassero soltanto di Abyo e Ching, si schiarì la gola e mormorò: «Stai molto bene.» Era il massimo che poteva fare, purtroppo per lui. Dopotutto, cos’avrebbe dovuto dirle? Qualcosa di poco delicato come aveva già fatto Abyo? Oppure, e sarebbe stato di gran lunga più sincero, farle i complimenti per l’essere cresciuta davvero bene? Eh, sì, non lo si poteva negare. Nessuno di loro, forse, se n’era accorto se non nel momento in cui Pucca era stata in grado di riprendere colore in volto, di mettere su qualche chilo, di alzarsi in piedi e di indossare nuovamente qualcosa che la facesse apparire un’adolescente come tante altre. Beh, magari non proprio come le altre, perché era sempre stata graziosa fin da bambina e, con gli anni, lo era diventata ancora di più. O forse, si chiese Garu, la bellezza che lui scorgeva nei suoi lineamenti era solamente il frutto del grande affetto che provava nei suoi confronti? Chi se ne frega, concluse con se stesso, scrollando mentalmente le spalle e allargando le labbra in un sorriso, che Pucca ricambiò all’istante, grata per le sue parole.
   L’opinione di Garu, per lei, era la più importante. Certo, anche se lui le aveva assicurato di essere il suo fidanzato, la fanciulla non poteva dire di conoscerlo davvero bene, perché non ricordava nulla riguardo al rapporto che li aveva uniti prima che cadesse in coma. Stava legando con tutti loro come se fosse stata la prima volta ed era lieta di trovarsi bene in loro compagnia, al punto che ormai, a distanza di tutte quelle settimane, poteva considerarli davvero degli amici. E, forse, Garu era davvero soltanto tale, dal momento che non era capitato niente che fosse degno di nota fra loro due; ma a Pucca andava bene così. Una volta uscita dall’ospedale, avrebbe avuto tutto il tempo che voleva per imparare a conoscerlo per bene ed eventualmente a poter giurare di essere davvero innamorata di lui proprio come credeva che fosse. Si sentiva un po’ sciocca, in realtà, a considerare la faccenda unicamente da un punto di vista fisico – Garu era obiettivamente un bel ragazzo e nessuno avrebbe potuto negarlo – e a basarsi solo sulle sensazioni fisiche che lui le comunicava involontariamente, ma Pucca non poteva farci niente. E poi, a voler essere sincera, era già rimasta incantata da alcune abitudini del giovane, come ad esempio il suo modo di parlare o anche solo quello di muovere le mani. Per non parlare per le espressioni del suo volto. Inoltre, in qualche modo la sua vicinanza aveva lo straordinario potere di rassicurarla, e questa era una sensazione che con l’attrazione fisica non aveva nulla a che vedere.
   «Ho voglia di andare fuori», fu il desiderio che espresse d’improvviso. Sapeva di non poter ancora compiere molti passi, soprattutto senza un fermo sostegno, ma anche i medici le avevano consigliato di prendere aria non appena si fosse sentita fisicamente meglio e fosse stata dell’umore per farlo. In verità, nessuno si era sorpreso che il morale di Pucca fosse sempre alto e che lei continuasse a fare progetti per il futuro: anche in questo non era cambiata di una virgola.
   Dopo essersi scambiati un veloce sguardo d’apprensione, gli altri convennero che forse quella della loro amica non era una cattiva idea. «Vado a chiedere se ci lasciano usare una sedia a rotelle», si offrì allora Abyo, uscendo subito dalla stanza.
   «Peccato», sospirò Pucca, appoggiandosi con la mano libera alla struttura del letto, sul quale si sedette lentamente in attesa di poter finalmente mettere piede fuori da lì. Non era tipo pigro, e anche se questo non poteva ricordarlo, sentiva dentro di sé che così doveva essere sempre stato. «Speravo che fossi tu a portarmi fuori, sollevandomi fra le braccia o magari reggendomi sulle spalle», affermò sfacciatamente, occhieggiando con fare civettuolo verso Garu.
   Questi corrucciò la fronte, sconcertato: per essere affetta da amnesia ed aver passato a piè pari la fase della pubertà, ritrovandosi dall’oggi al domani in piena adolescenza, Pucca sapeva fin troppo bene come attirare l’attenzione di un uomo. Ching ridacchiò divertita, facendogli finalmente comprendere che si trattava soltanto di uno scherzo. Tanto che Pucca lo fissò con tenerezza e, con suo grande scorno, domandò all’amica: «È sempre così adorabilmente ingenuo?»
   «Strano, per uno grande e grosso come lui, eh?» le diede man forte l’altra, facendo stizzire Garu più di prima. E notando la sua espressione, Ching volle rassicurarlo. «Tranquillo, per ora la finiamo qui.» Il giovane sbuffò, spostando il peso del corpo da un piede all’altro, prima di decidere che, dopotutto, era meglio aspettare Abyo in corridoio.
   Quando però quest’ultimo fu di ritorno con la sedia a rotelle, gli lanciò uno sguardo spazientito che Garu comprese solo quando lo sentì parlare sottovoce. «Stai molto bene», gli fece il verso Abyo, quasi sbuffando. «Cerca di essere un po’ più esplicito nei tuoi complimenti», gli consigliò, fermandosi a pochi passi dall’uscio della camera. Il ninja corrucciò la fronte, domandandosi cosa intendesse dire il suo amico. «Noi due dovremo fare una bella chiacchierata», lo avvisò quello, scuotendo il capo con fare sconfortato e spingendo la sedia per raggiungere le ragazze. «Una chiacchierata da uomo a uomo», aggiunse, prima di sparire nella stanza e di lasciarlo ritto e solo nel corridoio come un palo solitario in mezzo alla strada.

Non se n’era mai reso conto, ma gli piaceva l’odore della sua pelle. Aveva potuto sentirlo solo quel pomeriggio quando aveva sollevato Pucca fra le braccia per davvero e l’aveva adagiata sul letto, stanca del giro fatto nel giardino dell’ospedale. Era stato un contatto davvero breve, ma tanto era bastato. Garu si domandò se non fosse il profumo di un qualche sapone particolare che le aveva portato Ching, quel giorno. O forse era una crema per il corpo? In ogni caso, era un odore gradevolissimo. Al punto che, se avesse potuto, sarebbe rimasto vicino a Pucca molto più a lungo.
   «Ching», chiamò allora, decidendo che non ci sarebbe stato nulla di male a chiederlo direttamente a lei. I suoi amici, che lo precedevano lungo la strada che li avrebbe condotti verso il Goh-Rong, dove avrebbero portato notizie di Pucca ai suoi zii, si volsero entrambi nella sua direzione e questo, in qualche modo, inibì il ninja che si fece cogliere dalla sua solita timidezza in fatto di donne – e di Pucca in particolar modo.
   «Che c’è?» lo spronò Ching, vedendolo incerto. «Qualcosa non va?»
   No, affatto. Solo che, improvvisamente, era stato colto dal dubbio che, forse, la domanda che stava per porle poteva essere fraintesa. Quelli che aveva davanti, però, erano i suoi migliori amici, quindi sicuramente avrebbero capito e non avrebbero affatto interpretato male la sua curiosità. Decise di parlare, sia pure con un certo imbarazzo.
   «Hai… fatto usare a Pucca qualche sapone particolare? O una crema o…»
   «No», rispose la ragazza, interrompendolo perché consapevole dello sforzo che stava facendo il giovane. Sebbene fossero ormai passate diverse settimane da quando aveva rotto il voto del silenzio, Garu non era ancora del tutto avvezzo a parlare, soprattutto riguardo a certe faccende. «Io mi sono limitata a portarle quei vestiti. Alla sua igiene personale pensano ancora le infermiere», spiegò.
   Il ninja assunse un’aria pensierosa. Dunque a cosa era dovuto quel piacevole odore che aveva potuto sentire sulla pelle della fanciulla?
   «Perché me lo hai chiesto?»
   Si strinse nelle spalle con fare impacciato, non sapendo dove posare gli occhi, come se avvertisse inconsciamente che ci fosse qualcosa di sbagliato in tutto quello. «È che mi pareva che usasse qualche profumo particolare…»
   «Io non ho sentito niente.»
   «Neanch’io», confermò Abyo con noncuranza. Ma poi un lampo lo colse e comprese cosa stesse accadendo. Perciò, ridendo sommessamente, decise di chiarirgli ogni cosa. «Pare che la piccola Pucca non sia più così tanto piccola, eh?», cominciò, attirando la sua attenzione. «Sai, esistono delle cose chiamate feromoni», gli rivelò in tono paziente, convinto che Garu non ne avesse mai captati in vita sua. Così era, in effetti, ma probabilmente non era delicato farglielo notare davanti a Ching.
   La quale emise un flebile Oh! e abbassò e distolse lo sguardo, arrossendo lievemente e sorridendo intenerita. Quanto a Garu, invece, rimase senza parole. Non che fosse una novità, per lui, a ben guardare. Tuttavia, sul serio, non aveva minimamente pensato che potesse trattarsi di una cosa del genere. Davvero quello che aveva sentito era soltanto l’odore della pelle di Pucca? Davvero era capace di deliziarlo fino a quel punto? Il solo pensiero lo fece avvampare e lui si pentì enormemente di aver aperto bocca al riguardo.
   Abyo rise più forte, tanto per sottolineare la propria mancanza di sensibilità riguardo a certi argomenti. «Non fare quella faccia da ragazzino», lo riprese con affetto, arrestando il passo e facendo fermare di conseguenza anche gli altri. «Ora vieni qui e annusa Ching.»
   «Che?!» annasparono loro due, allibiti.
   «È solo un esperimento scientifico», spiegò lui, certo di quel che diceva. «Per me Ching ha un odore che…» La fanciulla gli schiaffeggiò il braccio, indignata. «Va bene, va bene, sto zitto», si arrese Abyo, ruotando gli occhi al cielo. «Però, sul serio, lascia che Garu ti annusi. Sarà una sorta di prova del nove.»
   «Non sono un cane che va in giro ad annusare la gente», protestò il ninja, cacciandosi le mani in tasca con fare seccato. E poi lo imbarazzava fare una cosa del genere a qualcuno. Con Pucca era capitato, non lo aveva fatto di proposito.
   «Se non dovessi sentire nulla di particolare», stava continuando intanto Abyo, ignorando la sua disapprovazione, «vuol dire che è Pucca a… beh, a farti quel particolare effetto.» Garu avvampò più di prima, ma non rispose a quella provocazione. «Altrimenti…» E qui Abyo fece un vago gesto con la mano, lasciando la frase a metà e stuzzicando una morbosa fantasia nella propria ragazza.
   «Cosa?» volle sapere difatti lei.
   Il giovane si volse nella sua direzione e, fingendo di nascondere la bocca dietro alle dita, rispose: «Altrimenti vuol dire che ha solo bisogno di sfogarsi, non importa con chi.»
   Ching sospirò profondamente, provando pena per il povero Garu che, difatti, avvertì l’insana voglia di picchiare il suo migliore amico. «Non annuserò proprio nessuno!» sbottò allora, in tono irremovibile, stringendo i pugni nelle tasche per evitare di cedere a qualsivoglia tentazione.
   Abyo scosse le spalle. «Okay», si limitò ad assecondarlo, benché fosse convinto che le cose stessero proprio così come aveva spiegato. Anzi, era persino convinto che non ci fosse neanche bisogno di quello che lui aveva definito esperimento scientifico, perché se era stata Pucca a scatenare quel genere di curiosità in un tipo apparentemente frigido come Garu, qualcosa voleva pur dire. In fin dei conti, era impossibile anche che al ninja non fosse mai arrivato l’odore della pelle di Ching, sia pure accidentalmente, durante tutti quegli anni di amicizia: oltre a trascorrere molto tempo insieme, si allenavano anche nella medesima palestra, eppure Garu non aveva mai fatto cenno alla questione.
   «Abbiamo un ninja innamorato», non si risparmiò comunque dal confidare Abyo a Ching a mezza voce, mentre si voltava per riprendere il cammino.
   «Smettila di prenderlo in giro», lo rimbrottò affettuosamente lei, sebbene cominciasse a pensarla allo stesso modo. Se pure all’inizio aveva dubitato della faccenda, arrivando anche a lamentarsene con il diretto interessato, adesso iniziava davvero a credere che Garu non stesse affatto illudendo Pucca, perché, a quanto pareva, si stava seriamente interessando a lei anche in quel senso. Forse era stato un po’ avventato, questo era innegabile, ma il tempo gli stava dando ragione.
   L’unico a non condividere tale opinione, chiaramente, era proprio Garu, che rimase fermo ad osservare le loro schiene che si allontanavano senza vederle realmente. Possibile che l’amore platonico che era stato convinto di provare fino a quel momento per Pucca si stesse sul serio tramutando in qualcosa di diverso? Un crampo allo stomaco gli fece comprendere che l’idea di provare quel genere di attrazione per lei non gli piaceva affatto. Non per partito preso, quanto semplicemente perché lo faceva sentire sporco: lei era sempre stata la sua piccola Pucca. Detestava pensare a lei come a qualcosa capace di risvegliare i suoi istinti primordiali, anche se questi ultimi erano legittimi, soprattutto per un ragazzo della sua età. Aveva lavorato così tanto su se stesso per mettere a tacere gli ormoni, in tutti quegli anni, e adesso ci stava cascando con tutti e due i piedi, come un qualsiasi altro uomo?
   Merda, imprecò fra sé, riprendendo a seguire i suoi amici, lo sguardo basso e pensieroso. Se le cose stavano davvero come aveva detto Abyo, come avrebbe dovuto comportarsi? Avrebbe dovuto lasciare che facessero il loro corso o forzarsi a rimanere come sempre impassibile al fascino femminile? A quest’ultima cosa, dopotutto, ci era abituato e non gli sarebbe neanche costato molto. In cuor suo, tuttavia, sentiva che qualcosa stava sensibilmente cambiando e che forse, davvero, egli non sarebbe stato in grado di fare nuovamente violenza su se stesso. Non se si trattava di Pucca. Perché lei era stata l’unica, fino a quel momento, a risvegliare la sua coscienza e, a quanto pareva, persino quello che lui aveva sempre ritenuto il lato meno nobile del proprio animo. E Garu, per quanto si fosse sempre arrogantemente definito un uomo incorruttibile, ora non poteva più negare, almeno a se stesso, che un’unica donna fosse maledettamente capace di stravolgere ogni cosa soltanto con il naturale odore della propria pelle. E con gli occhi a mandorla. E il sorriso. E la sua semplice esistenza.
   Il giovane si lasciò scappare una sorta di rauco, rabbioso ruggito che richiamò nuovamente l’attenzione di Abyo e Ching. Questi ultimi si accorsero subito del suo turbamento interiore, ma questa volta preferirono tacere. Era una guerra che Garu doveva affrontare da solo. Anche se, lo sapevano tutti e tre, avrebbe finito irrimediabilmente per perderla.

E la perse davvero nel giro di una manciata di settimane, allorché si rese conto di non riuscire a pensare più a Pucca come la bambina che si era addormentata quasi sette anni prima. Quando andava a trovarla in ospedale, la sua sola vista lo mandava in confusione e lo riempiva al contempo di una sensazione di piacevole compiacimento, soprattutto quando incrociava il suo sguardo – e questo accadeva spesso, dal momento che la ragazza non aveva occhi che per lui. Se entravano in contatto, poi, era anche peggio. O forse meglio, a seconda dei punti di vista. Ogni volta che le si avvicinava, l’invitante profumo della sua pelle lo travolgeva con tenera prepotenza e lui se ne riempiva le narici e i polmoni, così da portarlo via con sé anche quando era costretto a far ritorno a casa. E quel ricordo, insieme a quello dei suoi sorrisi e della sua voce, lo cullava durante le ore di solitudine, rendendogli dolci persino le ore notturne. L’insonnia quasi scomparve e lui ricominciò a sperare in un futuro migliore di quello a cui si era rassegnato negli ultimi anni. Magari proprio insieme a Pucca.

«È nata proprio poco fa», stava dicendo Ching quando lui e Abyo tornarono da loro con delle bibite calde. Anche se era ormai autunno e iniziava a tirare aria fresca, Pucca non voleva saperne più di rimanere in camera anche durante l’orario delle visite, e quindi pretendeva che i suoi amici o i suoi zii l’accompagnassero fuori, specialmente adesso che aveva ricominciato a camminare, sia pure lentamente e per brevissimi tratti. «L’abbiamo vista uscire dalla sala parto con la madre ed era bellissima», continuava Ching, prendendo il proprio tè fra le mani e ringraziando i ragazzi con un sorriso.
   «Mi sarebbe piaciuto vederla», commentò Pucca, affascinata dal racconto dell’amica che, insieme ai due giovani, si era trovata a passare per i corridoi dell’ospedale proprio nel momento in cui stavano riportando in camera una mamma stremata per il parto e con la propria creatura fra le braccia. «Magari più tardi passerò dalla maternità e lo farò davvero», ponderò Pucca, mentre Garu si accomodava al suo fianco e le porgeva la sua tisana. Il calore di quest’ultima sulle mani era senz’altro piacevole, ma nulla se confrontato alla vicinanza del giovane, che le riscaldava sia il corpo che il cuore con la propria presenza. «Che nome le hanno dato?»
   «Non l’ho chiesto», rispose Ching, sorseggiando il tè. «Ma mi è parso di capire che abbiano deciso di chiamarla Heidi.» Garu inarcò un sopracciglio, avvertendo un brivido sinistro lungo la schiena.
   Pucca fece una faccia disgustata. «È orrendo», gracchiò con poca delicatezza.
   «Solo perché è un nome straniero non significa che sia necessariamente brutto», replicò l’altra, non condividendo il suo parere.
   «Non è questo il punto», la contraddisse lei. «È quel nome che proprio non mi piace.»
   «Perché?»
   «Non lo so», borbottò confusamente. «So solo che lo trovo… fastidioso
   Questa volta Garu non poté fare a meno di inarcare anche l’altro sopracciglio, domandandosi se davvero quel nome non incontrasse i gusti di Pucca o se, piuttosto, ci fosse dell’altro sotto. Heidi, difatti, era il nome di quella ragazzona svizzera che, anni prima, aveva giurato di essersi innamorata di lui e che voleva costringerlo a sposarla. La faccenda, com’è logico supporre, non era andata minimamente giù alla sua fidanzatina, che non aveva esitato a prendere letteralmente a pugni quella stangona bionda per riprendersi il proprio adorato ninja. Forse il fastidio provato adesso da Pucca era solo una mera coincidenza, eppure Garu non riuscì a non aggrapparsi alla remota speranza che fosse l’ombra di un ricordo che si affacciava alla sua memoria danneggiata dal trauma cranico riportato durante il terribile incidente che ella aveva subito.
   Una folata di vento fece rabbrividire tutti e quattro, costringendoli a farsi più vicini gli uni con gli altri. Ma poi la malizia femminile ebbe la meglio su Pucca che, sorridendo vezzosamente, si rannicchiò contro la spalla del ninja, facendolo irrigidire all’istante. E mentre lei si crogiolava nel tepore del suo corpo, lui avvampava e lanciava uno sguardo allarmato ai suoi amici: cos’avrebbe dovuto fare? Per amor di pace, Ching ingoiò una risata e tornò a sorseggiare la propria bibita, decidendo che quel genere di suggerimenti dovevano venirgli da un altro uomo, anche se poco romantico come Abyo. Quest’ultimo, difatti, per quanto ottuso potesse essere nelle proprie relazioni personali, era invece assai sveglio riguardo alle faccende altrui; e pertanto accorse ben volentieri in aiuto dell’amico, facendogli cenno di passare un braccio attorno al corpo di Pucca. Garu lo guardò inorridito: non avrebbe mai potuto farlo, per la miseria! Sarebbe stato come approfittarsi della situazione! Scosse il capo, deciso a non accettare quel consiglio così sfacciato. Fu Abyo, a quel punto, a inorridire: quanto era imbecille, il suo amico?! Era palese che Pucca non aspettasse altro che un abbraccio. Ed era altrettanto palese che lo volesse da Garu.
   Quello scambio di sguardi, comunque, non durò a lungo. Ci pensò la stessa Pucca a interromperlo, perché, spazientita dall’indecisione dell’amato, gli prese forzatamente il braccio e se lo passò da sola attorno alle spalle, costringendolo ad un contatto più intimo di prima. Stavolta Ching non trattenne un sorriso divertito e Abyo ruotò gli occhi al cielo, rassegnato all’idea che sarebbe stata sempre Pucca a portare i pantaloni nella vita di coppia. Quella chiacchierata fra uomini che si era ripromesso di fare a Garu non poteva essere più rimandata.
   Quanto al ninja, rimase spiazzato: l’audacia di Pucca lo aveva colto di sorpresa, certo, eppure egli avvertì una sorta di nostalgia per gli anni dell’infanzia che lo portò immancabilmente ad un senso di quieta agitazione. Era un sentimento paradossale che non avrebbe saputo davvero definire a parole, ma che aveva già avvertito in passato sempre a causa di Pucca e che lui aveva sempre bollato come uno stato di rassegnata ansia che lo portava ad assecondare i suoi capricci per non avere fastidi peggiori. Adesso, però, qualcosa era cambiato e forse c’entrava davvero il fatto che fossero entrambi cresciuti.
   Abbozzando un sorriso imbarazzato, Garu si arrese a se stesso e rese più saldo l’abbraccio in cui era stato costretto. Se a Pucca andava bene, allora andava bene anche a lui. Almeno fintanto che si fosse trattato di qualcosa di così innocente. A tutto il resto… beh, ci avrebbe pensato con calma, quando sarebbe arrivato il momento. E, senza dubbio, avrebbe ignorato tutti i commenti di Abyo in proposito; erano troppo diversi per vederla allo stesso modo riguardo a certe faccende. Garu aveva bisogno dei suoi tempi, per quanto secolari potessero apparire agli occhi degli altri, e sicuramente, vista la delicata situazione in cui si trovava, Pucca necessitava di sicurezze prima di lanciarsi a capofitto in una qualsivoglia avventura amorosa – ammesso che così fosse lecito chiamare l’attrazione che continuava a crescere fra loro. La salute della ragazza aveva la priorità su ogni altra cosa.












E siamo giunti a metà.
Se devo essere onesta, non mi aspettavo così tanto entusiasmo da parte vostra per questa storia; mi avete piacevolmente stupita e, di conseguenza, resa tanto, tanto felice! ♥
Ringrazio perciò di tutto cuore chi ha inserito la presente fanfiction fra le storie seguite/preferite e Hisoka chan, SoGi92 e keisisinani per le loro recensioni - ma anche tutti gli altri silenziosi lettori.
Credo che posterò il prossimo capitolo non prima di giovedì. Intanto, però, penso che posterò un'altra shot (probabilmente domani), anche se è ancora in fase di stesura.
Un abbraccio a tutti e a presto!
Shainareth





  
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