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Autore: R e d_V a m p i r e     15/10/2013    2 recensioni
Il tipo nuovo è strano.
E' l'unica cosa che registra Mello con l'incuranza dei suoi otto anni - che nei suoi occhi sembrano già venti - posando lo sguardo sul ragazzino seduto da solo in un angolo del cortile.
Non sembra molto più piccolo di lui, eppure non l'ha mai sentito spiccicare parola da quando è arrivato. Simile ad un piccolo randagio, dietro le gambe di Watari, con quegli occhi troppo grandi e troppo verdi su di un visetto pallido ed emanciato, nascosti da qualche ciocca dei capelli castani che alla luce del sole, ora, sembrano quasi rossi.
Il tipo nuovo è davvero strano.
[Accenni MattMello]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Matt, Mello
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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{Erano anni in cui si cresceva in fretta, e quando l'infanzia si sbriciolava tra le loro mani molti bambini avevano già lo sguardo da vecchi.
[Il gioco dell'angelo - C.R.Z]





Il tipo nuovo è strano.
E' l'unica cosa che registra Mello con l'incuranza dei suoi otto anni - che nei suoi occhi sembrano già venti - posando lo sguardo sul ragazzino seduto da solo in un angolo del cortile.
Non sembra molto più piccolo di lui, eppure non l'ha mai sentito spiccicare parola da quando è arrivato. Simile ad un piccolo randagio, dietro le gambe di Watari, con quegli occhi troppo grandi e troppo verdi su di un visetto pallido ed emanciato, nascosti da qualche ciocca dei capelli castani che alla luce del sole, ora, sembrano quasi rossi.
Il tipo nuovo è davvero strano.
In un moto di insofferenza ha persino chiesto a Roger se non fosse muto.
Al suo negare si è prodotto in una smorfia teatrale, avanzando l'ipotesi che allora fosse autistico - ma di pazzoidi basta e avanza quel nano di Near.
E' stata la sorpresa, certamente quella, ad impedirgli di schivare il pugno che gli ha quasi rotto il naso. Il viso del bambino più piccolo era una maschera bianca, ma in quegli occhi ha potuto leggere una rabbia simile alla propria. Eppure non ha parlato nemmeno in quel momento; se lo abbia fatto poi con Roger, quando il vecchio direttore li ha chiamati - separatamente - nel suo ufficio, questo non lo sa.
E, a pensarci bene, nemmeno gli interessa.
Però vorrebbe capire cosa ci trova di bello in quella scatola di plastica, dalla musichetta irritante, che non molla mai. E' come un'appendice di Matt - perchè così l'ha chiamato il vecchio, intimandogli di non dargli più fastidio e spedendolo in infermeria.
E lui che tiene fermo sotto il piede sinistro un vecchio pallone sporco di terra ed erba, rubandolo alla partita in corso per essere rimasto a contemplarlo, proprio non comprende come faccia a trovare meglio i videogiochi di una partita a calcio sotto il tiepido sole di Aprile.
Ed è sordo alle lamentele degli altri orfani che lo reclamano in campo - almeno la palla, poi lui faccia ciò che vuole - perchè non vede altro che Matt e i suoi assurdi occhiali da aviatore con i vetri gialli che sono troppo grandi su quel visetto e ne nascondono gli occhi sicuramente puntati sul piccolo schermo.
E Mello detesta così tanto quella concentrazione noncurante del resto che si accorge di aver tirato un calcio alla palla solo quando questa cozza contro la fronte dell'altro bambino, distogliendolo finalmente dal suo gioco.
«Ahi! Ma che fai, sei impazzito?»
Un sorriso soddisfatto si apre finalmente sulle labbra del più grande, che piazza una mano su un fianco e con l'altra lo indica, puntandogli un indice accusatore contro e ignorando platealmente la domanda.
«Ma allora sai parlare!»
Non ha il tempo di vederlo arrossire per essere stato fregato in quel modo, perchè si è già avvicinato e lo sta trascinando verso il campo, ignorando le sue proteste.
Ed il Nintendo con il suo bel 'game over' su una schermata nera, dimenticato sulla panchina.


Matt è strano.
Non è più il tipo nuovo, ma è il ragazzino che spesso scompare al pomeriggio e riappare solo la sera tardi nella stanza che dividono - non senza qualche problema e rimostranze di sorta.
Mello rimane ad aspettarlo sdraiato sul letto, che è quello di sotto nel vecchio letto a castello perché stare troppo vicino al soffitto gli fa venire ansia, e osserva assorto le doghe in legno che sorreggono il materasso sopra il suo, chiedendosi quando finiranno per spezzarsi e cadergli addosso, seppellendolo.
Poi si ricorda che il coinquilino del piano di sopra è troppo magro per poter anche solo notare che ci sia salito su quel letto, figurarsi avvertirne il peso, e con uno sbuffo scocciato stacca l'ennesimo quadratino dalla sua barretta di fondente - una delle tante che nasconde nel cassetto del comodino, sotto i libri, per non farsi beccare durante le ronde nelle stanze.
Al piccolo tedesco non importa realmente cos'è che faccia il compagno di stanza e perché lo faccia, ma non è più abituato a stare solo in quella camera e l'assenza dell'irritante musichetta dei suoi videogames lo indispone più della sua presenza, malgrado abbia più volte minacciato di fargli volare quell'aggeggio fuori dalla finestra.
Cerca di concentrarsi su qualcos'altro, per esempio il compito di matematica di quel pomeriggio, chiedendosi se almeno stavolta ce l'abbia fatta a superare quel rompiscatole del nano albino. Il solo pensare a Near - il suo eterno rivale da quando è approdato alla Wammy's House - suscita in lui un moto di rabbia che gli fa dimenticare del sentimento più sottile, infido, che ha aleggiato su di lui fino a quel momento.
No, non è in ansia per quell'idiota del suo compagno. Eppure quando finalmente il ragazzino dai capelli castani apre silenzioso la porta della loro stanza, intrufolandosi dentro per non far rumore, al buio di una notte nebbiosa che impedisce anche alla luna di filtrare oltre la finestra, Mello non riesce a trattenersi dal lanciargli contro uno stivaletto, ignorando la sua espressione sorpresa e confusa e voltandosi a dargli le spalle, fingendo ostinatamente di essersi addormentato.
Ma trattenendo il fiato e chiudendo gli occhi unicamente quando sente l'altro distendersi sul letto sopra il suo suo, avvertendone il respiro sincopato del sonno. E permettendosi finalmente di addormentarsi a sua volta.


Matt è davvero strano.
Per questo motivo, un pomeriggio, invece di sdraiarsi sul letto e cercare di studiare letteratura, Mello sguscia fuori dalla loro stanza e lo segue furtivamente lungo il corridoio, attento a non farsi beccare dagli altri compagni o minacciandoli di dolorose ritorsioni con un unico gelido sguardo quando nota che iniziano ad indicarlo e parlare un po' troppo, rischiando di far notare all'altro ragazzo di essere pedinato.
Per fortuna Matt non sembra curarsi degli altri, rivolge qualche sorriso svagato se qualcuno lo saluta, ma non si ferma mai a parlare e tira dritto.
Mello non sa quanto camminano, ma ad un certo punto sono fuori in cortile e trova strano che il compagno non tiri dritto fino al campetto da calcio - alla fine gli ha fatto apprezzare il gioco, poco importa se con le buone o le cattive.
Esita giusto qualche secondo, vedendolo voltare oltre il muretto che delimita la piccola serra a cui Roger sembra tanto affezionato, ma poi riprende a seguirlo per lo sciocco timore di vederlo sparire se lo perde di vista per troppo.
Invece il ragazzino con gli occhiali da aviatore è lì, seduto sullo spiazzo erboso dietro la struttura dell'orfanotrofio, vicino al gabbiotto dove tengono gli attrezzi per il giardinaggio e i concimi.
Mello sente qualcosa di indefinito montargli dentro, nel vederlo rannicchiato, le gambe ritratte al petto e gli occhi finalmente liberi dalla prigione delle lenti gialle.
Quelli di Matt sembrano gli occhi di un vecchio. Sono verdi, ma persi e distanti, fissano un punto imprecisato di fronte a sè e non lo vedono nemmeno. Sembra così piccolo, minuto e fragile, che quasi si chiede se sia realmente lo stesso Matt che gli risponde male e si sganascia dalle risate quando mostra di non saper fare qualcosa che a lui riesce con tranquillità.
Ha dodici anni, questo lo sa bene perché hanno festeggiato il suo compleanno solo una settimana prima, tra auguri sbuffati e un nuovo videogioco per regalo. Matt non ha molti amici, ricorda di averlo trovato strano. Effettivamente il gruppetto che circonda lui non può essere considerato amico, visto che sembrano solo dei piccoli leccapiedi, troppo spaventati da lui per poter rifiutarsi di eseguirne gli ordini e troppo attratti dal suo naturale carisma da leader per riuscire a non ronzargli attorno. Ma, decisamente, non possono essere considerati amici.
E Matt? Matt è suo amico?
Non si è mai soffermato a pensarci su troppo, trovando naturale averlo vicino da quella volta in cortile, quasi cinque anni prima. Sembra passato così tanto tempo. Ma lo strambo ragazzino sociopatico e fissato coi videogiochi ha continuato a seguirlo, simile ad un cagnolino, ed è diventato normale condividere con lui le sue giornate oltre che la stanza.
Quindi sì, magari può considerarlo suo amico. Ma che razza di amico è se non ha mai notato quanta sofferenza si porta addosso?
In realtà ha solo finto di non vederla, troppo occupato con la propria. I fardelli che si portano dietro gli orfani sono diversi, ma non meno dolorosi. Nessuno di loro ha alle spalle un passato felice e ciò li ha resi egoisti al punto da voler difendere il proprio dolore e trincerarsi dietro esso per non vederlo aumentare. Troppo piccoli, troppo feriti per poter farsi carico anche di quello degli altri.
Eppure, per qualche strano motivo, da quel giorno in poi inizia a seguirlo rimanendo però nascosto, a guardarlo. E nient' altro.


«Guarda che ti ho visto, biondina.»
La voce che lo richiama alla realtà è leggermente arrochita, come in un pianto trattenuto. Mello sa che la colpa è anche del lungo tubicino di carta che l'altro stringe fra l'indice e il medio della mancina e da cui si sprigionano deboli volute di fumo che gli pizzicano il naso con il loro odore acre. Non può fare a meno di lasciare che una smorfia si formi sul suo viso, manifestando come al solito la sua indisponenza verso il vizio dell'altro, anche ora che è stato beccato dopo mesi di pedinamento.
Appoggiato contro il muro freddo e dalla vernice scrostata, il tedesco incrocia severamente le braccia al petto, alzando lo sguardo sul cielo autunnale. Chissà da quanto tempo si è accorto di essere seguito? Se c'è una cosa di cui Matt non difetta è lo spirito d'osservazione. E' stato sciocco credere di averlo potuto fregare per tutto questo tempo. E allora perchè ha deciso di farglielo notare solo adesso?
«Chiudi quella fogna, idiota. Vieni qui per non farti beccare da Roger con quelle schifezze?»
Estremo tentativo di sviare il discorso, di far credere che sia lì per caso e solo per quello. Magari nella speranza che il compagno lo abbia notato veramente solo adesso e non abbia capito ciò che anche lui si rifiuta di comprendere.
Matt ride e uno sbuffo di fumo grigiastro rende per un attimo vaghi i suoi lineamenti e cupi i suoi occhi verdi. Ma non è una risata divertita, sembra più lo spettro di essa. Una risata di circostanza, visto che il biondo vuole attenersi a quella recita.
«La signorina si preoccupa per la mia salute? Fatti un po' i cazzi tuoi, Mello...»
Digrigna piano i denti, frustrato, lasciandosi cadere disteso sull'erba secca e riportando con noncuranza la sigaretta fra le labbra.
Ed è in quel momento che qualcosa si rompe e Mello non ci vede più, semplicemente.
Si accorge di stare picchiando Matt solo quando sente una fitta alle nocche ed avverte il sangue bagnarle. A cavalcioni su di lui, colpisce con cieca furia ogni punto a cui riesce ad arrivare, ricevendo in cambio un trattamento non dissimile perchè se è vero che Matt non cerca di difendersi, non rimane nemmeno inerme a subire.
Ringhia piano, chinando il capo di lato, cercando di colpirlo più forte quando sente le sue dita stringersi sui capelli biondi e tirare crudelmente. Mille lucine colorate esplodono davanti al suo sguardo e fitte acute di dolore gli fanno quasi temere che l'altro voglia strapparglieli dalla testa.
Matt ha le labbra rosse di sangue, quello inferiore gonfio e spaccato, un livido violaceo poco sotto l'occhio sinistro e tre graffi regolari sulla guancia opposta. La sigaretta è rotolata via, lontano, spegnendosi dimenticata nell'erba.
Mello ne può sentire ancora l'acre odore, misto a quello dolciastro del sangue. Ha un taglio lungo la fronte, se ne accorge perchè il rivolo rosso che ne sgorga gli appanna un po' la vista. Fa male, fa dannatamente tutto male.
Sente la presa sui suoi capelli venire meno ed allora si accascia sul corpo dell'altro, gemendo per i lividi, nascondendo il viso contro la sua spalla.
Per lunghi attimi si sentono solo il loro respiri spezzati.
«Perchè non mi dici mai cosa c'è, Matt?»
Il sussurro di Mello è quasi il suo respiro. L'interpellato chiude gli occhi, un po' perchè fa davvero male tenerli aperti, un po' perchè non vuole guardarlo.
«Nemmeno tu lo fai, Mello»
Il biondo trema leggermente, serrando la stretta della mano sinistra sulla maglia a righe dell'altro, sporca di sangue terra ed erba. Sono proprio ridotti ad uno schifo, se Roger li vede li mette in punizione fino alla prossima vita.
«Io...» esita, sentendo il cuore del compagno battere contro il proprio petto, vicino al proprio «...noi siamo amici?»
Chiede, ad un certo punto, cambiando quasi totalmente discorso. E spiazzando Matt, che volta il viso con un piccolo rantolo di dolore per poter cercare di vedere il suo, nascosto in quel cantuccio.
«Amici?»
Suona strano sulle labbra, ma forse è solo per via del sangue e del labbro gonfio che storpia un po' le parole.
Mello annuisce, incerto, sollevando appena il viso per poterlo guardare con un unico occhio che molti avrebbero definito semplicemente azzurro, ma che per Matt ha sempre ricordato lo stesso cielo nuvolo, carico di pioggia, che avevano in quel momento su di loro.
E sono le prime gocce a bagnarli, ma non sembrano farci caso. Sono come spilli che pungono la pelle e fanno male solo un po', solo quando colpiscono le zone contuse.
Solo perchè sembrano in grado di lavare via la paura.
«Tu... sei il mio migliore amico»
E' un sussurro che si perde nello scrociare della pioggia che all'improvviso si fa più intensa, come nei cliché dei peggior filmetti rosa che le ragazze amano vedere in sala comune.
Riderebbero, se il solo provare a farlo non facesse così male. Perciò optano per farzi forza ed alzarsi, incuranti di essere zuppi e sporchi da far schifo. Mello sbuffa, porgendo la mano sana a Matt che l'afferra con un piccolo sorriso, poi quando gli è finalmente vicino gli tira un pugno sul braccio, non troppo forte ma abbastanza da strappargli un gemito indignato.
Si guardano per qualche istante, poi scoppiano finalmente a ridere e iniziano a correre per rientrare, con la speranza di poter infilarsi in camera senza essere beccati.

Perchè, in fondo, c'è ancora tempo per crescere.
   
 
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