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Autore: escidallamiatesta    15/10/2013    2 recensioni
Può l'amore cambiare il carattere di una persona? Può migliorare la vita? Può aiutare a tirare fuori il coraggio e sistemare una situazione drammatica?! Leggendo questa storia lo scoprirete e scoprirete anche come questo sentimento arrivi improvvisamente, rubandoti il cuore e facendoti provare
delle emozioni stupende.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Scolastico
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Era una comune giornata di Marzo, l’unica cosa che non lo dimostrava era il tempo. Il vento faceva oscillare a destra e a sinistra i rami degli alberi contemporaneamente, creando una leggera armonia dei movimenti prodotti dai tronchi saldi e stabili e facendo percepire una sorta di sinfonia piacevole agli occhi di chi osservava quel cupo paesaggio. Pareva ci fosse una melodia di Mozart, classica e rilassante allo stesso tempo, delicata, la quale lascia stupito chicchessia. Tuttavia l’aria era pulita e si inspirava una leggera dose di benessere, anche se chi stava intorno a quell’ambiente aveva una strana sensazione: come se qualcosa sarebbe andato storto e avrebbe rovinato l’intera giornata, che in realtà era iniziata da poche ore. Gli uccelli cinguettavano liberamente svegliando Valentina che si era resa conto di essere tremendamente in ritardo per la scuola. La sveglia non aveva suonato e il suo cellulare, malgrado gli insistenti squilli e le continue chiamate, non si trovava. Nella totale fretta la ragazza aveva saltato la colazione, si era lavata e vestita nel minor tempo possibile, aveva preso lo zaino e, dopo aver chiuso a chiave il piccolo appartamento in cui viveva, si era diretta con un’animata corsa alla fermata dell’autobus e fortunatamente era arrivata proprio nel momento in cui la vettura stava partendo. Durante il viaggio, che separava la casa dalla scuola di ben 20 km, la sedicenne pensò a cosa le sarebbe capitato se la professoressa Vespucci l’avrebbe chiamata all’interrogazione di storia e per l’ennesima volta lei stessa si fosse presentata impreparata. In realtà le pareva strano che essa fosse in ansia per una valutazione perché non le era mai importato niente del suo andamento scolastico. Era stata persino bocciata l’anno precedente, ma non aveva avuto alcuna reazione e non si era preoccupata neanche un po’. Frequentava un istituto professionale ed era conosciuta nella scuola sia tra gli studenti che tra i professori, ma soprattutto dal severo e ferrato preside che aveva trovato parecchie volte Valentina in presidenza, mandata da vari docenti, ma anche dai bidelli e da altri membri del corpo scolastico, a causa del suo inadeguato e vivace comportamento. Non le era mai piaciuto andare a scuola, infatti sin da bambina non era mai stata considerata un’alunna modello, anzi tutt’altro, veniva vista come una ‘‘bulletta’’ dalla maggior parte dei suoi coetanei e forse proprio per questo motivo non aveva mai avuto degli amici ed era temuta da tutti i suoi compagni, pure dai maschi. Quando il pullman si fermò, gli studenti erano scesi ed erano pronti a dirigersi verso la scuola come ogni mattina. La campanella aveva suonato già due volte e, come al solito, Valentina non era ancora in classe, bensì era ancora nel cortile a fumare una sigaretta, vizio che aveva preso dalla prima media, impiegando così altri cinque minuti di tempo. Quando aveva salito di fretta le scale ed era arrivata nella sua aula bussò di colpo e la professoressa le disse di entrare. Questa volta Valentina aveva rischiato molto poiché, essendo di continuo in ritardo, non rispettava il regolamento. Anche se la Vespucci stavolta l’aveva condonata, Valentina non si era di certo scampata l’interrogazione. Come al solito. Infatti il suo compagno Impiastro, chiamato così perché ingurgitava ogni genere di cose commestibili e non, aveva estratto proprio il numero 6 dal sacchetto, che era corrispondente a Valentina.
“Di Rocco, Di Rocco Valentina, prego alla cattedra, si è preparata? Ma cosa le chiedo, signorina?! La risposta la conosciamo già, veda di mettersi in riga quest’anno e si accomodi, su!”- diceva la professoressa con la stessa aria turbata, svogliata e stufa di cercare di invogliare la ragazza allo studio. Aveva tentato più volte di incitarla perché, benché fosse una delle alunne peggiori che nella sua carriera avesse mai avuto sia per quanto riguarda il profitto che per quanto riguarda il comportamento, aveva intravisto in lei un qualcosa di cupo, misterioso, oscuro che la costringeva a porsi delle domande sullo stato della sedicenne. Come se qualcosa non andasse, come se la vita di questa adolescente fosse tormentata, il suo sguardo era perso nel vuoto, non le si intravedeva la stessa gioia, voglia di divertirsi e di rischiare degli altri ragazzi. Appariva come una persona fredda, testarda e, spesso menefreghista, non solo verso le altre persone, ma soprattutto verso lei stessa. L’aggettivo che meglio le si adattava secondo la Vespucci era anticonformista: non rispettava nessuna regola e norma, né combinava di tutti i colori: basti pensare che più volte ne aveva fatte delle grosse con la 500 del professor Nigri, marito della Vespucci. Eppure questa docente era una delle poche che aveva notato un disagio da parte di Valentina, si era accorta che il comportamento e l’atteggiamento estremamente negativo verso la scuola, gli amici, i coetanei: verso ogni cosa e aspetto quotidiano insomma, era sintomo di qualcosa che la ragazza teneva nascosto interiormente, molto nel profondo. Qualcosa che sicuramente la faceva soffrire talmente tanto, ma così tanto che la portava a sfogarsi col mondo esterno e ad assumere determinate posizioni. Ma perché solo la vecchia svitata-che di tanto svitato non aveva niente, forse solo il cofano della 500-prof Vespucci si era posta dei dubbi e aveva tratto queste conclusioni su Valentina? Dobbiamo sapere che prima di aver conseguito la laurea in lettere, la donna aveva deciso di scegliere la facoltà di psicologia, aveva fatto svariati esami e aveva studiato costantemente, ma, non si sa per quale ragione, essa avesse abbandonato questa materia proprio un anno dopo essersi iscritta. Comunque sia la verifica di Valentina era andata male come sempre e il voto era “GRA-VE-MEN-TE IN-SUF-FI-CIEN-TE”, come ripeteva continuamente l’insegnante. Dopo le ore di verifica della docente di storia e geografia, l’orario provvedeva due ore di matematica e fisica, ma il professor Binetti era assente e, proprio per questo i ragazzi della 2^H poterono uscire anticipatamente. I compagni si dirigevano alla stazione per tornare a casa, ma Valentina era rimasta seduta nella panchina del parco, ignorando il fatto che il suo pullman passava alle 11.00 e in quel momento il suo orologio segnava le 10:57 minuti. Sapeva perfettamente gli orari di ogni pullman, ma c’era qualcosa che la obbligava a non voler salire. In molti si chiedevano cosa si nascondesse dentro quella ragazza con le lentiggini, gli occhi color miele e dai capelli mossi color carota che le arrivavano fino alle spalle, ornati da una bandana nera, posizionata a mo di fascia . Dietro quel suo fisico esile, ma in compenso altino rispetto alle altre ragazze della sua età, dietro quei denti drittissimi e quell’atteggiamento tosto e prepotente, dietro quei pantaloni col cavallo sceso e strappati, dietro le felpone dei Lakers, le Jordan e le catene attorno al collo, i percing e i dilatatori, cosa vi era veramente? Di certo non una ragazza come tutte le altre, anche dal punto di vista familiare. Valentina non voleva mai tornare a casa e prendere il pullman del ritorno, quando tornava a casa dalla scuola, infatti, pranzava velocemente, si cambiava e usciva di fretta. Non importava che ore fossero, andava in giro tutta la sera fino a notte tarda. Visto il fatto che usciva di casa presto si accomodava sotto la casa dell’anziana vicina, con cui spesso condivideva una fetta di torta al cioccolato ogni pomeriggio. Poi aspettava i suoi “amici’’ con i quali trascorreva il resto della giornata. Si chiamavano Adriano, Cristian e Roberto ed erano dei delinquenti. Valentina gli aveva conosciuti nel quartiere accanto al suo, dove il 90% degli abitanti rubava nelle case altrui e dove vi erano stati parecchi omicidi. La loro cricca era conosciuta col nome “I Tosti del ghetto”, perché oltre a rubare erano coinvolti spesso nelle risse, essendo sempre nei guai. Varie volte i carabinieri gli avevano colti in flagrante, basti ricordare il giorno in cui Cristian, il più grande del gruppo, aveva impugnato un coltello contro il fidanzato di Sabrina Castelli, ragazza di cui Cristian era perdutamente innamorato. Ma ritorniamo alla mattina di quella strana giornata. Il pullman era passato e Valentina non era salita, era rimasta nella panchina immobile per un paio d’ore di seguito, immersa nella sua malinconia. Probabilmente si era messa a riflettere, non voleva rientrare a casa a quell’ora, non voleva neanche pensare lontanamente a cosa sarebbe successo se avesse preso quel dannato pullman e fosse tornata nel suo appartamento di sabato in quel determinato orario. Avrebbe preferito di gran lunga aspettare ore, giorni in una panchina di un altro paese piuttosto che rivivere quei tremendi attimi. Aspettava solo che il padre andasse a lavoro perché non volevo incrociarlo neanche a casa sua.
Il tempo passò velocemente e la ragazza aveva preso il pullman dell’una, aveva percorso il tratto di strada che separava la fermata dal suo quartiere ed aveva salito le scale. Aveva aperto il portone con le chiavi, convinta di non trovare nessuno in casa perché pensava che il padre fosse andato a lavorare nella fabbrica e la madre fosse andata dal nonno Ugo per accudirlo. Purtroppo la ragazza si sbagliò: c’erano entrambi i genitori. Il fatto che sia suo padre che sua madre erano in casa in quel momento suscitava a Valentina un forte timore, non solo perché non era abituata a trovarli quando rientrava da scuola e quindi questo era strano, ma anche perché sapeva che sicuramente sarebbe successo un violentissimo disastro. E come al solito Valentina aveva ragione: anche la porta del salotto era chiusa a chiave e si sentivano lamenti e urla. La ragazza sapeva già cosa stava accadendo in quel preciso istante. I lamenti della mamma si fecero sempre più forti, gemiti di disperazione si sentivano oltre quelle pareti e gli schiaffi del padre verso la moglie colpivano dritto il cuore di Valentina e facevano fuoriuscire sangue dal viso della madre della ragazza. Il padre, in preda all’ira, massacrava con forza e senza pietà la povera donna che si accasciava dal dolore sia fisico che psicologico, in quanto non poteva sopportare che quell’essere selvaggio fosse suo marito. La sofferenza circolava nell’aria di quelle stanze, anche i muri sembravano avvertire quello strazio, ma l’unica cosa che la mamma e Valentina avevano fatto sin’ora era tacere. Il silenzio non sistemava sicuramente le cose, anzi le costringeva a chiudersi in loro stesse, quando invece la sola e più importante cosa che bisogna fare in questi casi è parlare, buttare fuori le parole, gli insulti, l’amarezza presente ed immagazzinata nel corpo. Sfogarsi con una persona era la cosa migliore che avrebbero potuto fare. Ma niente, questo non era il primo episodio di violenza verso la madre, ce n’erano stati parecchi, alcuni dei quali anche verso Valentina che non voleva neanche ricordare ciò che aveva passato. Il padre era alcolizzato e aveva il vizio di picchiare, frustare e aggredire brutalmente la sua famiglia. Questa volta era accaduto che l’avevano licenziato a causa dei tagli e, quando aveva saputo la notizia, era andato al bar e ci aveva dato dentro con l’alcol. Poi era tornato a casa e, un attimo prima che la moglie uscisse, si era avventato sopra di lei, scaricando tutta la sua rabbia. Ed è proprio per questo motivo che Valentina non voleva mai rientrare a casa e cercava di tornarci negli orari in cui i genitori non c’erano contemporaneamente. Ma quel giorno evidentemente la sedicenne era capitata in casa quando non doveva capitare. Le lacrime sul suo volto cominciarono a cadere ininterrottamente, non piangeva mai, si tratteneva sempre il blocco alla gola cercando il più possibile di non far lacrimare gli occhi. Si impegnava così tanto che gli occhi le diventavano gonfi, ma ormai era abituata. Così Valentina si volse lentamente verso la porta e, con piccoli passi, era riuscita dalla quella maledetta dimora. Si era diretta in un posto dove andava sempre quando era triste e dove aveva trascorso la maggior parte della sua infanzia: la casa sull’albero che aveva costruito con i suoi cugini all’età di 8 anni. Ormai quei pochi metri quadrati rimasti erano stati abbandonati ai cambiamenti climatici e ai fenomeni atmosferici da tanti anni, eppure a Valentina quel posto rassicurava perché le ricordava i periodi felici e spensierati della sua vita. Quando la gente non la giudicava e quando era contenta di svegliarsi la mattina per vivere un'altra giornata. Quello che le mancava era perciò l’affetto e la comprensione. Rimase un po’ di tempo seduta su quei rami a respirare l’aria leggera presente e a cercare di buttare via dalla sua mente le cose più tristi che le erano capitate quel giorno. Era difficile dimenticare, ma sperava continuamente che qualcuno la notasse e la conoscesse per quel che era realmente e non per quella maschera che adottava con tutti, quando sembrava forte e tenace, mentre in realtà era fragile e debole. Desiderava che qualunque persona, un giorno, la prendesse per mano e la portasse in qualche posto lontano da tutti, lontano da tutto…
Intanto si erano già fatte le cinque e mezza e i tre amici della ragazza aspettavano al solito posto in cui incontravano Valentina ogni giorno. Gli sembrava strano che essa non era ancora arrivata, infatti le mandarono numerosi messaggi e la chiamarono un sacco di volte. Valentina aveva il cellulare nella tasca della felpa che indossava e aveva visto sia gli sms sia le chiamate, ma non se la sentiva di rispondere e specialmente di uscire. Gli amici erano rimasti alquanto sorpresi e confusi riguardo al fatto che la loro amica non avesse risposto. Era strano uscire senza la presenza della ragazza, però i tre giovanotti si erano divertiti lo stesso e ne avevano approfittato per parlare proprio di Valentina in sua assenza. Erano giunti alla conclusione che ad Adriano piaceva molto Valentina, non solo di estetica, ma anche di personalità e modi di fare.
  
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