Naomi era una persona estremamente responsabile: era stata
abituata fin da piccola a eseguire i suoi compiti nella maniera migliore
possibile, valutando quali fossero le azioni più convenienti da
intraprendere per raggiungere gli obiettivi prefissati in ogni occasione. Aveva
portato con sé questa sua particolare peculiarità durante gli
anni fino ad applicarla con successo nella carriera lavorativa, ottenendo
così meritate promozioni e avanzamenti.
Uno di questi consisteva in un impiego
all’ambasciata americana, a Washington, nell’ufficio relazioni con
gli Stati Uniti.
In molti del suo ufficio avrebbero dato
chissà cosa per essere al suo posto: lo stipendio era alto per via del
distacco e faceva una gran bella figura nel curriculum, specialmente se si
mirava a diventare ambasciatore o diplomatico, eppure Naomi lo accettò a
malincuore dispiacendosi di lasciare la famiglia e gli amici che aveva a
Londra.
Appena arrivata su suolo americano si era
messa a cercare un appartamento da dividere con qualcuno. Questo non tanto per
le spese di affitto ma per non dover vivere da sola in una città
sconosciuta e pericolosa come quella.
Così conobbe Nathan e le sue stramberie animaliste. Si erano studiati a lungo: Naomi faceva fatica a sopportare gli sguardi truci che lui le lanciava quando comprava i tovagliolini di carta e lasciava scorrere l’acqua nel lavabo anche quando non ce n’era bisogno, ma poi la cosa sembrò raggiungere un compromesso e Nathan non solo l’accetto completamente nella sua casa ma anche nella sua vita, diventando il suo migliore amico. Questo anche grazie ai cambiamenti che l’inglese accettò di adottare nelle pratiche di tutti i giorni, a volte a fatica ma rendendosi conto che non tutte le fissazioni ambientaliste del suo nuovo coinquilino erano poi così sbagliate.
Una cosa su cui però non si
trovarono mai d’accordo fu quando Naomi comprò la macchina. Ne
discussero per giorni, e nonostante Nathan non ne avesse assolutamente voce in
capitolo continuò a tartassarla fino a farla esplodere. Che bisogno
c’era di comprare un auto quando tutta Washington era raggiungibile con i
mezzi pubblici? Fosse stata un carpentiere e un commesso viaggiatore era un
conto, ma il suo era un lavoro sedentario e il suo ufficio era uno dei
più centrali! Naomi gli rispose che voleva avere libertà di
movimento e indipendenza dagli orari e dai mille problemi a cui il sistema del
trasporto cittadino era costantemente soggetto. Alla fine glielo disse pure in
faccia, che non erano fatti suoi, ma dopo aver vissuto due settimane di musi
lunghi si decise a sotterrare, almeno un po’, l’ascia di guerra:
avrebbe preso una macchina ibrida per limitare l’inquinamento dei suoi
spostamenti.
Naomi non era poi così ferrata
nella guida e nella manutenzione dei veicoli. Non guidava da secoli
poiché a Londra non aveva sentito il bisogno di avere un auto, a
differenza di quel momento, perciò i primi tempi la macchina ottenne
qualche ammaccatura evidente e rischiò di perdere la targa a causa di un
orribile parcheggio fatto in grande fretta. Una volta Riuscì anche a
rimanere contemporaneamente a secco di benzina e di elettricità e Nat correre dall’altra parte della città per
farla ripartire.
Di peggio non gli era mai successo e non
ci pensava. Bastava portare la macchina ogni anno dal meccanico e la cosa si
sarebbe sistemata così, con una bella revisione. Ma le macchine, si sa,
a volte fanno i capricci.
Come quel mercoledì sera.
Aveva appena finito la sua giornata in
ufficio e si stava dirigendo verso il parcheggio. Era distrutta dai preparativi
del vertice bilaterale USA - Gran Bretagna che si sarebbe tenuto di lì a
pochi giorni e il lavoro era ancora tanto, talmente tanto che quella non era la
prima volta che tornava a casa alle nove di sera. Entrò in auto e
girò la chiave nel quadro elettrico desiderando di farsi una doccia e
piombare nel letto il prima possibile.
Ma la macchina non si accese.
Provò un’altra volta. Niente.
Picchiò sul cruscotto. Tutto rimase
immutato.
Imprecò e girò
un’altra volta.
Non cambiò nulla.
Irritata uscì dalla macchina,
salì le scale ed entrò nell’open space
degli uffici, dove i cubicoli in cui passavano le giornate erano vuoti e poco
illuminati.
- Jim - urlò a un ragazzo poco
lontano dalla sua scrivania. - Sai darmi il numero di un buon meccanico? La mia
macchina non parte. -
Jim alzò la testa. - Vuoi che dia
un’occhiata? -
- Il motore d’accensione non va.
Dubito che potresti fare qualcosa. - sospirò lei. - Qualcuno di cui
fidarsi, che non costi molto? … -
- Segnati questo numero. - gli rispose l’uomo, scorrendo la rubrica del suo cellulare. - Fidati, non rimarrai delusa. E’ il migliore che abbia mai avuto. –
- Signorina Evianoore?
- disse titubante qualcuno dietro di lei. Naomi sobbalzò: era buio e la
voce che la chiamava era profonda e ferma. Appoggiata alla sua macchina, si
girò lentamente fino a guardare verso la direzione da cui proveniva la
domanda: si trovò davanti un uomo alto e muscoloso, con i capelli scuri
e due occhi grandi che la guardava con strana deferenza. Indossava una sporca
tuta blu, indizio più che mai utile per capire il motivo per il quale
quell’estraneo sapeva il suo nome.
- Il sig. Sonders?
- l’uomo annuì. - La ringrazio di avermi raggiunta così
velocemente nonostante l’orario. Vede, la macchina non parte
più… -
- Controlliamo subito. - le fece cenno di
consegnargli la chiave, poi si diresse verso il sedile del guidatore.
Provò inutilmente ad accenderla, poi sfilò un cacciavite dai
pantaloni e cominciò a svitare la copertura del quadro elettrico.
Naomi lo guardava tra l’ammirato e
il preoccupato. Quell’uomo ci sapeva fare e avrebbe desiderato anche lei
intendersene più di cose pratiche; purtroppo, un po’ per gli studi
che aveva svolto, un po’ per pigrizia, non si era mai impegnata a
imparare quelle piccole cose che servono nella vita di tutti i giorni, come
appunto mantenere la macchina o cambiare una guarnizione del lavandino. Piccole
cose, che però le avrebbero fatto risparmiare un po’ di soldi e le
avrebbero evitati impacci come quello.
- Mi dispiace, ma il problema è
nella centralina. - sentenziò l’uomo, rimettendo tutto in ordine.
- Il guaio è che tutto il sistema elettrico è fuori uso, compreso
la propulsione elettrica delle batterie. Collegarle a un generatore non servirebbe
a nulla. -
- Cosa posso fare, allora? - lo
guardò lei cercando di non dimostrarsi troppo angosciata.
- Domani verrò a prendere
l’auto col carro atrezzi. In officina ho tutto
l’occorrente per riparare la batteria centrale e farla ripartire. -
concluse, ridandole le chiavi della macchina. - Vuole un passaggio per tornare
a casa? -
Lo sguardo della donna passò
velocemente dalla macchina al volto dell’uomo. La sua parte razionale
sapeva che l’uomo le stava facendo una cortesia, eppure si ritrovò
ad indagare se nel suo sguardo comparisse qualcosa d’altro oltre a quella
gentilezza professionale.
L’uomo era tranquillo e la osservava
con la stanchezza dipinta sul volto. Naomi si ritrovò a pensare che il
meccanico aveva sicuramente voglia di tornare a casa, come lei voleva tornare
alla sua, per riposare. Non esistevano secondi fini e anche se ci fossero stati
non era proprio la serata per raggiungerli.
- La ringrazio, signor Sonders.
-
- Chiamami Chris. Dubito di essere
più vecchio di te. O almeno lo spero. -
Naomi rise nell’aprire la portiera
del furgoncino dell’uomo. - Quando posso venire a ritirare la macchina? -
- Prendi. - l’uomo le
consegnò un biglietto da visita. - Ti garantisco che per dopodomani
pomeriggio sarà come nuova. Se hai qualche domanda o problema puoi
chiamare il numero dell’officina, o il cellulare scritto sotto. Ti
risponderà il sottoscritto. -
Naomi gli sorrise nella penombra. Chris
era un ragazzo semplice e schietto e questo le piaceva molto. Nel suo ambiente
era circondata da tanta ipocrisia e, per una volta, confrontarsi con una
persona del genere le aveva fatto molto piacere. Era come se parlasse con il
cuore in mano, come se avesse coraggio di sopportare le conseguenze di
qualsiasi suo pensiero. Neanche Nathan era così, sebbene si vantasse di
essere un attivista convinto.
- Ti ringrazio. Vuoi entrare a bere
qualcosa? Un caffè? Mi dispiace così tanto averti fatto venire
fuori dall’orario di lavoro… -
L’uomo scosse la testa. - Sono
distrutto, ma… come accettato. - ingranando la marcia Chris le
lanciò un cenno, mentre lei alzava timidamente la mano e lo guardava
allontanarsi.
- Chi è l’uomo misterioso che
ti ha accompagnato stasera? - la salutò Nat,
seduto sul divano con in mano una tazza di the e sommerso dalle coperte,
concentrato a guardare il canale delle news.
- Un meccanico. -
- Mi piacciono i meccanici. Sai che sono
il cliché più usato nei film porno gay? L’ho letto una
statistica. - si giustificò il ragazzo. Naomi si limitò a
sbuffare una risata e lanciò via le scarpe sedendosi vicino a lui.
- La macchina si è fermata e ho
dovuto chiamare un’officina. - spiegò lei.
- E lui è carino? -
Naomi appoggiò la testa sulla
spalla dell’amico. - E’ un bell’uomo, se questo che intendi.
Alto, muscoloso… e poi è gentile. -
- Anche io sono gentile. -
- Sì, ma lui è…non so.
- Naomi girò leggermente la testa verso di lui. - E’ come se fosse
entrato subito in sintonia con me. E’..strano. -
- Uhm. E quando lo rivedi? -
- La macchina è pronta dopodomani.
-
- Posso accompagnarti a ritirarla? –
- Perché? –
- Vorrei vedere l’uomo di cui ti sei
innamorata. –
- Cosa? – lei alzò il capo e
gli lanciò uno sguardo stupito. – Non mi sono mica innamorata!
Cioè… ci ho passato assieme solo venti minuti! –
- Allora direi ‘l’uomo di cui
ti sei invaghita’. –
Naomi si limitò ad accucciarsi vicino al suo amico. Sì, forse ‘invaghita’ era la parola giusta.
Chris aveva le sue manie e una di queste
consisteva nel lavorare ascoltando Radio Rock ad altissimo volume. I colleghi
mal sopportavano questa sua fissazione: un conto è sentire musica per
qualche ora al giorno, ma hard rock per otto ore consecutive non è
proprio a portata di tutte le orecchie. Nonostante ciò non se ne
lamentavano mai poiché Chris era il loro capo e la fissazione per la
radio era il suo unico vero difetto.
Quel giorno però Gary si diresse
verso la piccola radiolina blu e abbassò di molto il volume.
Chris uscì da sotto una berlina,
con un punto interrogativo dipinto sul viso.
- Capo, c’è una strafiga che
chiede di te. - rispose Gary nel suo solito modo grezzo, cercando di difendersi
dalle conseguenze quel gesto sconsiderato.
- Come? -
- Dice di chiamarsi Naomi Evianoore. Ti ha lasciato un’ibrida. E’ quel
mostro color grigioazzurro, vero? - continuò
il ragazzo, il ghigno stampato sul volto. - Le ibride…sono proprio delle
puttanate. Mi chiedo quando passerà questa moda… -
- Digli che arrivo fra qualche minuto, ok?
Mi ripulisco un po’. - lo interruppe Chris, rimettendosi velocemente in
piedi e cercando di dare un taglio ai vaneggiamenti di uno dei suoi migliori
collaboratori.
- Posso dargliela io, la macchina, se
vuoi. -
- Fai quello che ti ho chiesto, ok? -
- Ah, capisco boss: è troppo una
bella ragazza per lasciarsela scappare, vero? -
- GARY! -
- Non ti preoccupare, ti darò una
mano. Sono bravo in queste cose. Per prima cosa cercherò di toglierti di
torno il tipo con cui è venuta… -
Chris si bloccò di colpo. - Come? -
- E’ qui con uno, non so cosa sia,
forse un fidanzato ma dubito. Secondo me è una checca. -
- Cristo santo, Gary, non farti sentire! -
- Sarò un’ottima spalla,
boss. Promesso! –
- Mi basta che tu tenga la bocca chiusa. E ora va! –
- Come sto? - Naomi chiese al coinquilino
mentre percorrevano la via che portava all’officina.
- D’incanto, però adesso
calmati, ok? Sei venuta qui per ritirare una macchina. -
- Sono venuta qui per ritirare la
macchina. - ripeté lei meccanicamente, sistemandosi il vestito e i
capelli. Era estremamente nervosa per quell’incontro e aveva paura che,
dopo quella giornata, non avrebbe più potuto incontrare Chris, a meno di
manomettere volontariamente l’auto.
Era un’idea da prendere in
considerazione.
Un meccanico di nome Gary si
ripresentò davanti a loro con un sorriso a trentadue denti. - Il capo
arriva subito. Vuole darle personalmente la macchina, quindi.. -
- Oh, ok. - bisbigliò a disagio la
ragazza, vedendo lo sguardo malizioso dell’uomo. Nat
si schiarì la voce come per ricordarle di stare tranquilla.
Chris comparve poco dopo, le mani e il
viso puliti e i capelli sistemati il meglio che poteva. Sorrise dolcemente alla
donna ma squadrò Nathan con apprensione.
Naomi si affrettò a fare le
presentazioni. – Il mio coinquilino mi ha accompagnato. - disse,
liquidandolo velocemente. Il sollievo che vide sul viso di lui la fece ben
sperare.
- Vogliamo andare a prendere la macchina? - aggiunse altrettanto frettolosamente Chris. Voleva togliersi di torno Gary e il suo sorrisino idiota e, perché no? Anche l’accompagnatore di Naomi.
- Ecco qua. - Chris diede le chiavi della
macchina alla donna. - Come nuova. -
- Grazie. Come preferisci essere pagato? -
- Come vuoi. - osservò Naomi aprire
la borsa e frugarci dentro per trovare il portafoglio. - Non c’è
fretta, puoi passare quando vuoi a saldare il conto. – aggiunse, vedendo
che la donna si trovava un po’ in difficoltà a trovare il
portafoglio.
Lei si bloccò a mezz’aria.
– Posso farlo adesso, non c’è problema... - Lo sguardo di
Chris si incupì un poco e questo la fece balbettare. - Nel senso,
preferisco pagare subito, per non avere debiti in giro… -
- Certo, vado a farti una bolla. - disse
lui, mentre si dirigeva in ufficio. Naomi si guardava in giro in cerca di
Nathan ma non lo vedeva da nessuna parte.
Doveva essere più diretta,
pensò lei: Chris sembrava interessato ma non era intenzionato a slegarsi
dalla sua posizione professionale.
Si mise a riflettere quando Chris
tornò con il necessario.
- Stai molto bene vestita così. -
aggiunse lui, un po’ imbarazzato, mentre effettuavano la transazione. Non
era solo un complimento educato ma ciò che l’uomo pensava
veramente; Naomi lo vedeva dallo sguardo venerante e malinconico che le stava
lanciando in quel momento.
Questo le diede il coraggio di cui aveva
bisogno. - Stavo pensando che potremmo uscire assieme, qualche volta. –
disse tutto d’un fiato.
Negli occhi dell’uomo balenò
un lampo. - Sì, sì certo. Mi piacerebbe molto. Che ne dici di
domani sera? –
- Non avrei potuto dire meglio. –
In macchina, mentre la donna svoltava
l’angolo per imboccare il grande boulevard per tornare al loro
appartamento, Nathan cominciò a lamentarsi di quel rozzo spaccone di
Gary.
- Ho chiesto a Chris di uscire. –
disse a un tratto Naomi. Nat si bloccò subito,
interessato alla piega che stava prendendo il discorso.
- E…. –
Naomi non rispose. Il suo sorriso diceva già quello che il ragazzo voleva sapere.
- Questo ristorante è molto bello.
- si trovò a dire, ammirata, Naomi. Chris si allentò nervosamente
il colletto della camicia: non era abituato a vestirsi con giacca e cravatta,
ma dato che aveva avuto l’idea di portare la donna in uno dei ristoranti
chic della città sapeva di non poter fare altrimenti. D’altronde
dove altro poteva portare la donna? Naomi si vestiva con classe, in modo
semplice e curando attentamente i dettagli. Era raffinata e affascinante: Chris
si accorse di stare osservando rapito i piccoli gesti che compieva per
sistemarsi il tovagliolo sulle gambe.
Cercò di riprendere contegno. - Non
mi hai ancora detto cosa fai nella vita. -
- Oh, certo. - Naomi riprese il discorso
dopo la piccola divagazione. - Lavoro nell’ufficio dell’ambasciata
della Gran Bretagna, qui a Washington. -
- Sei la segretaria dell’ambasciatore?
- chiese candidamente l’uomo, facendo cenno al cameriere di portare una
bottiglia di vino.
Lei cercò di non mostrarsi troppo
arrogante. - Lavoro nel team di coordinamento internazionale, in realtà.
-
- Come? -
- E’ un gruppo di persone che si
occupa di progetti mirati, su temi condivisi dai vari paesi. In particolare il
mio compito consiste nel creare sinergie fra Gran Bretagna e gli Stati Uniti
d’America per elaborare una strategia comune che riguardano l’economia
internazionale. Sono più una specie di babysitter o di psicologa, in
realtà. - cercò di buttarla sul ridere. Chris era ammirato.
- Dev’essere
un lavoro molto importante. -
- Può sembrarlo ma, ti assicuro,
non è niente di che. -
- Stai scherzando? Ti occupi di politica
estera! -
- Mica governo io! - rise. - E comunque ti
assicuro che non è nulla di che. Piuttosto preferirei fare il tuo di
lavoro. -
Chris abbassò lo sguardo. -
Sì, beh, neanche il mio è niente di che. -
- Mi piacerebbe fare qualcosa di pratico,
qualche volta. Sporcarmi le mani e infine avere la soddisfazione di aver creato
qualcosa -
- Non credere che sia poi così
difficile, fare un lavoro come il mio. –
- Lo so…ma… - Naomi si morse
la lingua. Sminuire il lavoro dell’uomo che le piaceva tanto e che
l’aveva invitata a cena non era proprio un’ottima mossa.
- Volevo dire... non so cosa avrei fatto
senza il tuo aiuto! – cercò di enfatizzare la donna, nonostante il
muro che si ritrovava davanti.
Chris commentò quasi sottovoce,
girando il piatto posto davanti a sé quasi sovrappensiero. –
Avresti chiamato qualcun altro. – Era un commento un po’ acido,
pensò lui, ma non riusciva veramente a lasciarsi dietro
l’argomento di quella conversazione; si sentiva piuttosto meschino
davanti a quella donna bellissima ed era una cosa che il suo orgoglio non
riusciva a sopportare.
Un paio
d’ore dopo Chris la riaccompagnò a casa. Purtroppo
l’appuntamento non era andato un gran bene: il meccanico non aveva fatto
altro che torturarsi su quanto fosse stato stupido a credere che una donna
così intelligente e di classe avesse interesse in uno come lui,
piuttosto che pietà come doveva assolutamente essere, e questo lo aveva
trasformato in una specie di zombie silenzioso e goffo. D’altra parte
Naomi pensava di averlo offeso e aveva cercato in tutti i modi di porvi
rimedio, inutilmente.
Davanti alla porta dell’appartamento
lei gli lanciò un ultimo disperato invito ad entrare in casa con lei ma
Chris lasciò cadere la cosa e se ne andò via prima che la donna
potesse rendersene conto.
Naomi rientrò in casa, delusa. Dopo
tanto tempo era riuscita a trovare un uomo che la interessava e questo non
sembrava volerne sapere di lei! Ma che cosa aveva sbagliato? Si diresse
velocemente verso la camera di Nathan per chiedere consiglio.
- Ho bisogno di parlarti… - esordii
la ragazza, trovandosi davanti AJ in mutande seduto sul letto, intento a
giocare ad Halo al pc del
suo ragazzo.
- Ciao Naomi. Nat
torna tra un po’. Ha avuto una delle sue ‘emergenze
ecologiche’… non chiedermelo. - la anticipò, vedendola
cercare di articolare qualche parola, invano.
- Mi… mi dispiace di essere entrata
così… -
- …ehi, nessun problema. - AJ spense
il pc e cercò con lo sguardo un paio di
pantaloni. - Allora, qual è il problema? -
- Oh. Oh! Nulla. Non voglio annoiarti…
-
- Stai scherzando? Credi che mi stia
divertendo qui? Credimi, gli voglio bene ma ha dei gusti terribilmente noiosi.
Ci credi che ho letto ben tre pagine del ‘Capitale’ per
disperazione? Deve avere una bella testa Nathan per sopportare tutte queste
stronzate! - AJ si mise il pigiama e le fece cenno con la testa di dirigersi
verso la cucina. - Facciamoci un caffè. –
- Insomma, la
serata non è poi andata molto bene. -
- Che cazzone. -
AJ si svaccò sulla sedia, guardando nervoso lo schermo del cellulare. -
Si ritrova con la fortuna di avere una strafiga come te fra le mani e lui
neanche si prende la briga di provarci.-
Naomi alzò il sopracciglio. - Messa
così suona ancora più frustrante. - prese la tazza di
caffè fra le mani. - Non so, forse ho sbagliato a sbilanciarmi troppo.
Non avrei dovuto chiedergli di uscire. -
- Stai scherzando? Sai quanti uomini
desidererebbero una cosa del genere? -
- Allora forse mi trova noiosa… -
AJ la fissò, scettico. - Secondo me
si è reso conto di essere un patetico coglione e il suo ego ci ha
rimesso. Comunque non credo tu debba farti poi molte paranoie su di lui,
troverai sicuramente un altro. Ho qualche collega da presentarti, se ti va. -
- Ti ringrazio, ma penso che me ne
resterò tranquilla per un po’. -
- Come vuoi. - AJ si girò verso il
soggiorno sentendo la porta aprirsi. Nathan entrò in cucina mollando la
borsa sul tavolo.
- Che ci fate voi qui? -
- Mi stavo annoiando a giocare ad Halo. - fece il poliziotto alzando le spalle. –
Com’è andata a te, piuttosto? –
- Bene. Han cercato di arrestarci, di
nuovo, ma ho fatto il tuo nome e le cose si sono sistemate. Devo essere
sincero, stare con te ha un sacco di lati positivi. –
- Un sacco? Solo. – terminò orgoglioso AJ, prima di prendere di peso il suo fidanzato per riportarlo in camera, mentre augurava buonanotte alla coinquilina.
- Capo, mi stai
ascoltando? -
Gary osservava i movimenti
dell’amico, intento a rovistare nel magazzino.
- Come? Ah, certo. – i due meccanici
erano intenti a fare l’inventario per poter poi inoltrare gli ordini ai
fornitori per rimpiazzare le scorte. - Ci servono gli oli lubrificanti, Gary. -
- Questo mi fa capire quante stronzate mi
racconti. – l’uomo si avvicinò a Chris e gli tolse di mano
alcune bottiglie di refrigerante per appoggiarle su uno scaffale vicino. - Ti
ho appena detto che ho già fatto l’ordine. Due volte! -
Chris si sfregò il viso con la mano
e lasciò una scia di grasso sulla guancia. - Perdonami, sono stanco. -
- E’ per la serata di ieri, vero? Com’è
andata con la tipa della ibrida? -
- Non ne voglio parlare. – Chris si diresse verso un
altro scaffale e cominciò la conta del materiale elettrico. Gary lo
seguì con lo sguardo, intento a studiarlo.
- Deduco che non sia stato un granché. Ti ha dato
picche? Eppure è strano, considerando che ti aveva invitato lei. Devi
averle fatto qualcosa di veramente brutto per farti mandare in bianco. Sei il
solito grezzo, te l’ho sempre detto che con le donne non bisogna essere
così dirette, poi ci rimangono male e… -
- Piantala Gary! Non mi ha mandato in bianco! –
sbottò lui, girandosi verso l’amico, furioso. – Siamo andati
al ristorante, abbiamo mangiato e parlato e alla fine della serata l’ho
riaccompagnata a casa. Fine di tutto, stop! –
- Sì, certo. Dai capo, si vedeva lontano un miglio
che ti piaceva, e penso proprio che tu abbia fatto lo stesso effetto su di lei!
–
- Evidentemente non è così. A volte la prima
impressione non è quella giusta. – Sentii del rumore nella parte
anteriore dell’officina. – E’ meglio che tu vada a vedere
cosa vogliono e quando hai finito vorrei che tu tornassi qui a darmi una mano e
tenessi la bocca chiusa, per una buona volta! –
Gary emise una specie di ringhio e trattenne
un’imprecazione, ma si apprestò a ricevere il cliente. Chris si
rimise al lavoro senza però soprassedere ai commenti del collega: ancora
non riusciva a rendersi conto di aver abbandonato l’occasione di uscire
con una donna così speciale, interessante, bella, intelligente…
…l’aveva fatto per proteggersi. Perché
era sicuro che, quando lei si fosse accorta di quanto potesse ottenere lei,
invece che un semplice meccanico che neanche sapeva bene come parlare o come
vestirsi per accompagnare una donna a una cena elegante, che conosceva solo il
suo mondo fatto di gomme da cambiare e motori da riparare, allora lo avrebbe
lasciato. E come avrebbe potuto biasimarla? Solo, lui non voleva soffrire e
visto che sapeva già come tutto sarebbe andato a finire…
Qualcuno si schiarì la gola, dietro di lui.
Si girò: Naomi lo guardava, titubante, a qualche
passo di distanza.
- Ciao. – fece lui.
- Ehi. – sul volto della ragazza comparve un sorriso
tirato. – Volevo scusarmi per ieri sera. Non so, forse sono stata
indelicata, ma non intendevo offenderti. Mi spiace. –
- Nessun problema, tu…non hai fatto niente, davvero.
– cercò di sembrare leggero lui, rimettendosi al lavoro per non
mostrarsi eccessivamente nervoso al suo cospetto.
- E’ solo che speravo di conoscerti un po’
meglio, poi non sei voluto salire da me… -
- Credimi, non c’è molto altro che devi sapere
del sottoscritto. –
- Oh, insomma, la vuoi piantare? – Chris si
girò verso la ragazza. Naomi aveva lo sguardo feroce e le mani erano
appoggiate sui fianchi. – E’ per la storia del lavoro, vero? Cristo
santo, si può sapere perché ti interessa così tanto?
–
- Io…io… - Chris si passò una mano fra i capelli, cercando le parole più adatte. – Senti, non prenderla sul personale, ma credo che questa cosa ci sia un po’ sfuggita di mano. Voglio dire… - cercò inutilmente di reprimere una risata nervosa. – Non può funzionare tra di noi. –
Naomi si mise sulla difensiva, torva. – E’ la prima volta che vengo mollata così. –
- Tecnicamente non ti sto mollando. Non siamo neanche stati insieme, quindi… -
- Lasciamo perdere. – tagliò corto la ragazza, voltandosi verso l’uscita. – Forse hai ragione tu. Siamo troppo diversi e non ci troveremmo… è meglio che ognuno vada per la sua strada. –
- Fino al prossimo problema della macchina. – ribattè Chris, cercando di stemperare la situazione con una battuta. Inutile: Naomi se n’era già andata via.
E il giorno del vertice USA – Gran Bretagna passò in fretta e ripagò gli sforzi di Naomi. Dopo aver liquidato gli ultimi giornalisti la ragazza tornò al suo cubicolo – scrivania per raccogliere le ultime cose, quando notò un messaggio nella chat del telefono.
‘Com’è andata?’ le scriveva Chris su Whatsapp.
Naomi si ricordava di avergli accennato di quell’importante giornata ma mai avrebbe pensato che lui le scrivesse proprio in quell’occasione, non dopo aver bruscamente chiuso qualche giorno prima.
‘Bene, grazie.’
‘Scommetto che hai fatto colpo su tutti quei pezzi grossi.’
Naomi sorrise.
‘Non credo proprio. Eravamo tutti intenti a fare il nostro lavoro, sai com’è.’
‘Allora..ci sentiamo.’
‘Va bene.’ Naomi tentennò. ‘Grazie di avermi scritto’
‘Nessun problema.’
‘Pensavo non volessi più sentirmi, dopo l’incontro in officina.’
‘Io ero più sicuro del contrario.’
‘Io ero sicura che tu avessi capito quanto mi piacessi’
Naomi aspettò qualche tempo. Nessuna risposta. Sospirò e mise il telefono nella borsa, poi salutò gli ultimi colleghi rimasti e si diresse verso il parcheggio.
Naomi spense la macchina vicino all’edificio in cui abitava e guardò il suo appartamento dal finestrino della macchina. Le luci erano spente, probabilmente Nathan non sarebbe tornato, quella notte. Prese le sue cose e si diresse verso l’entrata del palazzo.
Davanti alla porta trovò un mazzo di fiori e un biglietto. Curiosa lo aprì ancora prima di varcare la porta di casa. Era di Chris, lo sapeva, ma la cosa la confondeva. Perché non scriveva più su Whatsapp?
- Io sapevo che tu avevi capito che mi ero innamorato di te. – una voce la fece girare verso la tromba delle scale. Chris si alzò dall’ultimo scalino in cui si era rincattucciato e la raggiunge davanti all’uscio, con le mani nelle tasche.
Naomi la guardò stupita. – Cosa? Come?....da quanto tempo sei qua? –
- Da un po’. Da prima della nostra conversazione. Volevo farti dare quelli – indicò i fiori che lei aveva in mano. – ma non c’era nessuno in casa. -
- Sono magnifici. –
- Mai quanto te. –
Chris le si avvicinò prendendole il viso fra le mani e dandole un bacio leggero sulle labbra. Naomi si appoggiò su di lui, ma con suo disappunto lo vide ritrarsi. – Perché stai facendo tutto questo, ora? – gli chiese lei.
Lui la guardò, accarezzandole i capelli. – Io…non lo so… -
Naomi non sapeva cosa dire. Chris non sapeva cosa dire. Erano lì, impalati come statue, intenti a fissarsi negli occhi, in silenzio.
Dopo alcuni minuti Naomi si schiarì la voce e si staccò da lui. – Forse è meglio che entri. –
- Si, beh, anch’io dovrei…forse…tornare a casa… - cercò di ricomporsi Chris. A un tratto guardò il viso della ragazza. Era ilare, rilassato e splendente.
- No… non hai capito. Forse è meglio che tu entri. Perché non ti lascerò scappare via facilmente, questa sera. -