[Storia
partecipante al contest “You in the sky with diamonds”, della pagina facebook “Impotenza mentale e fisica di fronte ai Beatles”]
LSD
Se
non sapesse per certo cosa sono, potrebbe tranquillamente scambiarle per
caramelle, soprattutto i suoi bambini.
A
quel pensiero, Paul rabbrividisce, mentre osserva la bustina trasparente,
abbandonata sul comodino accanto al suo letto. Non è stato difficile recuperare
un po’ di quella roba che aveva provato molte volte, quando era più giovane.
Piccole
pastiglie, apparentemente innocue.
Sono
piccole e rotonde.
Sono
gialle, rosse e verdi.
Sono
pronte per spedirlo nel paese delle meraviglie, quel paese che più volte ha
visitato con John al suo fianco.
Ora
invece…
John
non c’è più.
Continua
a ripeterlo Paul.
John
non c’è più.
Nella
sua testa.
John
non c’è più!
Nel
suo cuore.
John
non c’è più perché un folle, più folle di tutti gli abitanti del paese delle
meraviglie, l’ha fatto scappare dal mondo vero solo un anno fa. Gli ha dato un
biglietto di sola andata, e John ne ha approfittato, gettando nello sconforto
tutto il mondo, ma soprattutto i suoi cari. E Paul, Paul non si dà pace perché
ogni volta che compone quel numero di telefono risponde solo lei, e lui riattacca realizzando che
John non c'è e non potrà raggiungerlo al telefono per dirgli, "Ehi, Paul,
non ci crederai ma stavo per chiamarti io."
E
anche se andasse a New York o in qualunque altra parte di questo mondo, non
potrebbe trovarlo e chiedergli, "John, perché te ne sei andato? Perché mi
hai lasciato, John?"
Paul
ha provato a cercare John anche nei suoi sogni, ma non c’è niente da fare: ogni
volta che sogna, John non si trova, il che è abbastanza paradossale, non diceva
di essere un sognatore? Tuttavia, in seguito, Paul ha compreso che non potrà
mai trovarlo lì, perché sarebbe fin
troppo semplice. Al contrario, complicata è l’anima di John, complicato il suo
modo di rapportarsi con le persone e complicato sarà, di conseguenza, trovarlo, come una specie di prova per
chiunque abbia voglia di cercarlo. Beh,
John deve aver capito nella sua vita terrena che Paul non si arrende così
facilmente alle sfide, soprattutto alle sfide di John.
L'idea
di provare nel paese delle meraviglie è arrivata un po' come un fulmine a ciel
sereno, un giorno, mentre ricordava quando aveva preso una di quelle pastiglie
solo per seguire John, perché John aveva bisogno di lui e quello era l'unico
modo per raggiungerlo e aiutarlo, stando semplicemente al suo fianco.
John
si è rifugiato lì, Paul ne è ormai convinto. Ma nonostante ci abbia provato
innumerevoli volte, John non si è ancora lasciato trovare.
E Paul,
dal canto suo, non si è ancora arreso. Non importa quante volte dovrà
intraprendere quel viaggio, alla fine troverà John e potrà vederlo di nuovo,
con il suo sguardo elegante e malizioso, il naso che lo rende John Lennon, i
lunghi capelli ramati...
La
pastiglia l’ha assunta già da mezz’ora. È una di quelle verdi, il colore
preferito di John. L’ha presa facendola
sciogliere un po’ sulla lingua, subito dopo che Linda e i bambini sono usciti
di casa, lasciandolo solo. Il cielo gli ha regalato una compagna che, senza
bisogno di parole, sa quando Paul vuole essere lasciato per conto suo. Lui non
potrebbe essere più grato e-
Ecco.
La
mandibola si contrae lievemente.
Sta
arrivando, quella sensazione familiare di euforia mista a beatitudine. Guerra e
pace dei sensi.
All'improvviso
il lampadario scompare. C'è un foro nero al suo posto. Questo gira, gira, e poi
la camera da letto di Paul comincia a vorticare su se stessa. I colori della
mobilia si sciolgono, come neve al sole, e si mischiano con quelli della
parete, bianco nel verde chiaro e poi...oh,
guarda! Anche la moquette blu si unisce in quella danza disordinata e il
giallo del copriletto e le abat-jour rosse.
Paul
ride. Quando Linda torna, deve farle notare che ci sono davvero troppi colori
nella loro stanza. Chi è che li ha decisi?
Ma
ora non può pensare a questo. Il vortice aumenta sempre più, si allunga e
risucchia Paul al suo interno.
E… puff! La camera da letto non c'è più.
Chissà
dove andrà questa volta... Dove lo porterà quel guazzabuglio di colori? Al
mare, in campagna o magari nel deserto sul dorso di un cammello?
Poi,
in mezzo a quel vortice sente un fischio e un ciuf ciuf.
No, non è più un vortice, è una galleria. E chi fa ciuf ciuf
è l'elegante locomotiva rossa di un treno. Di quelle antiche, belle, con i
sedili eleganti nei vagoni.
Paul
percorre il treno, osservando i sedili rivestiti di pelle e le pareti con...
John. C'è John, santo cielo!
Ma
sono solo foto, pareti tappezzate con tante foto di John, tutte in bianco e
nero, di quando era giovane, di quando suonavano insieme, di quando erano
perfetti insieme e pronti a conquistare il mondo.
La
mano di Paul si appoggia su una foto e all'improvviso il suo corpo è travolto
da un'assurda ondata di calore.
Ma che caldo fa in questo treno?
Paul
sente il sudore apparire sulla fronte e sul collo. Odia sudare perché poi puzza
e lui non vuole puzzare. Solo chi non si lava puzza; Paul, invece, si lava
sempre, due volte al giorno, come un bravo ragazzo.
Decide
di abbassare il finestrino, facendo poi sporgere la testa. Il vento gli
scompiglia i capelli con forza, ora che sono usciti dal tunnel. Caspita, che
freddo che fa. Ha anche la pelle d'oca e i capelli ritti sulla nuca. Meglio
stare dentro prima che si ammali. Chi la sente poi Linda che lo rimprovera per essere
uscito tutto sudato?
Paul
si siede, guardando dal finestrino il paesaggio che scorre lentamente. Questo
perché il treno procede con la velocità di una lumaca. Di questo passo non
arriverà mai a destinazione. A proposito, dov’è che sta andando? Qual è la
destinazione? Forse il luogo in cui si trova John? Forse quello è il Lennon
express o qualcosa del genere e glielo ha mandato proprio John, solo per Paul.
Oh,
sarebbe meraviglioso!
Paul
osserva fuori dal finestrino, immaginando John ad attenderlo al suo arrivo, sul
binario, pronto ad allungare una mano per aiutarlo a scendere. E mentre Paul
fantastica, il treno passa in mezzo a un giardino, un giardino all’inglese con
tante aiuole colorate e molta gente che passeggia e chiacchera e ride.
“Ihihih, ahahah!”
I
loro vestiti sono tutti così strani, sembrano arrivare da epoche diverse.
Sotto
un gazebo color avorio, ricoperto di edera dalle foglie verdi, che luccicano
come smeraldi alla luce del sole, ci sono uomini che indossano il frack, un cappello a cilindro e un ombrello nero sotto il
braccio. Fumano la pipa e sembrano tutti presi da una conversazione, magari
questioni di banche e affari, cose che a Paul non sono mai piaciute.
Sicuramente John non sarà lì, tra loro. Anche lui odiava questi argomenti.
Allora
lo sguardo di Paul si sposta più in là. Proprio accanto ad alberi di mandarino
c’è un gruppetto di hippie che fumano spinelli. Fumano e cantano e suonano chitarre
e bonghi e se hanno fame, gli alberi si agitano, facendo cadere ai loro piedi e
sulle teste dei ragazzi i loro bei frutti maturi.
Paul
ha una fame da lupi e mangerebbe volentieri uno di quei mandarini; poi ride
quando vede uno di quei ragazzi che, colpito da un mandarino, alza un pugno
minaccioso verso l’albero, facendo ridere i suoi compagni. Paul lo guarda
meglio e il cuore batte subito più forte. Riconoscerebbe quegli occhialini
rotondi, quella giacca verde militare, quei capelli ramati dappertutto.
John!
È
John, e questa volta è lui. È lì, in persona, Paul deve solo uscire dal treno
in movimento, in qualche dannatissimo modo. Vorrebbe essere un fantasma,
incorporeo, così può solo passare attraverso le pareti del vagone. Ma
purtroppo, purtroppo, dannazione, è
fatto di carne e ossa. Perciò scatta in piedi e comincia a battere le mani sul
finestrino.
“John,
John, sono io, sono Paul, sono qui.”
Urla
e grida, ma John non lo sente e suona la sua chitarra senza prestare attenzione
a lui.
No, no, no!
Ora che l’ha trovato, Paul non lo vuole perdere ancora.
Si
allontana frettolosamente dal finestrino e percorre tutto il vagone,
raggiungendo la porta. C’è una stupida leva che chiude stupidamente quella
stupida porta.
“Stupido
è chi ha costruito questo stupido treno.” afferma Paul.
La
afferra e la spinge con tutta la forza che ha nelle braccia. Oh sì, ce n’è
tanta ora, potrebbe sollevare un elefante, anche quelli rosa, che sono più
pesanti perché sono colorati.
Alla
fine la leva si muove e la porta si spalanca. Il vento gli accarezza il viso,
facendo ondeggiare i suoi vestiti. Paul scende fino all’ultimo scalino e poi,
con il cuore che batte nelle orecchie, si tuffa sul terreno morbido del
giardino, rivestito di erba profumata.
Oplà!
Quando
si alza in piedi e si dà una sistemata, vede il treno allontanarsi e il suo ciuf
ciuf diventa sempre meno udibile.
Si volta
e capisce che qualcosa non va. Non è che il giardino sia sparito. È solo che i
fiori hanno cominciato a crescere a dismisura e ora sono giganti, così grandi
che arrivano al cielo: sono rose rosse, margherite bianche, tulipani gialli e
ancora violette e iris e girasoli. E parlano tra loro e cantano di che bella
giornata è quella.
“Resta
con noi, Paul, resta e canta con noi.” gli sussurra invitante la violetta.
Paul
scuote il capo: “No, non posso cantare con voi. Devo trovare John.”
“John
non ti vuole vedere.” afferma una rosa con tono autoritario, fermandolo con il
suo stelo pieno di spine.
Ahia,
che male le spine. E che fiori inutili, le rose, e bugiardi.
“Non
ci credo, non è possibile. John. John, aiutami.”
Paul
protesta e grida nuovamente il suo nome, cercando l’amico con lo sguardo tra
gli steli dei fiori giganti. È ancora lì, grazie al cielo, ma non si accorge
che il suo amico Paul è in pericolo.
“Ti
farai solo del male ad andare da lui, perché lui non c’è più.” dice saggiamente
la margherita.
Paul
cerca di farsi strada tra gli steli intricati, allungando una mano verso John: “No,
non è vero, è lì, l’ho visto. È lui.”
È
John, è John, è John!
Paul
lo ripete come un mantra e intanto si divincola e le spine lo pungono e
strappano i vestiti. Lo fanno sanguinare, ma non importa. Ciò che conta è che
si è finalmente liberato ed è corso fuori da quel gruppetto di fiori giganti
che ostacolavano il suo intento.
John
è lì, seduto nel suo giardino all'inglese e la distanza che lo separa da Paul è
breve eppure sembra infinita. Paul corre senza fiato, il sudore gli bagna la
fronte, la punta del naso, il labbro superiore, ma che importanza ha? Ha
trovato John e ora può abbracciarlo di nuovo, stringerlo per non farlo andare
più via, per proteggerlo da qualunque folle voglia ancora fargli del male.
Ormai
è talmente vicino che riesce a intravedere i suoi occhi, quegli splendidi
diamanti dietro le lenti degli occhiali.
È
pronto, pronto per urlare, "Mi sei mancato, John."
Ma
all'improvviso la figura seduta davanti a John si alza in piedi, si volta e
fronteggia Paul. È una donna minuta, con capelli lunghi e neri e occhi a
mandorla. Lui si ferma, la guarda perplesso e poi lei lo spinge all'indietro.
Le gambe deboli per la corsa cedono, e Paul perde l'equilibrio e cade
all'indietro. Ma lì, dove un'aiuola avrebbe dovuto arrestare dolcemente la sua
caduta, c'è ora una voragine e Paul precipita e grida, mentre vede la figura di
John allontanarsi sempre più.
Cade
e cade e cade ancora. Sembra non finire mai. Di questo passo arriverà al centro
della Terra. Ma no, non può, al centro della Terra c'è il magma. Se Paul
finisce lì brucerà tra le vivaci fiamme rosse, arancioni e gialle. E non
potrebbe più trovare John.
Alla
fine però Paul rimbalza su qualcosa di morbido, che profuma dolcemente. È
talmente morbido che qualunque movimento risulta essere totalmente futile.
Anzi, la cosa molle su cui è appoggiato rotola e Paul scivola su un pavimento
appiccicoso e bianco. Si guarda intorno e sbatte le palpebre.
Miseriaccissimissima!
È
una torta di marshmellow, con la glassa bianca e
tante piccole, morbide, colorate caramelle gommose che circondano un Paul alto
quanto la falange di un dito.
Gnam gnam.
"Niente gnam gnam, Paul. Devi
trovare John." si dice Paul, dandosi un contegno perché la gola è così opprimente
che gli si accappona la pelle.
Ma
dov'è John? Perché non si fa trovare da Paul?
"John, perché
non vuoi che ti trovi?" domanda a John, a se stesso o forse alla torta.
Che
cosa ha fatto di male Paul? C'è qualcosa di sbagliato se sta cercando
disperatamente colui che è stato il compagno di una vita e di mille avventure e
mille emozioni, una più bella dell'altra?
"Mangia
la torta, Paul."
Il
suggerimento arriva da una voce familiare che Paul sa per certo appartenere a
John.
John!
È
John. È ancora lui. Allora non è vero che non lo vuole vedere.
"Mangia la torta, yeah
yeah yeah. Mangia la torta,
yeah yeah yeah." canta John e Paul ride.
D'accordo.
Sarà un'impresa perché la torta è enorme e lui è piccino, tanto piccolo quanto
Pollicino.
"Ehi! Tu devi fare solo un bucooo!" canta di nuovo, quasi a voler rispondere al
suo dubbio.
"Ok,
John. Ok.”
Paul
ha capito: deve mangiare la torta in modo da scavare nella sua pasta e arrivare
fino in fondo, dove c'è il piatto di portata. Non sa proprio cosa accadrà in
seguito, come potrà trovare John in quel modo. Ma John continua a cantargli le
istruzioni e Paul decide di fidarsi come si è sempre fidato di John nella sua
vita.
Prima
si sbarazza della dolcissima e appiccicosa glassa e poi si dedica al pan di
spagna. E quando arriva a una salsina rossa fra due strati di torta, Paul
storce il naso. Ma che razza di torta è mai quella? Sembra ragù e nel ragù lo
sanno tutti che c'è...
"Carne?"
Oh
no. Lui non mangia la carne di solito, è un vegetariano incallito. Tutti così
in famiglia. E soprattutto non la mangia nei dolci. Nessuno la mangia con i
dolci, nessuno sano di mente almeno.
Ma
John continua imperterrito a cantare, "Chiudi
gli occhi e mangia la carne..."
"Questa
me la paghi, John!" gli promette Paul.
Poi
chiude gli occhi e addenta quei pezzi saporiti di carne trita, sperando che il
povero piccolo vitellino che ha donato se stesso per questo, lo possa
perdonare. Paul continua a farsi strada tra gli strati dolci e salati. Il
sapore in bocca è davvero disgustoso. Orribile, orribile, orribile! Ad ogni
morso vorrebbe vomitare. Sente quasi l'acido salire su per la gola. Eppure lui
ingoia e prosegue e con un sospiro di sollievo accoglie la visione della
ceramica, una cosa che sicuramente non può mangiare.
Oh,
è un piatto e sopra c'è la faccia di John. È la copertina di Imagine, ma John
gli sta sorridendo. Ormai Paul è davvero vicino.
"Non fermarti adesso. Non fermarti adesso."
canta John.
Paul
scoppia a ridere: "È dei Queen quella, lo sai, John?"
E
subito dopo, tutto intorno a Paul sparisce: la torta con i marshmellow
e la carne e il piatto con la faccia di John. È di nuovo circondato dal buio e
Paul precipita nel vuoto. Precipita nel vuoto e nell'angoscia, ma il rumore è
lo stesso.
Splash!
Questa
volta finisce in acqua. Il suo corpo torna subito in superficie, galleggia come
un morto e Paul si lascia trasportare dalla corrente, permettendo all'acqua
tiepida e dolce di accarezzare ogni parte di lui, come se desiderasse lenire le
sue ferite superficiali e anche quelle interne, il sangue scuro incrostato
sulla sua pelle come quello sulle pareti del suo cuore.
Il
suo sguardo si perde su ciò che lo sovrasta, un cielo al tramonto. Il sole sta
morendo all'orizzonte e l'ultimo suo regalo è fatto di raggi dorati che
contornano le nuvole di un giallo pallido, sembrano onde su sfondo rossastro...
sembra un cielo di marmellata. Marmellata d'arancia, però, quella dolce e
insieme amara, quella che non piace a nessuno. Forse piace solo a John.
John
che Paul non trova da nessuna parte. E forse non lo troverà mai più.
Piange,
Paul.
Un altro
giorno sta finendo senza che lui abbia potuto anche solo guardarlo negli occhi,
senza quell'ultimo sguardo, l'ultimo abbraccio.
Piange
più forte, Paul.
Le
sue lacrime finiscono nel lago o forse è un fiume, perché c'è corrente. E c'è
anche una piccola barca che si avvicina a lui.
A
nessuno importa delle sue lacrime e dei suoi tormenti. Neanche a quella barca,
neanche a John. E domani sarà solo un altro giorno senza di lui e Paul non ce
la fa. Sa che non ce la farà ad alzarsi e affrontare la vita senza la presenza
rassicurante di John in qualunque parte del mondo.
"Non
piangere, Paul."
È la
voce più dolce a parlare, parla con un sussurro. È di un uomo che lo afferra e
lo solleva, adagiandolo sulla barca.
"Non
sai che non si fa il bagno dopo mangiato?"
Paul
si mette a sedere subito e si strofina gli occhi. L'uomo di fronte a lui, con i
lunghi capelli, un cappello e il cappotto neri, il naso più bello del mondo,
quell'uomo è John.
"John?"
chiede incerto.
Ha
paura che possa sparire di nuovo ora che forse, forse, l'ha trovato davvero.
"Ciao,
Paul."
John
gli sorride e poi si sporge per abbracciarlo. Paul vorrebbe chiedergli tante
cose: come stai? Dove sei? Che caspita fai tutto il giorno? Perché non volevi
farti trovare?
Ma
Paul manda tutto al diavolo, perché è sfinito e così, si limita a ricambiare
l'abbraccio, stringendolo più forte che può.
"Mi
sei mancato, John."
John
ride e quando il respiro di Paul comincia a fargli il solletico, si sposta solo
un po' per far incontrare le loro fronti.
"Che
ne dici di un giretto in barca, Macca?"
Paul
annuisce in fretta, con lui andrebbe dovunque ora.
"Bene."
esclama John e si sdraia, porgendogli i remi, "A te l'onore però. Io sono
stanco."
Note dell’autrice:
sarebbe stato più facile prendere davvero una pastiglia di LSD e scrivere la storia, ma alla fine ce l’ho
fatta. Bisognava ricreare per il contest, l’atmosfera di “Lucy in the sky with diamonds” inserendo
almeno 7 elementi della canzone.
L’idea
di Paul che prende una pastiglia per cercare John mi sembrava così dannatamente
attraente e angstiosa che non ho potuto evitarla.
Naturalmente
mi sembrano evidenti i richiami ad Alice
nel paese delle meraviglie, “I am the walrus” e gli elefanti rosa di Dumbo, film che non potrò vedere
mai più.
Spero
che sia piaciuta e se potete, passate qui a mettere “mi piace” per aiutare la
mia pagina “Two of us” a
vincere: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=315332698606449&set=a.314243712048681.1073741839.129535750519479&type=1&theater
Ve
ne sarei molto grata.
Per
la storia ringrazio tre persone che mi hanno consigliato: kiki,
mamogirl e _SillyLoveSongs_
A
domenica con l’aggiornamento di “Ticket to Paris”.
Kia85