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Autore: Book boy    18/10/2013    1 recensioni
Una raccolta di racconti, storie, storielle tutte improntate sugli zombie!!! Un viaggio attraverso il tempo e lo spazio per vedere un'apocalisse zombie in tutte le sue sfaccettature e le sue forme. Buona lettura!!!
Genere: Azione, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Elicottero
 
L’uomo avanzava con cautela, con passi leggeri e guardinghi. Teneva il fucile mitragliatore M4 spianato davanti a sé. Entrò lentamente nel piccolo complesso abbandonato, pronto a sparare al minimo segnale d’allarme. Avanzò ancora di qualche passo fino a quando non scorse, seduto a terra con la schiena contro il muro, uno zombie da cui colava sangue dalla bocca. Era un fiotto lungo e di un colore molto acceso, che colava sulle sue gambe imbrattando i brandelli di pantaloni che indossava. L’uomo, senza battere ciglio, puntò la canna verso la sua testa e premette il grilletto spargendo le cervella del morto sul muro bianco. I rumori attirarono però gli zombie che si trovavano fuori. Erano nascosti bene ma ve ne erano a decine. Lui non li aspetto ed iniziò a correre attraverso un corridoio che lo avrebbe portato sul retro. Correndo ancora arrivò ad alcuni uffici, vi entrò e si chiuse la porta alle spalle poi, avanzando più lentamente uscì dall’edificio arrivando in una stradina posteriore. Si prese un momento di pausa: estrasse dallo zainetto blu che portava in spalla una bottiglietta d’acqua frizzante e ne buttò giù un paio di sorsate, poi la rimise a posto e si asciugò la bocca con la manica della felpa. Si guardò intorno guardingo: non si poteva mai stare tranquilli se si era in strada. Riprese il suo cammino tornando sui suoi passi nella strada principale. Avanzando fra le macchine abbandonate. Si fermò un momento ed estrasse la cartina della città che teneva in tasca. Controllò il tragitto che aveva segnato con il pennarello terminando in una piazzetta dove aveva scritto una X di segnalazione. Quella era la sua meta. Alzò lo sguardo dalla mappa controllandosi in torno: tutto tranquillo. Rimise la mappa nella tasca e proseguì, svoltando all’incrocio poco più avanti. Avanzò nuovamente ma si fermò appena intravide a circa un chilometro di distanza, una massa di morti-viventi che bloccava la via ostruendola completamente. Doveva passare dagli edifici laterali. Si voltò a destra e vide un negozio con la vetrina spaccata. Vi entrò. Sembrava quasi che un tornado avesse devastato il negozio: gli scaffali erano rotti, per lo più steccati dai chiodi a cui erano fissati, le merci del negozio (probabilmente di elettronica) erano stati tutti saccheggiati dai vari sciacalli che vi erano stati appena era iniziata l’epidemia. L’uomo proseguiva senza scomporsi ma tendo il fucile saldamente, pronto a sparare nel caso vi fosse presenza di qualsiasi pericolo. Fece ancora qualche passo, superò il bancone e… con la coda dell’occhio intravide una figura umana. Era rannicchiata in posizione fetale, con le mani poste sopra il capo nel tentativo di proteggere la testa. Era ancora viva, l’uomo lo capì immediatamente appena lei gemette. Non seppe cosa dire ma, istintivamente, tirò fuori dallo zaino un fazzolettino clinex e glielo porse con gentilezza. Lei inizialmente si ritrasse ancora più indietro ma poi, quasi se avesse capito solo ora che lui era un essere umano, gli si gettò al collo abbracciandolo con calore. –Grazie, grazie mille, grazie!- Gli sussurrò all’orecchio. Lui la scostò con gentilezza da sé e gli diede il clinex che lei utilizzò per asciugarsi le lacrime che le erano colate sulle guance. Lui l’aiuto a tirarsi in piedi –Come ti chiami?- Le chiese. Lei titubante, dopo qualche attimo d’attesa come se studiasse quel suo inaspettato “salvatore”, rispose –Caroline-
-Piacere, io sono Chris. Perché sei qui?-
-Mi ero nascosta da loro, dagli ammalati, volevano prendermi. Avevo troppa paura.-
-Ti capisco, ora però non devi più averne, io ti proteggerò, devi fidarti di me.-
-Chi sei tu?-
-Sono un militare, ero in licenza quando è scoppiato tutto il putiferio, ora sto andando alla Piazza di Santa Barbara dove alcuni dei miei compagni militari mi verranno a prendere con un elicottero. Vieni con me, l’esercito sta cercando sopravvissuti per ogni città, tu vieni con me e ti porterò in salvo.- Lei lo abbracciò di nuovo, stringendosi al suo petto, come se quel corpo fosse lo scoglio che la avrebbe protetta dai flutti del mare e che l’avrebbe difesa dalle onde più alte e spaventose. –Ora andiamo, non manca molto alla piazza e l’appuntamento è fra poco meno di un’ora, andiamo- Si incamminarono, lui davanti e lei dietro.
Chris, mentre proseguivano nei retrobottega dei vari negozi chiese alla sua nova compagna di viaggio –Hai sete? Vuoi bere?-
-No grazie…-  Poi, come se si fosse ricordato solo adesso di questo chiese –Sai usare una pistola? Ne ho una se vuoi. Ti sentiresti più sicura con quella?-
-No, non so sparare e sinceramente non voglio imparare anche se dovrei farlo vista la situazione- Tirò su con il naso quasi fosse una bambina e proseguì a passo spedito appena dietro al suo baluardo in quell’apocalisse. Continuavano ad andare avanti, ignorando i vari zombie che, appena fuori dalle vetrine li vedevano e premevano i corpi contro i vetri, Per cercare di oltrepassarli ma inutilmente. I due proseguirono ancora, finché non uscirono in un piccolo cortile e Chris si fermò per controllare la cartina. Constatò che dalla loro posizione la Piazza non distava più di duecento o forse trecento metri. Inserì in tasca la mappa, bevve un sorso d’acqua dalla bottiglietta e la porse a Caroline che però rifiutò l’offerta e allora lui la rimise al suo posto. Rientrarono negli edifici (dato che era troppo pericoloso muoversi per la strada con tutti quei non-morti in giro) e proseguirono ancora.
Entrarono in uno strano stabilimento di uffici. Dentro vi erano svariati corridoi con altrettante porte. Dentro le quali qualcosa si muoveva. Senza fare rumore si allontanarono il più in fretta possibile ma, mentre in fondo a un corridoio si poteva vedere una finestra da cui si scorgeva in lontananza la Piazza, Chris sbattè il ginocchio contro un cestino di metallo facendo molto rumore. –Merda!- Ad un tratto dei ringhi provenienti dalle porte spezzarono la tranquillità dei due che iniziarono a correre verso la finestra che, mentre gli zombie uscivano dalle stanza per inseguirli, scavalcarono con maestria. Corsero poi verso la Piazza mentre Chris si fermava di tanto in tanto per voltarsi e sparare alcuni colpi del suo fucile verso gli zombie, abbattendone alcuni. Ma erano troppi, a decine! Si mossero ancora mentre l’uomo controllò il suo orologio: mancavano quattro minuti all’appuntamento. Continuò a sparare tenendo lontani gli assalitori, in una disperata difesa, arretrando ogni volta che il numero si infittiva costringendoli a stare allerta. Ad un tratto però Caroline sentì qualcosa, un rumore molto flebile e lontano una specie di “whuop whuop” e più si avvicinava più si sentiva distintamente: erano le pale dell’elicottero! Avvertì immediatamente Chris –Stanno arrivando, ci salveranno!-
-Bene!- Chris era intento a sparare, ricaricare, continuare a sparare, in un ciclo continuo. L’elicottero si avvicinò al suolo finché potè ma data la presenza massiccia di zombie non potè atterrare, perciò fece calare una scala di corda mentre qualcuno a bordo gridò –Afferratela!- Caroline corse verso la scala ma sentì un urlo improvviso. Si voltò fulminea e vide Chris che veniva morso da un non-morto. Lo spinse via con uno spintone e, con un colpo alla fronte, lo finì. Continuò a sparare e gridò –Vai, ti coprirò io, vattene! Svelta!-
-Non posso lasciarti qui!-
-Vai!- Un altro zombie lo prese alle spalle strappandogli un lembo di pelle all’altezza della scapola. Chris urlò per il dolore ma, digrignando i denti gridò ancora –Vai! Ti coprirò!- Caroline piangendo disperata corse verso la scaletta e si aggrappò saldamente con entrambe le mani ma non appena lo ebbe fatto, due zombie la presero uno alle spalle e uno sul davanti. Chris, ormai a terra sopraffatto dalla furia dei morti, vedendo la scena urlò ancora ed estrasse la sua pistola Glock con cui aprì il fuoco sui due morti viventi uccidendoli entrambi.
L’elicottero nel momento stesso in cui vide attaccarsi La ragazza iniziò a prendere quota alzandosi in aria, per poi partire verso la base militare più vicina.
A terra Chris, ormai in una pozza di sangue, fiotti gorgoglianti che gli uscivano dalla bocca e dal naso, decine di zombie che pasteggiavano con le sue gambe che ormai non sentiva più, pensò a quella ragazza che aveva salvato e al dovere, a cui fino in fondo, aveva adempiuto come militare.
 
Evacuazione
 
Las Vegas. Città dalle mille luci e dai mille casinò. Gli zombie sono alle porte di questa città. I militari hanno tentato di fermarli ma l’ondata si è mossa arrivando ormai ai confini della periferia. Ora l’esercito sta evacuando la Strip e tutti i quartieri più interni. Io sono un “trasferitore” il nostro lavoro consiste nell’aiutare l’evacuazione smistando le persone a bordo dei pullman.
Ricordo bene cosa accadde quel giorno. I morti viventi avevano sfondato un’altra linea difensiva. L’esercito aveva fatto arretrare le truppe ma ci dissero che avevamo poco tempo per smistare tutti i superstiti da evacuare. Ero in servizio con un pullman di un’agenzia turistica. A bordo dovevano salirci quarantadue persone. Vi era una lunga fila per salire. Ogni pullman aveva a disposizione due trasferitori più l’autista che quasi sempre era dell’esercito. Noi non eravamo armati, ma lui sì. Il piano era semplice: sarebbe partita l’ultima colonna di cinque o sei pullman scortata da vari mezzi militari. Ci avrebbero mandato all’aeroporto militare più vicino e avrebbero fatto salire tutti a bordo degli aerei per poter decollare verso l’Inghilterra che, nessuno sapeva precisamente il perché, era stata risparmiata dalla pandemia. Ora tutti i sopravvissuti del mondo si dirigevano lì. Ricordo molto bene ciò che accadde. Sentimmo degli spari molto vicini, a non più di qualche isolato di distanza. Tutti incominciarono ad inquietarsi e vi fu il panico. La colonna di civili fu fatta salire in fretta mentre l’autista si posizionava al volante pronto a partire. Ad un tratto vi fu un’esplosione e poi dalla via che raggiungeva la piazza dove erano fermi i pullman arrivarono correndo decine di militari inseguiti da centinaia e centinaia di zombie affamati. Era un incubo! I civili iniziarono a correre da tutte le parti, tentando di salire sui mezzi per mettersi in salvo. Io feci salire ancora le ultime dieci o dodici persone della fila dopodiché le seguii a bordo. In lontananza i soldati tentavano di tenere lontani i non-morti sparandogli addosso tutto ciò che avevano. Ma, a poco a poco, l’ondata cadaverica li travolse, come uno sciame di locuste che divora tutto ciò che incontra. Alcuni militari tentavano un’ultima strenua resistenza per dar modo ai civili di fuggire ma quasi inutilmente. Gli zombie raggiunsero molti pullman e vi salirono a bordo intrappolando al loro interno i poveri superstiti che entro poco sarebbero divenuti zombie. Io esortai l’autista a partire e lui diede gas, dirigendosi verso la strada che ci avrebbe condotto fuori città. Accelerò sempre più fino a che non arrivò allo svincolo per la superstrada e lo imboccò. Proseguì ancora per la carreggiata, arrivando in vista ad una stazione di sosta. Nel parcheggio vi erano molti zombie. In lontananza dietro di noi si poteva scorgere la Strip di Las Vegas con le sue luci e le sue torri. Il militare premette ancora di più l’acceleratore con una sola destinazione: aeroporto militare dove un Boeing ci aspettava per l’evacuazione.
 
Contractor
 
Si muovono veloci e agili. Hanno parecchi chili di equipaggiamento sulle spalle ma questo sembra non gravare sulle loro schiene. Non hanno paura degli zombie perciò si muovono sicuri di sé. Non sono soldati ma sono addestrati. Sono contractor. Il loro motto è uno solo: “Secondi a nessuno”.
Francesco si muove lungo la parete, il calcio del fucile premuto contro la spalla. Non teme niente e nessuno. Avanza ancora di qualche passo poi si ferma, immobile. Oltre l’angolo di fronte a sé sente dei rumori. Si tratta sicuramente di non-morti. Non può rischiare di saltare fuori all’improvviso senza prima sapere quanti sono. Avanza lentamente. Si sporge leggermente e controlla con la coda dell’occhio: solo due. Nessun problema. Esce dal suo riparo e, con due raffiche ben mirate del suo fucile M4 li stende entrambi facendogli saltare la testa. Poi si muove rapido per uscire di lì, si dirige verso la porta, la spalanca e finalmente è fuori da quell’inferno. Non avrebbe resistito un secondo di più con la puzza e lo schifo che c’era in giro. Fuori c’è ad aspettarlo il mezzo blindato. È una Range Rover di colore nero su cui hanno montato una mitragliatrice calibro .50 in ralla. Si avvicina al finestrino anteriore abbassato e dice –Ehi ragazzi, ma perché non andiamo in un negozio di liquori? Ci prendiamo qualche superalcolico e ce la spassiamo per una volta…-
-Certo, così poi agli zombie gli spariamo da sbronzi!- Ribatte l’autista. –Non so voi ma un goccetto non ci starebbe male…- Interviene il rallista –Niente da fare, non si beve un cazzo, abbiamo un lavoro da sbrigare, perciò facciamolo e non rompete i coglioni. Sali ‘Cesco.-
-D’accordo grande capo!- Il contractor sale a bordo e l’autista accelera rombando allontanandosi da quegli edifici. Milano dopo la catastrofe si è trasformata in una città fantasma. A parte gli zombie naturalmente. I pochi superstiti sono infatti fuggiti in campagna, sempre se ci sono arrivati. L’auto si dirige verso Piazza Duomo. Sfreccia rapida fra le vie deserte, mentre uno sparuto gruppo di non-morti si avvicina dal marciapiede –Ehi Teo!- Grida Giorgio, il capo –Fagli saltare le cervella!-
-Con piacere!- Risponde il rallista prima di far piovere una cascata di proiettili sui sacchi di carne morta che si muovono caracollando nella loro direzione. Poi la macchina li supera e svolta a destra, perdendoli dalla vista. La macchina avanza ancora e ancora fino a che non giunge in vista del Duomo. Si staglia alto nel cielo notturno. La piazza è vuota, a parte quattro o cinque zombie qua e là. Con la macchina arrivano a ridosso dei portoni e scendono, tutti tranne Matteo che rimane in Ralla. ‘Cesco, Giorgio e Alex avanzano verso la porta principale e rimangono a contemplare le incisioni e le sculture sopra di essa. Un’opera d’arte. Giorgio avverte Teo di stare attento e di segnalare qualsiasi pericolo con il walkie – talkie. Poi Alex estrae dal bagagliaio un piccolo generatore elettrico che trasporta tenendolo con entrambe le mani. Si avvicinano tutti e tre alle porta ma, prima di entrare, Giorgio dice –Ragazzi, sappiamo bene ciò che dobbiamo fare. Entriamo, lo facciamo e ce ne andiamo, intesi?- Gli altri due annuiscono –Perfetto… “secondi a nessuno ragazzi”- Spinge la porta socchiusa e sono dentro. La navata centrale è vuota, come il resto della cattedrale. È enorme, più di quanto tutti e tre si ricordavano. Il loro obbiettivo è uno solo: recuperare il chiodo di Gesù chiuso nella croce d’oro incastonata nel rosone, posto sul muro di fondo a parecchi metri d’altezza. L’unico  modo per raggiungerlo è utilizzare l’ascensore “Nivola”. Per quello portavano con loro il piccolo generatore elettrico. L’arcivescovo di Milano, colui che li aveva “assoldati” per portare in salvo la sacra reliquia di Dio, gli aveva affidato la chiave di attivazione e di sblocco dell’ascensore. ‘Cesco teneva il dito pronto sul grilletto al primissimo segno di pericolo. Pronto a sparare. Alex si avvicinò all’ascensore, posta sul lato destro della chiesa. Si avvicinano all’argano elettrico che la solleverebbe fino alla reliquia. Alex, che è anche il meccanico del gruppo, attacca il generatore alla batteria dell’argano e gli da energia, continuando per alcuni minuti. Giorgio nel frattempo si avvicina all’altare per capire come poter estrarre la reliquia. Il modo migliore sarebbe staccare la piccola teca di vetro in cui vi è il chiodo e portarla con loro, ma è saldata alla croce, perciò devono escogitare un metodo per staccarla. Dopo aver caricato l’argano a sufficienza, lo fanno muovere fin al punto stabilito. Giorgio sale sull’ascensore e questa viene fatta arrivare all’altezza della croce. Qui il capo vede molto bene il chiodo. Estrae una piccola fiamma ossidrica dallo zaino che porta in spalla e inizia a sciogliere il vetro nei punti in cui è saldato. A poco a poco si scioglie, lasciando smuovere il vetro. Ancora poco e finalmente riesce a staccare il piccolo blocco all’interno del quale si trova la sacra reliquia –Ok Alex, puoi tirarmi giù ora…- Alex annuisce e attiva i comandi per far scendere l’ascensore. Giorgio raggiunge terra e in quel momento, quasi fosse un sacrilegio prendere il chiodo, alcuni preti infettati e perciò trasformati in zombie escono da una sagrestia laterale. Quando li vedono i tre contractor restano di sasso: sono almeno una quindicina! Partono alla carica urlando e ringhiando mentre i tre mercenari corrono verso l’uscita –Il generatore!-
-Chissene frega del generatore Alex! Muoviamoci cazzo!- Francesco si volta ed esplode alcuni colpi del suo caricatore abbattendone un paio, poi prosegue la corsa. Alex, che è il più veloce, ha raggiunto in un attimo il generatore, lo raccoglie e corre verso la porta che spalanca con un calcio. Poi mette a posto il macchinario nel bagagliaio e si appresta a coprire gli altri. Teo in ralla spara verso i preti, abbattendone diversi, mentre sempre più zombie si avventano sul piccolo gruppo. Giorgio sale sul sedile posteriore tenendo in mano la reliquia, mentre ‘Cesco di mette al volante. Matteo li tiene lontani finché l’auto non parte via sfrecciando lontano da piazza del Duomo. Ce l’hanno fatta –Ottimo lavoro ragazzi, davvero una buona caccia- si complimenta il capo. Tutti sono felici, persino Teo che scende dalla Ralla e si siede a fianco di Giorgio. Osserva il chiodo compiaciuto di poterlo stringere fra le mani. Era credente ma non partecipava alle messe prima che accadesse il disastro. Francesco svolta a desta avanzando dritto. Prossima fermata avamposto Charlie, zona di sicurezza sono stati messi in salvo l’arcivescovo e le maggiori cariche ecclesiastiche del clero milanese. È lì la loro prossima meta. È lì che devono consegnare la reliquia. Lì terminerà definitivamente il loro accordo. E lì saranno pagati. Perché sono contractor. E sono “Secondi a nessuno”.
 
Povero bambino
 
Povero bambino… lo vedo mentre quei dannati mostri pasteggiano con i suoi miseri resti. Purtroppo ho assistito a tutta la scena: era sull’altalena e stava giocando, quando ad un tratto da un cespuglio sono usciti fuori alcuni zombie. Da dove siano arrivati nessuno può dirlo con precisione, fatto sta che il piccolo ha tentato di fuggire, scappando verso l’uscita del parco giochi, ma uno di quegli infetti l’ha preso per le gambe e lo ha tirato a terra, facendogli sbattere il viso contro l’erba. Ha iniziato immediatamente a piangere mentre una donna ormai in decomposizione gli stava mordendo il braccio e altri gli staccavano a morsi brandelli di carne dal corpo e dal petto. Una cosa davvero orribile, ho visto tutto dalla finestra di casa ma non ho potuto fare niente per aiutarlo! È stato orribile! E la cosa ancora più orribile è che adesso vi sono almeno un centinaio di zombie sotto a casa mia che bramano le mie carni. È un incubo, non sta succedendo veramente… non può succedere…
 
Cecchini
 
-Ce l’ho nel mirino, che faccio?- Il cecchino stava sdraiato sul tetto, l’occhio sinistro chiuso e l’altro che osservava l’interno di un’ottica. Il suo bersaglio era un non-morto a un centinaio di metri. Un obbiettivo semplice, molto vicino, nessun problema. Però deve avere l’ordine. –Spara, fallo fuori- Non aspettava altro. Preme leggermente il grilletto, il colpo parte e in una frazione di secondo trapassa il cranio dello zombie che cade a terra. Non ha nemmeno raggiunto la recinzione elettrificata. Ottimo. Da quando hanno recintato tutto il villaggio e l’esercito l’ha trasformato nella sua base operativa, i cecchini di sentinella devono sempre stare più allerta. Nessuno può dire quando un morto potrebbe arrivare. Sono in tutto 9. Disposti in vari punti sui tetti. N°2 è sul tetto dell’ospedale, ha poco più di trent’anni ed è nell’esercito da quasi sette, prima ancora che iniziasse la pandemia e i morti si risvegliassero. Ora quell’avamposto, l’unico sulla terraferma, che comunicava direttamente alla flotta di portaerei dove era stato installato il governo provvisorio dopo lo scoppio dell’apocalisse, si era trasformato in un campo profughi per tutti i sopravvissuti che venivano spostati a bordo delle navi da crociera requisite dal governo per ospitare i civili. Il lavoro di quelli come N°2 era di assicurarsi che il campo fosse al sicuro. Dove fosse la sua famiglia non lo sapeva, erano ancora vivi i suoi famigliari? Non poteva saperlo. Magari avevano raggiunto un luogo sicuro da qualche parte. Ma non ci sperava più di tanto. Non poteva dire di non essere triste per questo. Però tutto ciò che era successo l’aveva indurito, rendendolo più forte verso gli attacchi della vita. Doveva tenere duro per tutti coloro che contavano su di lui, per tutti coloro che avevano ancora una speranza e non l’avrebbero persa fino a che l’uomo non fosse stato estinto. Si poteva resistere, si doveva resistere. Potevano riuscire a contrattaccare il loro nemico. Era un nemico più grande di loro, e più perdite subivano più le fila del nemico si ingrossavano. Ma avrebbero resistito, fino alla fine.
Arrivò un ordine all’auricolare –Spostarsi di posizione N°2 e N°5, dirigetevi entrambi sul tetto dell’ospedale, passo-
-Ricevuto, esegue- rispose N°2 prima di alzarsi e dirigersi verso le scale antincendio per raggiungere la strada da cui sarebbe andato all’ospedale che distava poco più di duecento metri dalla sua attuale posizione. Proseguì ancora, passando in mezzo ad una via in cui vi era un piccolo spaccio per i soldati che vendeva di tutto: dai carica batteria ai cellulari, dai pacchetti di sigarette al cibo in scatola. Quei banchetti erano molto apprezzati dai militari che spesso si ritrovavano senza possedere questi beni non strettamente necessari alla loro missione. Il fucile che imbracciava era un modello M24 Remington, color sabbia. Raggiunse la scala che conduceva al tetto dell’ospedale e lì trovò N°5 ad aspettarlo, già sdraiato a pancia in giù, con l’occhio nell’mirino, puntando verso qualcosa in lontananza. Guardò anche lui e intravide un gruppetto di una decina di morti viventi che si avvicinava al villaggio. Si sdraiò come il suo commilitone e chiese istruzione all’auricolare –Comando qui N°2, io e N°5 abbiamo avvistato un gruppo di vari stecchiti avanzare verso le recinzioni. Attendiamo ordini per regole d’ingaggio, passo.-
-Qui comando, attaccare, ripeto, attaccate, non fateli avvicinare, eliminateli da lontano, passo-
-Istruzioni ricevute- Poi, rivolto al suo compagno –Facciamoli fuori-
-Tiro al bersaglio?-
-Chi perde paga una lattina di birra allo spaccio, d’accordo?-
-Ci sto…-
-Allora pronto, 3… 2… 1…Fuoco!- N°5 spara il primo colpo, ma va a vuoto perché non ha mirato con precisione. N°2 mira con calma, fa combaciare il puntino rosso dell’ottica con la testa di un morto. Aspetta alcuni attimi poi preme il grilletto. La testa scoppia in mille pezzi. 1 a 0 per lui. N°5 però, nel frattempo ne aveva freddati altri due. Ne rimanevano quattro. Doveva solo stare calmo e respirare lentamente. Avrebbe centrato il bersaglio, certamente. Puntò ad una donna-zombie che caracollava al fianco degli altri ormai in decomposizione. Preme il grilletto. Il bersaglio viene raggiunto dalla pallottola. Altro punto per lui. Alla fine riescono ad ucciderli tutti tranne uno. È L’ultimo. Ormai ha vinto N°5 ma se N°2 riesce a prenderlo avrà la sua vendetta personale. Lo punta con calma. Ormai è a poco meno di cento metri. Ce l’ha sotto tiro, si appresta a premere il grilletto per freddarlo ma il suo commilitone lo anticipa sparandogli alla testa -Merda! Era mio!-
-Col cazzo, amico, hai perso la tua opportunità, ora paga la birra e taci!- si mettono a ridere entrambi, poi N°2 comunica all’auricolare che i bersagli sono eliminati.
Quel pomeriggio dovrà comprare una lattina di birra per N°5, e non c’è cosa che lo faccia incazzare di più che batterlo al tiro al bersaglio. 
 
  
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