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Autore: funklou    19/10/2013    19 recensioni
Al Norwest Christian College le cose vanno così: o sei popolare, o non sei nessuno.
Ma c'è anche chi, oltre ad essere popolare, è anche misterioso, quasi pericoloso. E nessuno sta vicino al pericolo.
Tutti sapevano quello che Luke Hemmings e i suoi amici avevano fatto.
Ricordatevi solo una cosa: le scommesse e i segreti hanno conseguenze.
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Dal secondo capitolo:
"A me, invece, non sembri un tipo così pericoloso. Forse strano" affermò Avril, senza distogliere l'attenzione dal suo libro.
"Due." Si guardò intorno, in cerca di un banco libero.
"Due?"
"Due."
"Cosa significa?" Alzò lo sguardo e lo guardò confusa.
"Sinceramente? Nulla. Quando non so cosa rispondere, o quando non voglio rispondere, dico due." Scrollò le spalle, come se fosse la cosa più ovvia e si allontanò.
"Questo conferma la mia teoria, Hemmings."
Doped!Luke
Scene di droga esplicite. Se ne siete sensibili, non aprite.
Il trailer di Two: http://www.youtube.com/watch?v=NE35nheHyZY
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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We're Two, genius.

Non c'era rimedio all'ansia che Avril aveva quel tardo pomeriggio. 
Non era riuscita a stare seduta per più di dieci secondi, a seguire un programma televisivo per più di tre parole e a svolgere più di due esercizi di inglese. Aveva mangiato forse due foglie di insalata e poi era corsa su in camera a cercare un qualunque vestito fosse adatto per uscire. E il problema era che non aveva trovato niente. 
"Sono nella merda," lanciò all'aria una maglia. "nella merda più totale." 
Si buttò a peso morto sul letto, disperata. Non ne poteva più. Avrebbe dovuto semplicemente reprimere il suo senso di colpa e restare a casa senza nessun Luke Hemmings intorno, e invece no. Si ritrovava alle nove di sera distrutta, abbattuta e ansiosa.
Il cellulare si illuminò e arrivò un messaggio sotto il nome di Luke. 

16/feb/2013 21:04
Passo tra mezz'ora.

Mezz'ora. Mezz'ora?! Si alzò con uno scatto felino, facendo scricchiolare il letto e immerse la faccia nell'armadio.
Prendo la prima cosa che mi capita, pensò.
E le capitò sotto mano un semplice paio di jeans e una maglietta non molto scollata.
Entrò nelle sue adorate vans nere, sistemò i capelli con qualche spazzolata e sorrise soffermandosi per un istante a guardare l'azzurro delle sue punte.
Un filo di matita nera, un po' di mascara sulle ciglia ed era pronta. Più che un'uscita, sembrava che dovesse andare a fare jogging, ma non le importava. 
Afferrò il cellulare, 21:26. 
Scese le scale, spense tutte le luci, ricordandosi ogni predicazione di sua madre per quanto riguarda il risparmio energetico e, quando si chiuse la porta alle spalle, la macchina di Luke si poteva già intravedere alla fine della via. 
Ansia, paura, rimorso.
Solo quando si fermò davanti a lei e aprì dall'interno la portiera per farle segno di salire, Avril si rilassò. Perché quella sera Luke sembrava più sereno del solito, quasi felice, senza più quella pellicola di indifferenza verso il genere umano.
Salì su quell'auto e venne accolta da un "Ciao", che ricambiò subito. Poi sentì il suo sguardo rimanere fisso su di lei e "Che c'è?" sbottò a disagio.
"Mi aspettavo dei vestiti diversi, niente di che." Alzò le spalle mentre masticava nervosamente una cicca. "Ma mi piacciono."
"Grazie" rispose con un imbarazzo percepibile da tutte le parti, torturandosi le mani sudate. 
Era nella stessa macchina in cui era Luke Hemmings, era diretta nello stesso posto (ancora sconosciuto) in cui era diretto Luke Hemmings e le parole scambiate non erano con una qualunque persona, ma con Luke Hemmings.
Luke iniziò a guidare ed Avril poggiò la testa al finestrino, osservando qualunque cosa le capitasse sotto gli occhi, cercando di trascurare il più possibile quella presenza troppo vicina. Niente musica, solo il respiro di loro due. Non voleva che iniziasse a parlare, non voleva discutere con lui, e infatti non lo fece, fino a quando non arrivarono in un piccolo parcheggio. Avril non fece quasi in tempo a leggere il neon Gens, che Luke "Siamo arrivati, scendi" le disse. Allora aprì la portiera in sincronia con lui, e quasi fianco a fianco si avvicinarono all'entrata del locale. 
Avril voleva entrare e trovare subito Calum ma, quando entrò, vide solo tanti tavoli sparpagliati, luci accecanti di tutti i colori, ma non molti ragazzi che vagavano per il posto. Grazie a Dio. 
Che razza di posto era quello? Seriamente Luke aveva il coraggio di frequentarlo? Si guardò un po' intorno e sentì la voce di Luke, bassa, quasi impercepibile, che le imponeva di seguirlo, fino ad arrivare ad un tavolo più in fondo rispetto agli altri. Si sedettero proprio lì, dove la luce era più scura, a tratti inesistente, la situazione in generale più calma e la musica più ovattata. Quando si ritrovò ad avere di fronte a sé quegli occhi così azzurri, l'unica cosa che riuscì a chiedere fu: "Gli altri non ci sono?"
"Arrivano più tardi. Di solito veniamo in questo posto verso le 23, è ancora presto."
Annuì debolmente, forse perché si aspettava di incontrare Calum subito. 
"Cosa prendi?" Luke cambiò discorso, mentre sfogliava una vecchia lista contenente nomi di cocktail di tutti i tipi.
"Non saprei, tu prendi qualcosa?"
"Due." continuò la sua lettura tranquillamente, quando "Credo che tu mi debba spiegare cosa significhi questa risposta."
"Non credo che tu voglia davvero saperlo."
"Io credo di sì."



20 settembre 2010
Luke quel pomeriggio aveva ricevuto il solito messaggio di Ashton. Il solito "Ci troviamo al bronx", il loro punto di incontro, quello che stava a metà strada per entrambi. Non era nemmeno un vero e proprio bronx, solo un campo di basket all'aperto, malandato, senza più un canestro. Il muro grigio, ricoperto di graffiti di tutti i colori, il cancello arrugginito attorno, qualche pianta che tentava di crescerci dentro. E non appena Luke ci si avvicinò, lo vide. Seduto sulla panchina ormai sverniciata di quel verde spento, con le cuffie alle orecchie, l'aria rilassata, una felpa a ripararlo dal freddo e quei pantaloni che erano un po' ciò che lo caratterizzavano, stretti e corti, lasciandogli le caviglie scoperte. 
Luke sorrise, e in quel momento Ashton si accorse di lui. Si tolse così le cuffie, alzandosi e andandogli incontro.
"Ehi" lo salutò con quel suo tono allegro. Ashton era sempre così, felice, spensierato. Sembrava vivere in un mondo protetto dalla tristezza. L'attimo dopo che Luke sentiva il suo saluto, era come se venisse trasportato in questo mondo, dove c'erano solo loro due. 
"Ehi Ash." E Luke ormai ai problemi non ci pensava più.
Iniziarono a camminare per le vie di Sydney, raccontandosi dalle cose più stupide a quelle più serie, diretti verso quello che era come la loro seconda casa: il bar delle quattro strade, chiamato così dai due da anni, poiché era situato vicino ad una rotonda a quattro uscite. 
"Ciao Billy!" salutarono entrambi il proprietario quando entrarono, che li accolse con un sorriso. Era come un loro secondo padre, e probabilmente anche lui vedeva i due ragazzi come suoi figli, tanto che cercava sempre di convincerli a non bere troppo.
"Il solito?" chiese Billy, mentre Luke ed Ashton si sedevano al tavolo in fondo a destra, di fronte alla televisione.
Annuirono e in televisione partì una canzone dei Green Day. Ashton tirò fuori dal suo zaino un libro e "Devi studiare anche oggi?" gli domandò Luke, alzando gli occhi. 
"Anche tu dovresti farlo" lo mise a tacere l'altro.
"In realtà, ora dovreste andare tutti e due a ritirare le scorte di bottiglie che sono appena arrivate e metterle nella stanzetta qua dietro" Billy arrivò con i loro bicchieri.
"Ancora?! Questo è sfruttamento minorile!" si lamentò allora Luke.
"Io ora non ho tempo, non vorrete mica che il mio bar vada in rovina." Si girò indicando i clienti che continuavano ad entrare con una smorfia supplicante.
I due ragazzi infine si arresero, Ashton posò il libro sul tavolo e andarono verso la porta nel retro, quella che utilizzava solo il personale. Loro non lavoravano lì, e non erano mai passati per quell'entrata. Ma ora, uscendo da quella parte, si ritrovarono  in un vicolo spento, buio, senza nulla, ed il furgone che forniva il bar era l'unica cosa presente. Cominciarono a mano a mano a tirar giù le bottiglie e, quando ebbero finito, il camioncino ripartì.
"Mi piace questo posto" affermò Luke dopo essersi guardato intorno.
"Ti piace?" chiese conferma di ciò che aveva appena sentito, ché sembrava quasi assurdo.
"Sì." Si infilò una mano nei capelli per sistemarseli e passò lo sguardo tra le scritte sul muro che aveva davanti, mentre Ashton sospirò e con le mani in tasca rientrò nel bar.
Luke non rimase molto lì. Seguì l'amico, andandosi a risedere al tavolo, pronto a passare un pomeriggio come tutti gli altri. 

Alle sette di sera era abitudine lasciare il bar delle quattro strade e rintanarsi nelle proprie case per cenare, per poi ovviamente uscire anche con Calum e Michael.
Ma quella sera, Ashton aveva proposto a Luke di rimanere a casa sua e concedersi una serata tutta per loro. E questi aveva accettato, a patto che fossero usciti ad un certo punto della serata per prendere una boccata d'aria.
"Ma tu hai ancora la mia maglia dei betty boop!" gli fece notare Luke, aprendo il suo armadio durante la sua perlustrazione della camera di Ashton.
"Ma tu me l'hai regalata un anno fa!" gli urlò dal bagno Ash che si stava piastrando da almeno venti minuti i capelli. 
"Sei un bugiardo." lo accusò quando aprì la porta. "E sei troppo fissato con quei capelli, un giorno o l'altro ti ritroverai pelato." 
In risposta fece solo un verso lamentoso, alzando gli occhi e spegnendo la piastra. "Ho finito, va bene?"
"E allora smettila di toccarti quei santissimi capelli." Gli si avvicinò e lo prese per il braccio, trascinandolo fuori a forza.
"Sei stressante."
"Anche tu." Luke prese velocemente il cappotto, uno zaino e aprì la porta, per poi richiuderla soltanto dopo essersi rassicurato che Ashton fosse già uscito.
E, mentre scendevano le scale di casa Irwin, a Luke venne un'idea.
"E se tornassimo a Due?"
...Un'idea che forse aveva avuto in mente tutto il pomeriggio.
Ashton lo guardò storto, per poi "Due?" chiedergli. 
"Due, il vicolo di oggi." 
"E perché dovremmo ritornarci? E soprattutto, perché lo chiami Due?" indagò scettico sulle strane intenzioni dell'amico, e non si rese conto che, nonostante fossero strane, stavano percorrendo esattamente le stesse vie per raggiungere quel posto.
Luke rise piano, perché lui sì che se ne era reso conto e "Perché non saprei, e perché c'è una scritta enorme con quel numero, e mi va di chiamarlo così" lo informò.
Probabilmente arreso, Ashton sbuffò e infilò le mani fredde nelle tasche. 
Dopo esser sbucati fuori da qualche via dimenticata, riuscirono a intravedere l'inizio di quel vicolo che sembrava essere stato così tanto vissuto da esser stato poi lasciato lì a marcire. Perché era tutto fuorché frequentato, con quei muri quasi cadenti, colorati da scritte e disegni. Sacchetti, bottiglie, sigarette spente a terra. Quel 'Due' quasi alla fine, quello che attirava fin troppo Luke. E proprio lui credeva di voler rimanere lì per sempre. 
Era ancora un ragazzino, uno di quelli che credono di odiare la vita per qualche lite con la madre prima di uscire, per la pioggia di sabato, per delusioni sparse qua e là. Ma ne era convinto: nessuno sentiva ciò che provava, e stare da solo era l'unico anestetico più potente. Perciò, quel posto era il suo posto. Insonorizzato, staccato dalla vita, animato solo dalla presenza di Ashton.
Si inoltrò nel vicolo, fermandosi proprio davanti a quel numero. Si tolse lo zaino dalle spalle, lo posò a terra e ne tirò fuori una bomboletta spray. 
"Cosa vorresti fare?" cercò l'altro di capire, sempre più perplesso dagli atteggiamenti di Luke. Quest'ultimo agitò la bomboletta e iniziò a scrivere. Il muro catturò la vernice nera e, parola dopo parola, comparve una scritta non molto distante dal Due, e neanche molto grande.
All primes are odd except two, which is the oddest of all
Tutti i primi sono dispari tranne 2, che è il più strano di tutti

Sorrise soddisfatto del suo lavoro, lasciando un Ashton, piuttosto disorientato, al suo fianco.
"Non capisco" affermò poi. 
Luke roteò gli occhi e "Come non detto. Studi tutto il giorno tutti i giorni e non ti applichi in queste cose" lo rimproverò, rimettendo la bomboletta nello zaino. "Il due siamo noi, genio. Siamo noi i più strani, i più diversi. Siamo due, siamo noi due" gli spiegò.
"Mi stai dicendo che ora abbiamo una scritta nostra su un muro?"
"Più o meno." 
"Questo posto inizia a piacermi." 

Le giornate passavano e loro non passavano mai. Si rifugiavano quando volevano in quel vicolo, o meglio, nel vicolo, anche solo per parlare. 
Quel pomeriggio erano usciti dal retro del bar delle quattro strade, Luke aveva una bottiglia di coca cola in mano e Ashton, poggiato al muro, continuava ad insistere sul fatto che il nuovo gioco della playstation di Michael fosse troppo figo. Quando stava ancora parlando, una donna abbastanza giovane uscì dalla porta del retro vicino a loro e "Sapete per caso dov'è un tabaccaio?" domandò. "Billy mi ha detto di uscire da qui, così avrei fatto prima." 
Per un istante Luke guardò Ashton, poi posò lo sguardo al muro che aveva di fronte e sul suo viso comparve un sorriso divertito.
"Due" le rispose, per poi scoppiare a ridere. Una risata che coinvolse anche l'amico. 
Entrambi ridevano, tranne la signora che stava ancora lì sull'entrata, con un'espressione in viso che diceva solo "Siete psicopatici" e questo li faceva ridere ancora di più. 
La donna poi scomparve, dopo un'occhiata più che preoccupata e finalmente i due si placarono.
"Due?" chiese ancora con un sorriso demente in faccia.
"E' la prima cosa che ho letto e l'ho detta" spiegò Luke.
Ashton scosse la testa, facendogli intendere quanto fosse stupido e "Rientriamo, dai" affermò.
Rientrarono nella visuale di Billy, che stava dietro al bancone del bar, che sembrava indaffarato tra i mille caffè da preparare. 
"Avete visto la nuova scritta sul muro di fuori?" domandò ai due ragazzi quando si sedettero al solito tavolo.
Sguardi complici, sorrisi sghembi e "Due" risposero contemporaneamente.  




Quando finì di raccontare tutto ciò ad Avril, Luke sorrise, prendendo poi un sorso della sua birra. Ed Avril era ancora lì, con ogni parola uscita dalla bocca di lui impressa nella testa. 










Hei people!
Ormai questo spazio autrice è diventato lo spazio delle scuse. Sono stata assente per due settimane, e non vi potrei dire qualcosa come "esco troppo con i miei amici, non ho molta ispirazione, non ho molta voglia", ma la causa è solamente la scuola. Non credo di avere qualche materia sufficiente, nonostante i miei interi pomeriggi passati a studiare, quindi sono molto giù di morale, ma ok, amo scrivere, quindi eccomi qui. 
Eccola qui la spiegazione di quello strano 'due'. Mi starete prendono per rincoglionita, però la mia mente va a pensare a queste cose, perciò 'sto capitolo è abbastanza strano. Ma se siete arrivate a leggere fino al capitolo 12 vuol dire che mi assecondate lol 
Voi, lettrici fantasma, fatevi sentire con una recensione :)
Al prossimo capitolo, love ya

il mio twitter: funklou
quello di Martina: danswtr

http://ask.fm/AnnalisaSanna

  
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