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Autore: WouldBeRebel    19/10/2013    3 recensioni
[...]La mano sopra al cappello si strinse leggermente, piegando il tessuto verde e bianco sotto alle proprie dita. Sul suo viso si allargò un sorriso, mentre la fissava in quegli occhi color oro che avrebbero fatto invidia all'autunno, e al sole.
«Yoruichi...non ti aspettavo.»
Le sue labbra si incurvarono in un sorriso chiaro come il cielo. Occhi color sole, un sorriso fatto di cielo. Eppure la sua pelle era scura come la terra, la terra su cui passava sempre, che c'era sempre stata sotto ai suoi piedi per tutti quegli anni. E i suoi capelli, i suoi capelli erano come la notte, quando l'alba si appresta a fare la sua entrata in scena, e le stelle iniziano a sparire, lasciando il posto a un firmamento che si tinge di un viola profondo e scuro.
Tremò, Kisuke, sotto a quel suo sguardo. Tremò, di fronte alla bellezza di una perla nera e perfetta come lei.
«Lo so, se mi avessi aspettato non sarebbe stata una sorpresa. Volevo venire a trovarti.»
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Prima fanfiction su Bleach, spero gradiate tutti C:
Kisuke x Yoruichi
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Urahara Kisuke, Yoruichi Shihoin
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
- Questa storia fa parte della serie 'Season - Il colore della tua anima'
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uuu

Autumn – L'oro dei tuoi occhi


Era il tramonto su Karakura Town. Il sole brillava rosso contro all'orizzonte, illuminando di un rilassante ocra tutto il paesaggio che aveva la fortuna di essere baciato dai suoi raggi.
Era autunno. Gli spazi aperti di fortuna, in mezzo a tutti quegli edifici accatastati, risplendevano ancor di più di giallo e di arancio sotto a quella calda luce del tardo pomeriggio. Ma era forse il fiume, la parte più bella, quella che catturava di più l'occhio. Le increspature dell'acqua sembravano tante piccole scintille dorate, che scomparivano e ricomparivano seguendo il placido scorrere della corrente.
Osservare la città dall'alto
era uno dei suoi passatempi preferiti. La classifica l'aveva rifatta da poco, stilando quel piccolo squarcio di tranquillità ai primi posti.
Seduto su di una collina verde, l'unico colore che ancora non s'era lasciato sopraffare del tutto dalla stagione dell'oro, poteva stare a riflettere, godendosi gli ultimi istanti di veglia di un sole che si preparava ad illuminare un'altra parte di mondo.
Come al solito, i suoi occhi grigi saettavano da una parte all'altra della città, tenendola sotto controllo come avrebbe fatto un guardiano. Si sentiva un po' così, rispetto a quell'agglomerato di tristi costruzioni, strette l'una all'altra. Forse a qualcun altro non sarebbe importato molto. Eppure per lui, quella Karakura era diventata qualcosa di più di un semplice luogo in cui vivere. Era diventata casa sua.
C'era una leggera brezza, quel giorno, che più di una volta aveva rischiato di fargli perdere il cappello. Per sicurezza lo aveva tolto, poggiandoci sopra una mano, per assicurarsi che non volasse via. Anche quel piccolo oggetto, che aveva iniziato a far parte della sua quotidianità molto tempo prima, aveva acquistato una posizione importante nella sua esistenza. Senza, probabilmente, si sarebbe sentito perso.
Per uno shinigami bandito come lui non c'era molto da fare nel mondo umano, se non quello di provare a farsi una vita che sembrasse normale agli occhi degli altri. Ci aveva provato, allestendo un negozio, dimostrandosi amichevole con tutti. E poteva in parte dire di esserci riuscito. La sua identità era perfettamente mascherata, e fra i terreni non c'era alcun sospetto che lui fosse qualcosa di diverso. Forse qualcuno, ma la cosa non era importante.
Eppure, durante i momenti di solitudine come quello, c'era sempre qualcosa che mancava. E quel qualcosa aveva un nome e un cognome.
Essere banditi dalla Soul Society significava non potervi mai più fare ritorno, tranne in casi eccezionali in cui la sentenza veniva rivisitata e modificata. Nel suo sfortunato caso, niente di tutto ciò era accaduto, e lo stare lontani da quella che era stata la propria dimora per anni e anni aveva il suo che di doloroso. Ma non era tanto il luogo in sé, a mancare. Era chi c'era dentro, di cui sentiva la mancanza.
Sapeva bene che poteva ricevere sempre una sua visita. D'altronde, lei aveva libertà di movimento, non come lui. Sapeva altrettanto bene, però, che avesse altro lavoro da fare, con la propria esistenza che continuava il suo corso.
Un fragolo* da addestrare al meglio, nonostante Rukia Kuchiki fosse stata liberata. Una servitrice asfissiante e onnipresente** con manie di protagonismo ai suoi occhi e il disperato desiderio di sorpasso. E, ovviamente, la sua vita. Tutte cose che le occupavano tempo, e la tenevano lontana da lui.
Ma non posso lamentarmi, pensò Kisuke, sorridendo lievemente alla sua Karakura; sei lei è felice, lo sono anche io.
Il silenzio che permeava intorno a lui era soave. Soltanto il fischio del vento, e un lontano cinguettio degli uccelli lo interrompevano. In quei momenti, gli piaceva immaginare che fosse lì con lui.
Si sdraiò sull'erba, chiudendo gli occhi, il cappello ancora saldamente stretto sotto alla sua mano. Prima ancora che se ne rendesse conto, cullato dal silenzioso moto dell'aria fra i suoi capelli, e dai tiepidi raggi del sole contro alla pelle, si addormentò.

Al suo risveglio, lo attendevano un paio di occhi gialli, fissati nei suoi con un'espressione incuriosita. Sobbalzò appena, sbarrando i propri, tirandosi su di scatto. Più che la sorpresa di essersi trovato qualcuno di fronte al suo risveglio, era senza parole per quella vista. Non poteva essere.
«Urahara, siamo un pochino agitati? Il risveglio dovrebbe essere qualcosa di dolce, visto che ti sei assopito soltanto per pochi minuti.»
Gli sorrise, Yoruichi, sistemandosi meglio nella sua posizione. Aveva le gambe e le braccia incrociate, sul viso il sorriso furbetto che la contraddistingueva.
Non gli pareva vero, di averla lì. Non gli pareva vero che finalmente, dopo tanto tempo di lontananza, potesse di nuovo averla vicino, seppure per un momento.
La mano sopra al cappello si strinse leggermente, piegando il tessuto verde e bianco sotto alle proprie dita. Sul suo viso si allargò un sorriso, mentre la fissava in quegli occhi color oro che avrebbero fatto invidia all'autunno, e al sole.
«Yoruichi...non ti aspettavo.»
Le sue labbra si incurvarono in un sorriso chiaro come il cielo. Occhi color sole, un sorriso fatto di cielo. Eppure la sua pelle era scura come la terra, la terra su cui passava sempre, che c'era sempre stata sotto ai suoi piedi per tutti quegli anni. E i suoi capelli, i suoi capelli erano come la notte, quando l'alba si appresta a fare la sua entrata in scena, e le stelle iniziano a sparire, lasciando il posto a un firmamento che si tinge di un viola profondo e scuro.
Tremò, Kisuke, sotto a quel suo sguardo. Tremò, di fronte alla bellezza di una perla nera e perfetta come lei.
«Lo so, se mi avessi aspettato non sarebbe stata una sorpresa. Volevo venire a trovarti.»
Il biondo si rilassò appena, nel vederla così tranquilla. Si portò a sedere, al suo fianco, tornando a guardare l'orizzonte. Stava calando la sera, e le parti più alte del cielo iniziavano ad imbrunire.
Con delicata tranquillità ascoltò la sua voce che iniziava a parlare, raccontandogli delle ultime vicende accadute. Erano parole rilassanti, serene, parole di una donna che amava la sua vita e il modo in cui la stava portando avanti. La invidio, si disse l'uomo dagli occhi grigi, la invidio per essere nel luogo in cui deve essere, il luogo a cui appartiene.
Non seppe dire quanto durò il discorso, fintanto che ad un certo punto chiuse gli occhi, per immaginare meglio le scene di lotta che gli descriveva. Colpi su colpi, la sua coda alta che scintillava al sole. Pur stando ascoltando un racconto generale, il suo sguardo, nella sua immaginazione, non poteva che essere rivolto a lei. A volte gli sembrava che quella donna fosse nata per essere una guerriera, una protettrice, un appiglio. E non poteva fare a meno di chiedersi, se oltre all'essere una shinigami forte e sicura, fosse anche una donna da cuore dolce e insicuro, alla ricerca di un po' di protezione.
Fu quando sentì la sua voce interrompersi a metà di una frase che lo sguardo tornò su di lei, chiedendosi per quale motivo avesse troncato a metà la frase. Anche il suo sorriso si spense, quando notò che stava fissando l'orizzonte, seria, senza più felicità nella sua espressione.
Si mosse senza nemmeno accorgersene. Le portò una mano sulla guancia, lasciando che sobbalzasse leggermente al suo tocco, voltandosi a guardarlo. Si squadrarono per un momento che gli parve infinito. E il suo cuore, giurò Kisuke, aveva deciso di bucargli il petto, perchè stava battendo troppo forte contro alla cassa toracica, tanto forte da togliergli il respiro.
«Devo andare, Urahara.»
Quella frase gli arrivò come una pugnalata dritta alla gola. Vide, fra le sue mani, un dispositivo usato per comunicare con la Soul Society, il display accesso e lampeggiante. Le rivolse uno sguardo addolorato e triste, sperando che capisse che voleva più tempo, che desiderava avere ancora qualche minuto. Non era pronto a lasciarla andare, non era pronto a passare altro tempo da solo, senza mai vederla. Sperò che lo sguardo che lei gli stava rivolgendo smettesse di esistere, perchè era insopportabile vederla così dispiaciuta, senza poter spazzar via la causa del suo dolore.
«Kisuke.» - La corresse con un sorriso, sperando di contagiare di dolcezza anche il suo, che si era dipinto con una sfumatura troppo evidente di nostalgia.
La vide avvicinarsi, stringendogli le braccia al collo mentre la testa si appoggiava nell'incavo della spalla, in una specie di abbraccio, uscito d'istinto, senza premeditazioni precedenti. La strinse a sua volta, pregandola in un sussurro di restare, di non andarsene, di rimanere lì con lui. Annusò il suo profumo mentre continuava a stringere il copricapo fra le mani, sentendo che il vento s'alzava di nuovo. Ebbe paura, per un momento, che quella brezza gliel'avrebbe portata via.
Fu mentre la stava lasciando, allentando la presa, che successe. In uno scatto felino, degno della sua seconda forma, si ritrovò il viso della ragazza a pochi centimetri dal proprio. Sentì il suo respiro contro al mento, mentre il suo indice sfiorava con delicatezza la barba appena accennata. Vorrei, ma non posso, si sentì sussurrare con un filo di voce. Si specchiò in quegli occhi grandi e brillanti, in quello sguardo magnetico, illudendosi, per un momento, che tutto il mondo attorno a loro sparisse.
E mentre il sole scendeva, scivolando completamente lungo all'orizzonte, trovò il coraggio.
Si chinò su di lei, chiudendo gli occhi, la presa sulla sua guancia che si fece quasi nervosa quando poggiò le proprie labbra su quelle della ragazza. Non ci misero molto, però, che quel piccolo e timido contatto diventò qualcosa di angosciato, un bacio feroce e impetuoso che non accettava la propria sconfitta al resto.
Strinse e si sentì stringere con una forza disperata, le loro lingue che si intrecciavano violente, sperando, forse, di poter creare un legame troppo forte per essere distrutto.
Fu l'aria a mancare, a costringerli alla resa. Aveva il respiro affannato, Kisuke, e odiò i suoi polmoni per aver cercato ossigeno così presto. Trovò finalmente la forza di socchiudere gli occhi, fissando lo sguardo in quelli già aperti della ragazza fra le sua braccia.
Si scostò da lui, con uno sguardo che lo implorava di scusarla. Fu nel momento di sorpresa, in cui cercò di attirarla nuovamente a sé, che il suo cappello scivolò via dalle sue dita, volteggiando lento e triste nell'aria. Se non fosse stato troppo impegnato da altro, si sarebbe sicuramente messo a rincorrerlo.
«Kisuke.» - Lo chiamò infine la nobile, mentre si apprestava ad alzarsi in piedi. La guardò, gli occhi di un bambino che aveva perso il suo aquilone preferito. Pregò di aver la forza di fermarla, di stringerla fra le braccia per non lasciarla mai più andare. Pregò, anche se sapeva che il tempo stava scorrendo inesorabile verso il momento in cui lei sarebbe sparita dalla sua vista.
«...Non dimenticarmi. Tornerò sempre.»
Furono le ultime parole che sentì, percependole con un ritardo che gli costò troppo caro, prima che con una folata di vento la ragazza dalla pelle ambrata scomparisse, facendo sembrare quella collina desolata e sola come mai gli era capitato.
Fissò con sguardo vuoto il punto in cui era scomparsa, ancora incredulo, portandosi una mano contro al petto, in corrispondenza del cuore. Si sentiva come se al suo posto ci fosse un buco. Ma non ne fu sorpreso. Andandosene, lei lo aveva portato via.

Sbarrò gli occhi di colpo, scattando a sedere. Si guardò attorno, spaesato, notando che il sole era agli sgoccioli della sua luce, pronto a far calare la notte. Si passò una mano sul viso, osservando con un occhio il paesaggio attorno a sé.
Esattamente come l'aveva lasciato, prima che chiudesse gli occhi, prima che lei...
Di colpo abbassò lo sguardo sulla propria mano destra, provando un tuffo al cuore. Il cappello era ancora lì, i bordi mossi morbidamente dalla brezza leggera di quel tramonto.
Il cuore fece male, a Kisuke.
Era stato solo un sogno.

Nella via di casa camminava a capo chino, il copricapo da pescatore calato sui capelli biondi. Lo sguardo fisso a terra di chi, per l'ennesima volta, è stato solo vittima di un'illusione, di un miraggio troppo reale.
Sorrise tristemente, poggiando ancora una volta la mano contro al petto. Non c'era un buco, come nel suo sogno. C'era il cuore, lì dentro, lo sentiva pesare sopra gli altri muscoli.
Fu in quel morente tramonto di Karakura Town, nella dorata luce di un sole rosso che illuminava l'autunno dei suoi mille colori di fuoco. Fu in un ultimo sguardo rivolto alla sua precedente postazione, la collina verde risparmiata all'incendio della stagione dell'oro, che gli parve di scorgere, con una mano alzata verso il cielo in segno di saluto, una giovane donna dalla pelle scura come la cioccolata, e i lunghi capelli viola che frustavano pigramente l'aria.
Fu in quel tramonto sfavillante e vivo, in mezzo alle foglie gialle degli alberi e alle prime stelle della sera in arrivo, che Kisuke Urahara dubitò per la prima volta di non aver soltanto sognato il suo tesoro più caro, la sua ricchezza più grande in mezzo a tutto quell'oro della sua sola ed unica casa.

Angolo dell'Autrice
Buongiorno a tutti voi, impavidi lettori di questa storia!
La mia prima fic nel fandom di Bleach, e temo proprio che non sia anche l'ultima.
Mi è capitato di pensare ad Urahara mentre facevo un giro in un viale alberato, guardando le foglie cadere. In seguito, una volta a casa, dopo aver riguardato il film “Bleach – Memories of Nobody”, ho pensato che sarebbe stato carino fare una storia su uno dei miei pair preferiti in tutto Bleach, associandolo alla mia stagione preferita: l'autunno.
Mi sono divertita a giocare con i colori di questa stagione, del sole, dell'oro e degli occhi di Yoruichi. Spero soltanto che queste mie piccole comparazioni siano ben riuscite.

Grazie a tutti per essere arrivati in fondo a questo piccolo scempio, spero che abbiate gradito.
Alla prossima


Dream Catcher


*Fragolo: Riferimento ad Ichigo, il cui nome in giapponese può essere tradotto come "Fragola"
** Servitrice asfissiante e onnipresente: Riferimento a Soi Fon.




   
 
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