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Autore: WhiteMistake    20/10/2013    3 recensioni
"Ricordami, prima di dimenticare"
Los Angeles, California.
Russell, ventisettenne in carriera, appena mollato dalla ragazza, alterna le sue giornate di svogliate fasi lavorative ad assidue frequentazioni del bar insieme a tre amici, pensando solamente a bere e a fumare, cercando di scordare la sua squallida routine quotidiana.
All'improvviso la sua vita cambierà e prenderà una svolta del tutto inaspettata, il ragazzo incontrerà una ex Pretty Cure, giunta nella Città degli Angeli in cerca di successo per la sua carriera artistica, incentrata sul ballo, ma, purtroppo, costretta a lavorare disonestamente per mantenersi.
Le situazioni drammatiche che si andranno a verificare, modificheranno i loro comportamenti, le loro abitudini, le loro aspettative.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Love Momozono/Cure Peach, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
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Il brandy scendeva lentamente nella gola, provocando una sensazione di calore lampante, quasi risvegliando la carne dal torpore della notte.
Un’altra sigaretta, il fiammifero ondeggiava minacciosamente avvicinandosi alla punta dove il tabacco sembrava straripare, intento a cercare una fuga da quel tunnel oscuro fatto di catrame.
Questa era la solita, classica serata di Russell, seduto sul divanetto del bar insieme a tre amici; alcol e fumo, non esisteva nient’altro dopo il lavoro.
Da quando la sua ragazza, Ashley, l’aveva lasciato, si era chiuso sempre di più in se stesso, non dormiva, non mangiava, al lavoro produceva poco, usciva di rado, l’unico posto in cui riusciva faticosamente a trascinarsi era il bar, empireo vero e proprio del suo sfogo.
“Russell? Russell, stai bene?”
Una voce giunse al ragazzo, l’alcol aveva intontito i suoi sensi, non sapeva nemmeno chi lo stesse chiamando, riusciva solo a distinguere una figura eterea, dai capelli biondi che gli parlava.
“Steve? Sei tu?” sbiascicò a fatica.
“Sei ridotto proprio male vecchio mio” disse Steve soffocando una risatina “Luke è già andato, siamo rimasti solo io, te e Jackson…” la frase rimase sospesa per aria, Steve diede un’occhiata attenta all’elegante orologio da polso che portava “domani devo andare presto al lavoro, ho diversi casi spinosi di cui occuparmi, forse è meglio che vada, vuoi un passaggio? Jackson viene con me”
Improvvisamente Russell si rese conto chi aveva di fronte, i ricordi dei suoi amici diventarono più dettagliati, trasmettendo un’immagine concreta ai suoi occhi: quello che stava parlando era Steve, capelli biondi, con il ciuffo sistemato accuratamente di lato, non c’era traccia di barba sul suo viso, pulito e curato, i suoi occhi, azzurri come il ghiaccio, sembravano volersi distaccare dal resto della faccia, troppo calma per quello sguardo penetrante che possedeva. Il corpo era slanciato e di media statura, sapeva che il ragazzo aveva praticato nuoto per diversi anni, e le sue spalle lo dimostravano.
Indossava una elegante camicia bianca con dei pantaloni del completo grigi, dal quale sbucavano in fondo delle scarpe di pelle nera.
Probabilmente lavorava in banca, impiegato forse? Sbronzo com’era Russell non riuscì proprio a ricordare che razza di mestiere svolgesse.
“Steve, che lavoro fai?” chiese tranquillamente il ragazzo.
“Russell… lavoro come avvocato, tra l’altro sono anche il TUO, di avvocato, diamine ragazzo, sei proprio messo male…”
Bersaglio mancato, Steve faceva l’avvocato, incredibile.
In seguito alla risposta dell’amico Russell spostò noiosamente la testa in direzione dell’altro ragazzo, era Jackson, gli ci volle poco per capirlo: era l’unico afroamericano del gruppo, anche se la sua pigmentazione di pelle, era più sul mulatto che sullo scuro. Lo guardò meglio, la testa rasata, come un marine, gli fece venire in mente che Jackson aveva prestato servizio nell’esercito qualche anno fa, poi venne congedato per via della sua testa calda, ma l’abitudine di radersi così i capelli non l’aveva persa. Quel suo taglio faceva ancora di più risaltare la barba che portava, nera e folta, l’aveva visto poche volte col viso liscio.
Gli occhi, scuri come la pietra, lo stavano guardando compassionevolmente, era indubbiamente un carattere difficile, ma era un grande amico, e si preoccupava sempre dei suoi “fratelli”( così appellava le persone a lui più legate ).
Russell continuò ad osservarlo, era molto grosso, i muscoli risaltavano e le vene sporgevano indisturbate da quelle possenti braccia, notò inoltre che era ricoperto di tatuaggi, siccome indossava una maglietta bianca con dei pantaloncini verde scuro, poté notarli benissimo: si estendevano dal collo fino alle mani, qualcuno sporgeva persino dai polpacci. Jackson spesso gli aveva raccontato i significati di tutti quei tattoo, ma ora come ora si ricordava a malapena il nome dei suoi amici, figurarsi i significati simbolici di qualcosa che non gli apparteneva.
Russell si sforzò di ricordare che lavoro facesse, giocatore di hockey? Stuntman? Professore? No, rammentò di colpo, per sbarcare il lunario faceva il buttafuori in uno strip club non distante dal bar, questo però solo alcune sere a settimana, di giorno, solitamente, svolgeva le pulizie nell’ufficio di Luke.
Luke, si sforzò di ricordarsi anche di lui, ma senza avercelo di fronte non ci riuscì. L’avrebbe visto probabilmente l’indomani quindi perché farsi noie inutili cercando di ricordare il suo aspetto?
“Allora, vieni?” la voce di Steve arrivò di nuovo al suo orecchio, gli occhi azzurri dell’amico lo stavano ancora fissando, cercavano una risposta.
“Mi sa che torno a casa a piedi, casa mia non dista molto, lo sai” disse Russell sforzandosi di tornare in posizione eretta, Jackson allora, vista la difficoltà di quel gesto, lo afferrò e lo aiutò.
“Fratello, sei messo sul serio da schifo!” esclamò il ragazzo di colore, poi si girò verso Steve “se devi andare non preoccuparti, lo accompagno a casa io, un po’ d’aria fresca farà bene anche a me”
“Sicuro?” gli chiese il ragazzo biondo.
Jackson annuì, allora Steve prese la giacca dal divanetto e con un rapido cenno della testa salutò i suoi amici, infine si diresse verso l’uscita.
“Vatti a lavare la faccia fratello, dopo andiamo” disse Jackson all’amico stordito.
Russell lo guardò e, dopo un rapido attimo di esitazione, si diresse trascinandosi verso il bagno.
Accese a tastoni la luce, alla fine quando ci riuscì, si fiondò sulla tazza del water, svuotò tutta l’anima, sapeva che sarebbe finita così, ogni sera fino ad allora era sempre finita così.
Dopo aver concluso quel gesto liberatorio, si aggrappò al lavandino e incominciò a sciacquarsi, l’acqua fredda era un risveglio da quel mondo oscuro in cui risiedeva fino a pochi secondi fa.
Si guardò allo specchio, i capelli, color castano scuro, erano in disordine, anche se corti erano tutti arruffati; si toccò la barba, era completamente sfatta, non la curava da un bel pezzo, forse avrebbe dovuto accorciarla giusto un poco.
I suoi occhi, di un verde grigiastro, erano completamente spenti, la palpebra non riusciva a restare aperta, sebbene il ragazzo facesse di tutto pur di restare sveglio.
Si buttò ancora un po’ di acqua gelida sul viso, dopodiché uscì dal bagno.
“Sto bene” disse all’amico, che lo stava aspettando con aria preoccupata “andiamo”
“Merda fratello!” esclamò Jackson “Non devi ridurti così ogni sera, sai da quant’è che va avanti questa storia? Lo sai vero? Ormai da due mesi! Sono il primo a prendere le tue difese Russell ma devi accettare la realtà, tu ed Ashley avete rotto!” lo prese per le spalle ed iniziò a dargli una scrollata, quasi per farlo rinsavire “Finirai per ammazzarti se continui così!”
“Lasciami stare…” rispose Russell sfuggendo dalla stretta “ne parliamo domani, stasera non ne ho proprio voglia”
“Se lo dici tu fratello… ma sappi che è ora che inizi a darti un limite!” affermò Jackson scuotendo la testa e mettendosi la felpa.
 
L’aria fresca della notte rigenerò completamente la mente confusa di Russell, le luci, i palazzi, le strade, tutto divenne limpido.
Il movimento a Los Angeles era sempre perpetuo, anche calato il sole.
Russell e Jackson camminavano vicini senza parlarsi, l’aria era tesa fra i due dopo il diverbio avuto prima, tutti e due erano troppo orgogliosi per cercare di finire il discorso iniziato prima e questo non faceva altro che accrescere la tensione.
“Fratello, sai che se ti dico queste cose, lo faccio perché sei mio amico, ti voglio bene, cazzo!” esclamò Jackson cercando di riprendere la discussione.
“Lo so, e hai ragione, non giustifico il mio comportamento avuto queste sere, è solo che non riesco ad accettare il fatto che ci siamo lasciati, siamo stati insieme 5 anni Jackson, lo sai, io voglio andare avanti ma… non lo so, è tutto così dannatamente complicato!” finita quella frase Russell tirò fuori il pacchetto di sigarette e se ne accese un’altra, il calore del fiammifero che si avvicinava lo fece sentire ancora più confuso in quel frangente.

I due continuarono a camminare, ad un tratto il silenzio però morì, un urlo improvviso giunse alle loro orecchie, grida di soccorso sgusciarono fuori da un vicolo lì vicino, tutto si fermò in quel preciso istante, bastarono pochi attimi perché Russell scattasse in direzione del richiamo.
“Russell, aspetta!” urlò Jackson correndo a sua volta, intento nel raggiungere l’amico.
Svoltato l’angolo i due si fermarono di colpo, la situazione era più grave del previsto; due tipi loschi erano intenti a minacciare una ragazza, uno la teneva stretta mentre l’altro le passava pericolosamente il coltello sul viso.
“Non hai capito vero?” chiese il tipaccio con il coltello alla fanciulla “Tu non puoi venire qui, nella nostra zona, e cercare, ripeto, cercare di prendere i nostri soldi, spacciando alla gente di questo quartiere i tuoi vili prodotti! Lo spaccio non è un gioco bellezza, potresti anche farti male…” concluse passandogli ancora il coltello affilato sulla faccia.
“Non vorrai mica che il tuo bel visino si procuri uno sfregio, eh?” affermò l’individuo che la teneva stretta dal dietro, cercando quasi di baciarla sulla guancia, la ragazza fece di tutto per evitare il tocco delle labbra secche dell’uomo, muovendo la testa affannosamente.
Russell cercò di elaborare un'idea, una qualsiasi idea, ma fu troppo impegnato ad osservare la ragazza, ne era affascinato: aveva capelli biondi, quasi sul dorato, che portava in due lunghi codini sporgenti ai lati, i suoi occhi erano di un intenso color rosa acceso, gli sembrava impossibile che brillassero così tanto, eppure era così; ad un tratto il suo sguardo si spostò sugli abiti della fanciulla: portava una felpa azzurra con un paio di jeans color bianco, abbinati allo stesso colore delle scarpe, notò comunque che tutti gli indumenti che indossava erano abbastanza sporchi e con diverse lacerazioni, seppure sembrassero di ottima fattura.
“Ammazzala, ha fatto un grave errore a cercare di smerciare roba nel nostro quartiere, nessuno può pensare di farlo restando impunito” continuò il tipo che la teneva stretta facendo segno all’altro di colpire.
“No, vi prego, ho dovuto farlo! Non volevo creare problemi a nessuno, lo giuro!” urlò disperata la fanciulla.
Proprio mentre il coltello vibrava in aria intento nell’affondare nello stomaco della ragazza, Russell si fiondò con una spallata sull’individuo armato, il quale cadde per terra rovinosamente.
“Chi cazzo sei te?” gridò l’altro uomo stringendo ancora più forte la ragazza “non ti dovevi intromettere, l’ammazzo, sono capace di farl…”
Non fece in tempo a finire la frase che il suo collo scrocchiò pericolosamente, le mani di Jackson gliel’avevano afferrato dal dietro e con un rapido movimento l’osso vertebrale si era sgretolato.
Russell osservò il corpo senza vita dell’individuo rovesciarsi per terra “A quanto pare ricordi ancora piuttosto bene le tecniche militari” affermò all’amico.
“Già, ormai mi sono utili solo quando devo salvarti il culo” rispose ridendo Jackson.
Finito quello scambio di battute, Russell si girò e tese la mano verso la ragazza, che nel frattempo si era rannicchiata su se stessa cercando di strofinarsi le braccia con le mani, aveva freddo probabilmente.
La ragazza lo guardò e, dopo qualche attimo di esitazione, accettò la sua mano e si fece aiutare per rimettersi in piedi.
“Niente di rotto?” chiese Russell.
“No, no… sto bene, solo un po’ impaurita” rispose la fanciulla continuando a strofinarsi le braccia.
“Perdona i miei modi! Stai morendo dal freddo! Prendi la mia giacca” disse il ragazzo porgendole la sua giacchetta di pelle nera “a proposito, io sono Russell, lui invece è Jackson”
La ragazza si sistemò lentamente la giacca sulle spalle e accennò un breve sorriso “Grazie per avermi salvato, io mi chiamo L…” improvvisamente i suoi occhi si sbarrarono di colpo “attento, dietro di te!”
Russell non fece in tempo a girarsi che l’altro uomo, che prima era solo svenuto, gli affondò il pugnale nello stomaco; il ragazzo calò lo sguardo verso la ferita, il sangue sgorgava imperterrito e sebbene provasse a dire qualcosa dalla bocca, anziché parole uscirono solo altre manciate di liquido rossastro, tendente al nero, si sentì mancare e cadde per terra, sbattendo violentemente la testa, le uniche cose che vide in quel momento furono Jackson che colpì duramente il tipo, facendolo andare contro il muro, e la ragazza che scappò via spaventata, poi la vista si appannò, i sensi si fecero sempre più confusi, un ronzio sordo si stava insinuando dentro il suo cranio offuscando tutti gli altri rumori.
“Russell, Russell” il viso di Jackson comparve vagamente alla sua vista, Russell cercò di parlare all'amico ma uscì solo altro sangue nero dalla bocca, poi non ci fu nient’altro, solo il buio.



Note dell’autore:
Buonsalve a tutti, ed eccomi qua con un’altra storia!
Causa scarsa ispirazione ho dovuto accantonare, per il momento, altre idee, ma non disperdiamoci d’animo, in questo racconto cercherò di dare tutto il possibile, personaggi che riflettono sulla loro esistenza e situazioni drammatiche a go-go, per intenderci ( come sono solito a fare nei miei racconti :D )
Questo è tutto, spero ovviamente che questo capitolo iniziale vi sia piaciuto, ringraziando fin d’adesso chiunque avrà voglia di leggere questa storia e di recensire, sapete che ogni parere è sempre ben accetto!
Alla prossima!
White
  
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