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Autore: Freedom Star    20/10/2013    0 recensioni
E' un giorno memorabile per la US Navy.
Il collaudo del nuovo caccia intercettore a lungo raggio sta per cominciare, ma proprio al culmine delle operazioni la missione viene interrotta da un nemico non identificato che rischia di mandare a monte l'esercitazione.
La macchina bellica americana si mette subito in moto per scovare e eliminare gli aggressori, mentre i centri del potere politico si adoperano per evitare che la crisi possa destabilizzare il precario equilibrio della Guerra Fredda.
Genere: Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Teletha Testarossa, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prologo

 

29 Novembre 15:18 ZULU (Ora della Costa Ovest degli Stati Uniti)

Mt. Weather, Emergency Operations Center, Bluemont, Virginia

 

Un convoglio composto di tre auto blindate correva a tutta velocità su una strada asfaltata di montagna, ai lati crescevano rigogliose piante di pini e querce che proiettavano le loro fronde selvatiche in alto nel cielo coperto di nuvole, nascondendolo quasi alla vista.

Le auto sfrecciavano sulla strada per poi oltrepassare un cancello in rete metallica, che al passaggio dell'ultima macchina fu subito chiuso da due uomini in uniforme che piantonavano l'ingresso. Quella zona era un'area militare ad accesso limitato, solo un ristretto gruppo di persone vi aveva accesso e i due uomini all'ingresso, come quelli appostati poco più avanti dentro delle Humvee, avevano l'ordine di fermare chiunque si fosse avvicinato senza autorizzazione.

Superato il cancello il convoglio si diresse verso una galleria scavata nella montagna, illuminata da fari posti a distanza regolare. Sul fondo della galleria, ormai diverse centinaia di metri all'interno del cuore della montagna vi era un enorme spiazzo che fungeva da ingresso di un bunker. L'involucro più esterno era realizzato in cemento armato, mentre le pareti interne e i pavimenti erano rivestite con delle particolari solette isolanti che lo schermavano da radiazioni e impulsi elettromagnetici.

Le vetture si fermarono davanti alla porta d'ingresso per far scendere i loro occupanti, poi ripartirono alla volta di un garage sotterraneo. Il gruppo composto dal Presidente degli Stati Uniti, il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, il Segretario di Stato e dal Capo di Stato Maggiore dell'Aviazione, attraversò il grande ingresso e una volta oltrepassato, la pesante porta metallica spessa più di un metro e mezzo iniziò a chiudersi lentamente accompagnata dal suono di una sirena; un botto sordo alle loro spalle li avvisò che la porta d'acciaio si era chiusa e automaticamente sette chiavistelli idraulici cigolando sigillarono la porta a tenuta stagna su cui era affisso il logo del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.

Oltre la porta si snodava un'intricata rete di corridoi, che compivano spesso curve di novanta gradi. Questo era un accorgimento in caso di esplosione: i continui cambi di direzione proteggevano gli occupanti dall'onda d'urto generata dalla bomba; e da uno di questi comparve un uomo in uniforme un Colonnello, che comunicò loro il motivo per cui erano stati portati in tutta fretta in quel luogo: l'Unione Sovietica aveva appena sferrato un massiccio attacco nucleare sul suolo americano.

“È' certo che siano stati i Russi?” chiese il Presidente Robert Fawler continuando a camminare verso la sala di comando.

“Al cento per cento” rispose il Colonnello Porter

“L'attacco è stato lanciato da un sottomarino Classe Delta III emerso in prossimità del circolo polare” disse il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Tom McKnight.

“Il Comando Atlantico sta monitorando la traiettoria del missile; stando alle loro stime è troppo tardi per abbatterlo senza causare danni” disse il Capo di Stato Maggiore dell'Aviazione, il Generale Andrew Jackson.

Raggiunto un altro snodo dell'intricata rete di corridoi, al cui angolo era affissa una bandiera americana, da una stanza uscì un uomo che portava appeso alla sua giacca un tesserino identificativo che lo identificava come un membro del servizio di intelligence militare. “Signore abbiamo rilevato un altro lancio, stavolta da Vladimir, Russia centrale”

“Incredibile, ma cosa c'è a Vladimir?” chiese il Presidente.

“Missili balistici intercontinentali. Probabili obiettivi: Colorado Springs, Kings Bay, qui” rispose Jackson.

“Tiene il soffitto?”

“Se non viene preso in pieno” rispose Jackson atonale.

Raggiunto un altro svincolo il già nutrito gruppo di alti esponenti delle gerarchie militari si arricchì di un altra persona, un analista, che con aria preoccupata si affrettò a comunicare le informazioni che aveva raccolto.

“AWAIS ha rilevato altri cinque lanci, primo impatto previsto tra venticinque minuti”

“Sarà attendibile?” chiese Fawler.

“E' attendibile” rispose Jackson.

“Consiglio di entrare in DEFCON 1” disse McKnight appena ebbe varcato la soglia della sala comando posta esattamente nel centro del bunker e al livello più basso, così da risultare la parte più sicura dell'intera struttura.

Era una stanza piuttosto grande con monitor riportanti una gran quantità di informazioni; decine di tecnici sciamavano avanti e indietro per smaltire l'enorme quantità di dati che ricevevano.

“Voglio parlare subito col Presidente Raptchenko” intimò il Presidente.

“Raptchenko è scomparso, i servizi riferiscono di un colpo di stato a Mosca, ora è l'Ammiraglio Ušakov quello che comanda” riferì l'ufficiale dell'Intelligence.

Il gruppo si accomodò al lungo tavolo posto al centro della sala.

“Chi accidenti è Ušakov?” chiese Fawler tradendo una certa ansia.

“Il comandante della flotta stanziata a Sebastopoli” rispose l'ufficiale dell'Intelligence.

“Non abbiamo altra scelta, contrattacchiamo”

Immediatamente, all'ordine del Presidente, Porter porse al capo di stato una valigetta metallica, nota negli ambienti militari come Nuclear Football, Porter la aprì, al suo interno c'erano tre fascicoli: uno nero contenente le varie opzioni per il contrattacco nucleare, uno blu scuro dove erano indicate le varie destinazioni sicure, e uno grigio che spiegava il funzionamento del sistema di comunicazione d'emergenza, appoggiati sopra alla tastiera di un computer, era il terminale che generava i codici di lancio.

“Signor Presidente, ci vorrà circa un minuto per elaborare la sequenza di lancio una volta dato l'ordine, prima che il comando venga accettato si dovrà procedere a un controllo” spiegò Jackson.

“Il mio identificativo è il terzo dall'alto” disse il Presidente, estraendo dalla valigetta un tesserino plastificato sul quale da un lato era riportato lo stemma presidenziale e sull'altro sette sequenze alfanumeriche, che identificavano in modo chiaro e univoco le persone in grado di autorizzare l'uso dell'arsenale nucleare statunitense in caso di comprovata guerra nucleare.

Mentre Fawler consegnava il tesserino a Porter un telefono squillò, ma nessuno gli diede peso, avevano cose più urgenti da fare.

Porter inserì il codice. “La regola della doppia chiave richiede che l'ordine venga confermato da un'altra persona presente sulla lista”

“Andrew Jackson, Generale dell'Aviazione, il mio identificativo è il primo dal basso” rispose l'ufficiale.

Aveva appena finito la frase che una donna che indossava un elegante tailleur nero si avvicinò a Jackson e gli bisbigliò qualcosa.

“Signore, c'è l'Ammiraglio Turner per lei sulla linea cinque”

“Grazie” rispose e afferrò la cornetta. “Sì, Jackson. Gli XHPACT non sono ancora arrivati? Me ne occupo subito” e riattaccò.

Sul volto dei presenti si incurvarono degli sguardi incuriositi, che fecero sentire Jackson ancora più a disagio.

“Sentite...” cominciò “Non è che potremmo rimandare?” chiese alla fine con un sorriso un po' imbarazzato.

Con sua grande gioia vide che anche le altre persone sedute al tavolo stavano assumendo un espressione divertita, abbandonandosi a risatine sommesse. “No” disse McKnight sorridendo a sua volta.

Con quella telefonata, l'esercitazione che simulava le procedure da adottare per un contrattacco nucleare, si era conclusa con un nulla di fatto, e tutti abbandonarono il bunker, il Presidente e il suo staff si diressero a Washington, mentre il Generale Jackson in Nevada, per risolvere un “delicato problema logistico”.

 

Capitolo 1

 

19 Dicembre 08:21 ZULU (Ora del Giappone)

Base Aeronautica Yokosuka, Giappone.

 

Il tiepido sole del mattino illuminava la sala mensa filtrando da una finestra, Alan e i suoi due compagni, Mark e David, stavano facendo colazione quando vennero bruscamente interrotti.

Un'agghiacciante sirena intermittente risuonò per tutta la base, immediatamente tutti i presenti balzarono in piedi, pronti ad intervenire. La sirena si affievolì e fu sostituita da una voce maschile: “Allarme rosso, allarme rosso Squadriglia Black Knights autorizzata al decollo rapido d'emergenza, ripeto Black Knights autorizzati a decollo rapido d'emergenza. Questa è un'esercitazione”

“Avanti ragazzi diamoci una mossa! Vi voglio pronti in meno di tre minuti!” strillò Alan ai suoi due gregari mentre correvano a perdifiato verso gli hangar, lasciandosi alle spalle il trambusto della sala mensa in favore di un corridoio silenzioso e vuoto.

In poco tempo i piloti arrivarono agli spogliatoi attigui agli hangar e immediatamente ad indossare le tute G.

Indossata la tuta Alan prese il casco gli diede una rapida pulita con uno straccio e poi controllò se fosse tutto in ordine; il suo viso si specchiò sulla visiera riflettente del suo casco, si potevano chiaramente distinguere i suoi lineamenti, non era più vecchio di trent'anni, i suoi occhi verdi e i suoi capelli biondi tagliati corti; il suo sguardo trasudava determinazione; oggi avrebbe dovuto dare il meglio di sé. Terminata l'ispezione e concluso che tutto era regolare si infilò il casco.

“Pronto!” urlò Alan dirigendosi in tutta fretta verso la porta che dava sull'hangar dove erano parcheggiati i loro aerei.

“Tutto regolare, pronto!” urlò a sua volta Mark seguendolo attraverso la porta.

“Ti sto a un palmo dal culo” disse David varcando pochi secondi dopo la soglia.

Appena giunti nell'ampio spazio adibito come aviorimessa i Black Knights si avviarono frettolosamente verso i propri aerei, parcheggiati uno a fianco all'altro. I piloti stavano per salire a bordo dei propri aerei quando vennero raggiunti da un meccanico.

“Aerei armati e pronti al volo signore” disse prontamente l'uomo in giacca verde.

“Perfetto.” tagliò corto Alan salendo rapidamente i gradini della scaletta e saltando dentro la cabina del suo jet e collegò il tubo dell'ossigeno alla valvola posta al centro del cockpit; David e Mark fecero lo stesso e insieme avviarono i computer di bordo e accesero i motori.

Tre rombi assordanti riempirono l'aria e il gigantesco portone d'acciaio che chiudeva l'hangar si aprì; i tre aerei diedero gas e uscirono rapidamente dall'hangar seguendo le indicazioni gestuali di un addetto alla movimentazione veicoli.

Giunti in posizione di decollo i jet chiusero i cupolini e i piloti agganciarono l'erogatore dell'ossigeno al casco così da usufruire dell'aria contenuta nei serbatoi posti all'interno della cabina, e Alan attivò la ricetrasmittente del suo aereo.

“Black Knights qui Centrale Tattica, confermata autorizzazione a decollo d'emergenza. Vettore di rotta 0.6.0.”

“Roger” risposero in coro i tre piloti.

Al pronunciare quella parola Alan, Mark e David spinsero fino in fondo la leva della manetta, dagli scarichi dei loro aerei uscirono due vampate di gas incandescenti bianchissime e i jet accelerarono velocemente lanciandosi in una folle corsa lungo la pista.

Raggiunta la velocità di 240 Km/h si attivò una voce computerizzata nel casco di Alan. “Velocità di decollo raggiunta”

Alan tirò con forza la closhe verso di sé e iniziò a gestire il movimento del caccia con i pedali posti sotto il cockpit che regolano l'azione degli spoiler, e immediatamente l'aereo si impennò staccandosi bruscamente dal suolo iniziando una vertiginosa ascesa.

“Knight 1 in volo” disse un controllore di volo al suo superiore che osservava le operazioni dalla torre di controllo.

“Knight 2 in volo” disse nuovamente quando l'aereo di Mark si fu librato in aria all'inseguimento del compagno.

L'accelerazione fu tale che l'uomo, nonostante il suo fisico possente derivante da anni di addestramento come pilota da caccia, fu schiacciato contro il sedile e i suoi occhi divennero poco più che fessure da cui si potevano intravedere appena le sue pupille castane, il suo volto era contratto in una smorfia per compensare la forza G.

“Knight 3 in volo. Black Knights operativi signore” concluse il controllore.

“Eccellente” rispose il Capitano Craig Owen.

Una porta si aprì silenziosamente, qualcuno aveva osservato lo spettacolo sul pianerottolo e ora si era riunito ai direttori del traffico aereo. “Decollo davvero spettacolare, non crede anche lei Capitano?” disse una voce dal fondo della sala.

Owen si voltò, conosceva quella voce, la voce di un superiore; immediatamente si mise sull'attenti. “Ammiraglio Turner” lo salutò.

“Stia pure comodo Capitano” lo tranquillizzò Turner.

Owen abbandonò la postura rigida in favore di una più naturale “Sì signore, spettacolare e sopratutto senza intoppi”

“Ovviamente. Sarebbe davvero perturbante se capitasse qualcosa proprio oggi; la Marina ha bisogno di avere successo, oggi”

“Se la dimostrazione darà esito positivo entreremo di fatto nella prossima generazione” convenne il Capitano.

Era una situazione delicata: l'Air Force Research Laboratory aveva sviluppato un caccia di nuovissima concezione ad uso esclusivo dell'Air Force; se la missione odierna avesse avuto successo tale velivolo sarebbe entrato anche nell'arsenale della US Navy.

Concluse le operazioni preliminari i due uscirono dalla stanza e si diressero verso un ascensore, che si mosse appena Owen premette il pulsante “S24”; raggiunsero il sotterraneo e davanti loro c'era una porta blindata a prova di esplosione. Owen si avvicinò alla porta e strisciò nel lettore un tesserino identificativo, la porta a chiusura ermetica si aprì con un sibilo. Dietro la prima porta ve ne era una seconda, questa volta in vetro temprato antiproiettile che si aprì non appena non ebbe digitato un codice sulla tastiera.

I due si avvicinarono e varcarono insieme la soglia, entrando in un'ampia sala zeppa di monitor e di postazioni di controllo.

Era il vanto dell'architetto che aveva progettato la base: una serie di gallerie sotterranee articolate su più piani adibite a centro di comando; la Centrale Tattica era costruita a 24 piani di profondità e impiegava materiali all'avanguardia per ridurre al minimo i danni da munizioni Bunker Buster; tanta protezione serviva a schermare i sofisticati apparati di cui era dotata con i quali monitorava tutto il traffico aereo e marittimo civile e militare nel medio Pacifico.

“Situazione, prego” disse Owen rivolgendosi al responsabile di missione.

“Signore riceviamo comunicazioni dalla squadriglia Black Knights” disse l'addetto alle comunicazioni aprendo il canale.

“Centrale, qui Knight 1 siamo su vettore 0.6.0 attendiamo ordini” disse Alan attraverso l'interfono del suo casco.

“Black Knights, qui Centrale mantenere rotta e assetto fino a nuovo ordine” disse un controllore di missione, poi spense il microfono.

“Signore, Black Knights in posizione” disse poi l'addetto alle comunicazioni.

“Cominciamo” intimò l'Ammiraglio Turner.

“Agli ordini” rispose Owen. “Black Knights qui Centrale” si annunciò Owen non appena ebbe preso il microfono.

Istantaneamente grazie al complesso sistema di comunicazione satellitare, la voce del Capitano Owen raggiunse le orecchie dei piloti ormai a diverse decine di chilometri di distanza.

“Passo per i Knights. Che le brucia capo?” rispose Alan.

“Black Knights, voi siete i migliori piloti della Marina degli Stati Uniti, da voi pretendo il massimo” fece una pausa poi riprese. “Il vostro compito consiste in una missione Wild Weasel” continuò il Capitano Owen.

“Wild Weasel, ricevuto signore”

“Testerete il Sistema Active Stealth, effettuate tali manovre modificherete il vostro vettore a 3.3.0. virando a est; davanti a voi troverete un'isola, denominata Onega, un tempo era una nostra base radar, oggi è solo un rudere che dovrete distruggere. Scorterete un B-1B Lancer, call sign Tiger 1 nella sua missione di bombardamento. Sull'isola oltre alla stazione radar principale vi sono altre due stazioni ausiliarie adibite al controllo del fuoco delle batterie di SAM, e un campo di volo; il vostro compito è quello di distruggere tutti SAM e le stazioni radar per aprire un varco al Lancer che bombarderà il campo di volo” concluse il Capitano Owen.

“Tutto chiaro capo!” risposero in coro i tre piloti.

“Bene allora buona fortuna ragazzi, e buona caccia. Centrale Passo e chiudo” rispose Owen.

In cielo non c'era una nuvola, e la visibilità era ottima e superava i 25Km, la rotta era sgombra ad eccezione di un contatto che il radar identificava come il bombardiere che stavano aspettando.

“Bene ragazzi, contatto con Tiger1, procediamo con l'affiancamento”

“Ricevo e confermo 1” dissero in coro Mark e David, mentre manovravano per portarsi rispettivamente sul lato sinistro e destro del B1 mentre Alan gli si posizionava in coda, ad un altitudine più bassa per evitare i getti dei quattro potenti motori.

“Tiger 1 qui Knight 2 è arrivata la cavalleria”

“Black Knights qui Tiger 1, era ora che arrivaste, cominciavo a sentirmi solo quassù” rispose il pilota del B-1.

“Centrale qui 1 confermo avvenuto Rendez-Vous con Tiger 1” disse Alan nell'interfono.

Passarono alcuni minuti di silenzio quasi assoluto, interrotto solo dal fruscio dell'aria attorno agli aerei, durante i quali tutti i piloti erano intenti a controllare lo stato di tutti i sistemi.

“Carburante; Check. Impianto idraulico; Check. Contromisure elettroniche; Check.” pensava David mentre accendeva e spegneva i vari interruttori in previsione dell'inizio della vera missione; l'ultimo tratto avrebbe messo a dura prova la struttura del caccia.

E come previsto dalla missione i tre piloti passarono alla seconda fase del piano di volo.

“Tiger 1 ti liberiamo la strada buona fortuna, vedi di non farci aspettare quando sarà il momento di fare saltare in aria la baracca”

“Siete mitici!” esclamò Tiger 1 mentre osservava i tre caccia che si allontanavano diretti verso l'isola.

“Diamo inizio ai giochi” disse Mark alla radio mentre piegava la closhe e virava sotto al B-1 per ricongiungersi con i suoi compagni.

“Andiamo a prenderli ragazzi! Passare in Stealth Mode, serrare formazione procedere a velocità ipersonica” ordinò Alan.

Con una manovra degna delle migliori coreografie di danza i tre aerei si misero in formazione: una punta di freccia, con Alan come vertice e Mark e David al suo fianco.

I tre aerei si avvicinarono a tal punto che quasi le loro ali si sfioravano. Questo gli permetteva di procedere a velocità elevate consumando una quantità minore di carburante, a causa del ridotto attrito con l'aria, oltre che ridurre ancora di più la segnatura radar.

“1 qui 3, siamo in posizione; un contatto per tre”

Appurata la corretta posizione il leader abbassò la visiera del suo casco. “Inserire Active Stealth”

Immediatamente grazie ai comandi vocali inseriti nell'avionica di bordo, il suo comando attivò il sistema per l'occultamento ottico e l'aereo iniziò a brillare avvolto in un campo energetico, per poi scomparire. Alan si girò verso i suoi compagni e vide i loro aerei dissolversi come era capitato al suo. Rimanevano solo le sagome digitali sul suo HUD a testimoniare la presenza degli aerei.

Accertato il corretto funzionamento del Fly By Wire, i tre piloti spinsero la manetta al massimo e iniziarono ad accelerare. Le nuvole sotto di loro cominciarono a sfrecciare via sempre più velocemente.

“Mach 1” riecheggiò nel casco di Alan mentre procedeva verso l'obiettivo. “Mach 2... Mach 3... Mach 4... Mach 5” scandiva il computer di bordo mentre l'aereo procedeva ad alta velocità.

Il volo a velocità ipersonica durò appena tre minuti ma fu sufficiente per far percorrere ai tre piloti centinaia di chilometri.

Erano entrati di fatto nella zona delle operazioni, e mantenendo il silenzio radio i piloti diminuirono velocità e altitudine, attivando anche il Terrain Following Radar: l'aereo avrebbe mantenuto automaticamente un'altitudine costante seguendo l'andatura del terreno. Si portarono a quindici piedi, e disinseriti i sistemi di Active Stealth riapparvero.

Ora le nuvole avevano lasciato il posto all'oceano azzurro e calmo, smosso soltanto dalle onde prodotte dal loro passaggio.

In lontananza si poteva intravedere il profilo di un'isola, erano finalmente giunti nel luogo prestabilito, silenziosamente, velocemente ed inesorabilmente i tre caccia si preparavano a colpire.

“Knight 1 chiede a Centrale conferma ordini di combattimento” il caposquadra ruppe il silenzio radio.

“Knight 1 qui Centrale, Comando Pacifico ci ha trasmesso gli ordini operativi: procedere verso l'obiettivo e colpire con precisione”

“Ricevuto. L'assalto sequenziale sarà 2,3 e 1. Knight 2 conferma” rispose Alan passando i dati ai suoi compagni.

“Qui 2 confermo sequenza attacco, valutazione rischi, status di missione buono inizio attacco” disse Mark e con un avvitamento si staccò dalla formazione.

Mark fece una brusca virata e si allineò davanti alla stazione radar principale, tolse la sicura al meccanismo di lancio e subito sulla visiera comparve un mirino olografico che automaticamente si posizionò sulla stazione radar, diventando rosso.

“Missile in automatico. Agganciato” avvisò il computer.

“Knight 2 Fox One!” disse Mark mentre premeva il pulsante di fuoco.

Immediatamente due impulsi elettrici partirono alla velocità della luce dalla barra di comando, il primo arrivò al portello delle armi che si aprì rapidamente, mostrando per un breve istante l'impressionante arsenale imbarcato, il secondo arrivò al meccanismo di rilascio del missile che cadde fuori dall'apertura e si accese, schizzando verso la stazione radar a folle velocità. Come indicava la sigla “Fox One”si trattava di un missile a guida radar semi-attiva guidato dalle emissioni elettromagnetica della parabola.

Pochi secondi dopo il radar fu avvolta in una palla di fuoco ed esplose.

“Beccato” disse Mark.

Le difese della base come previsto entrarono subito in funzione, ma con grande sorpresa dei tre piloti, queste non spararono colpi a salve come in un'esercitazione ma bensì proiettili veri.

“Missile in arrivo. Missile in arrivo” disse la voce metallica del computer di bordo.

“Qui 2, ho due missili che mi inseguono, ma non sono impulsi radar, SONO VERI! CHE CAZZO SUCCCEDE?!” urlò Mark mentre eseguiva un avvitamento a pochi metri dalla cima di una collina. I missili persero l'aggancio e si schiantarono.

“Non lo so 2 aspetta, chiedo informazioni” rispose concitatamente Alan. Non poteva crederci, una normale esercitazione di routine, si era trasformata in una battaglia all'ultimo sangue, per quanto fosse un pilota esperto, con all'attivo decine di missioni, alcune delle quali terminate con delle imboscate, Alan non poté non restare allibito da come si era rapidamente modificata la situazione. Da cacciatori erano diventate le prede.

“Centrale qui 1 le difese sparano colpi carichi dove ci avete mandato?!”

“1 qui Centrale chiarisci la situazione” disse un controllore.

“Forze ostili ci stanno bersagliando con armi pesanti, questi fanno sul serio, chiedo il permesso di contrattaccare” disse Alan ormai a corto di fiato a causa delle manovre che stava effettuando per restare fuori dal mirino del nemico.

Ci volle meno tempo del previsto perchè i comandanti prendessero una decisione. “Permesso accordato 1, ripulite l'area così da permettere al B-1 di attaccare” rispose Owen. Il suo tono rifletteva chiaramente l'ansia e lo stupore per una simile complicazione, la base era dismessa da quasi trent'anni, non vi era nulla che giustificasse una presenza ostile, ma la cosa più allarmante era che la base era stata oggetto di una minuziosa ricognizione fotografica satellitare, per valutare l'idoneità del sito per l'esercitazione.

Owen misurava la stanza ad ampie falcate chiedendosi come avevano potuto non accorgersene.

“Ricevuto” rispose Alan che prontamente eseguì un passaggio radente a velocità supersonica a pochi metri al di sopra di una batteria di SAM, lasciando che l'onda d'urto trascinata dal caccia la facesse a pezzi, dando così ufficialmente il via alla battaglia.

“Beccatevi questo cono di Mach bifolchi!” disse terminato il passaggio.

“Ok ragazzi armi pronte, armi pronte abbiamo il permesso di fare fuoco!” disse Alan ai suoi compagni.

Intanto alla Centrale di comando la situazione era altrettanto tesa. I due ufficiali avevano perso il controllo della missione. C'erano così tante variabili in gioco da rendere difficile qualunque ipotesi. L'unica cosa certa era che avevano attrezzature troppo sofisticare per essere dei semplici terroristi.

“Che diavolo sta succedendo?!” chiese Turner con il volto contratto in una smorfia di profonda apprensione.

“Sembra che Onega sia stata presidiata da forze ostili, al momento non sappiamo altro”

“Cosa sappiamo delle forze nemiche?”

<> rispose Owen.

“Nulla? Nulla?! Come sarebbe a dire nulla?”

“Signore non abbiamo modo di vedere direttamente cosa stia succedendo, e i nostri piloti non possono combattere e raccogliere informazioni contemporaneamente”

“Sì invece! Ridisegnate l'orbita di un K12 e datemi un'immagine di quello che sta accadendo” ordinò Turner.

L'addetto alle comunicazioni si voltò, cercando un cenno di assenso da parte del Capitano; ma quello che trovò furono solo le facce ansiose di Owen e Turner; il primo era un uomo di mezza età con capelli castani, tendenti al grigio, di corporatura solida malgrado l'età; il secondo, era un ragazzo, di circa diciotto anni facilmente scambiabile per il figlio del Capitano, non per un suo superiore. Aveva i capelli neri e occhi marroni, era di corporatura slanciata e snella.

“Esegua” concordò Owen rimproverandosi di non averci pensato; ma era per questo acume che Turner si era guadagnato il suo grado.

“Sissignore, ci stiamo collegando con il centro di ricognizione satellitare ad Arnold nel Missouri... connessione completata, mi dia trenta secondi per il posizionamento del satellite” rispose l'operatore non appena si voltò nuovamente verso il monitor.

“Abbiamo il segnale, le immagini ci giungono dal satellite Uars, sul monitor principale” disse l'operatore.

Sul monitor che prima trasmetteva la posizione dei tre caccia, comparvero le riprese in tempo reale della battaglia.

Si potevano chiaramente distinguere i tre caccia che sfrecciavano ad alta velocità schivando i colpi nemici; uno degli aerei virò bruscamente e con un missile distrusse una postazione SAM, seguita dalla voce di David. “L'antiaerea è stata annientata, è così che si fa” disse battendo il pugno contro il casco.

“Fantastico 3!” si congratulò Alan mentre virava per allinearsi alle due stazioni radar ausiliarie.

“Ora vediamo cosa sei capace di fare tu” lo schernì David.

“Armare missili HARM” disse Alan raggiunta una posizione ottimale per il lancio dei missili.

“Missili armati” rispose l'AI di bordo.

Il mirino si sdoppiò e si fermò inquadrando entrambi i bersagli, un cicalino suonò nel casco, stava per premere il pulsante di sgancio quando vide sfrecciare dei traccianti tutt'intorno al suo aereo, improvvisamente si impennò per sfuggire alle raffiche e si mise alla ricerca della fonte, identificata poi come una mitragliatrice antiaerea.

“Oh no non vi permetto di sparami addosso quella merdaccia schifosa!” ringhiò Alan mentre con un'abile virata si era portato nel punto cieco dell'antiaerea e armato il cannoncino M61 Vulcan da 20mm, ricambiò la sventagliata di colpi ricevuta. “Guns Guns Guns!” esclamò mentre i proiettili distruggendo il bersaglio.

Liberata la strada verso il suo vero obiettivo, lo inquadrò nuovamente e quando fu soddisfatto dell'angolo d'attacco sparò i missili.

Pochi secondi dopo la battaglia era terminata, l'antiaerea taceva e i sensori passivi non rilevavano nessuna attività nella zona.

“1 a Centrale area sgombra, Tiger 1 può terminare il lavoro”

“Ricevuto 1, Tiger già su vettore terminale sarà da voi in undici minuti, pattugliate l'area e riferite”

“Roger, per ora niente da segnalare, qui ci siamo solo-” si interruppe, sull'HUD erano appena apparse la posizione e le coordinate di una struttura dall'altra parte dell'isola.

“Centrale qui 1, i sensori rilevano intensa attività proveniente da una struttura a nord della nostra posizione, sembra stiano preparando un contrattacco”

“Ricevuto 1 stiamo visualizzando i dati... attendete”

Sul monitor del centro di comando comparvero le immagini di una grande struttura all'interno della quale grazie alla termografia satellitare si potevano distinguere dozzine di tracce termiche di grandi dimensioni.

“Che cosa sono?!” grugnì il Capitano Owen.

“Arm Slave, signore” rispose l'operatore.

“Possiamo identificarli?” chiese Turner; la chiave per capire contro chi stavano combattendo girava attorno a quegli AS.

“No signore”

“Black Knights, qui Centrale abbiamo individuato degli AS in uscita dalla struttura, neutralizzateli e distruggetela”

“Ricevuto Centrale, tra novanta secondi sarà solo un mucchio di cenere” disse il caposquadra.

I tre aerei accesero i loro post bruciatori e si diressero a gran velocità verso l'obiettivo.

“Centrale qui Black Knights chiediamo informazioni su obbiettivo” disse David alla radio.

Ancora prima che David chiedesse quelle informazioni l'operatore del satellite aveva già iniziato una scansione della struttura.

“Centrale a squadriglia, stiamo analizzando la struttura... le specifiche indicano: rivestimento in calce struzzo, spesso tre metri rinforzato in acciaio” disse Owen, la sua voce si faceva via via sempre più flebile ad ogni parola che pronunciava.

Dopo un momento di silenzio durante il quale i piloti valutavano la fattibilità dell'attacco con i simulatori istallati nel computer di bordo, Mark ruppe il silenzio. “Non siamo munizionati per un simile spessore, ripeto non siamo munizionati”

La sua voce risuonò per la sala comando, martellando i timpani dei presenti incapaci di trovare una soluzione.

“Allora?” chiese Owen allo specialista di missione.

“I loro aerei non hanno nulla in grado di penetrare un simile spessore” rispose lo stratega, che voltatosi verso il comandante lo vide mettersi le mani nei capelli per la disperazione.

“Forza datemi un'alternativa, quei bastardi sono proprio al centro del mirino! Scattò Owen frustrato.

“Le simulazioni danno sempre esito negativo” si giustificò lo specialista di missione.

“Li faccia rientrare Capitano” ordinò Turner, si sarebbero riarmati e sarebbero tornati più agguerriti di prima.

“Sissignore” rispose Owen prendendo il microfono. “Centrale a squadriglia, l'ordine è di abbandonare, ripeto abortire l'attacco”

“C'è.... Un'alternativa..... Centrale Tattica....” ansimò Alan.

Turner lanciò una rapida occhiata a un monitor che proiettava i parametri fisiologici dei piloti trovando quel del caposquadra fuori norma in relazione allo sforzo compiuto, ma coerenti con l'azione di un singolare componente dell'avionica: un apparato dalle funzionalità pressoché illimitate. “Si è attivato?” chiese Turner con una nota di apprensione.

“Affermativo, Scimitar Driver online” confermò l'ufficiale medico dal fondo della stanza.

“Centrale a 1 parla, che intenzioni hai?” chiese Owen.

“I caccia X-44 MANTA, sono equipaggiati con bombe a implosione Paveway III”

Nella sala cadde per un istante un silenzio concitato, interrotto bruscamente dalla voce dell'ufficiale tattico che aveva appena terminato una nuova simulazione. “Negativo 1, le Paveway non raggiungono la velocità necessaria alla penetrazione”

“2 a 1, quaranta secondi all'obbiettivo, spiegati meglio” si inserì Mark.

“Una picchiata verticale a 2070 nodi aumenterebbe la velocità della Paveway, l'ogiva penetrerà il tetto facilmente”

Dall'aereo di Alan, attraverso il canale dati partì un file contenente tutte le informazioni riguardanti la tattica proposta, che quasi istantaneamente giunsero a Yokosuka, e subito furono analizzate dagli esperti per valutarne la fattibilità.

Tutti concordavano: era fattibile, ma molo rischiosa. “Qual'è il rischio di svenimento a quella velocità?” chiese Turner.

“Oltre il 80%” rispose l'ufficiale medico.

“E' troppo rischioso, richiamateli”

“Ma signore! Questo potrebbe essere il test migliore a cui potremmo mai sottoporli!” protestò il Capitano.

“Secondo me invece dovremmo sapere con chi abbiamo a che fare prima di attaccare. C'è qualcosa di strano... ho un brutto presentimento... e se ho ragione stiamo combattendo contro la Mitrhil” si sbilanciò il ragazzo.

“Come può saperlo?” chiese Owen.

“Hanno portato lì uomini e mezzi senza che noi, anche con accurate ricognizioni, fossimo in grado di individuarli, sono gli unici a poter fare una cosa simile. E poi i loro SAM sono incredibilmente efficienti...” spiegò Turner.

“Crede che ci avessero individuato?” chiese Owen ancora poco convinto.

“Improbabile. Tuttavia sono riusciti ad agganciare con estrema facilità un caccia, la cui forma e rivestimento esterno sono concepiti per eludere il radar, per di più volava a bassissima quota, beneficiando delle interferenze radar prodotte dal terreno. Abbiamo unità in zona?>> chiese Turner.

Se il suo presentimento era corretto erano in un bel guaio; attaccare una compagnia militare privata, per di più che forniva un utile aiuto contro il terrorismo non avrebbe fatto una bella pubblicità, il che li avrebbe fatti sembrare gli aggressori.

Tirando le somme sull'onda delle considerazioni di Turner, Owen fu costretto ad ammettere che l'ipotesi non era poi tanto remota.

“Sì, la più vicina è il Cacciatorpediniere USS Lassen signore, a meno di 25 miglia nautiche” rispose lo stratega.

“Ce lo faremo bastare, ditegli di avvicinarsi con discrezione, ma di tenere pronte le armi. Che non aprano il fuoco se non in risposta ad un'aggressione” Turner era visibilmente provato; la faccenda era così caotica che non si riusciva nemmeno a capire chi aveva attaccato chi.

“Datemi le immagini ravvicinate degli AS che presidiano le struttura” ordinò il giovane ufficiale.

“Eccole. Al momento all'esterno ci sono solo cinque AS nemici”

Sul monitor principale ora vi era un primo piano di un gigantesco robot umanoide che imbracciava un enorme fucile. La fortuna però non era dalla loro, stranamente le nuove immagini trasmesse erano di qualità molto scarsa.

“Non si distingue nulla! Aumentate la risoluzione!” scattò Turner.

“Non dipende da noi, i sistemi indicano Aurora in transito suborbitale, doppiamo aspettare il cross-over” fece un tecnico.

“Ahg, al diavolo Jackson e tutti i suoi dannati marchingegni. Non possiamo aspettare così tanto! Tra due minuti sarà tutto finito” borbottò Turner.

Solo poche persone sembrarono capire il senso di quelle ultime frasi, qualunque cosa fosse però, stava interferendo con il segnale; ma non erano sorpresi che dietro quella faccenda si nascondesse Andrew Jackson. Molti dei progetti segreti dell'USAF portavano la sua firma.

“Potremmo chiedere di usare i loro sensori per ricevere le immagini” propose lo stratega.

“No, non rischierebbero mai l'individuazione solo per fornirci immagini più dettagliate” rispose Turner, il suo tono rifletteva chiaramente la sua frustrazione.

Con tutti i posti che c'erano l'Aurora doveva sbucare proprio li, proprio ora?

Turner era indignato, quando l'Air Force aveva avuto la brillante idea di costruire quell'affare si era preoccupata delle interferenze che avrebbe causato ai satelliti che le passavano sopra? A giudicare dalle immagini che Uars trasmetteva sembrava proprio di no.

“Questo sì che si chiama avere culo” pensò Turner, “Che l'Air Force stia seguendo l'azione?” si chiese, “No, se AJ volesse guardare userebbe un satellite, di certo non il suo nuovo ed iper costosissimo giocattolo”

Sulla falsa riga di questi pensieri Turner continuò a rimuginare sul da farsi, rendendosi conto infine di essere ormai a corto di possibilità; a situazioni disperate urgono misure disperate.

“Ok scattate una foto, e passatela al sistema di riconoscimento AS, è l'ultima possibilità per sapere contro chi stiamo combattendo”

L'operatore eseguì l'ordine e immediatamente cominciò a impostare il sistema di ricerca; il database racchiudeva dati su tutti gli AS, o almeno quella era la prospettiva, presenti sul pianeta ordinati per nazionalità.

I dati erano stati ricavati nei modi più disparati: ricognizioni, intrusioni in sistemi informatici oppure gli stessi AS in metallo e plastica erano stati sottratti in missioni di spionaggio per essere analizzati. Dopo pochi secondi l'analisi aveva fornito un possibile risultato. Sullo schermo era comparsa l'immagine di un robot con a fianco la scritta: “M9 Germsback, corrispondenza 37% Responso non attendibile”

“I dati sono insufficienti, quali sono i suoi ordini?” chiese Owen.

Sebbene la ricerca non era attendibile l'istinto di Turner gli diceva che quelli erano proprio gli AS della Mitrhil, ma anche se così non fosse era meglio non correre rischi e ritirarsi; avrebbero sistemato la faccenda non appena ottenuti dati più definitivi.

“Porti via di lì i suoi piloti Capitano, prima che vengano uccisi”

“Subito signore. Centrale a gruppo, abbandonate la missione immediatamente” disse Owen alla radio.

“Centrale negativo, la missione è importante la eseguirà 1” disse Alan che si era svegliato da quella di trance in cui era piombato.

Quell'esercitazione era il culmine di un intenso addestramento durato tre anni, era preparato ad affrontare missioni pericolose e non avrebbe lasciato che nessuno vanificasse i suoi sforzi.

“3 a 1, ti copro io cowboy, ma se svieni e ti schianti morirai insieme a quelli laggiù” si inserì David condividendo il suo pensiero.

“Accetto la scommessa”

“Knight 1 gli ordini sono di abbandonare!” si inserì un operatore.

“Centrale dev... rci... prob... comunicaz...” gracidò Alan simulando l'interferenza con la voce mentre cambiava canale finchè non spense la radio.

“Knight 1 abbandona!” riuscì a sentire prima di perdere il contatto. Tirò la closhe verso di sé e il suo aereo iniziò a salire.

Il suolo si allontanava sempre di più mentre saliva, raggiunta una considerevole altitudine ridusse al minimo la potenza del motore ed eseguì un looping; con il muso che puntava nuovamente verso terra mandò piena potenza ai motori che lo fecero accelerare proiettandolo a folle velocità verso terra.

La picchiata fu rapidissima, e Alan si trovò ben presto vicino alla barriera del suono per poi abbatterla senza nemmeno accorgersene, infatti i MANTA quando superavano il muro del suono lo facevano senza il tradizionale boato.

“100 nodi alla velocità di sgancio..... 50 nodi alla velocità di sgancio...” scandiva l'AI di bordo.

Il terreno si avvicinava sempre di più mentre l'X-44 sfrecciava in verticale. “Velocità di sgancio raggiunta” disse l'AI

Con la forza G che gli impediva i movimenti Alan raccolse tutte le sue forze e premette il pulsante di lancio. “Paveway sganciata” sussurrò.

Immediatamente il portello del vano bombe si aprì e una bomba a guida laser cadde fuori dall'aereo e si diresse verso il tetto dell'edificio.

 

19 Dicembre 8:32 ZULU (Ora del Pacifico Occidentale)

Stazione radar Isola Onega

 

Erano da poco passate le otto e mezza del mattino e si era appena concluso il cambio turno tra gli operatori del turno di notte con quelli del turno di giorno.

Nella sala c'era silenzio, tutti erano indaffarati a tenere d'occhio i propri settori, quando all'improvviso il radar principale si spense.

“Capo abbiamo un problema, la stazione principale non trasmette più” disse un radarista.

“Esegui la diagnostica” rispose il Sergente Colman tranquillo.

“I sensori non rispondono, è come se fossero spenti”

“Attivate le stazioni ausiliarie e mandate la manutenzione a vedere cosa è successo” disse il responsabile; era più preoccupato del fatto che fossero ciechi che del motivo per cui lo erano.

Trascorsero momenti concitati durante i quali non erano più in grado di scandagliare i cieli alla ricerca di contatti ostili.

Appena entrate in funzione, le stazioni ausiliarie ripristinarono subito la copertura radar.

“Cosa crede sia successo?” chiese il Caporale Reyes.

“Non lo so, probabilmente è andato di nuovo in corto il quadro elettrico del radar principale, a volte capita che si surriscaldi”

“Capisco. Maledetti fusibili cine-”

“Silenzio!” intimò Colman.

Tutti tacquero e nella sala piombò un silenzio surreale, carico di tensione.

“Sentite?” chiese l'ufficiale.

“Cosa dovremmo sentire?” chiese un radarista, non fece in tempo a terminare la frase che penetrò nella sala un flebile rintocco ovattato, poi un altro e un altro ancora.

“È la contraerea! Siamo sotto attacco! Perché non li abbiamo visti arrivare?!” urlò Colman.

“Forse sono contatti stealth, oppure hanno volato sotto il radar” ipotizzò un operatore.

“Cazzate! L'altitudine minima di copertura dei nostri radar è venti piedi, nessuno sarebbe tanto pazzo da volare così basso”

Grazie alla combinazione tra i potenti radar e agli uomini all'esterno della struttura, gli occupanti poterono ben presto avere un'idea di chi li stesse attaccando, che con loro gran sorpresa si trattava di una forza d'assalto davvero insolita.

“Tre caccia e un cacciatorpediniere” avvisò un radarista unendo le informazioni ricevute.

“Le nostre difese stanno cadendo come mosche, i caccia si stanno dirigendo qui” disse un radarista, ormai il panico stava prendendo possesso degli uomini, nonostante avessero ricevuto un rigoroso addestramento quello era il primo attacco che subivano.

“Chiedete aiuto alla base Merida! Che ci mandino rinforzi!”

Reyes si alzò dalla sua postazione e si diresse velocemente verso un terminale posto in un angolo, acceso il computer si infilò le cuffie e iniziò a impostare la frequenza d'emergenza. “Base Merida qui Base Onega emergenza, emergenza, siamo sotto pesante attacco combinato da mare e aria, richiediamo rinforzi!”

“Onega qui Merida, attendete comunichiamo la vostra situazione all'unità più vicina” rispose l'ufficiale di guardia.

L'ufficiale digitando un codice sul suo terminale aprì a tutto schermo una mappa del Pacifico dove erano evidenziate le posizioni di tutte unità nella zona, dopo averla osservata per un attimo si rivolse a un uomo seduto accanto a lui:

“Comunichi al De Danaan che la nostra base dell'isola Onega è stata attaccata, gli dica di assumere posizione di difesa”

“Subito signore”

 

19 Dicembre 08:51 ZULU (Ora del Pacifico Occidentale)

Sottomarino da sbarco TDD1 Thuatha De Danaan, Plancia

In navigazione profondità 325 piedi

 

“Comandante, abbiamo ricevuto una comunicazione d'emergenza:dobbiamo supportare la difesa dell'Isola Onega disse un uomo di mezza età, sulla sua divisa erano chiaramente visibili le insegne di Tenente Colonnello.

“Onega?” si lasciò sfuggire l'ufficiale in comando, ma si riprese subito, quello non era il momento di fare congetture. “ Macchine avanti tutta, rotta 3.1.5” disse con decisione il comandante, la giovanissima Teresa Testarossa.

“Agli ordini. Macchine avanti tutta, timone a babordo, cinque gradi di appruamento, rotta 3.1.5, portarsi a profondità 165 piedi” ripeté l'ufficiale in seconda.

“Signor Mardukas, abbiamo qualche informazione sul nemico?” chiese Tessa.

“Sappiamo solo che si tratta di unità aeree e navali” rispose desolato Mardukas.

“Capisco...” cominciò il giovane comandante del sottomarino mentre giocherellava con la sua treccia con aria pensierosa.

“Possiamo comunicare con Onega per conoscere la situazione?” concluse.

Senza ulteriori indugi l'addetto alle comunicazioni aprì un collegamento tra il sottomarino e Onega. “Siamo collegati Colonnello”

“Base Onega, qui TDD HQ, riferite il vostro stato” disse Tessa.

“Qui Base Onega, la situazione è critica! Siamo sotto fuoco pesante e le nostre difese sono inefficaci! Siamo stati colti di sorpresa!” rispose Colman, la sua voce era distorta dalle interferenze.

“Colonnello, rilevato contatto sonar di superficie” si intromise l'addetto al sonar.

“Riuscite a identificarlo?” domandò la ragazza mettendo momentaneamente a tacere la radio.

“Attenda... sì identificazione confermata, è il cacciatorpediniere USS Lassen, Classe Arleigh Burke della Marina statunitense”

“Dannazione!” esclamò Mardukas. Aveva l'aria di chi sapeva qualcosa in merito, e a giudicare dal suo tono non era nulla di buono.

“Lo conosce signor Mardukas?” chiese Tessa.

“Sì Comandante, l'ho visto in azione quando facevo ancora parte della Marina inglese, durante un'operazione navale congiunta; è una macchia spaventosa, concepita per scagliare decine di missili sul nemico e allontanarsi indisturbata”

“Come consiglia di agire?”

L'uomo non ebbe esitazioni. “Comandante, per quanto io condivida la sua politica di ridurre al minimo l'uso della forza, questa volta mi vedo costretto a consigliarle di colpire il bersaglio e affondarlo, se il Lassen fa fuoco non resteranno nemmeno le briciole”

“E' sicuro che non ci siano altre alternative? Dopotutto si tratta pur sempre della Marina degli Stati Uniti!” obiettò Tessa spiazzata da una simile determinazione.

“No comandante”

Come temeva, Mardukas era stato irremovibile; e per di più attaccare gli aggressori rientrava tra le direttive di missione. Tessa sospirò. “D'accordo, stato di massima allerta, tutti ai posti di combattimento” mormorò la ragazza poco convinta, per poi riaprire le comunicazioni con la base attaccata.

“Onega, qui TDD HQ resistete saremo da voi entro pochi minuti!” disse Tessa, cercando di restare calma e mascherare l'ansia; anche se era consapevole della gravità della situazione quella era la prima volta che ordinava di affondare una nave e non poteva fare a meno di pensare a tutte le persone imbarcate e che inevitabilmente molte di loro sarebbero morte.

“Sbrigatevi o qui non AAAAGGHHHHH-” il collegamento si interruppe.

“Sergente Colman!”

Nessuna risposta

“Base Onega mi sentite?!”

La comunicazione si era interrotta bruscamente, una bomba aveva appena squarciato il soffitto ed era esplosa proprio nel centro della sala, il vuoto d'aria causato dall'esplosione aveva fatto crollare le spesse mura su se stesse trasformando il complesso in cumulo di macerie.

 

19 Dicembre 08:51 ZULU (Ora del Pacifico Occidentale)

Da qualche parte nei cieli sopra l'isola Onega

 

“Knight 1 a segno. Area sgombra” disse Alan dissimulando il guasto alla radio.

“Bel colpo 1” si congratulò Mark.

“Non ero preoccupato, non ero preoccupato” scherzò David.

“Usciamo di zona in pieno regime stealth” ordinò il caposquadra.

“Ricevuto, pieno regime stealth, si torna a casa” confermarono i gregari e in men che non si dica si gettarono alle spalle quell'inferno, ma non prima di ricevere il bollettino.

“Centrale a squadriglia valutazione danni; obiettivo primario, struttura corazzata, si calcola: centro perfetto, obiettivo completamente distrutto. Danni collaterali: zero” disse lo specialista di missione, mentre di sottofondo trapelavano gli applausi e i fischi di gioia.

Ricevuta la conferma dell'effettiva distruzione del bersaglio, i tre aerei invertirono la rotta e accelerarono per ritornare alla base, lasciando il posto al Lancer che sopraggiungeva a tutta velocità. Ottenuta l'autorizzazione all'attacco il bombardiere aprì i portelloni della stiva e lasciò cadere due bombe a grappolo BLU97 CEB che appena uscite dal ventre dell'aereo rilasciarono il loro paracadute stabilizzante che permise al sistema di guida GPS di posizionare accuratamente le testate. Raggiunta quota e posizione di detonazione, una prima carica di esplosivo spellò il rivestimento esterno della bombe, esponendo i veri vettori di lancio e preparandoli al distacco che avvenne tramite un innesco meccanico; dall'involucro caddero fuori dieci oggetti di forma conica, anch'essi dotati di paracadute. Grazie a una seconda carica di esplosivo anche questi furono spellati dell'involucro e proiettarono all'esterno centinaia di sub munizioni che grazie alla loro forma simile a un pack da hockey incominciarono a ruotare, prerogativa indispensabile per permettere al sistema di localizzazione del bersaglio incorporato all'interno di ogni sub munizione di fare il suo dovere, scandagliando con cerchi sempre più ampi il terreno usando un sensore a infrarossi. Inquadrato un bersaglio le sub munizioni ricaddero su tutta l'area distruggendo la pista di decollo e gli hangar del campo di volo, nel caso in cui la sub munizione non avesse rilevato alcun bersaglio si autodistruggeva in volo.

Ormai l'ultima struttura ancora riconoscibile della base era stata distrutta.

Completato anche questo raid le forze dell'Aeronautica degli Stati Uniti si ritirarono, lasciandosi alle spalle solo rovine fumanti di quella che un tempo era una base della Mitrhil.

 

19 Dicembre 08:58 ZULU (Ora del Pacifico Occidentale)

Sottomarino da sbarco TDD1 Thuatha De Danaan, Plancia

In navigazione vicino all'isola Onega, profondità 165 piedi

 

All'interno della sala comando del TDD regnava un silenzio tombale, nessuno osava parlare e nessuno nessuno riusciva a capacitarsi di cosa era appena successo. Erano arrivati tardi e il primo raid era andato a segno.

“Comandante, abbiamo perso il contatto con la Base Onega. È possibile che sia stata colpita” disse Mardukas.

“Siamo arrivati tardi... qual'è la posizione del Lassen?” chiese Tessa.

“Il Lassen è in posizione di fuoco, rileviamo manovre di approntamento missili” rispose l'addetto al sonar.

“Colonnello, ora o mai più. Siamo in posizione perfetta, possiamo attaccare e ritirarci, i rischi sono minimi” intervenne Mardukas.

Tessa non rispose, chinò la testa e riprese a tormentarsi la sua treccia.

“Comandante?”

Nessuna risposta.

“Comandante!”

“Proceda. Allagare tubi di lancio 1 e 2, aprire cappelli esterni” Tessa cedette, chiuse gli occhi mentre impartì quell'ordine.

Dalla sala di comando, sul ponte centrale si udì un suono metallico segno che i tubi si stavano allagando e i portelli protettivi che chiudevano i lancia siluri si erano aperti, ora era ufficiale, il TDD stava per intraprendere la sua prima battaglia navale, e il suo avversario era un vascello davvero formidabile.

“Tubi di lancio allagati, cappelli esterni aperti, pronti al fuoco in qualunque momento” riferì l'addetto alle armi.

“Numero 1, lanciare”

 

Contemporaneamente

Cacciatorpediniere USS Lassen

 

Il mare era calmo, sferzato soltanto da una leggera brezza che leniva la calura del sole mattutino, sulla superficie dell'acqua quasi immobile si potevano ammirare splendidi giochi di luce, prodotti dal riverbero del sole.

La quiete però fu rotta dall'arrivo di una grande onda che trasformò la superficie cristallina dell'acqua in una brodaglia gorgogliante di schiuma. Quest'onda era stata prodotta dal passaggio dello USS Lassen in pattugliamento.

Era una nave di notevoli dimensioni, con la sua lunghezza di oltre 155 metri e un dislocamento in acqua di 9200 tonnellate era una delle navi più grandi della sua classe.

“Capitano, rilevato contatto sonar sommerso, possibile sommergibile in avvicinamento, rotta 3.1.5 profondità 165 piedi distanza 1287 yard” avvisò l'addetto al sonar.

“Identificatelo” ordinò il Comandante di Vascello Walter Wrye.

“Signore è impossibile”

“E per quale motivo?”

“Non capto il rumore delle eliche signore, l'unica cosa che ho sentito è stato un rumore simile all'allagamento dei lanciasiluri”

“Impossibile! Come può essere così silenzioso da-” non riuscì a finire la frase; l'addetto al sonar gli strillò sopra.

“ Rilevate eliche in acqua siluro in avvicinamento, rilevamento 2.7.0 distanza 900 yard!”

Wrye impallidì, in quella posizione non c'era tattica che avesse senso, qualunque cosa avesse fatto sarebbe stato colpito; la tattica navale insegnava che una nave colta di sorpresa da un sottomarino era quasi sempre spacciata, ma lui non era il tipo da farsi impressionare né da prendere alla lettera quello che avevano scritto un branco di parrucconi su un libro. “Timoniere, macchine avanti tutta, rotta 3.1.5. Controllo armi allagare tubi di lancio 1 e 2!” urlò.

“Signore ma così andremo dritti verso il siluro! È un suicidio!” disse l'ufficiale in seconda.

“Questo è un ordine!” Wrye zittì tutti; si tenne quando l'imbarcazione sbanò a sinistra per cambiare rotta.

“Siluro in avvicinamento, distanza 600 yard.. 400... 200...” scandì l'addetto sonar mentre sul suo schermo seguiva l'avanzata del siluro verso la chiglia della nave.

“Suonate allarme collisione!” ordinò Wrye e immediatamente l'ufficiale in seconda corse ad azionare l'allarme, nel mentre afferrava la cornetta dell'interfono. “Prepararsi all'impatto!!”

Una sirena riescheggiò per tutta la anve, tutti a bordo si ancorarono saldamente a qualunque cosa avesse una parvenza di inamovibile aspettando l'inevitabile impatto.

Ma non successe nulla. Il siluro passò sotto lo scafo senza esplodere, proseguendo la sua corsa lontano dalla nave.

“Siluro a vuoto” l'addetto sonar tirò u sospiro di sollievo.

In plancia esplosero urla di gioia per il pericolo scampato, ma si sopirono velocemente, la battaglia non era ancora finita.

“Come è possibile, erano in posizione perfetta per colpirci, cos'è.... Ma certo! I siluri necessitano di 1000 yard per armarsi e noi correndogli in contro non gli abbiamo dato il tempo di farlo!” esclamò compiaciuto l'ufficiale in seconda.

“Esatto, nella posizione in cui eravamo non saremmo riusciti ad evitarlo con le manovre classiche. Il loro comandante deve essere un imbecille, una fighetta appena uscita dalla scuola ufficiali. Bene signori facciamogli vedere come si ammazza con un siluro!” li spronò Wrye per poi concentrarsi sulla battaglia “Sonar, avete ancora il contatto sugli schermi acustici?”

“Negativo, continuiamo a non captare le eliche, ma abbiamo agganciato la sua firma magnetica, rilevamento 2.7.4 distanza 500 yard in aumento, ci sono passati sotto”

“Bene stategli addosso, non perdetelo. Timoniere invertire la rotta, portiamo in asse con le sue eliche”

“Agli ordini” rispose il timoniere e subito girò violentemente la barra del timone, la pesante nave si inclinò pericolosamente mentre virava per inseguire il misterioso sottomarino.

“Bersaglio ancora attivo, distanza 1025 yard rilevamento 2.7.1” avvisò l'addetto sonar a fine manovra.

Wrye non ci pensò un istante, avevano un rilevamento chiaro ed erano a distanza sufficiente per lanciare, presto avrebbe ricambiato il favore. “Numero 1, numero 2, lanciare!” esclamò Wrye.

“Numeri 1 e 2 lanciare” ripeté l'addetto alle armi premendo il pulsante di fuoco; assieme alla testata partì anche l'inconfondibile sibilo di due siluri MK 32 a super cavitazione che uscivano dalla nave e si dirigevano a tutta velocità verso il sottomarino.

“Siluri lanciati distanza 1000 yard in avvicinamento rapido al bersaglio, 800...400...200”

“E' nostro!” esultò Wrye compiaciuto.

Ma quando ormai sembrava che il sottomarino fosse spacciato, alle cuffie dell'addetto al sonar arrivò un fruscio metallico.

“Signore hanno lanciato le contromisure.... siluri a vuoto”

“Maledizione! Quel bastardo non saprà combattere ma ha un gran sangue freddo. Armare tubi di lancio 3 e 4”

Alcuni secondi e alcune decine di litri d'acqua marina dopo, i tubi erano pronti.

“Numeri 3 e 4 fuo-”

“Capitano siluro in acqua rilevamento 1.4.1 distanza 1100 yard in avvicinamento!”

“Manovra evasiva, preparare contromisure”

“Siluro in avvicinamento distanza 500... 400...” scandiva l'addetto al sonar mentre per la seconda volta un nodo gli serrava la gola.

“Lanciare contromisure” ordinò il Comandante.

Un altro sibilo proveniente dalla chiglia della nave indicava il corretto distacco e l'entrata in acqua del falso bersaglio.

“Contromisure fuori!” urlò l'addetto sonar mentre osservava sul suo schermo l'andamento di quell'intricata danza mortale che inscenavano i due congegni.

“CONTROMISURE INEFFICACI IL SILURO E' ANCORA DIRETTO SU DI NOI!” urlò in preda al panico quando il siluro superò senza curarsene il falso bersaglio; doveva essere un siluri estremamente sofisticato.

Nessuno ebbe il tempo di prepararsi, tutto cominciò e si concluse in un istante. Un boato squarciò l'aria e un'immensa colonna d'acqua si alzò sotto la chiglia della nave che sussultò pericolosamente e imbardò violentemente a destra.

 

19 Dicembre 09:13 ZULU (Ora del Pacifico Occidentale)

Sottomarino da sbarco TDD1 Thuatha De Danaan, Plancia

In navigazione profondità 165 piedi

 

Sullo schermo sonar comparve un rilevamento di rumore, identificato poi dal sistema come un'esplosione sottomarina.

“Siluro a bersaglio Colonnello” riferì l'addetto sonar del De Danaan.

“Valutazione impatto” disse Tessa cercando di non sembrare scossa.

“Il siluro ha colpito il Lassen sulla corazza anti-siluro della linea di galleggiamento, probabilmente non è più in grado di usare uno degli alberi motore ma la pesante corazzatura ha assorbito il colpo e resta a galla” disse l'ufficiale tattico.

“Sono ancora in grado di rispondere al fuoco?” domandò la ragazza, turbata all'idea di dover lanciare un secondo attacco.

“Teoricamente, la sala siluri e i lanciatori verticali, non hanno subito danni ma non credo che colpiranno molto presto, saranno impegnati a riparare i danni”

“Gli abbiamo fatto vedere chi comanda” esultò Mardukas.

“Già....” rispose Tessa con poca convinzione, la sua espressione più che gioia esprimeva invece dispiacere e tristezza.

“Colonnello, deve essere orgogliosa di come ha condotto questa mis-” Mardukas, fu interrotto dall'addetto al sonar.

“Siluro a poppa via, distanza 100 yard devono averlo lanciato prima dell'impatto! IMPOSSIBILE EVITARE!”

“Co-” Tessa non fece in tempo a dire quasi nulla che il sottomarino venne scosso da poppa a prua da una violenta esplosione, tutti quelli che non erano saldamente ancorati a qualcosa vennero sbalzati a terra; l'allarme che indicava una falla nello scafo iniziò a suonare, sui monitor comparvero le aree colpite del siluro.

“Rapporto danni!” urlò Tessa mentre si aggrappava a un bracciolo della sedia per rialzarsi; era dolorante per la caduta ma era illesa.

“Sala motori, antenne ECS posteriori e derive posteriori danneggiate, a bordo solo feriti lievi” rispose con una voce metallica ma suadente, DANA, l'AI di bordo.

Ristabilita la calma a bordo, tutti ripresero ordinatamente i loro posti, gli ignari si chiedevano contro cosa avessero combattuto, e come aveva fatto il nemico a colpire il TDD, ma le loro domande furono presto risolte da una comunicazione per l'equipaggio da parte del Comandante, che li informava che avevano appena attaccato una nave della Marina Militare statunitense.

“Colonnello, dovremmo ritirarci, ormai il Lassen sta virando e lascia la zona, e noi dovremmo ritornare alla base per riparare i danni” osservò Mardukas.

Tessa stava per obiettare che il danno non era poi così grave da richiedere un intervento di manutenzione in quanto avevano ancora una missione da completare, ma fece appena in tempo ad aprire la bocca che si sentì la testa stranamente umida, alzò lo sguardo e vide una gocciolina d'acqua infiltrarsi tra i pannelli del soffitto e caderle sul naso. Quella piccola infiltrazione la turbò profondamente, e fu costretta a considerare la possibilità che quella ma anche eventuali altre falle sparse per il sottomarino si potessero aggravare se non adeguatamente riparate.

“Siamo stati molto fortunati... bene signor Mardukas, facciamo rotta verso l'isola Merida”

Il sottomarino invertì la rotta e si diresse verso la base, allo stesso modo, il cacciatorpediniere Lassen fece rotta verso Yokosuka, dove Turner e Owen avevano assistito impotenti allo svolgimento della battaglia. I loro sguardi si incrociarono, entrambi esprimevano la loro incredulità e l'incapacità di formulare un giudizio su ciò che era appena accaduto.

“Chiami il Generale Jackson, immediatamente, gli dica che è imperativo arrivi qui il prima possibile” disse Turner.

“Ma signore, ora nella West Coast è notte fonda!” obiettò Owen.

“Allora lo svegli!”

  
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