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Autore: Bombay    20/10/2013    4 recensioni
“Un uomo un giorno mi disse: essere liberi significa avere un posto in cui tornare, sia esso una casa, una famiglia, un amore. La mia casa è l’Enterprise, la mia famiglia è il mio equipaggio e l’amore… sei tu”
[Post Star Trek - Intodarkness]
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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Rating: PG-17
Pairing: Kirk-Spock
Spoiler: sì, sul finale di “Into Darkness”
Disclaimers: i personaggi non sono miei, ma di Gene Roddenberry (J.J. Abrams). I personaggi e gli eventi in questo racconto sono utilizzati senza scopo di lucro.
 
L’evento scatenante
di Bombay
 
La sala del teletrasporto si parò dinnanzi ad i suoi occhi.
“Capitano” la voce allarmata di Scotty mentre gli andava incontro seguito da Bones.
“Jim!”
Ma Kirk non li ascoltava, fissava con occhi sgranati la grande macchia verde che si stava allargando sulla divisa azzurra del Primo Ufficiale.
“Spock” lo chiamò e per un attimo le palpebre si socchiusero rivelando l’ossidiana che si nascondeva sotto di essi.
“La prego… resista… siamo sull’Enterprise”
Il vulcaniano chiuse gli occhi poggiando la testa sul petto di Jim che cercava invano di arrestare l’emorragia della terribile ferita al fianco.
“Non lasciarmi…” gemette mentre calde lacrime gli rigavano il viso sporco, ma Spock non rispose.
“Jim…” lo chiamò Bones spostando l’attenzione del Capitano su di sé.
“E’ morto…” sussurrò.
“No… no! Fa  qualcosa Leonard qualunque cosa. Ti prego” gemette tornando a fissare il volto esanime del Primo Ufficiale.
“Non c’è nulla che io possa fare, Jim. La ferita era troppo grave…”
“No… no… no… no…” cantilenò Kirk stringendo a sé il corpo senza vita di Spock. Dovevano fare ancora tante cose… doveva dirgli che…
“Mi dispiace, Jim…”
Kirk sollevò lo sguardo verso McCoy e vide le lacrime scendere anche dai suoi occhi.
“NOOOOOOOOOOO!”
 
***
 
Fu la sua stessa voce a destarlo di colpo.
Si mise a sedere di scatto, madido di sudore ghiacciato. Il viso bagnato di lacrime.
“Luce” gridò e la stanza fu invasa dal chiarore dei neon.
Trasse un respiro profondo, scendendo dal letto. Era solo un incubo, uno stupidissimo sogno.
Allora perché si sentiva così male?
Andò in bagno a sciacquarsi il viso, scosse la testa con forza, non riusciva a scrollarsi di dosso l’orribile sensazione che l’incubo gli aveva lasciato. Era ancora terribilmente nitido nella sua mente.
 
Prese il pad: erano le 5.16 del mattino. Mancava ancora parecchio tempo al suo turno avrebbe potuto tornare a dormire, ma osservò per un istante il letto sfatto.
No, per quella notte non sarebbe più riuscito a riposare.
Controllò sul padd, dove si trovasse Spock;  non si sorprese affatto di localizzarlo in uno dei laboratori: il numero dieci sul terzo ponte.
Si vestì in fretta e senza sapere perché, ma mosso solo da una inspiegabile ansia, raggiunse il laboratorio.
Quando entrò, Spock sollevò il viso da uno dei microscopi ed alzando un sopracciglio mormorò: “Capitano?”
In quel preciso momento Jim si sentì molto stupido e molto sollevato.
Per un brevissimo istante fu tentato di protendersi verso il Primo Ufficiale ed abbracciarlo, sentire la consistenza ed il calore del suo corpo tra le braccia.
Avvertire il suo respiro ed il battito del suo cuore alieno.
Ma sapeva quanto i vulcaniani fossero restii al contatto fisico quindi si limitò a poggiargli una mano sul braccio e stringerla appena, sentì le spire dell’incubo allontanarsi dal suo animo.
“Capitano, sta bene?” indagò era evidentemente confuso dallo strano comportamento di Kirk.
“Ora sì…” sussurrò sorridendogli, gli era bastato poco per calmarsi.
Spock aveva questo potere su di lui, ne era affascinato e spaventato nel medesimo istante.
“Cosa ci fa qui a quest’ora?” chiese visto che Jim non pareva intenzionato a parlare.
“Uh… beh ecco mi sono svegliato e non riesco a riaddormentarmi” spiegò non era tutta la verità, ma non stava nemmeno mentendo.
“Mi sono ricordato dei campioni che aveva prelevato durante la nostra ultima esplorazione, so che non deve dormire tanto come noi. Ho  immaginato che usasse il suo tempo per fare qualche ricerca e così sono venuto qui…”
Spock lo sondò con i suoi occhi scuri, non sembrava convinto, ma aveva comunque accettato la spiegazione del Capitano.
“Può raccontarmi di che si tratta?” si informò Kirk avvicinandosi al microscopio e sbirciando nel visore.
“Lei di solito trova noiose le mie spiegazioni”
“Per favore”
C’era una nota insolita nella voce del Capitano che lo spinse ad assecondare la sua richiesta.
Prese a parlare, spigandogli per filo e per segno quanto aveva osservato e scoperto.
Kirk si sedette negligentemente sul bancone accanto al microscopio osservando Spock da vicino ogni suo movimento, ogni sua più piccola espressione.
Al volto concentrato del Primo Ufficiale si sovrappose quella del suo sogno: esangue e morente.
Kirk si sfregò gli occhi già arrossati cercando di cancellare quell’immagine.
Spock aveva smesso di parlare e quando Kirk finì di tormentarsi gli occhi si rese conto che lo stava fissando.
“Vuole dirmi che cosa ha?” ordinò perentorio. Jim abbassò lo sguardo incapace di continuare a guardare in quegli occhi ed essere sondato da essi.
“E’ agitato e… angosciato”
Il Capitano prese a giocare con un provetta vuota, Spock lo aveva messo alle strette con due parole, andava sempre a finire così.
“Ho avuto un incubo” confessò con voce lamentosa, dondolando i piedi avanti ed indietro provocando un basso e ritmico tonfo contro il bancone di metallo.
Si sentiva così sciocco ed infantile.
“I sogni sono proiezione della sua mente, se vengono mischiate alle paure nascono gli incubi. Solitamente, quando ci si desta, e si torna padroni della propria mente, tutto scompare”
Kirk si strinse nelle spalle “Solitamente…”
Spock posò il padd e si spostò davanti a Kirk che smise di ciondolare le gambe.
“Nel suo caso la sta ancora turbando e mi domando perché?”
“Perché non continua a spiegarmi di quella spora? Ascoltare la sua voce…” sussurrò Kirk sporgendosi un po’ più avanti e Spock non si tirò indietro “Mi rasserena” concluse.
“Perché non mi racconta il suo incubo. Forse, analizzandolo, si renderà conto che non è poi così spaventoso come sembra. Parlandone può esorcizzare le sue paure”
Kirk si umettò le labbra titubante.
“Eravamo nella sala teletrasporto…” iniziò a bassa voce senza guardarlo negli occhi.
“Io… io la tenevo tra le braccia e… lei…” deglutì per riuscire a proseguire, dare voce a quell’incubo era ancora più spaventoso “Ha esalato il suo ultimo respiro sul mio petto” sussurrò stringendo tra le dita la provetta. Nuovamente l’angoscia che aveva provato in quel momento lo pervase.
“Aveva una terribile…” inghiottì ancora per poter continuare “Ferita qui…” disse indicando il fianco dentro di Spock con il fondo della provetta, lì c’era il suo cuore.
“Il suo sangue… si allargava sulla maglia dell’uniforme. Non potevo fare niente per fermarlo. Il suo sangue smeraldo scorreva portandosi via la sua vita” disse sollevando gli occhi in quelli di Spock, due occhi azzurri colmi di lacrime trattenute a fatica “Portandola via me” abbassò le palpebre e le lacrime scesero incontrollate.
Spock era sorpreso e turbato da quelle parole. Non  aveva mai visto Kirk lasciarsi andare in quel modo.
Eppure, da qualche tempo, il Capitano si comportava in modo strano e appariva più vulnerabile.
Doveva essere per quello che era accaduto con Khan. Non poteva esserci altro spiegazione logica. Nonostante Kirk avesse passato tutti i test fisici e psichici, probabilmente non aveva ancora realmente superato quanto era successo.
Gli posò le mani sulle spalle e si sorprese di quanto quel gesto gli venisse naturale.
“Sono qui e sto bene” lo rassicurò e Jim sorrise tra le lacrime, tirando su con il naso.
“Mi scusi, penserà che sono un patetico essere umano che si lascia sopraffare dalle emozioni, ma…” iniziò poggiando una mano sul braccio del Primo Ufficiale, aveva un disperato bisogno di contatto fisico.
“Se lei morisse io rimarrei di nuovo solo” concluse in un soffio.
“Lei non è solo, Capitano. Il dottor McCoy è suo amico ed anche altri membri dell’equipaggio lo sono”
Jim scosse la testa “Lo so… ma è diverso, con lei è diverso” disse “Non so spiegarlo sono… sono così confuso”
“Era solo un incubo, sono qui con lei. Non pianga” lo rassicurò in una maniera che fece scaldare il cuore di Jim.
“Lei ha pianto per me quando…”
La stretta sulle sue spalle si accentuò.
“Jim, lei stava morendo a causa delle radiazioni. Quella era la realtà, non il frutto della mia mente dormiente”
Kirk annuì asciugandosi il viso con la manica.
Si sporse in avanti fino a poggiare la fronte sulla spalla del Primo Ufficiale. Lo sentì irrigidirsi al suo gesto, ma non lo allontanò.
Jim chiuse gli occhi inspirando il profumo di Spock, si sentiva così bene in quel momento, che avrebbe voluto rimanere lì per sempre.
“Capitano” la voce del Comandante lo riportò alla realtà.
“C’è ancora un’ora prima dell’inizio del suo turno. Torni in cabina e riposi fino ad allora” propose.
Il giovane non si mosse per un lungo momento tanto che il vulcaniano stava per richiamarlo ancora, ma l’altro  si sollevò.
“Sì, seguirò il suo consiglio” mormorò scendendo dal bancone.
Spock lo seguì e Jim si volse verso di lui guardandolo sorpreso.
“L’accompagno” disse e sembrava essere sul punto di aggiungere qualcos’altro, ma non lo fece.
Camminarono fianco a fianco lungo i corridoi, le loro mani si sfioravano e si volsero entrambi guardandosi intensamente. C’erano troppe cose sospese tra loro.
“Ci vediamo sul ponte di comando, Capitano” lo salutò Spock quando arrivarono alla cabina di Kirk.
“Grazie” disse quest’ultimo sparendo al suo interno.
 
***
 
Kirk fissava lo spazio davanti a sé. La notte eterna punteggiata di stelle.
La plancia era silenziosa tutti erano concentrati sugli strumenti, ma nulla turbava la loro quiete. Era stata una giornata lunga e noiosa, non era successo nulla di rilevante.
Il Capitano si alzò incapace di stare seduto ancora, oltrepassò il timoniere e si accostò alla vetrata posando i palmi delle mani sul cristallo freddo.
Aveva qualcosa che gli opprimeva il petto. Trasse un profondo respiro che però si bloccò a metà.
Chiuse gli occhi posando anche la fronte sul vetro, respirare gli era divenuto difficile.
Si allontanò di scatto e tornò verso la poltrona cercando di inspirare ancora a pieni polmoni, ma il respiro gli si frammentò in gola.
“Capitano?” la voce di Spock lo raggiunse.
“Non… respiro” ansimò in preda al panico. Che gli stava succedendo?
Si trovò carponi sul pavimento della plancia, il fiato gli usciva in brevi rantoli sempre più rapidi. Il senso di oppressione al petto era aumentato ed era divenuta quasi insopportabile, aveva il braccio sinistro informicolato.
Strinse forte gli occhi, non poteva avere un infarto!
“Apra gli occhi, Capitano” ordinò Spock, con voce calma.
Non ci riusciva, tutto vorticava intorno a lui. Si impose di ascoltare quella voce.
“Apra gli occhi, Jim! Mi guardi”
Con un immenso sforzo Kirk socchiuse gli occhi. Rendendosi appena conto di essere seduto sul pavimento, Spock lo teneva fermamente per gli avambracci.
“Continui a guardarmi, si concentri su di me” proseguì dandogli istruzioni precise “Cerchi di respirare lentamente” ordinò perentorio.
“Non… ce… la… fac… ccio” ansò.
“Non parli. Respiri adagio. Ha capito? Lentamente” disse scandendo le parole.
“Si sta iperventilando” una voce di donna alle sue spalle… forse il tenente Uhura.
“Lo so” rispose il vulcaniano.
Kirk fissò gli occhi in quelli neri e profondi di Spock incapace di riuscire a fare quello che gli era stato  detto. Sentiva la testa leggera, era prossimo a perdere i sensi.
“Respiri dal naso, non dalla bocca” ripeté Spock lasciandogli le braccia, Jim si sentì cadere all’indietro, ma qualcuno lo sosteneva. Le mani di Spock si posarono a coppa sul suo naso e sulla sua bocca, facendogli respirare la stessa aria che espelleva.
“Jim… inspiri… espiri, ancora. Inspiri… espiri. Bravo. Inspiri… espiri…” disse dandogli un ritmo cadenzato, che Kirk riuscì a rispettare anche se a tratti tratteneva il respiro.
“Non vada in apnea, Capitano. Ascolti la mia voce. Inspiri ed espiri…”
Il giovane annuì posando le mani sui polsi di Spock, lentamente quello che lo circondava prese ad avere nuovamente consistenza.
Era vicino al turbo ascensore, Uhura era seduta a terra dietro di lui; era lei che lo stava sostenendo. Accucciato accanto a Spock c’era McCoy che lo fissava preoccupato. Jim non avrebbe saputo dire da quanto il medico si trovasse lì.
Sul ponte di comando regnava il silenzio più assoluto e tutti lo stavano guardando.
Kirk allontanò le mani di Spock dal suo viso rendendosi conto di quanto fossero calde quelle dell’altro, mentre le sue erano ghiacciate.
“Sto meglio…” riuscì a dire, sentiva il sudore colargli giù per la schiena ed appiccicarli la maglia alla pelle, cominciava ad avere freddo.
“Ti si sta abbassando la pressione” constatò il medico di bordo osservando gli strumenti.
“Ho freddo” sussurrò incrociando le braccia, che spettacolo patetico stava dando di se stesso.
Uhura gli sfregò le mani sulla schiena in un goffo tentativo di rassicurarlo e scaldarlo.
“Vada in infermeria” consigliò Spock alzandosi in piedi.
“Sto bene. Non manca tanto alla fine del mio turno…” protestò cercando di rimettersi in piedi, ma le gambe sembravano non volerne sapere di tenerlo su.
McCoy e Spock lo aiutarono.
Kirk chiuse gli occhi per un lungo momento, la testa gli girava in modo impietoso e le gambe gli tremavano.
“Respirando tanto in fretta, ha fatto arrivare troppo ossigeno al cervello. Il senso di vertigine dovrebbe passare a breve” lo informò Spock con il solito tono pratico.
Aprendo nuovamente gli occhi, Kirk passò uno sguardo sui membri della plancia e tutti lo osservavano preoccupati. Anche Spock sembrava in apprensione per lui, ma forse vedeva solo quello che voleva vedere.
“Sto bene ora” cercò di rassicurarli.
“Mi lasci, riesco a camminare da solo” mormorò Jim forse in modo troppo brusco.
“Vieni, ti do una controllata in infermeria” lo spronò Leonard entrando nel turbo ascensore.
 
***
 
Steso su un letto dell’infermeria, con una coperta addosso, si sentiva decisamente meglio, anche se una immensa spossatezza si stava facendo strada in di lui.
“Non hai nulla che non va”
A fatica Kirk aprì gli occhi “Avevo il braccio sinistro informicolato e un senso di oppressione qui” spiegò posandosi una mano al centro del petto.
“Hai avuto un attacco di panico” spiegò McCoy.
Con il poco fiato che gli restava in corpo Jim scoppiò a ridere “Non scherziamo”
“Ti sembra che stia scherzando?”
“No” rispose sollevando le coperte fino ad infilare sotto anche il naso.
“Non ho mai avuto crisi di panico in vita mia” brontolò.
“C’è sempre una prima volta. Questa potrebbe essere la prima e l’ultima della tua vita oppure l’inizio di una serie”
“Opto per la prima”
“Le crisi di questo genere sono reazioni psicosomatiche, che hanno un evento scatenante”
“Ero seduto in plancia che guardavo le stelle, ero tranquillo…” disse cercando di ricordare “Ci sono state altre volte che non ero così calmo eppure non ho dato di matto”
“Forse non hai ancora superato quanto è accaduto con Khan”
“Non ricominciare con questa storia, Bones. Ho superato tutti test psico-fisici. Sono stato ritenuto idoneo al comando. Non comprendo perché ti ostini a chiedermelo di continuò” lo aggredì.
Il dottore alzò gli occhi al cielo, quando si toccava quel tasto, il suo amico diventava irascibile e si metteva sulla difensiva. Non serviva essere psicologi per capire, da quell’atteggiamento, che non aveva affatto superato il trauma, anche se sosteneva caparbiamente il contrario.
“A cosa stavi pensando mentre guardavi le stelle?” indagò sondando un’altra strada.
Jim fece mente locale, si era voltato verso la postazione del Primo Ufficiale ed aveva osservato la schiena di quest’ultimo, fino a quando, sentendosi osservato si era girato ed i loro occhi si erano incatenati per alcuni istanti, poi erano tornati gli uni sulle strumentazioni, gli altri sulle stelle.
A Jim era tornato alla mente il sogno che aveva fatto quella notte e alla conversazione avuta con il Primo Ufficiale, nel laboratorio, a come si era sentito bene in quel momento.
“Stavo… stavo ripensando ad un sogno”
McCoy inarcò un sopracciglio “Un sogno? Che genere di sogno?”
Kirk sentì ancora l’angoscia attanagliarli il petto “Un incubo in realtà”
Leonard rimase in attesa che Jim proseguisse.
“Ho sognato che Spock moriva…” raccontò.
“Ah” fu l’asciutto commento del dottore.
Kirk aggrottò la fronte “Come sarebbe a dire ‘ah’?”
“Andiamo, non ti sarai lasciato suggestionare da uno stupido sogno?” domandò con un tono canzonatorio ed un sorriso sulle labbra.
Kirk si strinse nelle spalle e la sua espressione si rabbuiò.
“Ehi, il troll dal sangue verde è sul ponte di comando.   Sta  meglio di te e me messi insieme”
Kirk annuì mettendosi seduto, passandosi una  mano sul viso.
“Mangia qualcosa di leggero e va a riposare, domani sarai bello pimpante come al solito”
 
Kirk entrò nella propria cabina, si tolse i vestiti e si infilò sotto la doccia. Il getto di acqua calda fu una benedizione.
Si lasciò cadere a peso morto sul letto e la stanchezza lo sopraffece in pochi attimi.
Era davvero confuso, i suoi pensieri andavano sempre a finire al suo Primo Ufficiale in un modo o nell’altro.
A volte si soffermava ad osservarlo troppo a lungo, riusciva a cogliere ogni piccolo cambiamento nella sua voce.
Poteva ancora avvertire il tocco di Spock sul viso, mentre lo aiutava a calmarsi.
Si girò su un fianco, raggomitolandosi, chiuse gli occhi e tornò con la mente alla camera stagna.
Il suo stomaco si contrasse e la medesima sensazione di terrore lo pervase.
Leonard aveva ragione, non aveva ancora superato quell’esperienza.
Ricordava la paura di morire, ma Spock era lì con lui. Anche se non poteva toccarlo. Stava provando emozioni forti e che non riusciva a dominare.
Una lacrima era scesa  sul viso  del vulcaniano.
Non aveva pianto nemmeno quando era morta sua madre ed il suo pianeta era stato distrutto.
Kirk allungò una mano rievocando  il medesimo gesto che aveva fatto allora, si era proteso verso il Primo Ufficiale, ma c’era un vetro tra loro.
Aveva desiderato che quella barriera non ci fosse, per poterlo toccare, ma non era possibile.
Il vulcaniano lo aveva imitato e si erano guardati per un ultima volta.
Jim deglutì per sciogliere il nodo che aveva in gola. Si mise prono, posandosi le mani sul viso, cercando di calmare il respiro.
Quando si era svegliato in ospedale, Spock era lì.  Lui  si era sentito sollevato e tranquillo.
Era sempre con lui, quando volgeva lo sguardo lui c’era. Solido e presente.
Quando quella mattina le loro dita si erano sfiorate aveva provato una sorta di calore ed elettricità attraversarlo. Era sicuro che anche il Primo Ufficiale, lo aveva avvertito perché la sua solita espressione impassibile si era incrinata per un istante.
 
***
 
“Mi permetto di contestarla, Capitano” intervenne Spock e Kirk sbuffò infastidito gli era parso strano che il vulcaniano non avesse nulla da dire.
“Faccia sbarcare qualcun altro al suo posto. Considerando  che, nell’ultima settimana, non è stato troppo bene”
“Sta mettendo in dubbio le mie capacità, Comandante?” domandò seccato, aveva già Bones che gli faceva da balia asciutta, non ne aveva bisogno di un’altra.
“Ha ragione, Jim. Ci sono altri validi ufficiali che possono sbarcare su quel pianeta” intervenne quest’ultima in accordo con il vulcaniano. Quando quei due si coalizzavano contro di lui era qualcosa di particolarmente irritante.
“E’ una missione semplice: devo solo scendere, raccogliere dei campioni e tornare a bordo, non abbiamo rilevato  forme di vita” cercò di convincerli “La verità è che mi sto annoiando” disse infine.
 
***
 
Spock e McCoy erano in ascolto, mentre Jim raccoglieva i campioni.
“C’è qualcosa che si sta avvicinando al Capitano” li informò il tenente.
“Cosa vede, Capitano?” chiese Spock ed il dottor McCoy si volse verso di lui sorpreso. Possibile che avesse sentito una nota di ansia nella voce di quel troll? No, doveva esserselo immaginato.
“Sembra un gatto, ma ha il pelo viola, è grazioso” li informò.
“Per l’amore del cielo, Jim. Non  lo toccare!” esclamò perentorio il medico.
“E’ morbido…”
McCoy scosse la testa guardando il Primo Ufficiale e vide qualcosa sul suo viso che decifrò come preoccupazione. Eh sì, non si sbagliava.
Attraverso l’interfono sentirono dei rumori.
“Capitano, che sta succedendo?”
“Niente è tutto ok!”
Pochi instanti dopo sentirono un colpo di tosse e poi un altro.
“Jim?” lo chiamò McCoy allarmato.
Spock si era già mosso verso la pedana del teletrasporto.
“Mi porti giù signor Scott”
“Ma, signore, il Capitano ha detto che--”
“Le ho ordinato, signor Scott, di portarmi giù” ribadì con un tono che non ammetteva repliche.
“Sissignore!”
 
Spock venne teletrasportato a pochi passi dal Capitano, il quale giaceva a terra privo di sensi.
L’animale che assomigliava ad un gatto, stava girando attorno all’uomo e si volse verso di lui.
Nell’aria vi era un odore forte e pungente.
Il Primo Ufficiale estrasse il phaser e sparò a terra vicinissimo all’animale che fuggì spaventato.
“Jim…” la voce del vulcaniano, lo riporrò alla realtà per un breve istante. Sentì che lo sollevava tra le braccia senza sforzo alcuno.
Kirk nascose il viso nell’incavo del suo collo “Portami via da qui” pregò “Portami a casa”
“Signor Scott, ci trasporti su”
 
***
 
Le luci dell’infermeria erano al minimo.
Il capitano Kirk, riposava quieto in uno dei letti.
Non aveva riportato gravi danni nell’ultima missione, solo una lieve intossicazione dovuta ad una tossina emessa dall’animale per stordire le sue prede. Il  dottor McCoy lo voleva tenere in osservazione ancora un po’.
Spock si avvicinò silenzioso, aveva atteso con impazienza che il turno alfa si concludesse.
Impazienza… non era da lui. Non era da lui nemmeno essere lì, in quel momento avrebbe dovuto essere nella sua cabina a meditare, per reprimere quei sentimenti che lo sconquassavano nel profondo e non lì, al capezzale del Capitano.
Era da quando Kirk aveva dato la vita per salvare tutti loro, che Spock faticava a mantenere il controllo su stesso. Quando si trattava di Jim, ragionare con logica gli diveniva difficile. Distratto sempre dal quel tornado biondo che minava ogni giorno la sua stabilità mentale ed emotiva.
Ricordò una situazione analoga, all’ospedale terrestre…
Come allora, spinto da qualcosa che non sapeva decifrare, allungò una mano fino a prendere nella sua quella inerte del Capitano.
Come allora le sensazioni che provò a quell’intimo contatto furono violente, stordenti e… bellissime.
Si era soffermato più volte ad indugiare su quelle emozioni ed aveva desiderato, illogicamente, poter ripetere quell’esperienza, ma non si era mai ripresentata l’occasione, fino a quel momento.
Strinse appena la mano di Jim nella sua, saggiandone il calore e la compattezza. Chiuse gli occhi perdendosi per un momento in quel contatto intimo e segreto, concedendosi di indugiare solo un istante.
Avvertì un’onda di emozioni che non gli appartenevano e cercò invano di ritirare la mano, ma quella del Capitano si strinse intorno alla sua, dolcemente ma saldamente, impedendogli di fuggire.
Jim reclinò il viso dalla sua parte tenendo gli occhi chiusi, un sorriso piegò le sue labbra.
“Ha la mano così calda” sussurrò con voce assonnata umettandosi le labbra.
“La mia temperatura corporea è di qualche--”
“Grado più alta di quella di voi umani. Lo so” lo interruppe concludendo la frase, mosse la mano sollevandola, portando quella di Spock con sé, quindi intrecciò le dita con quelle del Comandante.
Illogicamente il cuore del vulcaniano prese a battere un po’ più veloce, Jim non si rendeva conto di quello che stava facendo… o forse sì.
“E’ venuto qui per rimproverarmi? Il dottor McCoy mi ha già fatto la ramanzina”
Il vulcaniano scosse la testa senza parlare continuando a fissare le loro mani.
“Spock” lo voce del giovane gli fece spostare lo sguardo dalle loro dita intrecciate agli occhi azzurri e grandi di Jim. Due mari profondi e limpidi in cui annegare.
“Mi ha salvato la vita un’altra volta” mormorò.
“L’ho solo riportata a bordo, Capitano”
Le porte dell’infermeria si aprirono e Spock allontanò la mano da quella dell’altro, che per un istante annaspò alla brusca fine di quel contatto.
McCoy si avvicinò loro ed aveva notato il gesto, ma non disse nulla.
“Non si preoccupi, Comandante. Kirk è fuori pericolo, ha solo bisogno di riposo”
“Non sono preoccupato, so che il Capitano è un umano forte”
“Gli dica qualcosa anche lei, visto che ha molto più ascendente su di lui, di me”
“Bones… per favore” intervenne stancamente Jim socchiudendo gli occhi.
McCoy volse gli occhi al cielo.
“Andiamo, lasciamolo dormire…” disse allontanandosi.
Spock indugiò ancora qualche istante, avvertiva ancora il contatto con la mano di Jim, quindi seguì il dottore.
Quando la porta dell’infermeria si chiuse alle spalle dei due ufficiali, Jim sollevò la mano, sentiva ancora il calore di quella dell’altro e quando questi si era allontanato aveva provato come un senso di abbandono, una sensazione lieve, ma presente, mentre quando aveva ripreso conoscenza aveva avvertito chiaramente la presenza di Spock e che la mano che teneva la sua era quella del Comandante.
“Com’è possibile?” bisbigliò tra sé, mentre una consapevolezza prendeva forma nel suo cuore.
 
Quando McCoy tornò in infermeria, fu parecchio contrariato di trovarlo sveglio.
“Dovresti dormire un po’” lo rimproverò esaminandolo con il tricoder.
“Ho capito qual è l’evento scatenante” sussurrò Jim, allontanando lo strumento da sé.
Bones lo osservava in silenzio attendendo, comprendendo a cosa Kirk si riferisse.
“E’ Spock” confessò trovando il coraggio di alzare i suoi occhi chiari in quello dell’altro.
Rimase interdetto per alcuni secondi.
“Perché non sei sorpreso?” domandò con il cuore in gola.
McCoy scosse le spalle “Perché a parte te ed il Primo Ufficiale se ne sono accorti praticamente tutti” disse con una calma che irritò Jim.
“Che avessi una cotta per Spock era palese, ma questa si è accentuata dopo che si sono lasciati lui e Uhura. Forse si sono lasciati proprio per questo…” ipotizzò il medico sedendosi sul bordo del letto.
“Siamo due uomini, Bones, due maschi” sibilò.
McCoy sollevò un sopracciglio “E con questo? All’amore non si comanda” sentenziò.
Jim scosse la testa avvilito “Quante donne mi sono portato a letto da che mi conosci?”
“Sinceramente non mi è mai interessato saperlo”
“Tante! Ed ora sono attratto dal mio Primo Ufficiale come una falena alla fiamma di una candela”
“Di quelle che ti sei portato a letto quante ne hai amate?”
“Erano solo avventure di una notte” precisò passandosi una mano tra i capelli.
“Forse è questo il punto, Jim. Il problema non è che siete dello stesso sesso, ma che ti sei innamorato di Spock”
Kirk chiuse gli occhi emettendo un lieve lamento sconsolato. Bones aveva ragione. Non si era mai fatto troppi problemi a riguardo, ma innamorarsi di qualcuno, legarsi a qualcuno era tutta un’altra faccenda.
Poi un altro timore si fece strada nel suo cuore tormentato.
“E se lui non ricambiasse i miei sentimenti?” domandò dopo un lungo silenzio.
McCoy emise un sbuffo tra il seccato ed il divertito.
“Non puoi saperlo fino a quando non glielo dirai, ma posso elencarti tutte le volte che il signor Spock non ha avuto un comportamento logico, quando c’eri di mezzo tu. A partire dalla faccenda del motore a curvatura con Khan, per  arrivare alla settimana scorsa, quando hai avuto l’attacco di panico in plancia, fino a poche ore fa: praticamente ha minacciato Scott, per venire a recuperarti”
“Ha minacciato Scotty?” domandò incredulo.
“Forse minacciato è una parola un po’ grossa, ma è stato molto convincente e non ha voluto sentir ragioni”
Kirk scosse la testa con un sorriso. Forse Leonard aveva ragione.
“Posso darti un consiglio, Jim?”
Il giovane annuì, tornando a guardare il medico negli occhi.
“Non aspettare troppo, fa tu il primo passo, perché se aspetti che sia Spock a farlo diventeremo vecchi”
 
***
 
“Scacco matto” dischiarò Spock mentre Jim scuoteva la testa.
“Basta, non è serata”
“Non era concentrato, era chiaro fin dalla prima partita. Se non aveva voglia di giocare perché mi ha invitato”
“Per passare un po’ di tempo con lei”
Il vulcaniano inarcò un sopracciglio, chiaro segno che era sorpreso.
“I nostri turni di lavoro coincidono, solitamente ci troviamo durante i pasti quindi passiamo spesso del tempo in---”
“Un po’ di tempo da soli tu ed io” precisò Jim sospirando forse stava facendo il più grande errore della sua vita. Forse aveva interpretato male i minuscoli segnali che Spock gli mandava e oltre ad ottenere un bel rifiuto, avrebbe perso anche la sua amicizia.
Rimasero in silenzio per interminabili momenti, Kirk rigirava tra le dita un pezzo degli scacchi, mentre Spock lo osservava.
“Cosa la turba, Capitano?”
Jim scosse le spalle riposizionando ordinatamente i pezzi sulla scacchiera.
“Sono il Capitano della nave ammiraglia della Flotta Stellare…” iniziò alzandosi e riponendo la scacchiera su un ripiano poco distante “Ho parecchi pensieri per la testa anche quando sono fuori servizio” disse restando in piedi.
“Non credo che, in questo momento, i suoi pensieri siano rivolti alle sue mansioni o sbaglio?” domandò alzandosi a sua volta.
“E’ lei il telepate” disse voltandosi fissandolo negli occhi.
“Ho sentito che è stato un po’ duro con il signor Scott, durante l’ultima missione” disse cambiando repentinamente discorso.
“Ha contestato i miei ordini, ho dovuto solo rimarcare il concetto, se lo ritiene opportuno mi scuserò con lui, anche se non reputo di aver sbagliato”
“Ha contestato i suoi ordini perché contrastavano con i miei. Avevo detto che nessuno doveva sbarcare oltre a me”
“La situazione era degenerata e dovevo intervenire”
“La situazione era sotto controllo”
“L’animale la stava stordendo per poi attaccarla ed ucciderla. Quando  sono arrivato era quasi privo di sensi”
Jim non ribatté era arrivato ad un punto alla quale Spock aveva ragione.
“Il Capitano è lei ed è libero di prendere le decisioni che vuole, ma io sono il suo Primo Ufficiale ed è mio dovere intervenire se lei è in situazioni che giudico di pericolo per la sua vita”
“Se non la conoscessi, direi che ha agito d’istinto” disse sorridendo.
Spock amava quel sorriso solare e sincero che illuminava gli occhi di Jim di una luce preziosa.
“Comunque non sono libero di fare ciò che voglio” mormorò tristemente tornando a fissare la scacchiera, stava indugiando. McCoy aveva ragione doveva dirglielo o non sarebbero mai arrivati a nulla erano ad un punto morto.
“Un uomo un giorno mi disse: essere liberi significa avere un posto in cui tornare, sia esso una casa, una famiglia, un amore…” disse con voce bassa.
Spock rimase in silenzio e si irrigidì appena, Kirk si volse verso di lui, il suo sorriso si era smorzato appena.
“La mia casa è l’Enterprise” iniziò facendo un passo verso di lui “La mia famiglia è il mio equipaggio e l’amore…” sussurrò muovendo un altro passo sino a trovarsi dinnanzi al Primo Ufficiale “Sei tu”
Kirk attese con timore la reazione alle sue parole.
Spock socchiuse le labbra sul punto di dire qualcosa, ma poi le chiuse preferendo sollevare una mano attendendo che il Capitano vi posasse sopra la sua.
Jim corrugò la fronte e con titubanza posò la mano su quella dell’altro.
Entrambi chiusero chi occhi, mentre le emozioni riverberavano tra loro.
“Sai cosa significa questo?” domandò il Primo Ufficiale abbattendo tra loro ogni formalità, ogni grado, ogni ruolo. C’erano solo loro: James e Spock.
“Sì” ansimò muovendo le dita ed intrecciandole con quelle del Comandante.
“Ci stiamo baciando alla maniera vulcaniana…” sussurrò Kirk aprendo gli occhi. Erano  così vicini che i loro respiri si confondevano.
“Questa è la terza volta” mormorò Jim quasi sulle labbra di lui.
“La quarta” puntualizzò il vulcaniano.
Kirk corrugò la fronte avrebbe indagato in un altro momento.
“Posso baciarti alla maniera umana?” chiese in un respiro.
“Sì”
Kirk posò la bocca su quella dell’altro con timore e riverenza, carezzandolo piano senza fretta. Attendendo che Spock lo invitasse ad entrare. Solo quel lieve contatto lo stordiva.
La mano del Primo Ufficiale che ancora teneva la sua si strinse, e le labbra di Spock si schiusero.
Si baciarono lentamente esplorandosi a vicenda mentre l’intima carezza tra le loro mani continuava.
“Sono curioso” sussurrò Jim sollevandosi appena dalle labbra dell’altro “Quando è stata la quarta” chiese.
Spock sollevò la mano libera “Posso?” domandò e Jim annuì comprendendo cosa il Primo Ufficiale volesse fare.
Quando il vulcaniano gli posò la mano sul volto, Kirk trasalì e gli parve di cadere, ma non poteva, Spock non lo avrebbe permesso.
Si sentì avvolto e riempito dall’essenza di Spock, era una sensazione bella e totalizzante.
Un immagine si formò nitida nella sua mente era tornato nella stanza del reattore, Spock lo guardava dall’altra parte del vetro.
Erano così vicini eppure divisi e lo sarebbero stati per sempre. Quella consapevolezza lo aveva schiacciato ed aveva sentito in immensa solitudine avvolgerlo.
Vide se stesso posare a fatica la mano sul vetro, aveva desiderato che quella barriera scomparisse per poterlo toccare un’ultima volta.
-Era un bacio di addio- la voce di Spock nella sua mente era calda e morbida, lo carezzava piano e avvertì la tristezza e la rabbia che aveva provato in quel momento. Che era sfociata in quel folle inseguimento ed aveva abbattuto su Khan tutti i sentimenti e  le emozioni che provava, che lo stavano facendo impazzire.
L’immagine sbiadì e fu sostituito dal bianco accecante della camera di un ospedale. Jim poteva vedere se stesso steso sul letto.
Spock che timidamente gli prendeva la mano e sussurrava qualcosa in vulcaniano.
-Che cosa hai detto?-
-T’hy’la. Amico-
Non sapeva perché, Jim, ma a quelle parole il suo cuore e la sua mente si riempirono di calore.
-Ha anche una altro significato, Compagno. Ma l’ho negato a me stesso, fino allo sfinimento-
-Perché?-
-Incertezza. Paura. Vergogna-
Kirk poteva avvertire tutto quello come se lo stesse provando lui stesso.
Rimasero uniti ancora per pochi istanti e quando Spock allontanò la mano Jim venne colto da un capogiro.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo un paio di volte, il tessuto morbido della maglia a contatto con la guancia, la mano di Spock tra i capelli era una sensazione meravigliosa.
“Jim…” la voce di Spock ed il suo respiro sull’orecchio.
“Dillo ancora” chiese in un sussurro stringendosi a lui.
“Jim…”
Il Capitano lo abbracciò voleva godere di quel contatto ancora un po’. Qualcosa tra loro era nato, ma non era solo l’inizio di una relazione era qualcosa di più profondo e completo.
 
Kirk si tirò indietro e passò le dita tra i capelli del Primo Ufficiale, erano come li aveva sempre immaginati, lisci e morbidi.
Un sorriso furbo gli piegò le labbra e Spock fece appena in tempo a sollevare un sopracciglio, che Jim gli arruffò i capelli con le mani.
Il vulcaniano non si scompose, ma si limitò a scuotere appena la testa, accondiscendente come se Jim fosse un bambino.
“Desideravo farlo dacché ti conosco”
“E’ stato un gesto sciocco e privo di utilità”
“E’ un dispetto ed è divertente” rispose l’altro.
Spock piegò  lievemente le labbra verso l’alto e Jim lo fissò sorpreso, stava sorridendo… per lui.
Kirk si protese a baciare quelle labbra curvate assaporandole minuziosamente.
“T’hy’la” sussurrò Jim, gli piaceva quel suono e come lo faceva sentire.
“Mi sento strano… non lo so. Continuo a sentirti… come se fossimo ancora fusi mentalmente… solo in maniera più distante… non so se sono riuscito a spiegarmi” disse tutto d’un fiato.
“Sì, Jim… comprendo. Tra noi si è creato un Legame” spiegò.
Kirk lo fissò per un momento poi rise tra sé “Ho sempre evitato di legarmi a qualcuno. Non ho mai avuto una relazione stabile che sia durata più di una notte ed ora sono legato a te. Un vulcaniano. Se qualcuno me lo avesse detto qualche anno fa gli sarei scoppiato a ridere in faccia” spiegò ed a quelle parole il volto di Spock si rabbuiò e lui sentì delusione ed amarezza provenire dal Primo Ufficiale, ma Jim non aveva ancora detto tutto.
“Il Legame è indissolubile ed inscindibile” disse con voce greve.
“Ed è la cosa più meravigliosa che mi sia capitata e sai perché? Perché sono innamorato di te Spock!  L’idea di essere legato e te non mi spaventa, anzi, non mi sono mai sentito più sereno in vita mia” disse protendendosi verso di lui attendendo che fosse il Comandante a colmare la distanza tra loro e non dovette aspettare oltre perché Spock si impossessò delle sue labbra e, diamine, se ci sapeva fare!
 
***
 
Jim si raggomitolò contro il Primo Ufficiale, pelle contro pelle.
Era davvero stanco, la tensione di quelle settimane si era finalmente allentata, lasciandolo spossato.
L’aver sperimentato nuovamente una fusione mentale ed aver avvertito le forti emozioni di Spock lo avevano prosciugato di ogni energia.
Tra le braccia del vulcaniano si sentiva protetto ed al sicuro.
Spock era dentro di lui e non se ne sarebbe più andato, sarebbe stato cullato dall’essenza del Comandante anche se questi non fosse stato al suo fianco fisicamente. Quella presenza costante aveva scacciato la solitudine e la malinconia che lo aveva sempre accompagnato.
 
“Posso farti una domanda, Spock?” domandò dopo un po’, sbadigliando.
“Certo”
“Tu e Nyota, avete rotto a causa mia?” chiese con un filo di voce era da un po’ che quella domanda gli ronzava per la testa.
Spock rimase in silenzio a lungo, tanto che Kirk credette che non gli avrebbe risposto.
“Il tenente Uhura ed io non ci comprendevamo già da tempo” rispose cercando la mano di Jim e stringendola nella sua.
Il Capitano sospirò piano, come poteva un contatto così semplice, che loro umani davano quasi per scontato, trasmettergli sensazioni tanto forti e potenti?
“Nyota è una donna forte e caparbia stare con lei e stato stimolante, ma ha cercato di parlare sempre e solo alla mia parte umana, mentre io sono vulcaniano”
Una bassa risata proruppe dalla gola di Kirk.
“Siete in errore entrambi” esordì guardandolo negli occhi e vide la sorpresa e la curiosità farsi strada in quelle iridi scure.
“Ho fatto lo stesso errore di Nyota all’inizio, cercando di fare leva sulla tua metà umana. Conoscendoti ho compreso che stavo sbagliando e non posso cambiarti, non devo ed ora non voglio. Perché è la dualità che c’è in te a renderti unico. Tu sei sia umano che vulcaniano. E’ di questa creatura, singolare e meravigliosa,  che mi sono innamorato” confessò. Sapeva che attraverso quel legame neonato Spock poteva cogliere ogni singola emozione che stava provando.
Il Primo Ufficiale  chiuse gli occhi scombussolato nel profondo. Le parole di Jim erano pregne di  quel sentimento che gli umani chiamano amore, e se fosse stato completamente umano si sarebbe commosso, ma la sua parte vulcaniana prevalse una volta di più e si mosse a disagio a quel flusso di emozioni a cui non era preparato, ne pronto a gestire.
Jim vide lo smarrimento negli occhi di Spock, ma rimase fermo ed in attesa ed il Primo Ufficiale di rese conto che con quell’atteggiamento poteva ferire il compagno.
Avrebbe dovuto meditare a lungo, per controllare le emozioni che Jim aveva scatenato in lui quella sera, ma non voleva lasciarlo solo. Non ancora almeno.
Gli occhi di Kirk erano quieti e sereni come non li vedeva da molto. Le tempeste che si agitavano nel suo cuore si erano quietate.
Jim abbassò le palpebre un momento e poi le riaprì, le richiuse ancora, la stanchezza stava prendendo il sopravvento sul giovane uomo.
“Riposa, T’hy’la” sussurrò Spock e Jim sorrise avvertendo la carezza sulla sua mano ed infine cedette al sonno.
 
***
 
Il mattino seguente Kirk entrò sul ponte di comando con un grande e raggiante sorriso.
“Capitano in plancia” annunciò Checov come di consueto.
“Buongiorno a tutti!” salutò volgendo lo sguardo sul personale in servizio, fino a posare  i suoi occhi in quelli del Primo Ufficiale.
Rimasero a fissarsi per alcuni secondi, ma Jim percepiva il Legame in maniera distinta. Quel contatto misterioso ed intimo, che gli riempiva il petto di gioia. Si  sentiva ebbro di un sentimento che chiamarlo amore era riduttivo. Loro due erano due metà che si erano ricongiunte per formare un intero.
Si chiese solo come aveva fatto a non accorgersene prima.
Spock fece un lieve cenno del capo e mise fine a quel contatto tra loro, ma la sensazione che Jim provava non svanì affatto.
 
Kirk si sedette sulla poltrona, accavallando le gambe, mentre un attendente gli porgeva un padd.
Concentrato come era sui dati, non si accorse dei malcelati sorrisi e dei fugaci sguardi dei suoi sottoposti.
“Rapporto signor Sulu” disse alzando gli occhi sullo schermo davanti a sé.
Lo spazio infinito scorreva davanti a lui.
Era Capitano della nave ammiraglia della Flotta Stellare.
La sua casa.
Era circondato da uomini e donne fidati e molti di loro erano suoi amici.
La sua famiglia.
Spock era al suo fianco, come amico e compagno.
Il suo T’hy’la.

 
---
Note dell’Autrice: eccomi qui a pubblicare, è un po’ che lavoro a questa fic, ma all’inizio non mi convinceva un granché.
Insomma una cosetta senza pretese spero posso piacervi.
A presto.
Un Kiss
Bombay
   
 
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