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Autore: Eldritch Observer    21/10/2013    1 recensioni
Terza classificata al "Supernatural Beings Contest" indetto da SoloDolo su EFP FORUM.
Un mondo morente, la tela perfetta per ridipingere un nuovo futuro.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL PITTORE DIVINO

Quando Dio trovò la sua tela quello che restava del mondo era soltanto una landa sterile e spoglia.

Il pianeta che una volta aveva ospitato il giardino dell’Eden rovinava come un cumulo di macerie lasciato a sgretolarsi sotto le intemperie.

La stella che bruciava nel cielo ammorbava l’atmosfera con la sua debole luce rossastra, mentre le nuvole tetre che sormontavano il mondo erano sempre più flebili, consumate dal vento che spirava dall’astro morente.

Le stelle del cielo emergevano da dietro le nubi ormai inconsistenti, lasciando presagire l’incombere imminente della notte eterna e accompagnando il pianeta intero con la loro luce spettrale verso la sua dipartita.

Il vasto oceano che un tempo aveva ricoperto buona parte della sua superficie era un lontano ricordo al memento del quale sopravvivevano solo pozze di acqua salmastra disseminate tra le distese riarse del deserto di sale che si era lasciato dietro.

Nessun pesce nuotava più in quelle acque guizzando attraverso le onde con la lucentezza delle sue scaglie e nessuno poteva più dissetarsi con le dolci acque dei laghi e dei fiumi.

Delle imponenti montagne restavano soltanto i resti, ridotti a misere collinette dal vento impetuoso e dalle tempeste che giorno dopo giorno le avevano consumate, mentre il cuore ribollente del mondo aveva ormai smesso di battere, impedendo la nascita di nuove vette che prendessero il posto di quelle logorate dal tempo.

Le lussureggianti foreste erano appassite lasciando il posto a steppe desolate dove solo piccoli microrganismi riuscivano ancora a persistere, mentre le uniche tracce che rimanevano degli incredibili animali che avevano calpestato il suolo di quel mondo erano ossa biancastre che affioravano di tanto in tanto dalla sabbia.

Niente poteva più sopravvivere in quel mondo, la vita stessa sembrava arrendersi alla sua fine.

Pure la razza senziente che aveva eretto la propria civiltà su quel piccolo paradiso era dovuta soccombere allo scorrere inesorabile degli eoni, gli enormi grattaceli da loro eretti apparivano ora come gigantesche lapidi consumate dalle intemperie, unico loro lascito a quel mondo morente.

Le strade una volta gioiose rimanevano silenti e vuote. Esattamente come tutto il resto del pianeta.

Un mondo morto, senza futuro, senza speranza.

La tela perfetta per l’artista che avesse saputo come usarla.

Quando Dio trovò la sua tela, capì subito che quel mondo sarebbe divenuto il suo capolavoro.

Lui era un pittore divino, un essere che vedeva nel tessuto dello spazio e del tempo una tela su cui poter dipingere la propria realtà, una superficie a cui sottoporre le proprie regole e i propri colori.

Non aveva forma, né aspetto che non fosse ridotto ad un semplice concetto: Creatività.

Avrebbe spazzato via quella vernice secca e scrostata che rivestiva il suo dipinto, soffocando la soffice tela sottostante, per poi riempirlo di nuovi, meravigliosi colori.

Con la Prima Mano Dio cancellò tutte le stelle e la Grande Luce dalla volta celeste, avvolgendo il mondo nell’oscurità.

Una stella morente non era adatta per illuminare il suo capolavoro.

Quella luce debole e sporca l’avrebbe soltanto rovinato, ma almeno gli aveva permesso di trovare quel mondo perfetto dove un astro appena più vivo avrebbe lasciato soltanto un cumulo di polvere.

Con la sua mano Dio strinse la Grande Tela, quella su qui era dipinta la Realtà intera, facendo scivolare via la sua futura opera, verso un nuovo futuro.

Con la Seconda Mano dipinse un cielo nuovo, con migliaia di nuove stelle e una nuova Grande Luce che risplendesse sul mondo.

La sua tela adesso si trovava in un altro luogo, un altro tempo, il posto perfetto per ricominciare.

Dio sapeva che un mondo non poteva vivere senza essere nutrito da una stella, così prese la polvere cosmica che circondava il piccolo granello di sabbia e la strinse forte nel palmo della sua mano, fino a quando non iniziò a bruciare e ad illuminarsi di luce propria, portando un bagliore di rinascita nei cieli.

Non più rossa come la morte, ma blu come la speranza.

Quando il cielo non fu più avvolto dalla polvere anche la luce degli astri lontani tornò ad illuminare il globo, donandogli nuovamente una splendida notte stellata.

Anche se il mondo non era più nutrito da una stella morente la vita l’aveva comunque abbandonato e il fuoco celeste avrebbe presto finito per consumarlo definitivamente.

Con la Terza Mano Dio avvolse il globo con la sua pittura: pennellate di luce viola, blu, verde, rossa e di ogni altro colore ricoprirono il pianeta e lo cullarono dolcemente, preparandolo per la sua rinascita.

La divinità stese la sua mano nel ventre del pianeta e con il proprio potere costrinse il cuore del mondo a tornare a battere.

Il magma tornò a ribollire e la terra venne nuovamente scossa dal vigore dei terremoti mentre la fucina del nuovo mondo si metteva all’opera sotto la sua superficie.

Il cielo si tinse dei mille colori dell’aurora, ma quei vividi segni nel cielo non erano soltanto quelli prodotti dalla nuova forza che abitava il mondo: Quelli erano i colori con cui Dio avrebbe dato inizio alla creazione.

Con la Quarta Mano Dio ridipinse il mondo:

I colori celesti discesero sulla terra, cancellando la realtà e sostituendola con una nuova.

Mentre le luminarie spazzavano la superficie del pianeta interi paesaggi venivano cancellati e sostituiti, come se stessero venendo ridipinti dall’abile mano di un pittore.

Dove prima si estendevano deserti di sale lussureggianti foreste gettavano le loro radici e lanciavano le proprie chiome verso il cielo.

Creature di ogni sorta fiorivano dai turbinii di colore che accompagnavano il processo, riempiendo l’aria di gemiti e grida di gioia.

Le dune di sabbia venivano sostituite da distese di campi verdeggianti spazzati dalla brezza della rinascita.

Le piante gioivano baciate dal sole, mentre i loro steli danzavano sospinti dai respiri del nuovo mondo.

I palazzi diroccati crollavano abbattuti dalle onde possenti del nuovo oceano che travolgeva coi propri flutti gli edifici indifesi, trasportando con sé enormi creature marine.

Le montagne si innalzavano accompagnate dalla danza delle aurore, mentre il cuore di fuoco del pianeta cominciava a rigurgitarne ancora di nuove.

Il mondo continuò a riempirsi di vita: crepitii, cinguettii, urli e ruggiti mai uditi riempivano l’aria che fino ad allora era rimasta silente.

Piume dai colori dell’arcobaleno adornavano alcune delle nuove creature, mentre altre erano armate con zanne affilate e zampe possenti, pronti a scattare per ghermire la loro preda.

Pinne scintillanti erano tornate a nuotare nell’oceano e ali tese e pronte a spiccare il volo si preparavano a riempire i cieli.

Occhi vivi e pieni di intelligenza si guardavano tra loro, curiosi di vedere quel nuovo mondo in cui erano appena nati e che da quel momento in poi sarebbe stata la loro casa, osservando sbalorditi le luci nel cielo che ultimavano il proprio lavoro.

Il creatore non sapeva se sarebbero riusciti a sopravvivere all’interno del suo dipinto, lui aveva semplicemente riempito il vuoto che quel quadro gli ispirava.

Spettava alla vita stessa portare avanti il suo disegno.

Il compito degli esseri come lui era rinnovare la realtà materiale, ricordando alla Grande Tela che alcuni dei suoi bambini avevano trovato i pennelli e che si divertivano a scarabocchiarla.

Ogni divinità dipingeva i propri lavori cercando di donare loro una parte della propria essenza, tanto che quando un pittore si trovava davanti all’opera di un suo simile poteva stabilire chi fosse stato a crearla, anche se non l’aveva mai visto.

Quel mondo era un miscuglio di diversi stili e diversi colori, provenienti da ogni angolo della realtà che Dio si era divertito a mescolare alla ricerca di nuove sfumature.

Non era in grado di dire quanto di quel colore avrebbe resistito all’usura del tempo e se anche una sola delle sue piccole creature sarebbe sopravvissuta allo scorrere degli eoni, ma quello che importava a lui era aver ultimato il suo disegno e aver contribuito a rendere la realtà un po’ più vivida.

Quando la tela fu completata e la luminaria esaurita Dio abbandonò la sua opera.

Le future generazioni di quel mondo non seppero mai quello che era successo, cosa era capitato al loro pianeta per essere così florido e rigoglioso nonostante fosse incredibilmente giovane.

Nessuno avrebbe mai saputo del pittore solitario che, trovandosi davanti ad una tela vecchia e consunta, aveva deciso di rinnovarla con i propri colori.

  
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