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Autore: musa07    21/10/2013    4 recensioni
Se il nostro adorato Takeshi-lovelove si trovasse a casa solo-soletto perchè il suo adorato Hayato fosse via in missione, i suoi amici - andati a fargli compagnia - come risponderebbero ad una sua curiosa domanda?
Mi sono immaginata e ho descritto quattro situazioni differenti.
Ho ricominciato a viaggiare a metà tra il comico/paradossale e il fluffoso, ergo - come al solito - entrate a vostro rischio e pericolo^^
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Dino Cavallone, Kyoya Hibari, Ryohei Sasagawa, Takeshi Yamamoto, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi qua! Visto che stavolta è passato poco tempo? Ero un po’ preoccupata se devo dirla tutta che la mia mente non producesse più deliri e corbellerie mentali^^’
Approfitto per ringraziare qui tutti quelli che hanno letto, commentato e messo tra le preferite e/o ricordate l’altro mio mini-delirio sempre sui nostri adorati Giotto e G. Carucci loro. Tanto, ma tanto amore! Grazie, grazie, grazie.  



 
“ Vince solo chi è convinto di poterlo fare”
 
 



Traccia 1
 
 
- Hibari? – la voce di Yamamoto si levò come un sussurro nell’oscurità della stanza.
- Hn! –
- Posso abbracciarti? – gli domandò Takeshi come se avesse chiesto la cosa più normale del mondo dando prova, per l’ennesima volta, di essere un inguaribile fatalista ottimista.
- CHE?! – sbraitò l’altro scioccato, talmente incredulo di tanto ardire che la sua voce – solitamente così bassa e avvolgente – salì di un’ottava. Si voltò furente verso l’altro, piantandogli gli occhi grigi addosso a verificare che non fosse uscito completamente di senno. Trovò una delle espressioni migliori da cucciolo smarrito che l’altro fosse in grado di modulare, con un sorriso a metà tra l’imbarazzato e il tenero.
- E’ che non riesco ad addormentarmi se non ho Hayato tra le braccia. – spiegò, parlando anche questa volta come se avesse detto un’ovvietà.
- Scordatelo! – sibilò lapidario Kyoya, avvalorando la sua affermazione con annesso incrocio di braccia al petto incorporato al solito grugnito spazientito e voltandosi dall’altra parte.
L’ex Disciplinare ancora si stava chiedendo da quale strana entità sovrannaturale dovesse essere stato posseduto nel momento in cui aveva accolto la richiesta di Reborn di andare a fare un po’ di compagnia a quello spostato che soffriva tremendamente di solitudine per la prima missione di Gokudera senza di lui. Tsuna non c’era, l’uomo con i decibel più alti dell’intero universo nemmeno e neppure il suo pedante, molesto, irritante, incasinato e casinaro erbivoro. Così quell’ingrato compito era toccato a lui.
- Neanche prenderci per mano? – ci riprovò lo spadaccino fiducioso.
- Noo! Mi viene il voltastomaco solo a pensarci! – fu la scontata replica.
“ Ma perché?!” si stava chiedendo per l’ennesima volta sconfortato. Lui non era neanche bravo a gestire quel genere di cose. Ok che Yamamoto, tra tutti quei pedanti, era quello che riusciva a sopportare meglio - vuoi perché parlava con un tono di voce umanamente sopportabile, vuoi perché il suo sorriso gli ricordava inevitabilmente quello di un biondino molesto di sua, intima, conoscenza – ma da questo a dover supplire il bisogno dell’altro di dare e ricevere la sua dose quotidiana di coccole, ne correva di acqua sotto i ponti. E dire che, sempre a causa del biondino suddetto, sarebbe anche dovuto essere abituato.
L’ennesimo grugnito gli uscì dalla bocca. Anche Takeshi sospirò appena. Kyoya spostò lo sguardo di lato fino ad incontrarne il profilo. Grugnì di nuovo dentro di sé a vedere gli occhi nocciola persi nel vuoto, a fissare un punto imprecisato con un’espressione melanconica così inusuale da vedere in lui, segno inequivocabile di quanto soffrisse senza la sua metà del cielo al suo fianco.
Hibari si portò una mano al volto, a massaggiarsi la tempia destra.
“ Ma perché?!” si chiese per l’ennesima volta, prima di decidere di agire.
- Ohi! – richiamò l’attenzione dell’altro che si voltò a guardarlo interrogativo.
- Sì? –
- Un minuto, poi sloggia dalla tua parte. – sibilò con fare intimidatorio che, tuttavia, non intimorì Takeshi che anzi, si aprì in un meraviglioso sorriso sorpreso ma, al contempo, di gratitudine.
- Grazie Hibari. – cinguettò grato attirandolo a sé prendendolo per il collo della camicia e sospirando di beatitudine mentre gli stringeva le braccia sulla schiena.
E dire che Hibari sarebbe dovuto essere abituato a quel genere di espansività, ma – come al solito – si trovò impacciato, non sapendo dove portare o posare le mani sul corpo dell’altro per ricambiare l’abbraccio.
- 60 … 59 … 58 … 57 … - iniziò a fare il countdown.
- Ahehm Hibari: sei un po’ inquietante quando ti metti, te l’ha mai detto nessuno? – proferì lo spadaccino leggermente inquietato.
- Hn. – grugnì Kyoya, mentre decideva che la mano sulla schiena dell’altro poteva anche appoggiarla, non sarebbe dovuto succedere o scatenarsi nulla di letale. – Sì! Quell’inetto me lo dice ogni volta che lo prendo a tonfante quando cerca di  … Hn! – si fermò giusto in tempo dal confessare particolari intimi della loro vita di coppia. Cosa che tuttavia non sfuggì all’orecchio attendo di Takeshi che scoppiò nella sua risata cristallina e genuina.
- 37 … 36 … 35 … 34 … - continuò imperterrito a salmodiare come un mantra, mentre Takeshi aveva iniziato a giocherellare con una sua ciocca di capelli neri e Kyoya costatò che, seppur fosse un gesto fatto con delicatezza e tenerezza, era un tocco completamente diverso rispetto a quando lo faceva Dino.
 
Il minuto divenne tutta la notte.
 

 
 
 
Traccia 2
 
 
- Dino? –
- Sì? –
- Posso abbracciarti? –
I due si trovavano seduti a terra sul terrazzo del condominio dell’appartamento di Takeshi e Hayato, a rimirar il cielo stellato in quella fredda, ma tersa notte di Dicembre.
Le stelle brillavano glaciali sopra di loro, la luna illuminava i loro volti con la sua luce argentea.
Il biondo si voltò verso l’altro vedendo come la nuvoletta ghiacciata di fiato stesse ancora finendo di uscire dalla bocca del Guardiano. Sorrise appena, addolcendo al contempo anche lo sguardo. Erano seduti a fianco a fianco e, anche attraverso il tessuto delle giacche, l’uno poteva sentire indistintamente il calore del corpo dell’altro.
- Ti manca il tuo adorato amore, vero? – gli chiese sorridendo teneramente, capendo e condividendo perfettamente i sentimenti dell’altro.
Aveva perfettamente visto come Takeshi avesse fatto, in quei giorni di assenza del suo compagno, uno sforzo titanico per non vomitare sugli altri la sua sofferenza e malinconia; com’era nel suo carattere. Yamamoto era un consolatore, uno che si accollava i problemi e le preoccupazioni degli altri, non uno che appesantiva gli altri con i propri. Soffriva in silenzio, mostrandosi sempre allegro e sorridente, ma era chiaro come il sole ai suoi amici quanto in realtà stesse male. Ecco perché, a turno, si erano dati tanto da fare perché lo spadaccino passasse meno tempo possibile da solo.
Ed ecco perché, su quel terrazzo silenzioso, con la rincuorante e rassicurante presenza di Dino e la sua flemma serafica, Takeshi aveva permesso alla sua malinconia di spezzare gli argini.
- Da morire. – fu la candida risposta detta con uno dei suoi soliti dolci sorrisi che lasciarono a bocca aperta l’altro mentre gli portava una mano tra i capelli castani a spettinarglieli con un fraterno buffetto.
Loro due si erano sempre capiti e intesi a meraviglia, caratteri troppi simili per non capirsi e afferrarsi al volo.
- Vieni qui. – gli bisbigliò Dino, facendolo delicatamente voltare verso di sé e accoglierlo tra le sue braccia.
Per una volta, Takeshi si lasciò consolare invece che fare il consolatore.
Per una volta, Takeshi si lasciò coccolare.
Posò il volto sulla spalla del giovane boss italiano, inspirandone il confortante profumo della pelle del collo scoperto. Quando il Guardiano si sentì avvolgere in quella stretta forte ma spiazzatamente dolce, solo allora comprese appieno che con i suoi amici poteva permettersi di essere completamente se stesso, di manifestare apertamente anche il suo dolore, la sua malinconia. Perché loro gli avrebbero voluto bene, sempre e comunque.
Fece scorrere la punta delle dita lungo la schiena del biondo, a risalire fino ai capelli dorati, affondandovi dentro. Cosa che anche Dino fece, procurandogli impercettibili brividi al passaggio delle sue mani sulla nuca.
- Grazie … - bisbigliò grato ed entrambi intuirono perfettamente come le labbra dell’altro si fossero piegate in un sorriso.
Scoppiarono a ridere entrambi quando la vibrazione del cellulare di Takeshi, che si trovava nella tasca del giubbotto, li fece sussultare impanicati.
Gli occhi nocciola dello spadaccino s’illuminarono, quasi avesse assistito ad un miracolo, quando lesse il nome sul display.
Dino sorrise nuovamente, sciogliendo l’abbraccio e facendogli segno con un dito che l’avrebbe aspettato in casa. Voleva lasciare ai due quel momento d’intimità. Cosa della quale l’altro gli fu grato e manifestò questa gratitudine posandogli un leggero bacio tra i suoi fili aurei, lasciandolo nuovamente a bocca aperta.
Stava ancora sorridendo, scuotendo la testa, quando sentì la ridente voce di Takeshi rispondere.
- Amore mio, mi manchi da morire …  - lo sentì bisbigliare non appena il moretto ebbe sentito la voce di Hayato all’altro capo del telefono.
 
Ecco con chi Takeshi si permetteva di essere sempre se stesso.
 
 
 
(Sì, lo so che sono l’unica al mondo che ‘sti due, segretamente, li shippa^//^, ma a me piace veramente un sacco scrivere momento fluffosi – anche se di amicizia fraterna – tra loro. ndClau)
 
 
 
 
Traccia 3
 
 
- Senpai? –
- Oh Yamamoto, che c’è? –
- Posso abbracciarti? –
Sasagawa Ryohei si fermò di colpo dalla sua corsa, continuando tuttavia a saltellare sul posto per non perdere il ritmo, voltandosi a guardare l’altro. Si fermò completamente alla fine, piantonandosi le mani sui fianchi e scrutando il volto di Takeshi.
- Solo un vero uomo è in grado di manifestare apertamente ed estremamente quello che ha dentro. – esclamò serio, commuovendosi al contempo e iniziando a singhiozzare rumorosamente mentre posava una mano sulla spalla dello spadaccino che iniziò a guardarlo in maniera preoccupata. Non era quello il genere di reazione che avrebbe voluto scatenare o che si sarebbe aspettato. Quasi si pentì della sua richiesta, ma aveva troppo bisogno di ricevere un contatto fisico dato che erano più di cinque giorni che si trovava senza il suo adorato amore. Da quando stavano insieme, non erano mai stati separati per più di 24 ore. Era qualcosa d’insopportabile ma che, al contempo, lo rendeva felice perché stava a significare che il suo amore per Hayato continuava a crescere di giorno in giorno.
- E’ la forza dell’amore che ti fa muovere. – continuò il boxeur, mentre si asciugava le copiose lacrime con la manica della giacca della tuta. – Bravo, bravo! Sapevo che una sana corsa di 40 kilometri sarebbe stata in grado di aiutarti e far sciogliere la tua malinconia e la tua tristezza. –
- Ehm, Senpai … veramente io … - cercò di introdursi nella conversazione, ma inutilmente perché l’altro era partito nella sua filippica e continuava ad urlare farneticamenti.
- Vieni qui! Abbracciamoci estremamente da bravi fratelli.  – esclamò alla fine, stritolandolo nella sua solita morsa assassina. – Ti manca la testa a polpo, vero? – continuò a singhiozzare, veramente commosso.
- Sì … - ammise Yamamoto, per quello che riuscì a parlare visto che l’altro lo stava letteralmente strozzando in preda all’emozione e commozione – ovviamente – estreme.
 
Fu così che Takeshi si trovò a far la parte del consolatore e non del consolato.
 
 
 
Traccia 4
 
 
- Tsuna? –
- Sì? –
- Posso abbracciarti? –
Tsuna se la aspettava, era tutta la sera che attendeva quel momento. Ne aveva avuta conferma sicura nel momento in cui Takeshi aveva tirato fuori un vecchio album di fotografie, e non era servito il suo super-intuito.
A Yamamoto, Tsuna aveva sempre inspirato un sacco di tenerezza, un bisogno istintivo di proteggerlo e quel particolare sentimento non si era mai assopito durante gli anni. E su di lui sapeva di poter riversare tutta la sua dolcezza, il suo bisogno di calore e di affetto che in quei giorni non aveva potuto sfogare sul suo compagno lontano da casa.
La sua era chiaramente una muta richiesta. E il piccoletto non poté in nessuna maniera non accoglierla. Non che gli sarebbe stato possibile poi di fronte a quegli occhi nocciola che conosceva così bene. Non di fronte a quel sorriso che da sempre, ancora prima che tutta quella storia avesse inizio, l’aveva sempre confortato, rafforzato, rassicurato, sostenuto.
Con Takeshi e Hayato era cresciuto, era diventato più forte e più sicuro di sé. A loro doveva tale merito. Alla loro presenza. Al loro affetto. Alla loro amicizia.
Era come se un unico cuore battesse per tutti e tre. Era come se un’unica anima vivesse per tutti e tre. Era qualcosa d’istintivo, viscerale.
Appoggiò la testa sul petto di Takeshi mentre questi gli passava un braccio intorno alle spalle per attirarlo dolcemente a sé mentre gli poggiava un delicato bacio tra i capelli a sigillare il suo muto ringraziamento.
- Dai, che domani torna. – gli ricordò il piccoletto ascoltando come il dolce battito del cuore dello spadaccino lo rispecchiasse in pieno: forte e sicuro. Chiassoso ma calmo e rassicurante.
Tsuna lo abbracciò a sua volta, costringendolo delicatamente con il peso del suo corpo a distendersi entrambi. Spostandosi di lato e andando a tastoni, recuperò da terra la coperta che usò per coprire entrambi, solleticando la punta del naso di Takeshi con una ciocca ribelle di capelli castani. Si accomodò delicatamente a lato dell’amico, appoggiandogli ora la testa sull’incavo del collo. Entrambi si lasciarono cullare l’uno dal respiro dell’altro. Con una mano appoggiata sul petto di Yamamoto, Tsuna ne sentiva l’alzarsi e l’abbassarsi ritmico del torace. Ipnotizzato da questa regolarità, iniziò a seguirne la cadenza accarezzando con cerchi circocentri un fianco dell’amico fino a quando non si abbandonarono entrambi tra le braccia di Morfeo, rassicurati dalla presenza l’uno dell’altro.
 
Fu così che li trovò Hayato nel momento in cui rientrò a casa. Era riuscito a rincasare prima di quanto pensasse, guidando in piena notte tanto era grande il suo desiderio di potersi rituffare tra le braccia del suo unico amore.
Entrò in casa piano, sussurrando appena un: “ Tadaima*” nel momento in cui vide provenire dal soggiorno una luce flebile.
Sgranò per un attimo gli occhi sorpreso, per poi permettere alle labbra di incurvarsi in un lieve sorriso mentre si allentava il nodo della cravatta.
Eccole là le due persone più importanti della sua vita.
Il suo adorato amore, per il quale si sarebbe ucciso e il suo più caro amico.
Erano lì che dormivano pacificamente. Sembravano due gattini che si davano affetto e sicurezza vicendevolmente. Gli fecero una tenerezza indescrivibile. Entrambi con i capelli arruffati, l’espressione del viso rilassata, le labbra leggermente socchiuse, le teste appoggiate l’una sull’altra. Sondò con il suo sguardo attento come le mani di tutti e due fossero appoggiate sul petto di Takeshi e sorrise nuovamente.
Neanche per un attimo lo sfiorò il sospetto, il dubbio, la gelosia. Impossibile! Si fidava ciecamente di entrambi. Uno lo amava più della sua stessa vita, l’altro gli aveva fatto dono di una di quelle amicizie che capitano solo una volta nella vita. Nuovamente guardò quel quadretto così calmante e rasserenante …
Non seppe resistere alla tentazione. Cercando di far meno rumore possibile, per non svegliarli, estrasse dalla tasca posteriore dei pantaloni il cellulare. Prendendo la giusta angolazione, immortalò quel dolce momento in una foto che avrebbe conservato gelosamente.
 
 
 
Traccia 5
 
 
Takeshi non l’aveva minimamente sentito entrare.
Hayato gli arrivò alle spalle mentre lui si trovava allegramente e alacremente ai fornelli. Finalmente l’attesa era finita. Finalmente quella sera il suo adorato amore sarebbe rientrato a casa dopo ben dieci giorni.
Lo spadaccino stava mentalmente ripercorrendo che tutto fosse pronto. S’istruì sulle ultime cose da finir di preparare per cena, sulle candele da accendere dopo che le aveva disseminate per la casa. Iniziò a canticchiare tra sé e sé, strappando un incredibile sorriso nel suo compagno che continuava a celare la sua presenza. Voleva bearsi ancora per un attimo della figura dell’altro. Della sua figura di spalle, ripercorrendo con la memoria ogni singolo muscolo, ogni singola perfezione che conosceva perfettamente avendola percorsa con lo sguardo e la punta delle dita un’infinità di volte. Increspò nuovamente le labbra in un lieve sorriso, togliendosi la sigaretta dalla bocca doveva giaceva abbandonata, staccandosi dallo stipite della porta dove si era appoggiato dopo aver incrociato le braccia al petto.
- A cosa è dovuta tutta questa allegria? – si decise finalmente a palesarsi, arrivandogli da dietro di soppiatto e abbracciandolo mentre gli posava il mento sulla spalla destra, inspirando l’invitante profumo che arrivava dalle pentole che gorgheggiavano felicemente sui fuochi.
- H-Hayato? – mormorò l’altro, colto di sorpreso. Sollevò gli occhi nocciola sulla superficie lucida dello stipite della cucina che si trovava davanti a lui fino ad incontrare, nel riflesso, le due gemme turchesi che l’altro si portava appresso. Si sentì le guance andare a fuoco e il Guardiano della Tempesta avrebbe dovuto essere sordo per non sentire come il cuore di entrambi iniziò a galoppare in petto, all’unisono.
- Sei qui … - bisbigliò in un sussurro Takeshi, troppo emozionato e felice. Il cuore rischiava di esplodergli perché tanta felicità era troppa perché un cuore solo potesse contenerla.
- Sì, sono qui. Da te … - fu la replica dell’altro strofinandogli la punta del naso sul collo mentre sentiva le braccia dello spadaccino avvolgergli le sue. Impossibile non sentire come il calore del corpo di entrambi si sprigionò anche con quel solo semplice contatto.
- Ti sarei venuto a prendere in aeroporto se mi avesse avvisato. – lo rimproverò dolcemente Yamamoto.
- Volevo farti una sorpresa. – fu la replica imperturbabile dell’altro mentre il compagno, recuperandolo delicatamente per un braccio, lo portò davanti a sé in maniera tale che ora Hayato si trovava intrappolato tra il corpo di Takeshi e la superficie fredda del frigorifero. Proprio un netto contrasto.
Lo spadaccino, con un adorabile sorrisetto sghembo in grado di mandare in un attimo nella più completa e totale confusione la mente razionale di Hayato, si avvicinò ancora di più al corpo dell’altro, diventando così un’unica cosa.
- Cosa c’è? – mormorò insolentemente Takeshi quando lo vide sollevare il volto verso il suo, lanciandogli un’occhiata che racchiudeva in essa una moltitudine di sfaccettature. Tutto quello che parole umane non potevano descrivere.
- Lo sai benissimo cosa c’è. – lo rimproverò fintamente Gokudera, piantandogli gli occhi nei suoi.
- No, dimmelo tu cosa c’è. – continuò l’altro imperterrito, ridendosela sotto i baffi e schiacciando con il proprio corpo quello dell’altro, inchiodandolo e intrappolandolo ancora di più. – Non mi guardare così, lo sai benissimo che questa sfida la perderesti tu. – concluse e nessuno dei due seppe più resistere alla risata genuina che stava salendo alla gola.
Finalmente si concessero il tanto atteso e meritato abbraccio per poi, una volta che l’abbraccio fu sciolto, incatenarsi nuovamente l’uno negli occhi dell’altro a sfidarsi bonariamente, su chi tra i due avrebbe fatto la prima mossa, su chi avrebbe poggiato le proprie labbra su quelle dell’altro.
Spettò al Guardiano della Tempesta per quella volta di dare il la, di dare il via a tutto quello che sarebbe seguito, posandogli una mano sulla guancia per poi farla scivolare lungo il volto e, intrufolandogli le dita tra i capelli castani, dargli il suo muto consenso. Takeshi non si fece pregare e solo allora avvicinò il volto verso il suo. E finalmente le loro labbra s’incrociarono, dapprima sfiorandosi quasi timidamente, quasi fossero stati due adolescenti tanto quello sfiorare era impacciato e dolce dopo giorni di lontananza, ma ben presto fu soppiantato dalla terribile carica erotica che entrambi possedevano in maniera innata.
Fu la cosa più naturale del mondo quando, una volta che quel bacio finì, Takeshi gli porse la mano e Hayato l'afferrò saldamente per pilotarlo su per le scale, guidandolo verso la loro camera da letto.
 
 
FINE^^
 
 
 
 
Clau: Io ‘sti due li lovvo troppo. Ma quanto teneri non sono?! Mamma mia: occhi a cuore. Per fortuna che c’erano Hibari e Ryohei in ‘sta fic che facevano ridere, altrimenti sarebbe stata al limite del diabetico, come al mio solito poi^^'
Tsuna: Ah … ehm Clau … non vorrei interromperti ma, come dire … sì, lo sguardo di Hibari è leggermente inquietante.
Gokudera: Eh! Capirai che novità!
Clau: Sì, in effetti non ho ben capito da quando quel sociopatico di Hibari, nella mia testa, ha iniziato a servirmi per scrivere parti comiche.
Gokudera: Molto probabilmente da quando hai sviluppato degli istinti suicidi.
Clau: Hum … forse … Comunque, bando alle ciance^^ Oggi son qui per raccontarvi di un allegro pomeriggio passato in compagnia del Mr.Sociopatico#2^^
Tsuna&Gokudera: Oh, Signore! “Allegro pomeriggio”?!
Clau: ^_^ Certo!
Mukuro: Kufufu.
Tsuna: Kiiiii!!!!
Hibari: Hn!
Gokudera: Tch!
Yamamoto: E cosa avete fatto di bello?
Clau: Oh, un sacco di cose! Ci hanno fatto vedere delle strane macchie di colore e noi dovevamo dire cosa vedevamo^^
Gokudera&Hibari: -______-
Mukuro: Kufufu.
Clau: Poi ci hanno fatto fare un gioco elettrizzantissimo dove ci hanno attaccato degli elettrodi in testa e sui polsi^^
Gokudera: Si chiama elettrochoc.
Clau: Poi, vediamo vediamo … mumble mumble … non mi ricordo più bene, ma tipo hanno usato un lungo spillo d’acciaio su per il naso …
Hibari: Si chiama lobotomia.
Gokudera: Beh, ma cosa vuoi che abbiano trovato nella testa vuota di questa qui? L’eco?
Clau: Goku, non sei per niente divertente.
Hibari: Hn! Capirai che novità.
Gokudera: Ohi, teme!
Mukuro: Kufufu.
Tsuna: Ahehm, chiudiamo qua. Clau, dove stai andando?
Clau: Eh? Ah, sto correndo dietro a queste belle farfalle.
Tsuna: Ahehm, non c’è nessuna farfalla qui …
Clau: Come no?
Mukuro: Kufufu. Ma certo che ci sono, le vedo anch’io. Kufufu.
Tsuna: Appunto!
 
 

 
 
Giurin/giurello che mi rimetto a scrivere robe serie ... Hum, ma quando mai?!^///^


* Tadaima: sono a casa.
   
 
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