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Autore: Will P    11/04/2008    7 recensioni
«Ottimo.» Bob ghigna intorno alla propria cannuccia, osservando i ragazzi beccare otto passi di fila senza nemmeno un errore ed applaudirsi soddisfatti. Il loro chiacchiericcio riempie il silenzio tra loro due in maniera gradevole. Bob è un tipo silenzioso, e infatti per questo preferisce il proprio silenzio a quello che piomba di solito tra due persone. Ma il silenzio con Ray non è fastidioso. Condividere una sigaretta in un cortile inondato dal sole, senza scambiarsi parole inutili, è tutt’altro che fastidioso.
«Allora, come mai non balli?» Ma evidentemente Ray non deve essere dello stesso parere, se sente così tanto il bisogno di rompere il momento con la prima idiozia che gli passa sotto quel cespuglio.
[Bob/Ray; anche Frerard, se la guardate di sbieco]
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bob Bryar, Ray Toro, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: Vi sembro uno dei My Chemical Romance

Disclaimer: Vi sembro uno dei My Chemical Romance? anche se ho tanti capelli quasi quanto Ray Vi sembro la Warner Bros? No? Eh, appunto. Ergo: tutto falso, inventato, e molto non a scopo di lucro.

Notes: Yay! for Life On The Murder Scene a cui va la colpa di ’sta roba, nel particolare al Making Of di I’m Not Okay. E anche yay! for la mia bestest friend che l’ha visto insieme a me, e alla fine non mi ha nemmeno picchiato col telecomando <3 E yay! pure per B, perché se non c’era lei a urlarmi virtualmente in faccia di scrivere stavo ancora all’incipit XD Grazie, dear <3

(sì, tranquilli, ho finito XD)

 

 

Come dance with me

 

Bob aspira il fumo della sua terza sigaretta della giornata, appoggiato contro il muro tiepido del cortile. Los Angeles non è affatto come se l’aspettava. Okay, non ha ancora visto praticamente nulla della città, salvo l’aeroporto, qualcosa come tremila chilometri di metropolitana e il letto della sua camera d’albergo, ma dettagli. Si aspettava qualcosa di festante, radioso, qualcosa molto West Coast, e invece sembra tutto così… tranquillo. Si sente discretamente idiota a pensarlo, lui che negli ultimi mesi ha fatto comodamente in tempo a dimenticarsi pure lo spelling di “tranquillo” ed ormai ha partecipato a tanti di quei tour da aver imparato che un posto non è mai come lo si immagina, nel bene o nel male.

A ogni modo, la scuola è esattamente come se l’aspettava, come se fosse uscita direttamente da un lacrimoso telefilm per quindicenni. Frank ha assicurato che le scuole private sono molto simili a come le dipingono i film - solo con drammi meno plateali e più stronzi cosmico - prima di essere investito dal treno dei ricordi e sentirsi costretto a correre ad arrampicarsi sulla schiena di Ray per sfogare l’entusiasmo.

Sono tutti piuttosto entusiasti, in effetti. Rispetto a Vampires - lui non c’era, ovvio, ma il video si commenta da solo - è tutta un’altra dimensione, con location più ampie di una cantina e messi angelici che portano caffè in giro per il campus. Sono tutti piuttosto preoccupati che da un momento all’altro Gerard possa chiedere la mano della ragazza che continua a portargli una tazza dietro l’altra, a intervalli regolari di quaranta minuti (lei probabilmente non ne sarebbe dispiaciuta).

 

Frank si materializza nel suo campo visivo volteggiando con un Gerard stretto tra le braccia che urla di essere lasciato in pace, anche se mezzo soffocato dalle risate non è tanto convincente. Bob fa un cenno d’incoraggiamento a Gerard e Frank scoppia a ridere, e subito piroettano via ad una velocità che non dovrebbe essere possibile raggiungere durante un qualsiasi ballo. Sfrecciano tra i poveri ragazzi che stanno provando i passi per la prossima scena rischiando di mandare al tappeto una coppia, e se ne vanno sempre vorticando seguiti dalle minacce di Brett, il coreografo.

Bob scuote la testa ma sorride, mentre le comparse si lanciano occhiate sconsolate e tornano alle loro impacciate posizioni di partenza, e dallo stereo riparte un minuetto o quello-che-è. Bob non ha molto altro da fare oltre a chiedersi se ci sia una differenza tra minuetto e walzer, ed eventualmente quale sia, dal momento che deve comparire solo in quaranta secondi di video. Sullo sfondo. In una scena che sarà girata domani. Non è questo il problema, per carità, più sta lontano dagli obiettivi più è contento; non ha niente da recriminare a nessuno, e ringrazia il cielo ogni giorno di poter sopportare la sua band (i suoi compagni di band. La sua band. Dio, che bel suono), ma… si annoia. Profondamente. Ed è quasi all’inizio della sua quarta sigaretta del giorno, e sulla buona strada per morire di cancro ai polmoni, quando Ray compare al suo fianco con due lattine di CocaCola - decaffeinata, ovvio, con tutto il caffè che hanno in corpo sono a un passo dall’infarto collettivo.

«Annoiato?» chiede Ray rubando la quarta sigaretta di Bob e facendola diventare la quinta sigaretta e mezzo di Ray.

Bob grugnisce, «La vista è divertente, almeno.» Con gran tempismo, un ragazzo moro e abbastanza impedito schiaccia per l’ennesima volta il piede alla sua partner, una ragazzina bassetta piena di riccioli castani che lancia una mirabile imprecazione decasillabica. Il poveraccio si fa piccolo piccolo mentre Brett ricorda a tutti di restare aggraziati, anche se si tratta di “diffamare l’intera genealogia femminile di qualcuno”.

Ray si fa sfuggire uno dei suoi risolini troppo acuti, strappando un mezzo sorriso anche a Bob. «Perchè non hai visto dentro, Mikey è scivolato dalla sedia e si è già incastrato un dito nel registratore dopo appena due ciack.»

«Cazzo. Ci sono prove fotografiche?»

«Tutto registrato,» Ray fa dei risucchi indecorosi con la cannuccia, tutto contento «Entro domani sera sarà disponibile su vhs e in formato mp3 per il blog di Frank.»

«Ottimo.» Bob ghigna intorno alla propria cannuccia, osservando i ragazzi beccare otto passi di fila senza nemmeno un errore ed applaudirsi soddisfatti. Il loro chiacchiericcio riempie il silenzio tra loro due in maniera gradevole. Bob è un tipo silenzioso, e infatti per questo preferisce il proprio silenzio a quello che piomba di solito tra due persone. Ma il silenzio con Ray non è fastidioso. Condividere una sigaretta in un cortile inondato dal sole, senza scambiarsi parole inutili, è tutt’altro che fastidioso.

«Allora, come mai non balli?» Ma evidentemente Ray non deve essere dello stesso parere, se sente così tanto il bisogno di rompere il momento con la prima idiozia che gli passa sotto quel cespuglio.

Bob fissa Ray. Ray fissa Bob. Si fissano, finché Bob non si rende conto che Ray si sta effettivamente chiedendo perchè Bob non stia volteggiando con una fanciulla tra le braccia a chissà quale ritmo di walzer. Il che dimostra quanto Ray sia… Ray.

«Perché dovrei?» ribatte il batterista, un sopracciglio alzato a mostrare tutta la sua perplessità.

«Beh- perché è, uh, divertente?» Ray pure sembra perplesso, come se la sua domanda fosse del tutto normale, come se fosse la reazione di Bob ad essere strana.

«Io non ballo.» Puntualizza Bob col tono di voce che si userebbe davanti ad un amico scemo - che è esattamente quello che Ray è. Poi aggiunge, per sicurezza, «Non so ballare.»

Ray si acciglia, confuso, «Appunto, è una lezione per imparare a ballare.» Lo scruta un attimo, pensieroso, poi gli chiede piano, «È perché ti scoccia non far parte della scena?»

Bob si passa una mano tra i capelli, a disagio. Primo, perché la prima parte del discorso non fa una piega, e l’evidenza della sua stupidità lo irrita; secondo, perché Ray sembra davvero preoccupato che lui si senta escluso, i suoi grandi occhi marroni velati di un’ansia che gli fa stringere lo stomaco per un secondo. Sospira.

«No, è tutto a posto, le scene sono perfette. Sul serio,» ripete, perché Ray ha ancora l’aria un po’ scettica, «Sto benissimo. Ma prima non sono stato abbastanza chiaro: io non posso ballare.»

Ray ridacchia, e adesso è la guancia di Bob ad essere colta da un tic, le labbra che gli si tendono da sole nel più breve sorriso della storia delle smorfie involontarie. Non è una bella cosa che Ray gli stimoli tutte queste reazioni incontrollate. «Cos’è, sei allergico al movimento? Sei afflitto da una malattia incurabile?»

«Si chiama Repulsione Per Il Ballo, è mortale sai.» gli ruba la sigaretta (che era sua, tra l’altro) e fa un tiro, beandosi della sensazione del fumo che gli solletica la gola. «Amico, sono un impedito senza speranza. Ho tre piedi sinistri, rendo l’idea?»

Ray in risposta ride, troppo acuto e troppo forte, i capelli che gli finiscono davanti agli occhi, e Bob rimane a fissarlo incantato senza nemmeno la forza per opporsi alla mano che gli prende un polso e lo trascina via dal muro, al centro del cortile, verso un futuro di sofferenza e dolore.

«Cos-» neanche riesce a farfugliare per bene, colpa dello shock e dei suoi piedi che si accartocciano letteralmente su loro stessi, preannunciando una spettacolare caduta. Ray lo blocca per una spalla, la destra sempre stretta al suo polso, e Bob non sa se ringraziarlo o lamentarsi per aver perso l’occasione di una morte rapida e veloce. Qualsiasi cosa stesse per dire evapora dalla sua lingua quando la mano di Ray, invece di andarsene, scorre lungo il suo avambraccio e si ferma sul suo fianco, gelida e leggera come un alito di vento.

Bob rabbrividisce senza motivo, perchè dopotutto la mano di Ray non è così fredda e il sole picchia e le sue guance sono immotivatamente bollenti, quindi davvero, non hanno senso i brividi. Al massimo potrebbe essere rabbia, perchè - santoddio! - Ray ha davvero intenzione di farlo ballare.

Potrebbe semplicemente prenderlo a calci, pensa, ma quando Ray lo guarda negli occhi, e sorride, tutto denti candidi e buone intenzioni, Bob non ha il coraggio di deluderlo. Probabilmente farebbe qualsiasi cosa, se Ray gliela chiedesse con quel sorriso, persino correre nudo per mezza Los Angeles o… o… baciare Frank, ecco. Buona cosa che Ray non lo sappia, questo.

Ricambia il sorriso splendente di Ray con una smorfia tirata che somiglia più ad un effetto del tetano che ad una faccia contenta, ma Ray sembra soddisfatto lo stesso.

«Ti schiaccerò i piedi,» lo informa, giusto per scrupolo «Ti schiaccerò i piedi e finirai in ospedale dove ti amputeranno la gamba, Gerard mi ucciderà e Frank deciderà di scalare la mia schiena in assenza delle tue forti spalle.» Uh, ha detto forti spalle ad alta voce?

«Frank lo farà comunque, perché è un marmocchio con scompensi affettivi e un gene di scimmia che lo fa arrampicare ovunque.»

«Gene di scimmia?»

«Urlatrice, ovviamente.»

Bob scuote la testa ridendo piano, e Ray deve prenderlo per un buon segno perchè la presa sul suo fianco si fa più salda e con l’altra mano prende quella di Bob. E, okay, se Bob era riuscito a racimolare un minimo di calma grazie allo scambio di poco fa (e al sempre valido perculamento di Frank), ora è di nuovo un fascio di nervi. La sigaretta che, stranamente, non aveva ancora lasciato andare gli scivola di mano.

Resta lì, a guardare Ray con gli occhi sgranati, la destra stretta in una delle larghe mani di Ray e la sinistra sospesa a mezz’aria in maniera ridicola, senza la minima idea di dove piazzarla. Ma siccome non può restare così per sempre, e, davvero, se continua ad inforcare una figura di merda dietro l’altra qualcuno lo farà internare prima di sera, la posa nel posto meno compromettente e più logico che gli venga in mente - che è la spalla di Ray.

Ed è ingiusto, pensa vagamente Bob, che lui stia portando una semplice T-shirt mentre Ray ha addosso settanta strati di stupida divisa scolastica, perchè Ray può sentire esattamente i brividi che gli percorrono la schiena ogni volta che sposta lievemente le dita, mentre lui è costretto a toccare stoffa su stoffa su stoffa al posto del collo di Ray. Certo, non che voglia toccarlo.

«Ora potresti anche… muoverti.» suggerisce Ray, ed è come se Bob si svegliasse e si ricordasse di essere al centro di un cortile tra ragazzi che ballano, e che - wow! - anche lui dovrebbe mettersi a ballare.

Con una punta di panico muove un piede a caso, ovviamente quello sbagliato, e finisce sopra la scarpa di Ray che non si fa nulla solo perchè sta indossando quelli che sembrano anfibi rinforzati, e perchè Bob non aveva messo un briciolo di forza nel passo essendo lo pseudo-ballerino più titubante del mondo.

«Scusa,» trattiene il fiato, mentre Ray rotea semplicemente gli occhi, «Te l’avevo detto, se ci tieni a camminare senza stampelle dovresti mollarmi, davvero, non voglio che Gerard inizi a progettare la mia morte-»

«Non eri quello silenzioso, tu?» lo interrompe Ray, «Ora, sta’ zitto, e guarda i miei piedi.»

Così Bob tace, e abbassa gli occhi a guardargli i piedi. E i polpacci. E le cosce. E… ehm, i piedi, sì. (Stupidi pantaloni su misura della divisa, stupide gambe muscolose di Ray.)

Copia i passi di Ray con cautela, prima piano e poi un po’ più velocemente, finché non riesce quasi a capire il senso della musica e a seguire i movimenti di Ray senza doverci ragionare. Dopo un intero giro del cortile si sente abbastanza sicuro da alzare gli occhi.

Ray lo sta guardando compiaciuto, e Bob si sente abbozzare un sorriso senza ordine effettivo da parte del cervello, e anche arrossire un pochino. Il fastidio che dovrebbe provare per essere stato costretto a fare una cosa che odia è debole, talmente fioco da fargli dubitare della sua stessa forza di volontà. Il senso d’irritazione consono ad una situazione del genere è sostituito dal formicolio al fianco e alla mano stretta da Ray, e al posto di una legittima sequela di insulti gli vengono in mente solo domande stupide.

«Dove hai imparato a ballare?» decide di dare voce alla meno stupida di quelle domande. Per la distrazione si intreccia leggermente nei passi, ma Ray lo stringe appena un po’ di più a sé e lo riporta a tempo con la musica. Bob rischia di inciampare nuovamente, ma per motivi assolutamnte diversi.

«Colpa della mia famiglia,» inizia a raccontare Ray come se niente fosse e Bob non si stesse trasformando in un budino tra le sue braccia. «Avere solo cugine femmine più grandi di te ed essere il piccolo, adorabile peluche di casa ha i suoi lati negativi. Tipo l’essere costretto a fare da sparring partner prima di ogni ballo scolastico.» Scrolla le spalle «Almeno non ho fatto una brutta figura quando è toccato a me.»

«…adorabile peluche di casa?»

«Oh, sta zitto!» Per una volta è Ray a pestare Bob, per levargli quello stupido ghignetto dalla faccia. «Non è colpa mia se ho questi capelli, okay? Non sopporto quando la gente mi chiede se può toccarli, come se fossi una specie di fottuto gattino.»

Bob ride, «Se fossi un fottuto gattino, adoreresti essere accarezzato sui capelli.» E al broncio di Ray non può trattenersi dall’alzare la mano verso la sua testa…

…e finire ad un metro da terra in un ridicolo casquet, sorretto solo dal braccio di Ray attorno alla sua vita. «Non scherzavo dicendo che odio essere toccato in testa, Bob Bryar.»

Ma Bob è troppo preso dall’assimilare questa sua nuova posizione sospesa nel vuoto per dare retta agli avvertimenti di Ray. Non ha ancora ripreso fiato dalla caduta quasi-libera, l’infarto non è del tutto scongiurato e, sinceramente, il petto di Ray premuto contro il suo non aiuta affatto il suo battito cardiaco.

Ray lo sente, il cuore di Bob che batte all’impazzata per il brusco spostamento. È abbastanza vicino da perdersi nei suoi grandi occhi blu spalancati dalla sorpresa, da poter vedere ogni pelo della sua barba sfatta e la forma precisa del piccolo piercing all’angolo destro del suo labbro inferiore. E, oh, quelle labbra.

Perciò, invece di lasciar cadere Bob come un sacco di patate o fare qualcosa di potenzialmente peggiore, Ray si raddrizza violentemente e si trascina dietro Bob, rimettendolo in piedi ad una distanza di sicurezza col fiato corto e gli occhi sbarrati.

«…Ray Toro,» fa Bob, quando finalmente l’aria torna a visitare i suoi polmoni, «Fallo un’altra volta, e ti ucciderò.»

I ragazzi tutt’attorno iniziano ad applaudire ed entrambi sussultano, mentre il mondo ricompare d’un tratto in tutto il suo splendore di cortile pieno di gente. Gente che evidentemente li aveva osservati per tutto il tempo, piccoli ragazzini senza una vita sociale.

Bob assume un’espressione assolutamente contrita ma Ray, essendo Ray, inizia a salutare tutti con assurda cordialità, ignorando i fischi di qualche idiota e ringraziando le ragazze che si sono radunate a fargli i complimenti.

Mentre Brett domanda a Ray se preferisca davvero stare impalato a sfogliare un libro durante la scena del walzer e Ray risponde che ovviamente, sennò va fuori dal personaggio, Bob si defila il più discretamente possibile.

Una volta al sicuro, lontano dalla folla e da qualsiasi cosa abbia a che fare col ballo, si lascia cadere contro il muro, una mano all’altezza del cuore che non si decide a rallentare e l’altra a frugare in tasca alla ricerca della quinta sigaretta del giorno.

 

 

Finalmente, la sera seguente, Bob può veder realizzato il suo desiderio di folleggiare in un locale molto West Coast per festeggiare la fine delle riprese. Anche se loro cinque, rannicchiati in un angolo del locale su piccoli divani a fuggire dalla musica e la confusione della pista da ballo - perché sono entrati in quel locale? Perché non si sono cercati un normalissimo pub come fanno sempre?! -, con una grossa, vistosa insegna lampeggiante che recita “NERD” sopra le loro testoline, può definirsi tutto ma non folleggiare.

Mikey discute animatamente col fratello di qualcosa che ha a che fare con l’ultimo fumetto di Neil Gaiman e la sua “incredibile meravigliosità”, mentre Gerard beve quello che ha tutta l’aria di essere un… frappè al cappuccino? Con un ombrellino fucsia da coctail. (Gerard ha iniziato ad ordinare cose sempre più strane da quando ha smesso di bere.)

Frank ha appena abbandonato i suoi propositi di spalmarsi addosso a Gerard, dopo aver scoperto che tentare di distogliere i fratelli Way da una conversazione sui fumetti è un’impresa persa in partenza come tentare di fare la piastra ai capelli di Ray, …per dedicarsi precisamente ai capelli di Ray. Così, mentre Frank dà sfogo alla sua vena masochistica facendosi prendere a calci da Ray, e Ray, appunto, si difende da Frank, Bob beve e ridacchia.

Risatine dovute alla birra, alla stupida faccia di Frank, all’euforia che mette girare un video con la propria band, alla molto stupida faccia di Frank mentre cade dal divano - e in nessun modo legate alla schiena di Ray che preme contro il suo braccio. Neanche fosse una quattordicenne in crisi ormonale, ma andiamo.

«Bob!» strepita Frank, buttandosi in grembo al batterista per fuggire da Ray. «Bob, proteggimi!» Frank deve essere molto ubriaco - o più probabilmente molto idiota - per andare a cercare rifugio tra le braccia di Bob, che, sinceramente, potrebbe farlo volare giù dal divano solo con una scrollata delle ginocchia. Cosa che fa.

«Bob!» strepita Frank, stavolta in tono indignato, guardandolo male dal duro pavimento su cui ha sbattuto il sedere. Si tira su come se niente fosse e si arrampica di nuovo sul divano, strizzandosi in mezzo agli altri due con un paio di spallate per farsi fare spazio. Ray rotea gli occhi e si sposta un po’, abbastanza perché i gomiti puntuti di Frank non gli perforino il fianco; lo sguardo di Bob si rabbuia.

«Io vi odio!» trilla Frank con fin troppo entusiasmo per una persona infuriata, e tenta di allungare le gambe sopra quelle di Bob. Dall’occhiata che riceve capisce saggiamente che non è aria, e sposta i piedini sul tavolo stipato di bicchieri vuoti.

«Iero…» Bob sospira il sospiro di chi ne ha viste tante, troppe, e vuole porre fine ai suoi tormenti con un cacciavite a stella da usare a discrezione.

«…se ci odi, perché stai facendo l’imitazione del panino con noi?» completa per lui Ray, facendo una smorfia a metà tra una faccia affranta e un sorriso per Bob. Bob sente la propria bocca contrarsi di sua volontà in qualcosa di molto simile, se non più ridicolo. Ray, infatti, ridacchia.

Bob sta ponderando l’idea di rispondergli in maniera adulta ed elegante con una linguaccia, quando Frank, irritato dall’essere ignorato e dallo scambio di occhiate che sta avendo luogo sopra la sua testa (cosa non difficile da farsi, c’è da dire), esclama, «Io non farei mai “l’imitazione del panino” con voi, Toro. Non da sobrio, almeno.»

E questo perché Frank è una delle persone più perverse che conoscano. Ray, invece, è un animo candido che non userebbe un doppio senso nemmeno sotto minaccia di tosatura, e quando è preso così in contro piede arrossisce in modo adorabile.

«Come se… come se fossi s-sobrio…» balbetta, ancora rosso, mentre Frank ride sguaiatamente e Bob fa sforzi disumani per rimanere serio e non scoppiare a ridere a sua volta. Solidarietà tra Frank-sitters, sapete.

«Raymond Toro, starai mica cercando di portarmi a letto?» Al che anche Bob cede.

«No Iero, preferisco quelli alla mia altezza…»

Prima che Frank possa insultarlo o iniziare a fare commenti osceni sulla giusta altezza per fare porcate (perché si vedono chiaramente, nello scintillio dei suoi occhi, le cose indicibili che sta pensando), Bob prende la situazione in mano e, alzatosi all’improvviso e fatto perdere l’equilibrio a Frank, agguanta Ray per un braccio e lo trascina via da una morte per imbarazzo. Non che lui sia tanto più a suo agio - l’uso del maschile, da parte di Ray, non è passato inosservato alle sue orecchie.

Raggiungono un punto relativamente tranquillo nei pressi del bar, sufficientemente lontano dalle orribili casse che spargono orribile musica per il locale (impianto schifoso, tra l’altro, nota Bob), e si strizzano su due sgabelli.

Il barista compare dal nulla, manco fosse emerso da sotto il bancone, e entrambi sussultano per la sorpresa; Bob strizza appena il polso di Ray, ma lo molla di scatto quando si accorge di non averlo ancora lasciato andare. La mano gli formicola, come se morisse dalla voglia di tornare su quella di Ray. Le mani di Ray sono grandi e calde, e sembrano belle da stingere.

Invece è Ray a sporgersi verso di lui, contro di lui, tutto il braccio sinistro appoggiato sulle sue gambe per reggersi e i capelli quasi nella sua bocca. È solo per farsi sentire dal barman, sì, ma Bob trattiene il fiato comunque. Poi, una volta sparito il barista, Ray si raddrizza ma non si allontana più di tanto, e di nuovo Bob è ridicolmente contento anche se è chiaro che, pressati come sono tra la gente, Ray non potrebbe muoversi di un centimetro nemmeno volendolo.

«Grazie di avermi salvato!» gli urla in un orecchio, un sorrisetto strafottente che gli increspa le labbra.

«Poco ridere, Toro, il folletto stava per farti implodere dalla vergogna.» Vuole suonare acido, ma il commento sarcastico viene fuori solamente divertito. Ray ride, in quella sua solita risata acuta che si pianta dritta nel petto di Bob e gli fa seccare la bocca. Prende il primo bicchiere che trova sul bancone e beve, giusto per avere qualcos’altro da fare mentre gli occhioni di Ray brillano, letteralmente, a un palmo dalla sua faccia.

«Era tutto sotto controllo.»

«Sì, certo, verginella.»

«So essere spinto anch’io, Bryar!»

Bob lo fissa intensamente, e non deve nemmeno inarcare un sopracciglio prima che Ray, come da copione, assuma un colorito inquietante tra il magenta e il porpora. Il problema è che anche Bob sta arrossendo in zona guance, ma fortunatamente l’illuminazione della sala è dalla sua parte.

Il destino, un po’ meno.

«Brutti stronzi!» esclama giulivo Frank, comparso non si sa bene quando tra di loro, stroncando sul nascere il silenzio imbarazzato che stava per sbocciare. «Gerard vi sfida a-»

«Nonèvero!» squittisce Gerard, pressato da qualche parte tra la folla in un tentativo disperato di raggiungere i compagni. Mikey è sparito da qualche parte (al novantanove per cento insieme ad Alicia).

«Way, non rompere i coglioni! Vabe’, vi sfidiamo - contento? - ad una sfida di BALLO!» Si guarda intorno con un sorriso enorme, in attesa di complimenti, come se avesse appena proposto la cosa più bella e divertente del mondo. E, sinceramente? No.

I secondi passano; Frank sorride, Ray e Bob lo guadano con espressioni vuote, e Gerard urla sullo sfondo. I secondi continuano a passare.

«Oh, fanculo!» sbotta finalmente Frank, offeso. Gerard non fa in tempo ad emettere un urletto vittorioso per essere riuscito a valicare la muraglia umana che lo separava dal bancone, che Frank lo agguanta per una manica e lo trascina via, sventolando dietro di sé il dito medio. Gerard sembra affranto.

Ray e Bob fissano il punto dove i due sono spariti nella folla. Bob si scola il bicchiere che aveva in mano, Ray sbatte le palpebre un paio di volte.

«Ti va di ballare?»

È tipo un dejà-vu al contrario, questo, solo che sono entrambi a fare una faccia sorpresa appena le parole sfuggono dalla bocca di Bob. Ray sembra un po’ sperso, gli occhi spalancati resi ancora più grandi e luminosi dalle luci, le labbra rosse dischiuse come sul punto di articolare una domanda.

Bob, d’altra parte, non ha ancora capito cosa diamine gli abbia fatto dar fiato ad un’idea tanto stupida. Insomma, passare il tempo con Ray? Certo. Invitarlo da qualche parte da solo? Magari, forse, prima o poi… Invitarlo a ballare? No, grazie, mai. Eppure la proposta è stata fatta, e Bob si domanda se per colpa dell’alcol che ancora gli brucia in gola o del ricordo del sorriso di Ray quando avevano ballato il giorno prima.

In linea col dejà-vu, Bob si aspetta - spera - un rifiuto pacato, una battuta, un tentativo di fuga; Ray abbassa lo sguardo, un po’ a disagio, e muove la punta del piede come fa tutta la gente nervosa. Bob sta già tirando un sospiro di sollievo, tutto intento ad inventarsi una scusa per la sua sciocca proposta, quando Ray incontra il suo sguardo e fa, timidamente, «Vuoi condurre tu stavolta?» Poi sorride.

E, Cristo, abbiamo già parlato di quel sorriso? Bob è praticamente in trance mentre si alza, ghigna come un ebete e incespica verso la pista da ballo. Non sente la musica, non si accorge delle persone che urta e che lo urtano, è solo vagamente cosciente del fatto che Ray gli abbia preso la mano. La stringe piano, e quando Ray fa scivolare le dita tra le sue tutto quello che può fare è voltarsi e sorridergli.

Poi, però, la bolla di calore e felicità fa la fine di tutte le bolle, e con un “pouff!” Bob si ritrova sulla pista, circondato da persone che ballano, mano nella mano con Ray (fatto non particolarmente negativo in sé). Come se non bastasse, sta suonando un fottutissimo lento. E lui dovrebbe condurre Ray durante…?

Se sopravvive a questa, si dice, può sopravvivere a tutto. Tranne che no, non sopravvivrà anche a questa: farà qualcosa di stupido, si renderà ancor più ridicolo e sarà costretto a mollare lì Ray per fuggire in Canada dalla vergogna, sempre che miracolosamente non si apra una voragine sotto i suoi piedi e non lo inghiotta. Se sopravvive a questa, rettifica, voterà la sua esistenza a qualche santo.

Si volta, pronto, ma incontra gli occhi di Ray e di nuovo si sente mancare, mentre altri pensieri apocalittici sbocciano nella sua testolina provata. Ray è troppo bravo, bello, fantastico per lui. È troppo tutto, per fortuna anche troppo educato per abbandonarlo nel mezzo della pista, pur sapendo che se non lo fa si prospetta per lui un futuro di dolore e disperazione.

Forse Ray è pure un po’ troppo tardo, perché gli mette una mano sulla spalla in attesa di iniziare, quando Bob è convinto che la sua espressione la dica lunga sulla sua voglia di ballare, al momento. Gli posa le mani sui fianchi, titubante, sente sotto le dita la maglia di Ray sollevarsi e scoprire un filo di pelle calda e un po’ sudata, mentre la musica gli rimbomba in note basse nella cassa toracica. Quando Ray si avvicina, gambe quasi intrecciate e petti che si sfiorano, e si sporge verso il suo viso con uno sguardo attento, Bob disattiva definitivamente il cervello.

«Andiamocene,» mormora invece Ray nel suo orecchio, e questa è l’ultima cosa che si aspettasse… o che sperasse. Freme di delusione, e per il respiro di Ray contro il suo collo, ma non può fare a meno di essere schifosamente felice e di stringere Ray in una sorta di abbraccio di ringraziamento prima di trascinarlo via di peso, lontano dalla ressa, lontano dalla confusione.

Solo una volta fuori dal locale sospira di sollievo, beandosi dell’aria fresca e della consapevolezza di non dover più trasferirsi in Canada per aver ballato in pubblico. La vita è una cosa meravigliosa.

Quando si siede su uno dei gradini dell’uscita sul retro Ray gli si siede accanto, praticamente appiccicato, ed evidentemente quel ragazzo deve avere seri problemi, o una visione molto distorta del contatto fisico lecito tra due persone, per non capire l’effetto che provoca al povero Bob standogli sempre addosso. Non sa dove mettere le mani, ad esempio, con l’istinto che gli urla di appoggiarle sulla coscia di Ray e il buon senso chegli urla di procurarsi una cintura di castità.

«Sei empatico?» dice, mezzo ironico, non sapendo cos’altro fare.

«Sei facile da leggere, Bob,» ridacchia, e un paio di ciocche gli scivolano sulla fronte. «C’era l’ombra della morte nei tuoi occhi. Davvero, che t’era venuto in mente di fare prima?»

Ray lo spiazza: ha appena affermato di leggerlo come un libro aperto, e non riesce a capire le cose più stupide come la paurosa cotta di Bob. Potrebbe essere più ovvio solo cantandogli una serenata con una rosa in bocca, ma probabilmente non lo capirebbe nemmeno in quel caso. Davvero, non sa cosa rispondergli, senza contare che nemmeno lui ha capito cosa l’abbia spinto ad una proposta del genere. Inoltre il movimento ipnotico dei ricci di Ray lo distrae, cavolo.

«Leggilo, no?» lo prende in giro, e si volta come per sfidarlo a farlo davvero. Lo sguardo sicuro (e così finto) di Bob incontra gli occhi sinceri di Ray, e lì resta in attesa. Non si fa troppe illusioni, né si aspetta qualcosa di più di un balbettio da Ray dopo la scena di poco fa, così lo guarda e basta nella quiete del vicolo deserto e del cielo stellato, che è l’unica fonte di luce oltre all’insegna del locale.

«Questa è… uhm, difficile,» borbotta Ray. Sembra un po’ a disagio, arrossisce anche, quindi qualcosa deve averlo capito… però non si sposta. E Bob grugnisce, frustrato, perché non sa come interpretare quell’idiota di Ray, ma se qualcosa ha capito e resta sdraiato contro di lui, se nonostante Bob sia palese come il sole non gli dà fastidio stare con lui, se può essere un buon segno che sia rimasto fino ad ora…

…oh, fanculo.

Bob lo bacia, lì e subito, sotto un’insegna intermittente e qualche timida stella. È assolutamente goffo, avventato, e probabilmente non ha neanche centrato bene la bocca di Ray ma, sinceramente, chissenefrega. Finché Ray non si stacca e gli permette di tenere una mano sulla sua spalla, all’attaccatura del collo dove può sentire sia la pelle ancora accaldata sotto la maglia che quella fresca della sua nuca, fino a quel momento non si farà problemi, perché ce ne saranno abbastanza dopo.

Ray ha gli occhi grandi come piattini da tè, una volta che si separano. Si porta una mano alle labbra senza staccare lo sguardo dal viso di Bob o fare qualcosa per allontanare lui o la mano sul suo collo; sembra totalmente sconvolto, in effetti, anche i suoi capelli sono più enormi del solito. Non è un buon segno, pensa Bob.

«Credo…» tenta Ray, ma esce fuori senza voce e deve schiarirsi la gola, prendere fiato, contare fino a trenta e cercare un po’ di coraggio per dire, tutto d’un fiato, «Allora avevo letto bene.»

Gli occhi di Bob scintillano e si riempiono del sorriso che è ancora troppo stordito per fare. Ray si avvicina di nuovo e stavolta Bob è abbastanza sicuro di aver preso la bocca, perché le labbra di Ray sono così morbide e calde e socchiuse, e quella che contro i suoi denti è, molto decisamente, la sua lingua.

Quando si staccano, Ray appoggia la testa sulla sua spalla, e Bob sente un piccolo fuoco d’artificio scoppiargli nello stomaco; sarà perché è un romantico melenso fissato con i telefilm per ragazzine, ma Ray è terribilmente tenero. In più i suoi capelli sono soffici e hanno un buon profumo, e per una volta non è preoccupato che qualcuno li tocchi.

«Perciò,» attacca Ray, la voce vibrante di gioia, «…ti va di tornare dentro a ballare?»

Guarda Bob di sbieco, tentando inutilmente di nascondere il divertimento, mentre con un dito traccia le cuciture dei pantaloni lungo la sua gamba.

Bob scoppia a ridere, gli infila una mano sotto la maglia e mentre Ray sussulta per le dita fredde sulla sua schiena, dice, «Cazzo, no» e lo bacia ancora.

 

 

 

 

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Me + pop-corn + LotMS? Not a good idea at all. Perché poi mi vengono ispirazioni così XD No, srsly, non sono amore? *stritola Ray & Bob* Certo che sono amore, sono utterly amore!

Frerard c’è (un pochino) sempre e comunque perché così il mondo è più bello e risplende di arcobaleni di allegria. Yay!

Scusate, sto delirando.

Will

   
 
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