The Promise
La porta della casa era rimasta come
un tempo, forse anche più deteriorata di prima dalla pioggia e dalla
neve che la natura puntualmente si prodigava a far scendere dal cielo nelle
giuste stagioni. Il numero civico era del tutto assente, nascosto probabilmente
da qualche parte tra l’erba alta e incolta del giardino che in qualche
maniera tentava di penetrare nell’edificio dalla fessura sotto alla porta e dalle finestre.
Quanti anni erano passati
dall’ultima volta che vi aveva messo piede? Jared
continuava a chiederselo mentre esitava davanti a
quella porta. Tre? Forse di più? Forse meno? Ne aveva
perso il conto. Quando ci pensava, quei momenti nella
sua mente era come se fossero stati vissuti il giorno prima, così belli
ma così dolorosi.
Shannon,
lamentandosi per l’erba che s’impigliava tra i vestiti, lo
raggiunse. «Allora? Come hai intenzione di entrare? Rompendo una
finestra? Tanto hai già commesso il reato di violazione di
proprietà privata… finestra rotta più, finestra
rotta meno…», lo punzecchiò, scrollando le spalle.
Jared non
replicò. Rimase in silenzio e allungò la mano verso la maniglia
della porta.
«Sì, certo, come se
l’avessero lasciata aperta appositamente per t…» Il
batterista s’interruppe, poiché nel frattempo la porta, spinta dal fratello, stava ruotando cigolando sinistramente
sui cardini ed aprendosi.
«Sì. Appositamente
per me», ripeté Jared, il tono non era
più quello vivace di pochi minuti prima. Era un tono cupo, carico di
profonda tristezza per qualcosa che avrebbe dovuto fare da tempo.
Entrò.
Le assi di legno scricchiolarono
sotto i suoi piedi, accompagnando ogni suo passo. Shannon lo seguì e richiuse la porta alle spalle.
«Perché mi hai portato fin qui, Jay? Forse sarebbe il momento di dirmelo…»,
chiese, guardando preoccupato il fratello che si stava avventurando a passo
lento nel corridoio d’ingresso.
Jared si
bloccò di fronte alla rampa di scale che portava al primo e ultimo piano
della casa. Non si voltò. Le mani, abbandonate lungo il corpo, si
strinsero a pugno. «Non… non volevo venire da solo, tutto qui. Mi
dispiace averti svegliato, ma ho una promessa da portare a termine, una
promessa che avrei dovuto compiere un anno fa, ma se
ti ricordi bene non ebbi nemmeno il coraggio di allontanarmi dalla città
per venire fin qui.»
Shannon comprese
finalmente le intenzioni del fratello. Ricordava benissimo ciò che,
esattamente un anno prima, era successo. Si era
svegliato la mattina in cui dovevano registrare una nuova canzone, un passo
molto importante poiché finalmente i Thirty Seconds to Mars cominciavano a riscuotere
successo, e si era accorto che Jared era scomparso.
La sua automobile sparita, il cellulare abbandonato in camera. Aveva passato
tutta la giornata a cercarlo, pregando gli altri di avere pazienza e di
contattarlo non appena avute notizie. Ricordava benissimo ciò che aveva
provato in quei momenti, la paura che Jared potesse
commettere qualche pazzia, la disperata ricerca che sembrava non arrivare mai
ad una conclusione.
«Già, me lo
ricordo», disse, con una sottile e impercettibile punta di amarezza e compassione. Aveva pregato di non vedere mai
più il fratello in quello stato e a quanto pare
quell’anno le cose sarebbero andate
diversamente.
«Aspettami qui.»
Jared prese a
salire la scalinata, senza aspettare che il fratello ribattesse. Infatti, Shannon non disse nulla.
Capiva che Jared aveva bisogno di qualcuno che lo
sostenesse, in quel momento, e non qualcuno che lo rimproverasse o lo
commiserasse.
«D’accordo, ti
aspetterò qui», disse e si sedette sul primo scalino impolverato
appoggiando i gomiti sulle ginocchia.
Continuate a recensire, mi raccomando!!