Film > The Avengers
Ricorda la storia  |      
Autore: Alley    22/10/2013    3 recensioni
“E va bene, va bene” acconsentì Tony, sollevando le mani in segno di resa “Volevo soltanto chiederti se hai visto Pepper.”
“È in infermeria” rispose secco il direttore e tornò a sfogliare il plico appena abbandonato sullo scrittoio. Se non avesse subito abbassato il capo, avrebbe visto il volto di Tony divenire più pallido di un lenzuolo.
“C-cosa? Che cosa le è…”
“Niente” asserì Fury laconico, senza staccare lo sguardo dal foglio “È con l’agente…”
Gli avvenimenti delle ultime ore avevano completamente cancellato dalla sua mente quel
piccolo dettaglio.
[post "The Avengers"] [Per Lou]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Clint Barton/Occhio di Falco, Nick Fury, Pepper Potts, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Allora grande capo, dov’è l’oro?”
La voce di Tony risuonò alta e pimpante oltre la porta socchiusa, annunciandone l’arrivo. Fury sollevò lo sguardo dai documenti che stava esaminando – il consiglio, indispettito dal successo dei tanto contestati Vendicatori, gli aveva inviato una miriade di fascicoli relativi ai fatti di New York da analizzare e compilare entro il giorno seguente, illudendosi che bastasse un po’ di lavoro d’ufficio a rovinargli il trionfo – e fissò perplesso il volto sfavillante di Iron Man, lo sguardo celato da un vistoso paio di occhiali da sole.
“L'oro?”
Tony avanzò senza chiudere la porta e il suo sorriso divenne più ampio e sfacciato. Indossava un elegantissimo completo scuro con tanto di papillon, ai piedi scarpe lucide e griffate e sul polso un luccicante orologio placcato d’argento. Se non fosse stato per i graffi che gli sfiguravano il volto, sarebbe stato impossibile immaginare che fosse reduce da una battaglia – da quella battaglia.
"L'oro" ripetè, sfilandosi gli occhiali con un gesto molto più teatrale del necessario "L’oro con il quale verrà costruita la statua in mio onore."
Fury lasciò cadere il dossier e represse uno sbuffo.
“La voglio alta almeno sei metri e tempestata di diamanti…”
“Ascoltami, Stark, sono molto indaffarato e…”
“…e di rubini.”
Stark."
“E va bene, va bene” acconsentì Tony, sollevando le mani in segno di resa “Volevo soltanto chiederti se hai visto Pepper.”
“È in infermeria” rispose secco il direttore e tornò a sfogliare il plico appena abbandonato. Se non avesse subito abbassato il capo, avrebbe visto il volto di Tony divenire più pallido di un lenzuolo.
“C-cosa? Che cosa le è…”
“Niente” asserì Fury laconico, senza staccare lo sguardo dal foglio “È con l’agente…”
Gli avvenimenti delle ultime ore avevano completamente cancellato dalla sua mente quel piccolo dettaglio – se così si poteva definire l’aver ingannato i Vendicatori simulando la morte di uno dei suoi uomini.  
Forse non era un particolare così irrilevante ma, ehi, se loro fossero stati una squadra coesa fin dal principio lui non avrebbe avuto bisogno di ricorrere a quello stratagemma. Quando c’è in ballo la salvezza del pianeta, ogni espediente è lecito.
“Stark, c’è una cosa che tu e gli altri dovreste sapere.”
Tony aggrottò la fronte, seccato. “Un’altra?”
Fury sospirò e si sollevò, spingendo la poltrona su cui era seduto contro la parete alle sue spalle.
“L’agente Coulson non è esattamente morto.”
Tony spalancò la bocca, incredulo, ma prima che avesse il tempo di buttar fuori le recriminazioni che già risuonavano nella sua testa, un fragoroso tintinnio echeggiò alle sue spalle e lo fece sobbalzare. Si voltò e vide Barton impettito sull’uscio, gli occhi sbarrati e vitrei e il volto bianco ed esterrefatto, le mani schiuse e sospese a mezz’aria, a reggere il vuoto sostituitosi al vassoio che giaceva in frantumi sul pavimento.

*
 
“Non avrebbe dovuto disturbarsi, signorina Potts.”
Pepper afferrò la sedia stipata nell’angolo della piccola infermeria, la trascinò davanti al comò al lato del letto e si sedette, sfoggiando un sorriso ampio e affabile.
“Nessuno disturbo. Ci tenevo a farle visita.”
Si sfilò la borsa che teneva a tracolla e si chinò per poggiarla sul pavimento. Phil cercò di sollevarsi e sistemarsi contro lo schienale ma, appena si mosse, una fitta atroce gli attraversò il petto all’altezza della ferita e non riuscì a trattenere un gemito sofferente.
Pepper sollevò la testa scattò e gli rivolse uno sguardo apprensivo. “Vuole che l’aiuti?”
“Non ce n’è bisogno” rispose lui, sforzandosi di apparire rassicurante “È solo una…”
Prima che avesse il tempo di finire, Pepper si alzò e allungò le braccia verso di lui, afferrandolo delicatamente per i fianchi e aiutandolo ad adagiarsi contro la spalliera del letto.
“Le faccio male?” domandò cordiale, posando le mani affusolate sulla stoffa del camice. Phil scosse il capo e si lasciò sostenere e trascinare fino alla schienale.
“Grazie” sussurrò, sorridendo con riconoscenza “Spero di riacquistare quanto prima la mia autonomia.”
“Lo farà, non si preoccupi” lo confortò la donna, tornando a sedersi “È una persona forte.”
Phil fu di nuovo pervaso da una sgradevole sensazione di imbarazzo e spostò lo sguardo, lanciando un’occhiata distratta al panorama al di fuori della finestra.
“Dice?”
“Assolutamente” asserì Pepper convinta e, con la coda dell’occhio, Phil vide le iridi color cielo posarsi sul suo petto, dove, nascosta dalla stoffa e dalle spesse bende, si celava la ferita infertagli dalla lama di Loki “Solo una persona forte può sopravvivere a certe cose.”
Phil allungò un braccio verso la bottiglia poggiata sul comò - più per trovare qualcosa a cui dedicarsi che perché avesse veramente sete – ma, prima che la raggiungesse, Pepper la afferrò, sfilò un bicchiere di plastica dalla pila che l’affiancava e, riempitolo, glielo porse gentilmente. Phil la ringraziò ancora, portandoselo alle labbra, e quando Pepper parlò andò tanto vicino a strozzarsi che temette di aver rimandato l’appuntamento con la morte solo di qualche giorno.
“Immagino che Marilyn verrà a trovarla presto.”
Prese a tossire spasmodicamente, sputacchiando acqua mista a saliva contro il palmo della propria mano.
“Va tutto bene?”
“No” rispose, quando tornò a respirare regolarmente “Cioè, , va tutto bene, ma Marilyn non verrà.”
“È ancora in tournée?”
“Esatto. È una tournée molto lunga” spiegò, ricordandosi che, da quando aveva svelato l’esistenza di Marilyn alla signorina Potts, lei era sempre stata era in viaggio per lavoro. Fortunatamente, la cosa non pareva insospettirla.
Proprio in quel momento, la voce di Stark si levò oltre la porta socchiusa e, per quanto suonasse stridula, Phil fu ben lieto di ascoltarla e sperò che l’uomo si palesasse prima che Pepper avesse il tempo di porre altre domande. Fu con un enorme sospiro di sollievo che accolse il cigolio della porta ma, quando questa si spalancò, non fu Tony a comparire sulla soglia e Phil sentì l’aria scomparire dai polmoni e il cuore balzargli in gola.

*
 
Pepper non conosceva l’uomo che fece irruzione in infermeria, ma dalla divisa che portava doveva trattarsi di un agente dello S.H.I.E.L.D. All’inizio pensò che fosse stato mandato da Fury o da qualcun altro per verificare le condizioni dell’agente Coulson, ma capì in un istante di essersi sbagliata; lo capì dal modo in cui restò impalato sull’uscio, dalle mani che tremolavano come foglie frustate dal vento d’autunno, dalle labbra tanto strette da parere un’unica, sottile striscia rosea, dal respiro mozzato dall’affanno e, soprattutto, dalla patina di sgomento e dolore e di qualcos’altro a cui non seppe dare un nome che gli oscurava lo sguardo. Restò lì, muto e immobile, e Pepper voltò il capo verso Phil ed era sorprendente quanto il suo volto fosse lieto e disteso, l’austerità sciolta nella serenità cheta e calda che lei ben conosceva, perché era la stessa con cui accoglieva ogni rientro di Tony e che vedeva riflessa negli occhi di lui ad ogni ritorno.  
Poi, all’improvviso, la linea che congiungeva i loro sguardi si spezzò e l’uomo scosse il capo, piano, con un misto di angoscia e rassegnazione, si voltò e se ne andò, sbattendo la porta con tanta violenza che Pepper trasalì. Nemmeno il tempo di chiudersi del tutto che fu spalancata una seconda volta e Tony fece il suo ingresso.
 
*

“Mi devi delle spiegazioni, Agente” sbottò Tony, rivolgendo a Coulson un’occhiata risentita “Non siamo sul set di “Beautiful” né di qualche altra soap in cui la gente risorge a mo' di Gesù Cristo e questo significa che tu” lo additò e la sua voce divenne più acuta e tagliente “non sei mai morto e che Fury ci ha mentito.”
Pepper spostò nuovamente lo sguardo su Phil che, incerto e palesemente a disagio, apriva la bocca per abbozzare una risposta.
“Allora, che hai da dire a tua discolpa?”
“Tony, potresti lasciarci soli, per favore?” si intromise Pepper, ponendo la domanda in tono garbato ma deciso.
“Pepper, tesoro” la apostrofò Tony, con una dolcezza troppo forzata per risultare autentica “Me ne andrò non appena Agente mi avrà spiegato per quale motivo è qui e non chiuso in una…”
“Tony” lo interruppe lei e, questa volta, non c’era traccia della bonarietà con cui gli si era rivolto poco prima “Esci immediatamente” sibilò, la voce bassa e tagliente come un cristallo.
Il compagno fece per opporsi, ma lo sguardo gelido che Pepper gli rivolse troncò sul nascere il tentativo di contestazione e Tony lasciò l’infermeria borbottando qualche debole e confusa protesta su false e pretestuose dipartite e direttori canaglie e imbroglioni.
Pepper e Phil rimasero da soli, avvolti in un silenzio carico d’imbarazzo. Pepper trascinò la propria sedia un po’ più vicino al letto, attendendo che fosse Phil a parlare.
“Ha ragione” disse alla fine, tenendo lo sguardo fisso sulle mani raccolte in grembo.
“Non dica così” lo ammonì Pepper, storcendo le labbra in una smorfia di dissenso “Il suo ego è già abbastanza sviluppato senza che ci si metta anche lei.”
Phil sorrise debolmente e sollevò lo sguardo.
“Fury gli ha fatto credere che…che fossi morto.”
Pepper annuì, cercando di celare il suo disappunto. Non le sembrava corretto – né tanto meno di buon gusto - fingere una cosa del genere, ma l’agente Coulson sembrava già sufficientemente abbattuto senza le sue recriminazioni e non aveva intenzione di mortificarlo ulteriormente, soprattutto considerando che la scelta non era stata sua.
“Beh, dev’essere stato un bel colpo per loro ritrovarla qui, in carne ed ossa.” Il pensiero andò all’agente che era scappato via sbattendo la porta “Ma si è trattato di una reazione istintiva. Sono sicura che nessuno ce l’ha con lei.”
Phil non pareva altrettanto convinto. Sospirò, afflitto, e Pepper sentì il cuore stringersi davanti alla tristezza che risuonò in quello sbuffò.
“Non faccia così. Lei non…”
“Virginia” la interruppe. Pepper non potè fare a meno di notare che aveva sostituito il suo nome al formale ‘signorina Potts’ fino ad ora utilizzato “Avrebbe qualche minuto da dedicarmi?”
Lei gli sorrise, memore della prima volta che lui le aveva fatto quella richiesta, e annuì ancora “Tutti quelli che vuole, Phil.”
Gli angoli della bocca di Coulson si sollevarono appena e, malgrado fosse un sorriso spento e solo accennato, Pepper fu felice di averglielo strappato.
“Apra quel cassetto” le disse, indicando il comò. Pepper obbedì e uno scintillio dorato risplendette nell’oscurità del tiretto. Infilò la mano nel solco del legno e le sue dita incontrarono la fonte del luccichio: un cerchietto di metallo sottile e freddo, che aveva tutta l’aria di essere una…
“Phil!” esclamò sbalordita, osservando la fede con gli occhi sgranati “Non sapevo che lei e Marilyn foste…”
“Marilyn non esiste.”
Pepper alzò la testa con uno scatto e spalancò ancora le palpebre, incapace di nascondere la sorpresa. Troppo attonita per porre domande, abbassò lo sguardo sull’anello e lo inclinò in controluce e, quando lesse l’iscrizione incisa al suo interno, sentì con orrore la mascella crollare e la bocca sbarrarsi in un gesto di vivo stupore. In un istante, tutto le fu chiaro e non ebbe bisogno di chiedere a chi appartenesse il nome intagliato nell’oro.
Fece oscillare lo sguardo più e più volte, spostandolo freneticamente dalle guance vagamente imporporate di Phil all’anello, e l’unico commento che riuscì ad elaborare fu un oh sfiatato.
Per fortuna, Pepper aveva imparato – a furia di avvenimenti imprevisti e sorprese al cardiopalma targate Stark – a riacquistare il suo abituale portamento e la sua proverbiale prontezza in men che non si dica e, in virtù della suddetta capacità, rafforzata da anni ed anni di allenamento, si strappò con stupefacente disinvoltura quella maschera di stupore dal viso e la sostituì con il più dolce e indulgente dei sorrisi.
“Se ha voglia di parlamene…”

*
 
“…allora la sua faccia è passata dal viola al fucsia al bordeaux e poi è sbiancata e ho seriamente temuto che stesse per svenire.”
Pepper scoppiò in una risata scrosciante e i suoi occhi brillarono di tenerezza.
“Quella sarebbe stata la reazione di Tony” commentò e un’altra risata si aggiunse alla sua “Hanno parecchie cose in comune, sa?”
Non sapeva da quanto tempo stessero parlando, ma, se avesse dovuto fornire una stima approssimativa, avrebbe detto da sempre. L’agente Coulson le aveva raccontato molto più di quanto aveva creduto le sarebbe stato rivelato. Aveva vissuto, attraverso le sue parole e i suoi occhi, il suo primo incontro con l’agente Barton, quando, tanti anni prima, incaricato di assoldarlo, l’aveva trascinato – letteralmente – alla base, la lotta decisa contro la sua indisciplina, gli scontri con Fury per convincerlo a dare sempre un’altra possibilità – a Clint – e altro tempo – a lui – per aiutarlo a crescere. Aveva percepito l’orgoglio per esserci riuscito, per aver trasformato quel ragazzo apparentemente indomito nel professionista affidabile e nell’uomo responsabile che era diventato. Ma quel cambiamento – ci teneva a precisarlo – non era stato merito suo. Il bene, la forza, il coraggio c’erano sempre stati, in lui – e qui le iridi azzurre avevano brillato più intensamente, a Pepper non era sfuggito – ma erano stati seppelliti dalle macerie di un passato troppo duro da affrontare in piena solitudine; c’era solo bisogno di una mano tesa per farli venir fuori.
Anche se Phil non aveva detto nulla di quel passato, Pepper aveva capito, perché aveva visto con i suoi occhi quanto i trascorsi possano segnare una persona e quanto l’abbandono possa portarla a mostrare il peggio di sé. Aveva vissute le missioni che avevano condiviso, tante e in ogni parte del mondo e con ogni sorta di pericolo, affrontato sempre l’uno al fianco dell’altro, a darsi appoggio e coraggio reciproco, e aveva visto il loro affiatamento crescere e mutare in affetto e poi trasformarsi, con il tempo, in qualcosa di ancor più grande aveva visto quanto a Phil la cosa, all’inizio, non fosse affatto piaciuta, perché ‘Le relazioni tra colleghi sono contro il regolamento’ – monito che, a giudicare dal proseguio della storia, non aveva impiegato molto a rinnegare.
Tony le aveva accennato quello che era successo a Clint, quello che Loki gli aveva fatto, ma sentirlo da Phil fu come ascoltarlo per la prima volta e una morsa gelida le aveva stretto il cuore mentre l’agente rievocava quei ricordi così nitidi, ancora imbrattati di sangue e di dolore. Solo allora aveva capito che l’ombra lugubre sullo sguardo di Barton, quando aveva spalancato la porta e trovato Phil su quel letto, era l’ombra del rimorso e aveva provato nei suoi confronti una pena immensa e sofferente.
“Beh, però non è svenuto e ha detto di sì” riprese, mentre la risata si smorzava, e Phil annuì e il suo sguardo luccicò ancora una volta, come accadeva ogni volta che pronunciava il nome di Clint.
“Già” mormorò e i suoi occhi si posò sulla fede che Pepper stringeva ancora tra le mani.
“Lo ama tanto.”
Malgrado non fosse una domanda, Phil assentì, senza staccare lo sguardo dall’anello. 
“Forse sarebbe il caso che gli parlassi.”
Il “tu” le pareva molto più appropriato alla piega che aveva preso la conversazione.
“Non penso che basterà a risolvere la situazione…E non credo lui voglia ascoltarmi.”
Pepper tacque e aggrottò la fronte, pensierosa. La luce del sole filtrava attraverso le vetrate della finestra, illuminandole il volto teso e concentrato. All’improvviso, scorse una figura solitaria percorrere mestamente il parcheggio.
Magari ha voglia di ascoltare qualcun altro

*

 
“Agente Barton?”
Una voce morbida e cordiale si levò alle sue spalle e, un istante dopo, Clint fu affiancato da una donna. Con la coda dell’occhio, ne scorse il volto leggermente arrossato e si accorse che era la stessa persona seduta accanto al letto di Coulson. Tornò  a guardare di fronte a sé e continuò a camminare, senza prestarle la benché minima attenzione.
Lei non demorse; accelerò il passo e riprese a parlare e, a giudicare dal fiatone e dal colorito delle guance, doveva aver corso per raggiungerlo.
“Mi chiamo Virginia, sono…” si interruppe, esitante, e Clint la vide aggrottare la fronte di sottecchi “Posso parlarle, per favore?”
“Sono di fretta” rispose bruscamente, continuando imperterrito la marcia. Aveva quasi raggiunto la propria auto quando la donna – Virginia – lo superò con uno scatto e gli si parò davanti, bloccandogli il passaggio.
“Non le ruberò molto tempo, glielo prometto” fece lei e, malgrado non avesse alcuna voglia di ascoltarla, Clint dovette ammettere che il suo tono era affabile e rassicurante.
Proprio come quello di…
“La prego” aggiunse e, a giudicare dal modo in cui aveva piantato i piedi, non si sarebbe spostata di un millimetro se non le avesse concesso almeno cinque minuti.
“Va bene”
Clint la superò e aprì lo sportello del passeggero.
“Prego”

*
 
Pepper prese posto e Clint, chiusa la portiera, salì in auto a sua volta.
“Lei è una sua amica?”
“Non proprio” rispose Pepper, arricciando le labbra “Credo sia più giusto definirmi una conoscente.”
“Una conoscente ben informata” osservò con sarcasmo “Sapeva che era vivo.”
“Fino a pochi minuti fa, non sapevo nemmeno che fosse stato…morto” replicò, stringendosi nelle spalle “La messinscena era per voi Vendicatori. Per darvi una…”
“Motivazione .”
“Esatto.”
Clint incrociò le braccia e si mordicchiò il labbro, espirando con inquietudine.
“Non è stata una sua scelta. Quando il direttore vi ha mentito lui non era ancora…”
“Lo immaginavo. Fury non ha bisogno di interpellare nessuno per prendere una decisione” commentò. Continuava a guardare oltre il parabrezza. Pepper poteva vederne soltanto il profilo.
“Non ce l’ho con lui.”
“Non dovrebbe avercela nemmeno con se stesso.”
Pepper lo vide voltare impercettibilmente il capo ed ingoiare le parole che stava per pronunciare.  Tacque e lei fece lo stesso.
“Non è facile come pensa” disse, dopo lunghi istanti di silenzio, e proprio in quel momento Pepper scorse il nastro di inchiostro che gli avvolgeva l’anulare.
Non mi ero accorta portasse l’anello
Non lo porta, infatti
“Non penso che sia facile” ribatté “Penso che sia terribilmente difficile, anzi, anche peggio, ma non ho gli elementi per dirlo. Soltanto lei sa quello che ha vissuto e il modo in cui si sente, ma…”
Finalmente, Clint si voltò a guardarla.
“…siete vivi entrambi. C’è qualcosa che conta più di questo?”

*
 
Malgrado avesse le palpebre ancora calate, quando Phil si destò ebbe immediatamente la consapevolezza di quella presenza all'interno della stanza. La sentiva, e non solo per il peso che gravava delicatamente sul suo fianco; la percepiva, forte e intensa, come una fragranza familiare e meravigliosamente piacevole, l’odore di casa che ti investe e ti conforta al rientro, dopo un lungo viaggio. Aprì gli occhi e incontrò la nuca di Clint adagiata sulle lenzuola, il volto diretto verso la porta e le mani poggiate sul materasso. Represse un sospiro accorato e, senza dire nulla, allungò un braccio e gli sfiorò il capo, piano, quasi con timore, poi affondò le dita tra i suoi capelli e prese ad accarezzargli il capo, e sentì il cuore gonfiarsi per quel contatto che era aria nei polmoni e sangue nelle vene – era tutto.
Un fremito leggero, impercettibile, rivelò che Clint non stava più dormendo. Non si mosse, non si voltò e Phil non ritrasse la mano, ma continuò a muoverla con affetto e delicatezza per un tempo che gli parve infinito e in cui, per la prima volta da quando era stato piantato in quel letto, si sentì veramente bene, pieno di energia e in pace col mondo. Finalmente Clint si spostò, sollevò appena il busto e si girò verso di lui, la schiena piegata in avanti, lontana dalla spalliera della sedia, le dita stretta attorno alle lenzuola con molta più forza del necessario e gli occhi, impastati di sonno, lucidi e incerti, fissi nei suoi.
La mano di Phil scivolò lungo il volto stremato e si fermò su una guancia arrossata e bollente e stette lì, immobile, e nessuno dei due disse niente.
Clint sollevò piano il braccio e poggiò la propria mano su quella di Phil, ancora incollata al suo viso. Ne accarezzò il dorso e poi la strinse, la trascinò sulla bocca e premette le labbra contro il palmo, all’altezza dell’attaccatura delle dita, schioccando un lungo bacio tra la pelle e il metallo luccicante.
“Perdonami” mormorò, allontanando il viso quel tanto che bastava per permettere alle parole di uscire “Perdonami.”
“Non importa” lo rassicurò Phil e la sua voce, seppur flebile e rotta, risuonò alle orecchie di Clint calda e confortante come l’ultima volta che l’aveva ascoltata, come la prima, come sempre “È normale che fossi arrabbiato.”
Clint scosse la testa e abbassò lo sguardo, fissando il punto in cui la scollatura del camice rivelava l’ampio bendaggio.
“Non parlavo di quello” sussurrò ed erano strazianti il rammarico e il pentimento nella sua voce.
“Non è stata colpa tua.”
“Sì invece. Io avrei…”
Malgrado la ferita bruciasse ancora e ogni movimento gli procurasse un dolore lancinante, Phil staccò la schiena dal guanciale e scattò in avanti, sottrasse la mano alla sua stretta e gliela poggiò sulla bocca, zittendolo.
“Non è stata colpa tua” ribadì, con fermezza e decisione e con quanto amore avesse in corpo. Staccò la mano dalla sua bocca e tornò a stringere la sua, indietreggiando lentamente per poggiare il busto contro lo schienale del letto.
“Credevi davvero di diventare vedovo così presto?” domandò e Clint sorrise – finalmente.
“Certo che no. Non puoi morire prima della luna di miele” rispose e persino rivedere quella malizia, che tante volte aveva maledetto, fu una gioia feroce e senza pari “Attendo con ansia la nostra prima notte.”
Phil scoppiò a ridere e Clint lo imitò e le loro risate si sovrapposero e si intrecciarono, come era successo poco prima con la sua e quella di Pepper. Le risate condivise con le persone che si amano sono la più bella delle melodie.
“A proposito, quello stronzo di Fury aveva detto che c’avrebbe dato almeno una settimana!” esclamò contrariato e Phil agitò una mano, chiedendogli di abbassare il volume, e lanciò un’occhiata preoccupata alla porta alle sue spalle.
“Non gridare, potrebbe essere nei paraggi” lo ammonì e Clint esibì una smorfia corrucciata “E allora? Ci spetta e se non ce la concede giuro che io…”
Si lanciò in un invettiva contro i direttori-didattori che non rispettano i propri dipendenti – il viaggio di nozze è un diritto insopprimibile e primario per tutti i lavoratori , cazzo – e, anche se non aveva affatto modulato la voce, Phil non lo rimproverò né lo interruppe, perché persino i suoi sproloqui gli erano mancati e, adesso che poteva, voleva goderseli, come voleva godersi tutto il resto. Viaggio di nozze compreso.

*
 
Quando vide l’automobile ancora parcheggiata nel viale, Pepper tirò un sospiro di sollievo. Aveva saputo all’ultimo momento che, quel giorno, Phil e Clint sarebbe partiti – Tony, tornato a casa solo un’ora prima, le aveva raccontato che Barton, quello stesso pomeriggio, sarebbe volato a Barcellona per una missione top secret di cui nessuno sapeva nulla e che, proprio quel giorno, Agente era stato dimesso e se n’era tornato a casa per un breve periodo di convalescenza; Pepper non aveva dovuto impiegare nemmeno un quarto del suo acume per capire che si trattava di coperture. Così si era precipitata fuori di casa con un pretesto e s’era diretta da Coulson, sperando di trovarlo ancora lì. A giudicare dal cofano dell'auto spalancato in attesa di venir riempito e dalla porta aperta, la partenza doveva essere imminente.
Pepper salì i gradini che precedevano l’uscio e, mentre stava per chiedere permesso, comparve Clint con un grosso bagaglio tra le mani.
“Virginia!” la salutò entusiasta, lasciando cadere la valigia ai suoi piedi “Entri pure.”
Indietreggiò, liberando la soglia, e Pepper entrò in casa.
“Penso che potremmo passare al ‘tu’, che ne dici?”
“Dico che va benissimo. Non mi sono mai piaciute le formalità.”
“Che ci fai qui?” gli chiese, simulando stupore “Pensavo fossi a Barcellona.”
“Stavo giusto andando all’aeroporto…” fece lui, indicando l’estero per alludere all’auto “…quando ho pensato di passare a salutare il mio capo.”
Pepper scoppiò a ridere e Clint chiamò Phil a gran voce.
“Signore, ha una visita!”
“Arrivo!” gridò Phil di rimando e la donna avanzò di qualche passo, seguendo Clint oltre l’ingresso. Si fermarono davanti alla porta del salotto e lui le rivolse un’occhiata inquisitoria.
“Allora, Virginia” disse con fare misterioso “Me lo dici o no come tu e Phil vi siete conosciuti?”
Pepper nascose il disagio dietro a un’altra risata, questa volta più nervosa e tirata. Non c’era alcun motivo per cui Clint non dovesse sapere che era la fidanzata di Tony, ma Pepper non amava parlare della sua vita privata e, soprattutto, credeva che quello non fosse il momento giusto per sconvolgerlo con la notizia che il playboy più famoso della terra aveva una relazione seria e stabile.
"Ecco, io…"
"Abbiamo un amico in comune."
Con tempismo perfetto, Phil comparve nell’ingresso e rivolse a Clint un’occhiata di rimprovero.
"Fatti gli affari tuoi, Barton."
Se Clint voleva sembrare offeso, non ci riuscì. Con l’arrivo di Phil, il sorriso estasiato con cui aveva accolto Pepper s’era addirittura ampliato. Fremeva come un bambino in attesa della notte di Natale e Pepper ebbe la sensazione di essere di troppo e decise di affrettarsi.
“Tolgo subito il disturbo. Volevo soltanto augurarvi buon viaggio.”
“Non disturbi affatto” la rassicurò Phil, sorridendole affabile. Nel frattempo, Clint era scomparso oltre la porta del salotto e, afferrata una manciata di borse, era uscito per posizionarle in auto.
“Perché porti tutta questa roba?" sbuffò Phil, quando rientrò "Nemmeno dovessimo andare un mese in Tibet."
“Posso chiedervi qual è la vostra meta?” domandò Pepper “Prometto che non lo dirò a nessuno.”
Per tutta risposta, Phil roteò gli occhi al cielo, emettendo un sospiro vagamente afflitto, mentre Clint, alle sue spalle, ghignava compiaciuto.
“Andiamo a Kirkjubæjarklaustur “ rispose euforico e Phil grugnì indispettito davanti a tutto quell’entusiasmo.
“Oh” commentò Pepper, sollevando le sopracciglia “Carino come nome. Riempie la bocca addirittura più di Strategic Homeland Intervention, Enforcement and Logistics Division. Dov’è?”
“In Islanda. È un posto fantastico.”
“Cosa c’è di bello? I geyser?”
“No, niente. Non c’è assolutamente niente” rispose Clint e Phil aprì la bocca per intervenire, ma l’altro lo precedette.
“È un villaggio di 120 abitanti e in Estate è interessato da un discreto flusso turistico, ma in questo periodo dell’anno le temperature sono proibitive e le fattorie che ospitano gli stranieri sono quasi tutte chiuse, vista la scarsità di visitatori” spiegò e lanciò uno sguardo maligno a Phil, che provò di nuovo a parlare ma, ancora una volta, non ne ebbe l’opportunità.
“Beh, mi sembra un posto…tranquillo.”
Il sorriso di Clint divenne ancor più amplio e sornione.
“E interessante e ricco di attrattive” aggiunse Phil, sarcastico.
“L’unica attrattiva di cui avremo bisogno è un letto.”
Phil avvampò e, dal modo in cui strinse i pugni, Pepper ebbe la certezza che la sua presenza fosse il solo motivo per cui si tratteneva dal colpirlo dritto in faccia.
“Un letto grande e comodo.”
“Barton, vai immediatamente…”
“E puoi star certo che nessuno dei 120 abitanti verrà a disturbarci mentre…”
“…in macchina” concluse a denti stretti, mentre il rossore sulle sue guance diveniva sempre più acceso “Ti raggiungo subito.”
Clint ridacchiò e raggiunse la soglia, chinandosi a raccogliere la pesante valigia che aveva mollato sul pavimento. L’aveva già varcata quando, all’improvviso, si arrestò, tornò indietro e schioccò un bacio sulla guancia di Pepper.
“Ti manderemo una cartolina” le disse e si precipitò in auto.
Pepper arrossì leggermente, sfiorandosi la gota, e Phil scosse il capo con rassegnazione.
“Perdonalo, è insopportabile.”
“No” lo contraddisse, sorridendo “Non lo è.”
Phil sorrise a sua volta e il piccolo ingresso fu avvolto dal silenzio. Non si trattava, però, di un silenzio fastidioso e imbarazzato; era informale e leggero, piacevole, e lui non potè fare a meno di pensare che, in futuro, gli sarebbe piaciuto condividere con lei altri silenzi come quello. Soltanto le persone importanti riescono a trasformare il silenzio in qualcosa di bello da vivere e Phil sentiva che Virginia Potts era una di quelle o, almeno, che sarebbe potuta diventarlo.
“Avevo proposto Firenze…” esordì, massaggiandosi la nuca, e la risata cristallina di Pepper risuonò nitida e melodiosa, rallegrandole i lineamenti. Aveva davvero un bel modo di ridere, sincero e contagioso.
“Sono certa che avreste passato una splendida settimana anche se la meta fosse stata Shimonoseki”
“Shimonoseki?”
“È in Giappone” spiegò “Ci sono stata qualche anno fa per lavoro e ti assicuro che è la città più noiosa che esista sulla faccia della Terra.”
“Capisco” commentò Phil, accennando una risata “Non dirlo a Clint, o sarò condannato anche per le nozze d’argento.”
“Wow, nozze d’argento. Hai intenzioni serie, allora.”
Phil, colto di sorpresa, impiegò qualche istante per aprir bocca, ma riuscì ad emettere soltanto qualche borbottio inarticolato. In quel momento, lo squillo del clacson risuonò con insistenza e lui alzò lo sguardo verso la porta aperta.
“Vai” sussurrò Pepper, sfregandogli affettuosamente un braccio "Non farlo aspettare ancora."
Phil spostò gli occhi su di lei e le sorrise di nuovo.
“Grazie, Virginia” le disse e lo sguardo luccicò di calda e sentita riconoscenza.
“Figurati. Ci tenevo ad augurarvi buon viaggio.”
“Non parlavo di quello.”
Pepper sfoderò il più splendente dei suoi sorrisi e scrollò le spalle. “Non ho fatto niente di speciale.”
Uscirono di casa e Phil, chiusa la porta, raggiunse il posto del conducente.
Pepper contemplò l’auto che sfrecciava verso l’orizzonte e, poco prima che sparisse, vide una mano sporgersi fuori dal finestrino del passeggero e sventolare festosamente in segno di saluto. 












Note
questo perchè a me non piacevano le fic con la gente sposata
Phil&Pepper amyketti del cuore son sempre stati uno dei pilastri del mio Head Canon ed era da tanto che desideravo scrivere qualcosa che raccontasse gli albori del loro legame (nell'Alleyverse, naturalmente). Dal momento che io e _Let is shine, nell'ultimo periodo, abbiamo condiviso dolore e fagherlamenti ipotesi e speculazioni sulla non morte o forse vera morte non se sa boh di Coulson, voglio dedicare a lei questa storia, che vuole essere anche un piccolo dono per ringraziarla del suo costante supporto e della splendida personcina che è *scuora*
Colgo l'occasione per ringraziare tutti coloro che leggono le mie boiate storielle. Mi riferisco a chi ha la pazienza di lasciare un commento, a chi dimostra il proprio apprezzamento in privato, a chi le inserisce tra le preferite/ricordate, a chi, semplicemente, gli dedica qualche minuto del proprio tempo (e per me è già tantissimo, di sicuro più di quanto meriti). Grazie di cuore a TUTTI *abbraccia e regala biscot...* NO, SONO A DIETA, quindi per solidarietà niente biscotti a nessuno (o al massimo un pacco di Vitasnella ai frutti di bosco senza uva rossa). 
Liquidiamo in fretta la burocrazia:
-Kirkjubæjarklaustur è veramente un paesino islandese con 120 abitanti, così come Shimonoseki è realmente una piccola provincia giapponese (Wikipedia dixit). Forse sono posti bellissimi e pieni di vita, non lo so, ma a me servivano due località e ho scelto quelle, perchè...avevano nomi fighi, ecco.
-Ho letto di Clint con la fede tatuata (perchè l'anello farebbe difetto con la presa, NON È UNA COSA BELLISSIMA? fate sì con la testa ) in diverse storie, tra cui I've got all these ringing in my hears and none on my fingers della Will.
-Marilyn è il nome della violoncellista nell'Head Canon di _Maria_  
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Alley