Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: Lady Five    22/10/2013    1 recensioni
Mayu è cresciuta e, contravvenendo ai desideri di Tochiro, fa ad Harlock una richiesta a cui il capitano non riesce proprio a dire di no, perché, in fondo al cuore, anche lui ne è felice.
Ma lei non è più una bambina. E niente può più essere come prima.
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harlock, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Se volevano distruggere l'astronave di Irita senza rischiare di coinvolgere altri, dovevano fare in modo di attirarlo in una zona dello spazio non abitata.
Harlock aveva già deciso di ritornare nei pressi della nebulosa Clessidra. Lì c'era Nastrond, lì c'era la stazione orbitante in cui lavoravano il laurium... e sembrava essere frequentata soprattutto da androidi. Ma nello stesso tempo era un'area importante per i ribelli.
In più, Yattaran gli aveva sottoposto il suo piano di tentare di “dirottare” la nave dei Dipartimento, una volta catturata, verso l'interno della nebulosa e il buco nero che, secondo i suoi calcoli, doveva trovarsi al suo interno.
Harlock era un po' scettico. Come avrebbero potuto, infatti, verificare che effettivamente venisse inghiottita da un corpo celeste la cui esistenza era puramente teorica? Ma anche in quell'occasione non rivelò alcun particolare di quel luogo che potesse essere utile al suo primo ufficiale. La sua idea era più semplice: spingere l'astronave nemica sì, verso Clessidra, ma imbottita di esplosivo. A suo avviso, era molto più sicuro.
Calcolò che a quell'ora Irita doveva essere stato informato della liberazione di Xelas. Sarebbe prima venuto a cercarli vicino alla luna artificiale, e, non trovandoli, avrebbe fatto due più due. Ne era sicuro, perché, prima di lasciare l'astronave su cui viaggiava il prigioniero, aveva sussurrato a Tadashi qualcosa sulla loro prossima destinazione, facendo in modo però di essere sentito da uno degli uomini dell'equipaggio.
Così ripercorsero in senso opposto la rotta seguita alcuni giorni prima. Arrivarono vicino alla nebulosa Clessidra e, nascosti tra le nubi nere di Nastrond, si disposero all'attesa. Che non fu lunga, questa volta.

La sagoma minacciosa della nave di Irita comparve sul monitor quasi all'improvviso. Era quello che aspettavano.
Una delle navette rivestite di laurium era già pronta da tempo. A bordo, Yattaran vi aveva sistemato uno degli androidi sottratti al cargo, con il compito di guidare il mezzo verso l'astronave nemica, come se fosse un ricognitore.
Mentre il lupo spaziale lasciava l'Arcadia, dal loro nascondiglio Harlock e i suoi seguivano ogni sua mossa, trattenendo il respiro. Era giunto il momento della verità. La navicella fece un lungo giro e andò a finire proprio davanti alla prua dell'astronave di Irita, come se fosse capitata lì per sbaglio. E, per essere credibile, tentò la fuga. Subito inseguita dal fuoco nemico.
Dai ripetuti colpi dell'arma letale.
Che la lasciarono ogni volta illesa.
A bordo dell'Arcadia si levarono urla di gioia e di trionfo. Ce l'avevano fatta! Harlock non ne aveva mia dubitato, in realtà. Ora potevano uscire allo scoperto e affrontare Irita ad armi pari, o quasi.
Il capitano fece scattare la trappola. La navetta continuò a fuggire verso Nastrond, lasciando che la nave di Irita accorciasse sempre di più le distanze. Quando fu abbastanza vicina al loro nascondiglio, il lupo spaziale scartò di lato all'improvviso, e l'Arcadia emerse, imponente e inesorabile, dalle nebbie mefitiche, parandosi davanti all'astronave nemica e sparando colpi a raffica in contemporanea dalle torrette e con i cannoni pulsar. Gli altri, presi totalmente alla sprovvista, non ebbero il tempo di attivare le protezioni e riportarono dei danni notevoli. Evidentemente, come Harlock aveva sperato, il loro radar non aveva rilevato la loro presenza, sviato, oltre che dal dispositivo dell'Arcadia, anche dalle strane correnti magnetiche del pianeta, forse dovute alla massiccia presenza di laurium.
Il vantaggio non durò però a lungo. Gli uomini del Dipartimento risposero presto al fuoco con l'arma segreta. Che questa volta non sortì l'effetto sperato. I pirati potevano solo immaginare la faccia di Irita alla vista dei danni superficiali che stava provocando all'Arcadia.
La battaglia proseguì senza che nessuno dei due contendenti riuscisse a prevalere sull'altro. La potenza di fuoco dell'Arcadia si infranse di nuovo contro gli scudi protettivi, e l'arma del Dipartimento non poteva più nulla contro l'astronave pirata. La situazione di stallo rischiava di protrarsi troppo a lungo. E Harlock non aveva più pazienza.
“Dobbiamo salire su quella nave” sentenziò.
Diverse paia d'occhi sgomenti si posarono su di lui. Quelli di Mayu erano pieni di terrore. Non si era mai parlato di questo. Impadronirsene sì, ma solo dopo aver reso inoffensivo l'equipaggio.
“Cosa???”
“Così non andremo da nessuna parte. Dobbiamo catturarla, riempirla di esplosivo e distruggerla. E possiamo farlo solo dall'interno. Agiremo su due fronti, anzi, tre: io, Tadashi e altri due uomini entreremo con l'altro lupo spaziale protetto attraverso uno degli squarci, portando l'esplosivo, mentre un altro gruppo userà le capsule, come al solito. Quelli rimasti a bordo continueranno a sparare, per creare un diversivo. E mettiamo fine una volta per tutte a questa storia.”
Harlock affidò mentalmente il comando dell'Arcadia al computer centrale e si diresse deciso verso l'hangar, seguito da Tadashi e altri due volontari. Sì, avrebbe potuto restare a bordo e manovrare lui stesso il timone: nessuno lo sapeva fare con altrettanta abilità. Ma lui, semplicemente, DOVEVA salire su quella nave.
Yattaran aveva già preparato l'esplosivo. Messa da parte l'idea di sfruttare il buco nero, durante il viaggio verso la nebulosa Clessidra, aveva messo a punto una miscela che, secondo i suoi calcoli, non avrebbe lasciato scampo alla nave nemica. Aveva usato in parte anche un particolare tipo di sostanza trovata a bordo del cargo che trasportava il laurium e che, verosimilmente, era impiegata nelle miniere.
Il piccolo caccia si diresse rapido verso la nave di Irita, che nello stesso momento veniva bersagliata senza tregua dall'Arcadia. Riuscì a infilarsi senza problemi in un grosso squarcio, creato da loro stessi durante l'attacco a sorpresa. Cominciarono a piazzare alcune cariche, poi si nascosero, in attesa che arrivassero gli altri con le capsule. Per fare questo, era necessario che l'Arcadia fosse abbastanza vicina al mezzo da abbordare. Harlock sperava che andasse tutto per il verso giusto. Non avevano avuto tempo di studiare l'azione nei dettagli, ma faceva affidamento sull'esperienza e sull'abilità del suo equipaggio, sulla ormai perfetta sintonia tra la sua mente e la loro.
Intanto, sull'Arcadia, Xelas era stupefatto.
“Ma voi... voi avete il laurium!”
Yuki annuì.
“Ma... come avete fatto?”
La ragazza sorrise.
“Non si dimentichi che siamo pirati!”
“Ma... nessuno sa dove nemmeno dove viene estratto! E' un segreto del Dipartimento, e molto ben custodito...”
“Siamo pirati con parecchie risorse insospettabili.”
Yuki non aggiunse altro e l'uomo non insisté.
Conosce anche lei la regola di Harlock sulla fiducia, pensò Mayu.
Il computer centrale stava attuando una manovra per avvicinarsi al nemico e dare inizio all'abbordaggio. Finse di allontanarsi, per poi piombare sopra la nave del Dipartimento dall'alto. Poterono così lanciare le capsule.
Yuki avvisò il capitano che stavano arrivando i rinforzi. Lui e i suoi cominciarono a far saltare le paratie stagne che isolavano i settori danneggiati della nave e si ricongiunsero agli altri.
Gli uomini dell'equipaggio non si aspettavano un attacco dall'interno, e la maggior parte di loro era probabilmente impegnata nella sala comando, da cui sicuramente Irita dirigeva le azioni a danno dell'Arcadia. Incontrarono perciò all'inizio ben poca resistenza, e a nessuno diedero il tempo di dare l'allarme.
Harlock voleva per prima cosa raggiungere il luogo da cui partiva quel raggio distruttivo. Lo individuarono con relativa facilità. Stranamente non vi era nessuno a sorvegliarlo. Evidentemente si sentivano molto sicuri, inattaccabili, ed era tutto automatizzato. Questo li indusse a pensare che il personale umano della nave non fosse molto numeroso. Il capitano lasciò ai suoi il compito di seminare le cariche soprattutto lì, e poi di proseguire nel resto della nave. Prima di farle esplodere, avrebbero avvertito i membri dell'equipaggio, perché avessero il tempo di mettersi in salvo.
Non si uccide nessuno, se si può evitare, questo era sempre stato il suo motto. Sì, con un'eccezione, questa volta.
Prese con sé due uomini e andò a cercare Irita. In sala comando nessuno sembrava essersi accorto di nulla, quindi tutti restarono paralizzati dalla sorpresa quando si trovarono davanti i tre pirati che li tenevano sotto tiro, impedendo loro di porre mano alle armi. Sul volto di Irita in particolare si dipinse un'espressione di rabbia, che si trasformò ben preso in odio puro.
“Harlock! - quasi balbettò, soffocato dall'ira - Che cosa diavolo ci fai qui?!? Come sei entrato?”
“Non fare domande stupide, Irita. Sono venuto a chiudere i conti con te, con la tua arma maledetta e con la tua assurda ribellione! E per impedirti di fare ad altre persone indifese quello che hai fatto a Mayu!”
“Questa volta non ci riuscirai, non intralcerai i miei piani! Quest'astronave è indistruttibile. E anche se sei chiaramente riuscito a procurarti il laurium, tra poco l'Arcadia non avrà più un capitano e non sarà più un problema! Sei tu che hai fatto una mossa molto stupida, venendo qui!”
Sfiorò un pulsante davanti a lui e lungo le pareti della stanza si aprirono uno dopo l'altro numerosi sportelli, da cui uscirono delle lunghe pistole laser. Lo stesso sistema con cui volevano far fuori il mio equipaggio su Panopticon, ebbe appena il tempo di pensare Harlock, prima di rotolare a terra per sottrarsi alle raffiche che immediatamente partirono da più direzioni. Nello stesso tempo, fece fuoco a sua volta, mettendone fuori uso alcune, con la sua mira infallibile. Anche i suoi uomini, che d'istinto si erano fatti scudo con i loro prigionieri (che per fortuna si rivelarono essere solo degli androidi molto sofisticati, in pratica dei “replicanti”), spararono e riuscirono a neutralizzare le altre.
Irita schiumava di rabbia. Com'era possibile che quell'uomo se la cavasse sempre? Ma forse non era un essere umano, forse era un demonio.
La sua bocca però si distorse in un ghigno di trionfo quando si accorse che Harlock era ferito: perdeva sangue da un braccio (il destro!) e da una gamba.
Poi tutto accadde in pochi secondi, e gli altri due pirati non ebbero il tempo di intervenire.
Irita scattò di lato e riuscì ad afferrare la sua pistola laser, ma non fu abbastanza veloce a usarla. Harlock, con un gesto fulmineo, aveva passato la sua arma dalla mano destra alla sinistra (benedetto il giorno in cui aveva deciso di imparare a sparare con entrambe le mani!), e aveva fatto fuoco proprio nell'istante in cui Irita stava puntando la propria su di lui. L'espressione dell'uomo passò dallo stupore al dolore, mentre una chiazza rossa gli si allargava sul petto.
“Maledetto!” mormorò accasciandosi.
Harlock gli si avvicinò.
“Non avrei mai voluto arrivare a questo. Ma il tuo folle progetto avrebbe messo in pericolo l'universo, provocato la morte di milioni di innocenti e mandato in rovina popoli e pianeti. Non te lo potevo permettere!”
“Sei un ipocrita! A te non te ne frega niente di nessuno. Volevi solo punirmi per quello che secondo te ho fatto a quella ragazza... Ma non ti illudere, altri porteranno avanti il mio progetto, e nessuno potrà opporsi...”
Harlock avrebbe voluto replicare, ma a che sarebbe servito? Quell'uomo stava morendo. Infatti poco dopo tacque. Era finita.
“Capitano! - gridò uno dei suoi uomini - Sei ferito!”
“Solo di striscio, non è niente. Andate a controllare che gli altri non siano in difficoltà e abbiano finito di mettere le cariche, poi venite a riferirmi...”
I due esitarono un istante, ma poi eseguirono l'ordine, pensando che presto avrebbero potuto lasciare la nave e curare tutti i feriti.
Il capitano in realtà si sentiva un po' debole. Doveva aver perso più sangue di quanto credesse. Si sedette su una delle poltrone al centro della sala comando, dopo aver rimesso la pistola nella fondina.
Non avrebbe dovuto farlo.
Pochi secondi dopo, sentì il freddo di una canna d'acciaio sulla nuca.

 

  
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