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Autore: Paradichlorobenzene_    23/10/2013    1 recensioni
“Lui si svegliò senza lei, nudo nella tempesta, là fuori Union Square, entrava luce al neon dal vetro di una finestra, l’odore del caffè …”
Risvegliandosi nella nebbia mattutina che a novembre avvolge Union Square, Castiel si irritò tremendamente nel sentire sotto di sé il tessuto ruvido del copri-materasso dell’albergo.
Lo sentì freddo, e questo gli ricordò che era rimasto solo. [...]
“L“New York, New York! È una scommessa d’amore … Tu chiamami e ti vestirò come una stella di Broadway!”
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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“Lui era un business-man con un’idea in testa, lei ballerina di jazz, leggeva William Blake vicino a una finestra, lui beveva caffè … Guardando quelle gambe muoversi pensò 
-È una stella!- …” 

Castiel era l’uomo d'affari più facoltoso e ambizioso di New York. Nonostante il suo aspetto  facesse pensare a tutto tranne che ad un giovane manager, quello era esattamente il suo lavoro. In fin dei conti, nessuno poteva dirgli nulla: lo svolgeva fin troppo bene. Era cinico e calcolatore, sapeva esattamente cosa faceva e come riconoscere un affare, un’occasione quando gli si presentava davanti. Era il classico ragazzo che coglie le occasioni al volo e riesce a farle diventare denaro. Viveva sulla Fifth Avenue, nell’agiato quartiere di Manhattan. Aveva tutto ciò che si poteva desiderare, e la sua fama si era presto espansa per la Grande Mela ed oltre. Cercato da tutti, temuto e rispettato, era diventato in pochissimo tempo uno dei personaggi più in vista dello Stato di New York. Tuttavia, a lungo andare stava iniziando ad annoiarsi. Una sera decise di andare a svagarsi in un locale di periferia, uno di quelli piccoli ai limiti del pub, con le luci soffuse e frequentato in determinati orari da gente che vuole solo una birra per poi andarsene. Mise i vestiti che portava ai tempi del liceo, e gli sembravano lontanissimi nonostante fossero passati appena cinque anni, forse anche meno. Non aveva mai frequentato quelle zone e camminarci adesso, ventiduenne e con la sigaretta incastrata tra le labbra sottili, lo faceva sentire piuttosto a suo agio.
I capelli, tenuti lunghi, lo aiutavano a nascondersi, lo facevano confondere con le mura dei locali, color mattone. Camminava con le mani in tasca e la testa bassa, in modo che la frangia coprisse gli occhi, per non farsi riconoscere. Una volta entrato nel primo locale capitatogli a tiro, si sedette in un angolo e ordinò un Long Island Iced Tea che, nonostante il nome, è un vero e proprio cocktail alcolico.
L’aria era satura di fumo e di un altro odore dolciastro che Castiel non riconobbe, guardandosi attorno, tutto appariva sfocato e le luci erano molto tenui, tanto da illuminare poco o nulla. Si alternavano luci rosse e gialle, così da creare sfumature cremisi sui muri decorati dalle ombre.  
Una lunga coda di capelli neri attirò il suo sguardo. 
Una ragazza la faceva roteare elegantemente attorno al corpo, mentre piroettava velocemente sulle lunghe gambe, in modo leggero. Sembrava che non toccasse terra.

“Lui, garofano rosso e parole, una vecchia Cabriolet …
Lei, vestita come la Rogers, fulmini e saette
Lassù, nel cielo blu, il loro nome! Argento tra le stelle …”

Il giorno dopo ci stava ancora pensando, sarà stato l’effetto dell’alcool, il fatto che gli serviva una novità, ma quella ragazza aveva un talento. E il suo compito era tirarlo fuori, esisteva per questo.
Stava camminando per Central Park, in cerca di un’idea, quando la rivide seduta su una panchina intenta a leggere un libro di William Blake, del quale lui non conosceva il titolo.
Gli serviva una scusa, una qualunque, per potersi avvicinare a lei e attaccare bottone. Dov’era finita tutta la sua spavalderia?

Una volta si sarebbe avvicinato senza tanti complimenti e gli avrebbe fatto un qualsiasi complimento, perché si sa, le donne non resistono davanti ai complimenti.
Così sperò che almeno la sua astuzia non lo avesse abbandonato. Lasciò volare un foglio del quotidiano che stava leggendo ai piedi della ragazza che, come lui sperava, si chinò per raccoglierlo e poi porgerglielo. Guardandola nei grandi occhi dorati, Castiel ebbe come una sensazione di dejà vu.
-    Ma non ci siamo già visti da qualche parte? – Chiese lui, dopo aver ringraziato.
-    Ero la novellina che hai scaricato dopo nemmeno due settimane per una biondina cotonata che mi pare si chiamasse Ambra, anche lei scaricata dopo poco. 
-    … Alexiel?!
-    Esattamente. Piacere di rivederti, Castiel.

A quell’incontro ne seguirono altri, e non necessariamente per lavoro.  Castiel aveva parlato ad Alexiel del suo progetto e, benché inizialmente non la attirasse l’idea di diventare la Stella di Broadway, poche settimane dopo stava già sulle copertine di tutte le riviste più in voga del momento. Un pomeriggio, dopo aver fissato l’ennesimo spettacolo, il ragazzo la invitò a bere un caffè conscio del fatto che lei era astemia. Parlando del più e del meno, scoprì che avevano molte cose in comune. Forse aveva sbagliato quando, terzo anno, l’aveva scaricata. Era carina, ma allora non era davvero il suo tipo. Adesso invece era davvero, davvero bella. Poco dopo scoprì che il “forse” del precedente periodo, prima dell’ “aveva sbagliato” non doveva starci affatto.

"Lui si svegliò senza lei, nudo nella tempesta, là fuori Union Square,

entrava luce al neon dal vetro di una finestra, l’odore del caffè …”

Risvegliandosi nella nebbia mattutina che a novembre avvolge Union Square, Castiel si irritò tremendamente nel sentire sotto di sé il tessuto ruvido del copri-materasso dell’albergo. Lo sentì freddo, e questo  gli ricordò che era rimasto solo. Sorseggiando il suo caffè al piano di sotto, poco dopo, vide sul giornale una foto di lei, immersa nell’ambito successo che ormai possedeva. Gli aveva quasi fatto male ricordare il loro incontro, ormai risalente a quasi cinque anni prima, e quando al liceo la chiamava “Raperonzolo” per via della lunga treccia – che tuttavia non era bionda ma nera come la notte. Ricordava ancora anche il breve in cui erano stati assieme, non al liceo – quella era roba da poco conto – ma quando, poco dopo averla inserita nel mondo dello spettacolo, in un attimo di fragilità si era gettata tra le sue braccia come se lui fosse stato un’ancora di salvezza in mezzo al tumulto dell’oceano in tempesta. Erano stati insieme due anni, forse qualche mese in più, ma lui non si sentiva all’altezza di lei così bella da esser quasi fragile e intelligente. Le aveva detto addio come lo si dice al vestito preferito che non viene più, ad un giocattolo amato dopo che si rompe, con il rimpanto che accompagna le separazioni necessarie e non volute. Da tre anni la vedeva solo in fotografia, ormai anche lei giunta all’apice del successo, il suo volto su ogni centimetro di strada. Sapeva che non  l’avrebbe rivista, ne risentita. Non provava rimorso, solo nostalgia.
Lui era pur sempre un famoso e ricco Business-Man e lei, ormai, era diventata la Stella di Broadway.

“New York, New York! È una scommessa d’amore …
Tu chiamami e ti vestirò come una stella di Broadway!
New York, New York! È una scommessa d’amore …

Tu chiamami e ti vestirò come una stella di …”
   
 
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