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Autore: Gavriel    23/10/2013    1 recensioni
Esistono le crisi di mezzo liceo? All'alba del suo quarto anno Marianna, austera e razionale, non vuole farsi cogliere impreparata per la sua futura prima relazione. In via (non del tutto) preventiva propone a Zeno, un ragazzo piuttosto eccentrico e non particolarmente popolare, di allenarsi assieme a lei. Ma l'accordo che le propone potrebbe non essere poi così pieno di benefici...
Genere: Demenziale, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Marianna stava scorticando i manubri della bici a forza di grattarli con le unghie. Era ad un semaforo rosso, il sole era già calato e la nebbia autunnale cominciava a serpeggiare dai boschetti a lato della strada. Poche altre volte si era sentita così nervosa, e mai si era esposta così tanto come quella mattina tornando da scuola.
 
-Aspetta un momento.
Ci vollero un po’ di passi perché si accorgesse che Zeno era rimasto indietro. Nervosissima tornò da lui portando a mano la sua bicicletta. Non osava guardarlo in faccia, non poteva credere di aver chiesto una cosa del genere; quando furono abbastanza vicini si sforzò di guardarlo negli occhi, pronta ad un rifiuto. Ma arrivò una domanda:
-Fammi capire: vuoi allenarti a limonare?
Il viso di Marianna divenne se possibile ancora più paonazzo:
-Non dirlo ad alta voce! E perché se esce dalla tua bocca sembra molto più sconcio
Erano quasi alti uguali, potevano essere scambiati per fratelli. O cugini. Zeno aveva un’espressione indecifrabile, poteva scoppiare a ridere come prenderle un polso e sigillare il loro accordo con la loro prima lezione.  Marianna capì che sarebbe stato meglio un cambio di strategia:
-Beh, se non vuoi farlo a me sta benissimo, posso benissimo chiedere a qualcun altro
Detto questo fece per salire sulla bici, ma prima che potesse andarsene lui la fermò con una mano sul manubrio:
-Bene, si può fare. Ma a casa mia, da te ci sono tutti quei mocciosetti
I mocciosetti erano i suoi due fratelli e sua sorella piccoli. la sua richiesta era lecita: l’ultima cosa che voleva era essere scoperta.
-Da me domani alle otto e mezza, ho casa libera.
 
Zeno. Dire che abitava in una casa era un eufemismo. In genere poco fuori dalle città ci sono diverse vecchie cascine ristrutturate, con finti muretti a secco, finestre ad alta efficienza energetica, muri in mattoni lasciati casualmente scoperti dall’intonaco… ma nessuno speculatore edilizio aveva mai preso la  Lepia per operare una miracolosa ristrutturazione. Marianna era stata là solo una volta prima, e fu per questo che riuscì a sapere dove fosse finissero i rampicanti e dove cominciasse il cancello. Sul lato destro c’era una piccola placca dall’aspetto datato con un pulsante e dei buchi per l’audio. Citofonò.
-La bici lasciala  pure nel portico
Non potè fare a meno di impressionarsi: quell’edificio sarebbe stato meglio sul cucuzzolo su una montagna rocciosa, con un cielo tempestoso poco dietro: sembrava che i costruttori avessero lavorato ciascuno secondo il proprio progetto personale, lasciando dislivelli e finestre spaiate. Solo i portici, dove prima c’erano granaio e stalla sembravano seguire la classica, rassicurante architettura rurale immersa nell’ombra. Non appena vi entrò venne accolta da un rumoroso starnazzare, cercò di ignorarlo finché non venne attaccata da un orso ringhiante: lanciò un genuino urlo di paura. In quel momento si accese la luce e l’orso ritornò un grosso cane nero e marrone, che continuava a ringhiare
-Fido!
Zeno era davanti a quella che doveva essere una porta secondaria, un indice puntato verso il grosso cane, che divenne mansueto.
-Maar, fatti conoscere da Fido
Come aveva imparato nei libri di Lorenz si accovacciò all’altezza del bovaro, ed ebbe cura di non guardarlo fisso negli occhi molto a lungo. Gli porse una mano e si lasciò annusare, poi gli accarezzò la nuca e gli grattò dietro le orecchie, Fido cominciò a scodinzolare e lei continuò coi grattini finché il colpo di tosse di Zeno non la interruppe. Marianna si voltò verso di lui e si ricordò il motivo per cui era venuta.  Adesso voleva rimanere con Fido per tutta la sera.
L’entrata secondaria dava direttamente sulla cucina. Nell’aria c’era il bel tepore secco che solo i fuochi veri possono produrre, accompagnato dall’odore del legno.
-Perché Fido?
Zeno le stava facendo vedere la casa, che all’interno sembrava molto meglio: un grosso camino centrale riscaldava tutte le stanze della casa che erano costruite attorno ad esso. Ogni stanza conduceva ad un’altra per mezzo di mezza rampa di scale, come se la casa stessa fosse un’enorme scala a chiocciola attorno alla canna fumaria.
-Perché è il nostro antifurto, assieme alle oche.
Disse lui salendo le scale che portavano dal salotto allo studio dei suoi, foderato di libri.
-Ma il nome?
- L’ho scelto io. Bello vero?
- Vuoi dirmi che in un posto così inusuale, in una famiglia così strana il meglio che ti possa essere venuto fuori per un cane formato gigante è fido?
Zeno si voltò verso di lei con aria vagamente risentita
-Be’ che nome ti aspettavi?
-Che ne so, Thor,  Reginald, Il Massacratore, Attila, Achille, Bellerofonte…
-E Orfeo ed Euridice magari?
Stava cominciando male, molto male. Di questo passo se ne sarebbe andata a casa senza aver concluso niente. Forse veramente non voleva concludere niente.
Chissà come si ritrovarono un una piccola stanza con un letto a castello incassato nella parete, un armadio a muro ed una scrivania, incastrata in una libreria. L’unica fonte di luce era la lampada da tavolo,  l’unica fonte di calore era il grosso tubo ricoperto di ceramica in un angolo vicino al letto.
-Bene_esordì lui_  come cominciamo?

 
  
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