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Autore: vanessa_    23/10/2013    1 recensioni
Avrebbe sempre voluto chiederle ‘come va?’ e intravedere la vera risposta nel suo ‘sto bene’.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«sto arrivando.»



Avrebbe voluto sapere cosa passasse per la testa di Rosa. Avrebbe voluto sapere quali fossero i suoi segreti. Avrebbe voluto sapere quale fosse il suo lato ‘oscuro.’ Avrebbe voluto sapere tutto di lei, ma era ora mai troppo tardi per Marco.
Avrebbe sempre voluto chiederle ‘come va?’ e intravedere la vera risposta nel suo ‘sto bene’.
Rosa è sempre stata una ragazza tormentata dalla sua stessa vita. Problemi in famiglia, voti orrendi a scuola e come se non bastasse, la morte della sua migliore amica, Sofia. Affrontava la vita con un sorriso, un falso sorriso, ma nessuno sembrava curarsene minimamente. Nemmeno Marco, il suo dolce e amato Marco che le era sempre stato accanto nei momenti più duri; nemmeno lui.
Marco ora era un ragazzo distrutto. Distrutto dall’idea che la ragazza con la quale condivideva il letto quasi tutte le notti non ci fosse più. Lei era la sua Rosa, ed ora giaceva in una bara, sottoterra.
Il ragazzo si torturava, si divorava il cuore e la mente da solo, passando intere notti e pomeriggi spaparanzato sul suo letto, spesso in lacrime, mentre pensava a come potesse essere stato così idiota da non accorgersi che la situazione di Rosa fosse molto più grave di quello che faceva credere lei.
Sono un codardo, si ripeteva fra sé e sé dalla mattina alla sera.
Si dava la colpa di tutto. Perché.. chi di noi non si sentirebbe in colpa dopo aver ignorato la propria dolce metà mentre soffriva in silenzio?
Si concentrava sul rumore della pioggia e i tuoni che, qualche volta, si facevano rumorosamente sentire e si perdeva nei suoi malinconici e demprimenti pensieri che portavano via tutte le sue ventiquattro ore. Poi passava ad altro; si concentrava sul continuo bussare della madre che, sull’orlo di una crisi isterica, insisteva nel richiamarlo per mandarlo a sedersi a tavola o chiedergli come si sentisse.
Come si dovrebbe sentire un ragazzo dopo aver visto la propria fidanzata morirgli fra le braccia, mamma?
Si domandava retoricamente Marco quando tentava di ignorarla.
Quel pomeriggio fu particolarmente pieno di lacrime, dato che decise di accendere il suo computer e prendere la coraggiosa decisione di aprire la cartella ‘Rosa <3’. Il suo sorriso, le sue esibizioni di danza, le loro passeggiate in spiaggia. Tutto questo lo travolse solo dopo aver cliccato su un qualsiasi file.
Aprì la prima foto, che rappresentava lei, la sua sua bella. Indossava il maglione di Marco, che le stava decisamente troppo grande; indossava anche il suo cappello e sorrideva. Sorrideva davvero, aveva uno di quei sorrisi che Marco raramente le vedeva spuntare in volto.

La seconda foto ritraeva sempre lei, mentre si copriva il volto con le mani per evitare di mostrarlo alla fotocamera. Erano nel letto, ed era di prima mattina; si poteva intuire dai raggi di sole che filtravano attraverso il vetro alle loro spalle.

Nella terza foto c’erano entrambi, Marco la teneva sulle sue gambe, seduto sulla poltrona di casa sua, di fronte al camino. Stavano entrambi sorridendo ed erano distratti, dato che nessuno dei due guardava l’obbiettivo, perché erano persi negli sguardi dell’altro.

La quarta foto fu la goccia che fece traboccare il vaso, dato che mostrava il suo piccolo angelo, in camice bianco e steso su un lettino d’ospedale. Quella fu la prima volta che Rosa dovette correre al pronto soccorso; l’avevano trovata in una pozza di sangue e in lacrime in camera sua e la portarono subito lì. Marco ci passò l’intera notte insieme, cercando di farla sentire bene con cose da poco come qualche battuta, qualche bacio, qualche coccola.
Cosa insignificanti per lui, ma tutto il mondo per lei.
La mattina seguente Rosa stava già meglio, e Marco volle immortalare quel momento con una bella fotografia. Lei alle braccia aveva inseriti dei cavi, ma nonostante tutto sorrideva facendo il segno della pace con le dita. E la foto successiva ritraeva entrambi sempre su quel lettino, che ridevano e si abbracciavano.
Marco non riusciva a reggere tutto quel dolore. Chiuse la cartella e spense il computer, ma non si coricò di nuovo sul letto. Si alzò dalla sua sedia ed uscì dalla sua stanza, finalmente. La madre non lo vedeva da tre giorni girare per casa, e cercò di fermarlo per chiedergli se desiderasse un bicchiere d’acqua o semplicemente domandargli se stava bene, ma fu totalmente ignorata.
Il ragazzo si chiuse nel bagno ed iniziò ad aprire tutti gli armadietti e cercare con foga un qualcosa che potesse finalmente porre fine al suo straziante e eterno dolore. Finalmente trovò un farmaco piuttosto forte, forse dei sonniferi o forse no, ma poco gli importava.
Ne prese uno, poi due, poi tre, poi prese un bel respiro ed ingoiò l’intera boccetta di pastiglie. Sentiva la testa pesante, non riusciva a reggersi sulle sue gambe, voleva solo buttarsi a terra, dato che non aveva equilibrio e così fece.
Cadde schiantandosi al suolo, picchiando la testa contro l’angolo della vasca da bagno e sussurrando un ‘Sto arrivando, Rosa.’
  
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