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Autore: unicornopunk    23/10/2013    7 recensioni
Leo ha bisogno solo di una cosa: la sua luna.
LeoxNico!Half-Blood
Genere: Avventura, Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Leo Valdez, Nico di Angelo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, 
dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via. 
Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, 
dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. 


La luna splendeva nel cielo di Long Island quella sera.
Illuminava tutto il Campo Mezzosangue, che sotto la luce bianca sembrava un posto spettrale. O forse lo era veramente.
Quel campo aveva visto di tutto e di più: battaglie, morti, rovine.
E con quei pensieri sul suo amato campo, Leo continuava a fissare intensamente la luna, perdendosi nella sua luminosità.
Forse dovrebbe tornare al campo, è rimasto fuori troppo tempo, ma fissando la luna cambia idea, e ritorna a bearsi di quella meraviglia.
Da piccolo non è mai stato un amante della notte, amava il sole, il calore che infondeva al suo corpo, le giornate luminose.
Perchè allora, da mesi a questa parte, la luna gli sembrava così bella?
Tutti preferiscono il sole, le belle giornate serene da passare al parco o in spiaggia, rigettando la luna e la notte, tutto troppo scuro, troppo pauroso.
Un pò come Nico.
Oh Nico.
Nico era come la luna. Tutti la lasciavano da parte, troppo impegnati ad elogiare il sole. Invece, osservando bene la luna se ne rimaneva folgorati, così bella quanto tenebrosa. Forse per questo che nessuno guardava Nico, avevano tutti paura di innamorarsene, e sappiamo che la luna illumina il cielo solo poche ore. 
Poi com'è venuta va via, lasciando posto al sole.
Se a Leo in quel momento avessero chiesto se preriva il sole o la luna, lui avrebbe risposto Nico. Nico, dopotutto era la sua luna. 
Lo folgorava, lo nutriva della sua presenza ma poi, senza validi motivi, scappava.
E tornava dopo tempo, alcune volte dopo troppo tempo.
Leo continuava a cercare la sua luna, ammirando quel pianeta che illuminava il suo volto quella sera, ma la sua vera luna non era lì quella sera, e non lo sarebbe stata nemmeno il giorno dopo. Forse sarebbe tornata dopo un mese, forse dopo un anno, nulla era certo.
Ecco perchè ogni sera osservava la luna che illuminava il suo campo estivo. Guardandola si sentiva meno vuoto, come se quella luna fosse veramente lui che lo osservava dall'alto con il solito cipiglio sul volto bianco cadeverico.
Leo scosse la sua massa di ricci, ma che stava pensando? Dio, era veramente cotto.
Si alzò a fatica dalla roccia sul quale era comodamente seduto e si avviò al campo prima che qualcuno potesse preoccuparsi.
Addentrarsi nel bosco di notte non era una buona idea, mostri e quant'altro avrebbero potuto attaccarlo, ma non se ne preoccupava più di tanto. Sapeva difendersi, anche senza armi avrebbe trovato un modo per fuggire dall'attacco. Una cosa di cui poteva vantarsi era l'astuzzia.
Scostò i rami che gli bloccavano il tragitto e si addentrò nella parte più pericolosa del bosco oscuro. Camminava piano, un piede dopo l'altro, cercando di non calpestare foglie appassite o rametti fragili.
Quando sentì un urlo strozzato, il suo cuore si fermò.
C'era una persona in pericolo. 
Prese un respirò e chiuse gli occhi. Per alcuni secondi rimase fermo nella sua posizione, aspettando qualcosa, un segno. Anche un grillo canterino che salatando di quà e di là gli avrebbe risposto, gli sarebbe andato bene.
Un'altro urlo, questa volta più basso, come se il ragazzo non avesse più forza di urlare per il dolore.
Prese coraggio e cambiò direzione, seguendo la voce del ragazzo.
Piccoli passi, piccoli passi silenziosi.
Arrivò ad una laguna, che non aveva mai visto perchè troppo lontana dal campo.
Si guardò in giro aiutandosi con la fiamma che aveva innescato sulla sua mano. Non vedeva niente, tutto sembrava tranquillo e silenzioso. Si sentivano solo le rane gracchiare e le zanzare girare attorno al corpo mulatto di Leo. Le scacciò con un gesto veloce della mano e continuò ad esplorare il posto, questa volta dedicandosi ai cespugli sotto i folti alberi che facevano da scudo alla laguna.
Niente, aveva controllato più volte, spostato rami, chiesto se c'era qualcuno. Tutto sembrava così normale, come se qualche minuto prima non fosse successo uno scontro.
E se il misterioso ragazzo fosse morto?
Leo avrebbe voluto salvarlo, ma era arrivato tardi. Grazie alla luce della fiamma e della luce riusciva a vedere solo qualche traccia di lotta sul terreno e un albero spezzato in due, ma non c'era traccia del ragazzo o del mostro.
Spense la fiammella sulla sua mano e si avviò all'uscita della laguna, ma venne bloccato da un rumore metallico alle sue spalle.
Si girò lentamente riaccendendo le fiamme sulle sue mani pronto ad attaccare.
Dalla laguna emergeva un essere di ferro alto e robusto, aveva le sembiarze di un orso ma con delle corna sulla testa. Era opera dei ragazzi della sua cabina, avrebbe riconosciuto un loro lavoro anche bendato, scricchiolava leggermente e trabballava mentre si avvicinava alla sponda. Non sapeva perchè i suoi ragazzi lo avessero lasciato libero nella foresta, gli avrebbe fatto un discorso dopo averlo messo fuori uso.
Passò i suoi occhi su tutta la figura del robot e vide solo in quel momento che teneva un ragazzo per la maglietta, il misterioso ragazzo pensò Leo.
Si avvicinò catuamente al robot continuando a fissare il ragazzo svenuto e gocciolande sorretto dalle enormi dita robotiche.
Quando il mostro fu abbastanza vicino, lo riconobbe. 
Pelle chiara come il latte, capelli neri bagnati completamente attaccati alla sua fronte, anfibi e jeans neri, e l'immancabile teschio sulla sua maglietta.
Nico era tornato da lui.
Forse non aveva avuto uno dei migliori benvenuti del secolo, ma dopo tutto un pò se lo meritava.
Leo in quel preciso momento voleva solo piangere, uccidere il mostro e prendere fra le sue braccia la sua luna. Ma si fermò, non poteva distruggere il mostro, era un lavoro dei ragazzi ci sarebbero rimasti male.
Pensò ad un modo delicato per poterlo mettere K.O. senza ricorrere all'esplosione. Poteva disattivare i suoi meccanismi, ma chi avrebbe distratto il mostro?
Doveva pensare rapidamente, da come il mostro guardava Nico lo avrebbe mangiato volentieri. Nico non sarebbe mai passato attraverso la sua bocca e morto infilzato dai suoi dendi affilati.
Iniziò a correre a per di fiato verso il mostro, scivolò tra le sua gambe e con un grande salto si arrampicò al perizoma che portava il mostro. Doveva congratularsi con i ragazzi della sua cabina per averlo vestito, più facile per potersi appendere.
Si arrampicò con tutta la forza delle sue braccia, cercando di non cadere mentre il mostro iniziava ad urlare e a muoversi convulsamente.
Risalire la schiena fu difficile, Leo dovette appendersi alla pelliccia finta del mostro che si staccava facilmente sotto il suo peso.
Dopo maledizioni, gemeti per il dolore che gli provocavano le braccia appesantite dallo sforzo, arrivò alla testa del mostro. 
Il mostro non voleva smettere di muoversi e aveva appena cominciato a correre in mezzo alla laguna come un dannato. Si tenne all'orecchio del mostro con una mano, con l'altra bruciò tutti i peli che si trovavano sulla testa del robot per poter trovare il pannello di controllo. Era sicuro che fosse posizionato lì, era stato lui ad insegnargli di posizionarlo sempre lì perchè sarebbe stato più difficile raggiungerlo per un eroe.
Il mostro capì l'intenzioni del riccio e iniziò a rotare la testa per buttarlo giù. Leo si tenne più forte tirando spesso l'orecchio all'essere peloso.
Con uno strattone più forte, Leo si ritrovò faccia a faccia con il robot, gli occhi erano gialli e anche alquanto arrabiati.
Appoggiò le punte dei piedi sul naso del mostro e si diede uno slancio per tornare sopra il suo collo. 
Un'altro ruggito uscì dalla bocca robotica dell'orso mentre Leo aprì il pannello. Prima che riuscisse a staccare il filo giusto, il robot scagliò Nico, ancora inerme, contro la corteccia di un'albero.
Leo urlò più forte che potè e con tutta la rabbia in corpo, staccò con forza il filo mandando in tilt il robot.
Scivolò velocemente dalla schiena del mostro prima che potesse cadere in avanti portando il giovane con se nell'acqua. Leo si trovava vicino la sponda quando il mostro cadde in avanti inondando quasi tutto il terreno circostante. 
Leo fu inghiottito, travolto letteralmente dall'onda. Sentì come una forza micidiale sulla schiena e poi tutto scuro.

Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore, 
dalle ossessioni delle tue manie. 
Supererò le correnti gravitazionali, 
lo spazio e la luce 
per non farti invecchiare. 


Passarono qualche secondo, qualche minuto, un ora. 
Leo non lo sapeva bene quando si svegliò disteso sulla sponda della laguna. Si scattò alzò la testa, provocando un senso di vomito e un forte giramento di testa. Chiuse istintivamente gli occhi, cercando di fermare le montagne russe nella sua testa. Dopo qualche minuto riuscì ad alzarsi facendo peso sulle braccia e sulle ginocchia. 
Si guardò in torno, il mostro era disteso sull'acqua e Nico era... Dov'era Nico?
Ricordava che il mostro l'aveva scagliato contro un'albero, ma ora non riusciva a notarlo a causa di quei maledetti cespugli che Leo avrebbe reso cenere.
Camminò con passo lento a causa di leggeri giramenti di testa che ancora non volevano abbandonarlo.
Con la poca forza fisica, spostò i cespugli e chiamò a bassa voce il nome della sua luna.
Dopo minuti di ricerca isterica lo trovò disteso dietro un cespuglio abbastanza lontano da dove il robot lo aveva scagliato. Era ricoperto di ferite, tra cui alcune avevano già coauglato.
Si accasciò sulle ginocchia gemendo per il dolore fisico e si avvicinò al viso del ragazzo bianco latte al suo fianco.
Lo accarezzò debolmente, ripercorrendo con il pollice gli zigomi appuntiti e le labbra sottili. Gli era mancato così tanto nei mesi precedenti, pieni solo di scuola e rari allenamenti con Jason.
Lui si sarebbe accontentato di Nico, solo ed esclusivamente Nico. Nessun'altro.
Si sarebbe accontentato delle sue smorfie, dei suoi sorrisi mal trattenuti, delle sue offese gratuite, dei suoi cambi d'umore, della sua ossessione per la morte, per le croci e per i teschi, della sua abitudine di richiamare Bianca qualche volta dal mondo dei morti, del suo amore per la musica metal, della sua rara abitudine di guardarlo quando lavorava a nuove armi. Qualsiasi abitudine stramba sarebbe diventata per Leo indispensabile.
Appoggiò delicatamente la testa di Nico sulla sua spalla e lo prese fra le sue braccia. Sembrava così piccolo e dolce, come un angelo, anche se non era proprio il miglior sostantivo per poterlo definire. Leo lo chiamava "angelo nero", era un angelo in fondo, ma usava sempre la sua maschera da cattivo con il cuore di pietra.
Prese un bel respiro e mandò a quel paese tutti i muscoli che si ribellavano a causa del peso di Nico.

E guarirai da tutte le malattie, 
perché sei un essere speciale, 
ed io, avrò cura di te. 


Dopo diverse fermate per riprendere fiato e poter riposare la sua schiena, riuscì ad arrivare al campo.
Attraversò l'ingresso e prese a camminare velocemente sperando di non essere visto da nessuno, sopratutto da Chirone e Mister D.
Passo accanto ai campi per gli allenamenti, la Casa Grande e l'arena. Dovette sistemarsi più volte Nico perchè scivolava facilmente dalle sue braccia debole e stanche.
Appena vide le case sorrise.
Le case dei semidei erano disposte a ferro di cavallo, la parte centrale era decorata da una suntuosa fontana che raffigurava il grande e possente Zeus mentre scagliava un fulmine.
Passò la fontana e si diresse verso la sua cabina, la cabina dei figli di Efesto.
Non dovette nemmeno cercare un qualsiasi modo per aprire la porta, visto che era già aperta. Entrando trovò tutti i suoi fratelli seduti a cerchio per terra con lo sguardo assonnato.
"Ragazzi, che state facendo? Vi siete dati alla meditazione?" Ridacchiò Leo.
I ragazzi dalla pelle mulatta saltarono in piedi, sistemando i propri vestiti o strofinandosi gli occhi.
"Eravamo preoccupati per te, di solito non ritardi tanto."
Fu Anna a parlare, la più piccola del gruppo. Per Leo quella bambina era come la sorella che non aveva mai avuto, lui era il suo principe e lei la sua piccola principessa.
Leo sorrise alla bambina di soli 12 anni e "Grazie" sussurrò al gruppo che fissava incessantemente la bellezza che teneva fra le sue braccia.
"Rimarrà con noi questa notte, è stato ferito dal vostro robot-orso." Rispose Leo mentre attraversava la stanza e posizionava Nico sul suo letto.
Il gruppo calò la testa, in segno di mute scuse per quello che avevano combinato.
"E' colpa di quel cretino, non nostra. Noi abbiamo costruito il robot e lui è andato contro di lui. Questo pezzente non avrebbe dovuto neanche avvicinarsi al campo, nessuno lo vuole qui." Trillò Paggy.
Leo alzò lo sguardo su di lei, era furiosa e il suo viso era contorto in una smorfia schifata come se Nico portasse la peste e lei avesse paura di prenderla. 
Scosse la testa e tornò a guardare la sua luna mentre respirava debolmente.
Non risposte a Paggy, non aveva la forza di litigare quella notte. Voleva solo medicare Nico e addormentarsi con lui accanto.

Vagavo per i campi del Tennessee 
(come vi ero arrivato, chissà). 
Non hai fiori bianchi per me? 
Più veloci di aquile i miei sogni 
attraversano il mare. 


Si avvicinò al letto e si sedette alla sinistra di Nico. Guardò Anna sperando di ricevere un aiuto con i medicinali. La bambina calò la testa in segno affermativo e si diresse in bagno. Torno dopo alcuni minuti con la scatola dei medicinali. Leo le sorrise, le scostò una ciocca dal viso e le diede un rumoroso bacio sulla fronte. La bambina indicò i medicinali, era una chiara richiesta di poter aiutare il riccio.
"Anna vai a dormire, domani bisogna lavorare. Mi occupo io di Nico."
Anna mise un tenero broncio ma poi lasciò Leo aprire la scatola da solo e si accucciò sotto le coperte del suo letto.
Leo prese disinfettante e bende, avrebbe potuto usare l'ambrosia ma non gli sembrava così grave.
Iniziò a medicare un piccolo taglio sulla guancia destra, mettendoci cura e delicatezza. Mentre scendeva a medicare un taglio sul collo, Nico grugnì e arricciò il naso per il bruciore del disinfettante sulla sua ferita.
"L-Leo?" Pronunciò tremante Nico quando aprì un'occhio.
"Salve figlio dei morti, come sta?" Sorrise sprezzante Leo, accompagnadolo da un occhiolino.
Nico mugugnò qualcosa incomprensibile e richiuse gli occhi sotto il tocco delicato di Leo che stava medicando una ferita sulla clavicola. 
Leo sbuffò e dolcemente spinse la sua spalla per risvegliarlo.
"Cosa vuoi Valdez?"
"D-dovresti levarti la maglietta Nico." 
Nico fissò la sua maglietta ormai rovinata e con un solo colpo la levò lanciandola in un punto indefinibile della stanza.
"Accomodati pure." Detto questo Nico tornò nel mondo dei sogni, mentre un Leo rosso come un peperone cercava con mano tremante di medicare bene le ferite.
Mentre il cotone attraversava quella pelle lattea così perfetta, ornata da lividi e ferite, Leo osservava quell'opera d'arte davanti i suoi occhi.
Si soffermò sulle sue clavicole sporgenti, sul suo petto stretto e compatto, sulla sua pancia piatta che lasciava intravedere alcune linee addominali.
Nico non era muscoloso, odiava allenarsi e lo ripeteva in continuazione, preferita vagare per i boschi di notte o giocare a scacchi con le anime peccatrici.
Per Leo sarebbe stato perfetto anche con qualche chilo in più, era la sua anima che rendeva anche il suo corpo perfetto, come il sole splendente della domenica mattina su un lago limpido pronto ad accogliere quei raggi e raffigurarli sulla sua superfice. Così il corpo latteo e esile di Nico rispecchiava la sua anima, bianca, di un bianco che ti acceca, ed esile, sottile come uno spago. Un solo passo falso e il filo si spezza, con Nico avrai chiuso per sempre.

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza. 
Percorreremo assieme le vie che portano all'essenza. 
I profumi d'amore inebrieranno i nostri corpi, 
la bonaccia d'agosto non calmerà i nostri sensi. 


Dopo aver finito di medicare quella pelle lattea, ricoperta da lividi e ferite, Leo ricoprì Nico con le coperte leggere e decorate con disegni astratti tinteggiati di rosso e arancione. Dopo essersi assicurato di aver ricoperto nei migliori dei modi Nico, cercò una sedia lì vicino. Non avrebbe mai dormito con Nico, in due sarebbe stato troppo stretto e "strano".
Vide una sedia vicino il letto di Pablo, la alzò per non strisciarla sul pavimento e svegliare tutta la cabina.
"Che fai con quella sedia Valdez? Non arrivi al letto?" Chiese una vocina sottile alle sue spalle.
"Veramente la sedia sarà il mio letto stanotte." Leo fece un sorriso tirato e posizionò la sedia vicino il suo letto dove Nico lo fissava con la fronte corrucciata.
"Sei rimasto senza letto?" Ghigna Nico.
"Sai, nel mio letto in questo momento c'è un ragazzo alquanto stupido." Conclude Leo alzando un sopracciglio.
"Ah, se è questo il problema possiamo dormire insieme. Dopotutto è il tuo letto." Nico fa segno con la mano a Leo di avvicinarsi e scosta le coperte vicino al suo busto scoperto.
Leo arrossì e timidamente si levò le scarpe e si rifugò sotto le coperte. Lo aveva detto, quel letto era troppo stretto per due.
Nico iniziò a muoversi e posizionò la sua testa sul petto caldo di Leo coperto dalla maglietta. Leo si irrigidì come una scopa e trattenne il respiro per alcuni secondi buttandolo pesantemente. Nico prese con poca delicatezza il braccio di Leo e lo posizionò dietro la sua schiena sorridendo complice. Il liscio alzò la testa e incatenò il suo sguardo duro e deciso con quello timido e insicuro di Leo che scappava per tutta la stanza non rimanendo a fissare quello di Nico per più di due secondi.
Nico schioccò le dita davanti i suoi occhi per cercare di cattura il suo sguardo. Leo sobbalzò, deglutì rumorosamente e puntò il suo sguardo su Nico.
"Grazie per avermi salvato, sarei morto." Disse sussurrando le parole direttamente sulla bocca del ragazzo dagli occhi castani.
Leo calò la testa e volge il suo sguardo alla finestra aperta per il troppo caldo di quel mese. Leo sentì Nico sbuffare e ritornare alla posizione precendente, con la testa appoggiata delicatamente sul suo petto e la mano appoggiata sul suo ventre.

Tesserò i tuoi capelli come trame di un canto. 
Conosco le leggi del mondo, e te ne farò dono. 
Supererò le correnti gravitazionali, 
lo spazio e la luce per non farti invecchiare. 


Leo, dopo interminabili minuti ad osservare la luna risplendere su Long Island, finalmente osservò la sua luna.
Anche la sua luna lo stava fissando da minuti interi, Leo se n'era accorto.
Il riccio portò la sua mano tra i capelli di Nico e iniziò ad accarezzare quella massa arruffata nera. Nico accennò un sorriso e chiuse gli occhi beandosi delle carezze notturne che qualcuno dopo anni gli dedicava.
Quando Nico alzò di scatto il volto, aveva uno sguardo fra il pensierono e l'intimidito. Sbuffò e si avvicinò lentamente al viso di Leo.
Leo aveva capito quello che sarebbe successo da un momento all'altro, non era così stupido come tutti gli dicevano.
Chiuse gli occhi e si beò del leggero contatto con le labbra fredde e sottili di Nico.
Quello che sentì in quel momento era impossibile da descrivere a parole, ma se ne avesse dovuto usare una avrebbe scelto "fantastupendissimo".
Non era sicuro che quella parola esistesse nel dizionario, ma era l'unica parola che si avvicinava al suo concetto di bacio con Nico.

Ti salverò da ogni malinconia, 
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te... 
io sì, che avrò cura di te.


Nico si allontanò dal viso di Leo e riappoggiò velocemente, per la terza volta quella sera, la testa sul petto del riccio e chiuse gli occhi aspettando che Ipno lo portasse con sè nel mondo dei sogni.
Leo cominciò a sbattere le palbrebe velocemente e un sorriso ebete spuntò sul suo volto.
Da quel giorno nessuno lo avrebbe separato dalla sua luna.
  
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