Due chiavi e una fenice
con affetto, a Martina
Il mondo mi cadde addosso proprio nell'istante meno adatto. Così, improvvisamente, senza neanche me ne accorgessi, mi ritrovai ad osservare il volto di una donna preoccupata; era un viso bello, pieno, incorniciato dai capelli riccioluti che sembravano, per tonalità, voler imitare il cielo limpido di quella giornata. Lì, steso per terra, sorretto dal suo braccio, facevo fatica a ragionare. Bulma? Era lei, sicuramente, a gridarmi qualcosa di confuso che sapeva di rimprovero. Parlare era impossibile, anche se avrei voluto tanto intimarle di stare zitta, di tacere una volta per tutte, a lei ed alle sue premure. Io ero un guerriero, non potevo sottostare agli schiamazzi di una donna, e tantomeno cedere dopo una sessione di allenamento tanto insulsa. Perchè, in quel momento confuso cominciai a ricordare, era dalla gravity room che uscivo, nonostante le ferite riportate proprio durante uno di quei pomeriggi dedicati al migliorare le mie prestazioni fisiche. Tempo fa, quando Bulma mi aveva urlato contro di farla finita con l'allenamento esagerato cui mi sottoponevo, io le avevo risposto senza tanti complimenti, e buone maniere, che il mio unico scopo era quello: diventare più forte, migliorare, per poter finalmente raggiungere la gloria di un vero principe, per poter dire "Kakaroth, tu non potrai mai battermi. Mai più!" Beh, solo in quel mometo capii l'importanza delle parole di quella donna, mentre le forze mi abbandonavano e io, il selvaggio Principe dei Saiyan che non conosce riposo, cadevo nella tanto sospirata requie.
Anche se, ora posso dirlo con certezza, non si trattò di riposo. Il mio sonno fu tormentato, ora da quel Trunks, ora da quel Kakaroth. Entrambi mi avevano superato: mi deridevano dall'alto, quei bastardi. Ricordo benissimo la sensazione greve che mi avvolgeva: ero impotente di fronte alla loro forza sbaragliante; proprio io, Vegeta, che per primo, sia per rango che per intelligenza, avrei dovuto battere sia l'uno che l'altro. Ora ricordavo benissimo il motivo che, giorno per giorno, mi portava a varcare la soglia della gravity room. Io ero un Principe, il Principe. Agognavo al potere, volevo più di ogni altra cosa rivendicare l'importanza di quel titolo. Il passato mi aveva conosciuto come un violento e spietato conquistatore, capace di far nidificare e crescere il terrore in qualsiasi pianeta. La brutalità era la mia maschera, la mia mano era come una spada tagliente che fendeva qualsiasi cosa mi ostruisse il passaggio. Ed allora? In quel momento cosa mi rimaneva, di tutto quel tripudio di vigore? Un mucchio di polvere, nient'altro...
Ero arrivato a insediarmi fra quei terrestri, e mi
scoprivo perfino a strisciare alle spalle di alcuni di loro, incapace di
raggiungerli! Inaudito, fu l'aggettivo che prepotentemente mi attraversò la
testa, facendomi sussultare di vergogna. Mio padre avrebbe avuto da ridire in
merito. Mio padre... Proprio lui, all'improvviso, si insinuò nei miei pensieri,
quasi schiaffeggiandomi per la forza con cui mi fece trasalire mentalmente.
"Figlio mio, cosa stai facendo?"sul suo viso si leggeva un'espressione dura,
di rimprovero quasi. Non riuscii a non guardarla, non mi importava più, al
momento, di Kakaroth o Trunks, o di quante trasformazioni quei due fossero
riusciti a portare a termine. Osservavo mio padre con aspettativa crescente,
stringendo i pugni, arrivando quasi a ferirmi con le unghie tanta era la forza
della mia stretta (più tardi, una volta sveglio, mi sarei accorto che quel
dolore era dovuto a ben altre ferite: quelle reali, riportate durante
l'allenamento).
"Tu sei nato per essere comandante, non per essere comandato,
Vegeta! Il tuo è un marchio reale che non conosce rivale, nè nemico capace di
ostacolarlo. Apri gli occhi, principe, e rialzati! Farai inginocchiare qualsiasi
altro terrestre, al tuo posto. Ma tu non dovrai più toccar terra, perchè a te è
riservata ben altra sorte!"La voce del Re dei Saiyan mi riscosse vigorosamente,
accese in me una fiamma che, a poco a poco, in me si stava spegnendo, diventando
sempre meno stridente, sempre più labile.
"Sei destinato a diventare il re
delle galassie, figlio mio, ricordatelo! Sarai tu per primo a varcare il limite
del semplice guerriero, trasformandoti nel leggendario super saiyan!"
Mi svegliai di botto, annaspando nelle coperte come dopo
un brutto sogno. Le parole del fantasma di mio padre mi riecchegiavano ancora
nella testa, come la morale importante di una favola, o il monito di un
maestro...
Sospirai di dolore, osservando il torace bendato. Quella
donna s'era prodigata ancora una volta nelle sue medicazioni piene di
attenzione; per quale motivo, allora proprio non riuscivo a capirlo. Alzai lo
sguardo verso la finestra e incontrai quello di una Bulma dormiente, appoggiata
sulla scrivania in un sonno apparentemente profondo; come se avesse sentito il
peso dei miei occhi su di lei, si riscosse pacatamente, sorridendo appena nel
trovarmi sveglio.
"Ciao, Vegeta."fece con la voce ancora impastata dalla
stanchezza.
"Ti sei svegliato, vedo...Stai attento a non alzarti, o ti concio
peggio di come ti sei coricato!"soggiunse bruscamente, mentre le sopracciglia si
incuneavano in una linea di puro disappunto.
A che livelli eravamo arrivati,
dunque, questo me lo aveva appena dimostrato; dovevo addirittura sorbirmi le
intimidazioni di una terrestre qualunque.
"Ah! Non starai rincominciando con
questa storia, spero! Non mi interessa quel che pensi, il mio allenamento
continuerà con o senza il tuo permesso. Chi ti credi di essere, eh?"le domandai
caustico, assottigliando le palpebre. La reazione di Bulma fu tanto inaspettata
quanto improvvisa: la ragazza sorrise con aria furbesca, alzandosi dalla sedia
solo per sedersi sul letto dove giacevo inerte.
"Ho disattivato la gravity
room, così i tuoi allenamenti insensati finiranno qui, se non vuoi darti una
regolata! E guarda un po', ho proprio io la chiave...ora, principino, mettiamo
in chiaro le cose..."
Bulma ricambiò con inaudita efficacia la mia occhiata
cattiva, sporgendosi appena verso di me e mettendosi le chiavi in tasca.
"Disattivato, eh?..."Inziai, con aria di sfida, inarcando un sopracciglio.
Incominciai proprio allora a guardare con occhi diversi quella donna,
mentre, in uno strano accostamento, il volto di mio padre mi tornava alla mente,
assieme alle sue parole. Io ero una fenice, e quel suo discorso rappresentava
per me la forza che mi aveva fatto risorgere dalle ceneri di una presunta
sconfitta. Sarei dovuto rimanere sulla terra almeno per dimostrare a Kakaroth
chi valeva di più, chi aveva la stoffa del vero guerriero. Ero il principe dei
Saiyan, e come tale dovevo trattarmi, quindi, con tanta semplicità, mi avvicinai
alle labbra di Bulma e la baciai. Fu inaspettatamente bello accarezzare quella
bocca con la mia, trasmettendole in quell'atto tutta la mia voglia di
rivalsa.
Sarei diventato, in quel momento ne ero certo, la fenice più forte
che avesse mai solcato i cieli dell'avvenire, e Bulma mi avrebbe dato la chiave
per migliorare. Allora c'era solo una chiave nei miei pensieri: ignoravo il
fatto che Bulma ne detenesse già due. Quella della gravity room, e quella del
mio cuore.