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Autore: fingersfalling    25/10/2013    1 recensioni
*viaggio nel tempo* Il tempo cambia i punti di vista di ognuno, facendogli comprendere quanto erano stati egoisti da giovani. A Paul è stata data la possibilità di riscrivere la sua storia, ripromettendosi che le cose andranno meglio per ognuno di loro. Durante il suo percorso però scopre cose che non conosceva prima.. il McLennon!
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Quasi tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia non mi appartiene e non ne posseggo nessun diritto.
Mi sono occupata unicamente della traduzione italiana e della pubblicazione su EFP.
Buona lettura!




Capitolo uno: Nel quale Paul sogna.
 
Paul McCartney stava uscendo dal palco. Il ruggito della folla era travolgente e carico di adrenalina, i fan gli stavano mandando la loro energia, urlando e gridando a più non posso. Era un’orchestra di assoluta confusione. Nonostante il freddo vento invernale che riempiva l’arena, stava ancora sudando per la performance. E stava sorridendo compiaciuto a se stesso.
“Settantadue anni e sono ancora qui,” Pensò, posando il suo strumento sullo stand. Le persone si congratulavano con lui a destra e a sinistra ed era quasi tormentato, mentre il suo assistente andava in giro per cercargli una bottiglia d’acqua. Passandosi le dita fra i capelli sottili, lentamente realizzò che gli altri erano ancora tremanti per la performance. Trasalì un po’ e cercò di farli rilassare. “Forse sarebbe l’ora di darsi una calmata durante i concerti” riconobbe Paul a malincuore. Gli venne offerta una bottiglia d’acqua e lui accettò grato, lanciando un sorriso all’assistente. Si piegò di colpo, quando realizzò che il suo cuore continuava a battere forte. Continuava a martellare, come una tamburo rosso o come un colibrì. Dopo qualche secondo, rifiutandosi ancora di rallentare, respirò profondamente, sentendo il panico che iniziava ad inghiottirlo. Subito la testa divenne più leggera e la sua visuale divenne sfocata. Riusciva vagamente a sentire le persone parlargli, la preoccupazione nelle loro voci, ma non poteva dargli alcuna rassicurazione, poiché tutto ciò che riusciva a sentire era il sangue correre nelle sue orecchie. Cercarono di guidarlo verso una sedia, ma lui non riusciva a muoversi per aiutarli, la sua completa attenzione era incentrata unicamente in quanto fosse difficile per lui respirare.
 
Il mondo stava scivolando via, ma Paul non stava guardando.
 
Era troppo impegnato a morire.
 
***
 
Quando sei da solo, le uniche cose che ti restano sono te e i tuoi ricordi. Quella fu una cosa che Paul imparò in fretta. Si rabbuiò.
 
Attorno a lui, tutto era pece nera. Il buio, apparentemente senza profondità, comprendeva tutto e lui iniziò a sentirsi vulnerabile e lontano da qualsiasi cosa avesse mai conosciuto. Osservando le sue mani, fu soddisfatto nel notare che c’era una sottile lucentezza nella luce che le circondava, rendendole visibili. I raggi di luce non erano riflessi o altro, dimostrando che tutto era vacuo come gli sembrava.
 
Paul si sentì fuori dal tempo, incerto su ogni qualsiasi unità di misura.  Per quanto ancora doveva stare seduto nell’oscurità? Non era diventato stanco, né affamato o assetato. Era solo esistito.
 
E solo nell’oscurità, non aveva nient’altro da fare che ricordare la sua vita.
 
Flussi di pensieri attraversarono la sua mente senza che lui lo volesse,
 
“-Jude’ dovrebbe essere sul lato A, sul serio!”
“E’ un peso-”
“-non posso aiutarti, scusa Geo, sto lavorando su altro-”
“-mi è venuto il cancro ai polmoni e-”
“-la batteria dev’essere stretta. Lo farei da solo se avessi-”
“-non hai la canzone giusta per-”
“-perché lei è qui? Stiamo registrando l’alb-”
“-lui non ha mai detto questo! So che non-”
“-il cancro al seno si è diffuso troppo in fretta, non c’è niente-”
“-non lasciarmi, ti a-”
“-complicazioni nell’intervento. Mi spiace figliolo, tua madre è-”
Improvvisamente, sua madre apparve di fronte a lui, la sua figura come un faro in assenza di luce. Paul era scioccato, la sua mente cercava di capire cosa ci fosse prima di lui, ma non trovò alcuna spiegazione. Finalmente soccombendo al suo cuore, anziché aspettare che la sua mente facesse qualcosa, corse verso di lei e la abbracciò. I suoi capelli ondeggiavano intorno a lui, a causa della forza del suo abbraccio. Lei non emise alcun suono, scegliendo invece di accarezzargli la testa dolcemente. Il suo odore era nostalgico dell’ospedale in cui lavorava, sterile e ancora vagamente malsano. La familiarità di quell’odore lo confortò e si spostò indietro fissando i suoi occhi, immagine speculare di se stesso, si sentì di nuovo come quando era bambino.
 
“Mi dispiace così tanto mamma! Mi dispiace tanto! Non c’era niente che potessi fare! Dio, mi dispiace così tanto, per tutto!” Paul stava balbettando e le scuse uscivano via dalle sue labbra come una tempesta, e le lacrime scendevano sul suo viso.
 
Aveva così tanti rimpianti nella sua vita. C’erano così tante cose che avrebbe voluto fare - avrebbe dovuto fare diversamente. Era stato sciocco però, più interessato a realizzare i suoi desideri piuttosto che aiutare gli altri. Accecato dal suo talento e dalla sua bellezza era egocentrico e sprezzante per chiunque altro, soprattutto John, George e Ringo. Loro avevano sopportato il peso dei suoi momenti peggiori, e avevano fatto più di quanto lui avesse fatto. Il senso di colpa era denso in gola. Adesso due di loro erano morti. L’esperienza l’aveva cambiato, dandogli la fugacità e l’importanza degli sguardi e della fama. Ma la cosa veramente importante era la musica e crearla con persone fantastiche intorno a lui. Ora sapeva come apprezzare la creatività altrui, in modo da voler più input in qualsiasi cosa facesse.
 
Desiderava più di ogni altra cosa tornare indietro e cambiare le cose, fare tutto diversamente.
 
Mary mise le sue mani sotto il suo mento, rivolgendo il volto rigato di lacrime verso il suo. Cercò a fondo qualcosa nei suoi occhi. Apparentemente aveva trovato quello che cercava, perché un leggero, ma indiscutibilmente gioioso sorriso, stava nascendo sulle sue labbra.
 
Lasciando un bacio sul suo mento, prese le mani di Paul nelle sue, e iniziò a tremare violentemente. Paul respirava a fatica, nel panico e la figura della madre iniziò a dissolversi. Paul cercò disperatamente di trattenerla con sé, per non farla scomparire.
 
Con un ultimo sorriso, lei scoppiò in una polvere di bianco cristallo in particelle, cadendo intorno a lui. Lui rimase immobile guardando triste la polvere bianca nelle sue mani. Pianse tutto il suo dolore prima di cadere in un totale e benedetto stato di inconscio.
 
***
 
Paul aprì gli occhi di colpo.
 
La confusione e un senso di disorientamento furono le prime cose che sentì, mescolate con una sensazione inquietantemente realistica di un sogno ancora vivido. Un immenso senso di nostalgia riempiva il suo cuore. Sua madre gli mancava così tanto, gli faceva ancora male tanto quanto 65 anni prima, come se fosse appena successo.
La bicicletta sottile tagliò la fitta neve e lui vide sua madre scomparire in una bianca foschia.
Tremando per quel ricordo, prese un respiro profondo e lo buttò fuori, promettendo a se stesso che si sarebbe prese un po’ di tempo per fare chiarezza nella sua mente. Per ora, tutto ciò che voleva era prepararsi una tazza di tè, e passare un po’ più tempo con i suoi figli per dimenticare i problemi.
 
Solo quando ebbe la giusta motivazione per muoversi dal caldo e confortevole posto sotto le coperte, notò qualcosa di davvero strano.
 
“Questa non è la mia stanza.”
Si alzò in un secondo, fissando quell’ambiente per niente familiare. No, non era del tutto giusto, la stanza era vagamente familiare, pensò di essere quasi sicuro che gli ricordasse qualcosa.
 
Ora sentendosi completamente confuso, si grattò la testa. Quando le sue dita incontrarono i suoi capelli, notò che erano molto più sottili di quanto non fossero state per anni. Guardandosi le mani, vide che la sua pelle era perfettamente liscia. Adesso tremante, si alzò freneticamente, cercando di non dare troppo peso al fatto che fosse molto più facile del solito muoversi. Dirigendosi verso la piccola porta nell’angolo, dove per qualche motivo, sapeva ci fosse il bagno, la aprì e impazientemente accese la luce.
 
La figura nello specchio sobbalzò e urlò silenziosamente prima di restare stordita in assoluto silenzio.
 
Fissava stupidamente quel giovane uomo riflesso.
 
Folti capelli scuri incorniciavano un viso liscio e pallido. Le labbra erano piene e le guance ancora giovani. Occhi nocciola sbirciavano da sotto lunghe ciglia nere. Lungo le palpebre la pelle era chiara e priva di qualsiasi segno di zampe di gallina. Su queste perfette caratteristiche c’erano un paio di perfette sopraciglia che si sollevarono per lo shock.
 
Era lui, realizzò Paul tardivamente.
 
Tremando si sfiorò il viso con una mano, meravigliandosi della sensazione della sua nuova pelle. Togliendosi la maglia che aveva per dormire, vide che il resto di lui era ritornato a com’era nella sua giovinezza.
 
Questo era surreale. Inciampò fuori dal bagno, senza preoccuparsi di rimettersi la maglietta e si guardò intorno cercando qualcosa che potesse dirgli cosa stesse accadendo. Sul comodino c’era un giornale piegato. Afferrandolo avidamente, lo guardò attentamente cercando una data.
 
Si buttò pesantemente sul letto.
 
“15 Agosto, 1965”
Quel sottile inchiostro nero stava ridendo di lui e iniziò a pensare, cercando di dare un senso all’intera situazione.
 
Era tutto solo un sogno? Improvvisamente, il ricordo del sogno con sua madre lo colpì come una tonnellata di mattoni. Frammenti di quel sogno gli tornarono in mente, e pezzo per pezzo cercò di metterli assieme.
 
Era..possibile?
 
Una luce balzò nei suoi occhi e un senso di eccitazione stava rapidamente crescendo nel suo petto. Se quello era reale, se lui davvero era tornato indietro, c’erano un mondo di cose che avrebbe voluto cambiare – aveva bisogno di cambiare. Iniziò a capire e a realizzare alcune cose.
 
“George e J-John erano ancora vivi!” disse sconvolto a se stesso, una ridicola smorfia di felicità apparve sul suo volto.
 
Dopo aver parlato, sentì dei passi nel corridoio e una voce che non avrebbe mai creduto di sentire ancora di persona.
 
“Scommetto che il piccolo suino non si è ancora svegliato. Lo sveglierò io.” La voce echeggiò nel corridoio, con una leggera nota di cattive intenzioni e il cuore di Paul battè forte. Il tono nella voce era sgarbata e roca come la ricordava, come una contraddizione al suo modo di parlare. Fece qualche passo verso la porta prima di fermarsi improvvisamente, troppo spaventato di aprire la porta e non trovare niente dall’altro lato.
 
Non avrebbe dovuto, ma girò la maniglia della porta permettendo ad una figura conosciuta di occupare il suo campo visivo.
 
“Oh, sei sveglio, maledizione, volevo farti uno scherzo.” La sua espressione passò da sorpresa a maliziosa in un millisecondo. Paul stava disperatamente cercando di ricongiungere quel viso alla sua memoria, specialmente inesplicabile qualità sempre presente nei suoi occhi e nelle sue labbra, la stranezza che rendeva il viso dell’amico così interessante.
 
Era come guardarlo in fotografia.
 
“Oh caro, lei non ti ha rubato il portafoglio quando se n’è andata, vero?” Chiese l’altro uomo, scherzando sull’espressione immobile e senza parole di Paul.
 
“Lei non era un lui, vero?” Lo sguardo imbambolato persisteva e iniziò ad essere interessato. Lui non aveva mai visto Paul così sconvolto nella sua intera vita, e non era mai stato un bravo ragazzo in fatto di scherzi. (Paul era sempre la vittima scelta.)
Quando Paul inciampò verso di lui, lui istintivamente lo prese in caso cadesse. Il bassista avvolse le braccia saldamente all’altro cantante, lasciandolo in uno stato confusionale, nonché una leggera umidità sulla sua spalla.
 
“Oi Macca, stai bene?” Disse seriamente preoccupato.
 
Questa volta, non avrebbe lasciato morire nessuno di loro finchè non fossero stati vecchi.
“E’ tutto assolutamente perfetto, John.” Sussurrò sulla spalla dell’altro uomo, incapace di trovare il volume adatto della voce per esprimere quelle emozioni opprimenti.
 
Questa volta, non avrebbe lasciato che si allontanassero.
“Em, cos’è, hai avuto un brutto sogno? Ti ho detto di non prendere tutto ciò che ti offrono le ragazze!” disse John lanciando nervosi flash di autentica preoccupazione attraverso le sue battutine.
 
Questa volta lei non avrebbe rubato John da tutto il resto.
“Sto bene, sono solo felice di vederti.”
 
“E’ passato così tanto, so che le ore possono sembrare più lunghe quando non le passi con me.” Ora John rideva, il suono era come quello delle campane, alto, ma più allegro.

Questa volta le cose sarebbero andate diversamente.







Note autrice: questa è la mia prima traduzione. Spero la storia vi piaccia. P.s. Recensite e fatemi sapere se posso migliorare la traduzione. Grazie :) Sia da parte mia che dell'autrice.
La storia in lingua originale potete trovarla a questo link: http://fingersfalling.livejournal.com/2317.html
  
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