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Autore: Setsuka    14/04/2008    12 recensioni
{ Dedicata a Shatzy con affetto }
Varcava fin troppo spesso la soglia di quella casa, come se fosse uno di famiglia, ma non erano mai andati oltre un cordiale Buon giorno o Buona sera accompagnato da un sorriso di circostanza.
Le sarebbe piaciuto però andare oltre quei saluti, scambiare qualche parola puramente disinteressata, per rimediare a quel silenzio che perpetuava tra quelle mura.
[ ... ]
< Chi conosce il segreto del fuoco non ne rimane scottato >
< E tu lo conosci? >
< Io custodisco quel segreto >
Genere: Generale, Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Burn the moth ( so close to the Fire )
Salve! Si, sono io, Setsuka, e in questa fanfiction i protagonisti sono Roy e Riza.... ho scritto una RoyAi ? Bho... non lo so, l'interpretazione è libera.
Comunque non sono impazzita, nessuna conversione, nessuna ammirazione per Il RoyAi, perdonatemi fan di questo pairing, ma non mi piace nel modo più assoluto, ma non per questo non mi sono impegnata per creare qualcosa che possa piacere.
Sono in pace con me stessa e col mondo, ho fatto un passo verso il futuro che desidero e mi ha aiutato una persona a farlo, quella per cui ho scritto questa fanfiction e che ringrazio per la pazienza e la sua dolcezza.
Buona lettura!

Avvertimenti: spoiler vol.15. Non so se Roy utilizzasse i guanti da giovane, quindi perdonatemi questa licenza letteraria.



Scritta e dedicata a Shatzy, con tantissimo affetto




Mirage of Blaze

 
Varcava fin troppo spesso la soglia di quella casa, come se fosse uno di famiglia, ma non erano mai andati oltre un cordiale Buon giorno o Buona sera accompagnato da un sorriso di circostanza.
Le sarebbe piaciuto però andare oltre quei saluti, scambiare qualche parola puramente disinteressata, per rimediare a quel silenzio che perpetuava tra quelle mura.


Suo padre era sempre preso dai suoi studi alchemici, divorava libri, rimaneva ore su pagine ingiallite sotto la flebile luce di una candela, avido di sapere, di raggiungere qualcosa che non capiva -lei- cosa fosse.
"La mamma dev'esser morta di mal di cuore" si ritrovava più volte a pensare, poiché per il genitore la famiglia veniva sempre dopo la sua alchimia, dopo la sua sposa, dopo la sua bambina.
Ricordava quando da piccolo gli chiedeva di raccontargli una fiaba, prima di chiudere gli occhi; l'assenza precoce della madre l'aveva portata ad avere un amore morboso e masochistico per il padre, ma lei non era mai stata tipo da chieder troppo ( tante carezze, tante coccole, tante parole ) e per questo era diventata una persona discreta, in tutto. Ma da bambina pretendeva la sua favola della buona notte.
E il padre -almeno quello- glielo concedeva.
Si sedeva su quella sedia scricchiolante, vicino alla testata del letto della bimba e gli raccontava cose che nessun bambino conosceva, gli diceva che erano perle di conoscenza, che doveva esser onorata per le splendide parole che poteva ascoltare. Lei capiva poco, ma lo sguardo di suo padre s'illuminava, sorrideva, era entusiasta di quello che le riferiva e lei si era lasciata affascinare da quello che egli leggeva ( che era il suo più grande amore ) : Alchimia.
[ Per lei quell'uomo avrebbe dato l'anima ]
Si ricordava bene quel giorno in cui il suo adorato papà gli aveva detto che l'avrebbe fatta custode del suo più grande segreto. Entusiasta, con gli occhi pieni d'emozione, che sfioravano la commozione, aveva incitato il padre a svelarglielo, gli promise che con lei sarebbe stato al sicuro, si sentiva come un'eroina, una fanciulla privilegiata che avrebbe fatto proprio qualcosa che le avrebbe fatto onore.
L'alchimia lo rivelò e lui fece la piccola Riza custode d'esso. La bambina poi pianse, e tanto: era un segreto difficile da sopportare per le sue spalle.
Ma lui l'abbracciò, più che mai paterno ( abbracciava il suo segreto? ).
Riza sorrise mentre piangeva, aveva ottenuto qualcosa che non si era aspettata.

Credeva che qualcosa sarebbe cambiato col corso del tempo, ma così non era stato e... ormai non aveva importanza.
Andava bene così, aveva affermato d'adolescente matura, mettendosi il cuore in pace e lasciando sul fondo di esso un carico abbondante di passata malinconia.

Ma questo non significava che le piacesse quella casa silenziosa.
Aveva brevi dialoghi con suo padre, s'era abituata ad esser introversa, così silenziosa... e aveva sviluppato un'ottima capacità d'osservazione, degna del suo cognome.
Non aveva amici, non usciva molto di casa, non era una persona socievole ed estroversa. Per questo le sue labbra se dovevano piegarsi in un sorriso dovevano farsi forza, cosa c'era da sorridere nella sua vita? Doveva accudire la casa, assistere il padre che col tempo era diventato malato... il resto era tempo libero, si, ma lo trascorreva con se stessa.

Per questo desiderava andare oltre quel buon giorno e buona sera con quel ragazzo, l'unico con cui suo padre parlava tanto.

In un primo tempo, la prima volta che il ragazzo era entrato in quella casa, lei gli aveva offerto del thè  gentilmente, covando un'infantile gelosia verso di lui, e da quel giorno non l'aveva più degnato d'attenzione.
Ma ora ogni volta che faceva ingresso quel Mustang -gli sembrava si chiamasse così- lo guardava.
Involontariamente il suo sguardo si posava su di lui, moro dalla pelle chiara e dagli evidenti tratti da uomo dell' Est, che camminava con sicura eleganza, con abiti sempre perfetti e dal colletto stirato a d'oc, perfettamente intonati alle scarpe -puramente in pelle- che avevano un tacchetto insignificante ma che dava un tocco di classe in più.
Le labbra accennavano un sorriso allora, del tutto ingenuo, e gli occhi si posavano sulle mani, coperte da guanti di uno speciale tessuto bianco, con un disegno alchemico sul dorso.

Un legame inconsapevole c'era tra loro e chissà se mai -quel Mustang- l'avesse scoperto.
Intanto si beava della silenziosa compagnia, di pichi istanti, che le permetteva di sospirare con estremo sollievo: esisteva vita oltre quelle mura.
Guardava dalla finestra il mondo che non riusciva a far suo.


*



< No! Non così, non ci siamo! >
< Perché? >
< Non sei un moccioso, non dire perché! Hai sbagliato, che c'è da capire? >


Dalla biblioteca chiusa veniva quell'animata discussione, oltre la spessa porta di legno d'acero.


< Se magari sapessi dove sbaglio... >
< Devi scoprirlo da solo! >
< Così non ci riuscirò mai, me lo spieghi! >
< Sei stupido? T'ho detto che devi capirlo da solo. Ti ho già ripetuto due volte come si fa >
< Scusi se non sono un genio che ha bisogno di una terza spiegazione >
< Noi alchimisti siamo menti geniali! >



"Mai parole gentili"
Si rattristò Riza per i modi a dir poco burberi dell'uomo.
Ricordava quante notti aveva pianto per essi quand'era bambina.
Gli uomini non piangono su queste cose però, mandavano al diavolo tutto piuttosto.
E lei l'invidiava.
Sarebbe stato bello esser uomo.
Aprì la finestra poggiando i gomiti sul davanzale, ispirando la fresca aria proveniente dagli abeti non lontani.
Guardava l'orizzonte, che in meno di due ore avrebbe ospitato il sole.
Sarebbe stato bello esser uomo, si: per poter volare via.



< Io me ne vado! E lei... >



< Va al diavolo papà... >

Un bisbiglio abbandonato alla lieve prezza del tardo pomeriggio.


< ....lasci stare >



Sbattendo la porta uscì , mettendo su una spalla la giacca.
Portandosi dentro rancore e delusione per quell'uomo.
Non era l'unico da esser stato deluso dal signor Hawkeye.
Che non riusciva a vedere il mondo oltre quei libri ingialliti e polverosi
( come il suo cuore )


*


E non si era allontanato piuttosto era rimasto vicino, nei pressi della casa, nascosto tra alte cortecce d'abeti anziani; ci sarebbe riuscito e avrebbe fatto vedere al maestro Hawkeye che ce la faceva, poi forse -dipendeva dal suo umore- l'avrebbe mandato al diavolo: chi era per dirgli cose del genere e vantarsi della propria intelligenza?
C'era qualcosa in quel cerchio che non capiva, qualcosa d'astruso, enigmatico che permetteva con un semplice sciocco di dar vita alle fiamme.
E nonostante dovesse esser più  facile con quei guanti, a lui non riusciva.
Il Fuoco non sembrava proprio adatto a lui.


E questo lo pensava anche una mite presenza che in lontananza, coperta dagli alberi, lo contemplava senza sapere perché era arrivata lì.
Mossa a pietà?
Si sentiva affine a quel cuore arrabbiato con suo padre?

( perché in fondo lei non aveva potuto perdonare l'amore negatogli )


Uno schiocco di dita.

"Concentra l'aria"



Nulla.

"L'ossigeno è la chiave"




Riprovò. Ancora, e ancora, e ancora... aumentava la foga di tentativo in tentavo, piano piano che i risultati scarseggiavano e l'impazienza scalpitava, con la voglia di riempire di pugni il suo maestro.
Forse era perché il Fuoco non s'addiceva a lui, calmo e riflessivo, dai modi gentili e savoir-faire invidiabile, con altrettanta capacità di sopportazione.
L'impetuoso, ardente fuoco non era il suo elemento.

< Io e te Fuoco siamo due mondi opposti vero? >

Si rivolse all'emblema rosso sul candido guanto.
L'accarezzò sorridendo malinconico, con un desiderio silenzioso nel cuore. Devoto a quel simbolo come una Dio, amato  e irraggiungibile.




Su un ruvido tronco aveva poggiato il suo corpo, la guancia contro la superficie fredda, ma non eccessivamente.
Gli occhi quasi socchiusi, ipnotizzati dolcemente dalla figura solitaria, che provava e provava, nella speranza di esser ammirato, di esser soddisfatto e degnato d'uno sguardo d'ammirazione.



[ < Papà, papà guarda! Ho preso buono nel compito di matematica! >
< Buono? Ed è  un risultato? > 
< Eh? > 
< Quando prenderai un Ottimo potrai esultare, non per un misero Buono > ]


"Il segreto è l'ossigeno... ma, forse, non ne possediamo entrambi abbastanza"



E lo sguardo concentrato nel vuoto, il taglio sottile.
Schiocco di dita.
Fermo deciso.
Perfetto... ma nullo.


"Eppure i tuoi occhi bruciano"



Di nuovo
schioccò le dita, poi pausa, una riflessione.
Nuovo tentativo, a vuoto. Non importava, ancora...



Gli occhi castani lo guardavano sorridenti, con ammirazione. Ammirazione che mai aveva provato per nessun' altro, escluso il suo genitore.
Lui non si arrendeva, come quella bambina del suo passato.

[ < Papà? >
< Si, dimmi Riza >
< Ho preso Ottimo in matematica > ]



E poi degli occhi color ebano si dilatarono, come le labbra.
Sulla punta delle dita una fiamma aveva preso vita e ballava vittoriosa, trionfante come la piega del suo sorriso.

< Regolare l'ossigeno... >

Scoppiò in una risata allegra e lasciò passare la mano  priva di guanto sulla fiamma.
Avanti e indietro, una compagnia affascinante per il suo ballo, un'amica che non feriva se si usava diligenza.





E oltre quella fiamma, s'accese anche il viso di lei -che silenziosamente aveva tifato per lui-
E un briciolo di gioia fece capolino sul suo sorriso.
Solo per quella piccola emozione che Mustang le aveva dato.






Non sempre il fuoco è amico di temperamenti impetuosi, false queste credenze, poteva esser distruttivo con essi.
Il fuoco ama chi sa usarlo con rispetto e coscienza, solo allora si piega.


*



  

< E' davv
ero bravo quel ragazzo! Un mio degno allievo! > 

Alzò lo sguardo dal romanzo che aveva catturato il suo interesse una volta rientrata.
E a quanto pare quel giovane aveva suscitato lo stesso interesse al padre, visto l'entusiasmo con cui era uscito dalla biblioteca e lo sguardo infiammato che aveva assunto parlando di lui, come per cercare assenso al suo giudizio nella figlia, che aveva risposto impulsivamente con un si disinteressato.
Vedendo il padre dirigersi verso la toilette e alzato lo sguardo sull'orologio notò che si era fatto tardi, il giovane molto probabilmente era anche andato via, era quasi l'ora di cena e -troppo presa- da quelle pagine candide, di pura poesia, accompagnate dalla fragranza della carta l'avevano rapita e lasciato che il tempo volasse.
S'alzò per riposare nella biblioteca il suo libro, avviandosi, con passo felpato, tipico della sua natura elegante e composta. Entrata, voltò per la prima libreria, riponendo nel terzo scaffale, fila destra il romanzo.
Qualcosa d'indefinito ti passa vicinissimo al volto e ti scansi, per impulso, cercando di distinguere con lo sguardo quello che ti sembrava un insetto; poco distante da te una falena, non piccola, ondeggia nell'aria.
E la segui, con gli occhi e passo lento; come quand'eri bambini e nel giardino di casa inseguivi le farfalle di corsa, col sorriso e capelli al vento.

E si avvicina al tavolo in cui Hawkeye senior aveva tenuto lezione, l'amato tavolo di quercia su cui studiava, con l'immancabile candela accesa che dava un fascino misterioso alle attività dell'alchimista, che attraeva anche le falene.
Una trappola fascinosa ma nella quale era insito il pericolo.
Riza seguì con lo sguardo la farfalla notturna che era ambasciatrice del crepuscolo.
Come un petalo perlaceo si lascia cadere danzante vicino la candela la quale illumina le ali: hanno sfumature lillà, che prima lei non era riuscita a distinguere e ora catturano i suoi occhi.
Batter d'ali elegante, volo ritmato, una danza incantatrice intorno al suo totem infuocato del quale, a sua volta, la falena è incantata. 
E la fiamma di candela trema, si muove sul suo filo sinuosa, invocando la vicinanza del corpo a lei vicino; si apre in un abbraccio accogliente, altezzosa si mostra, e la farfalla notturna cade nel suo abbraccio. Fatale.
Divorata dalla curiosità, corrosa dal desiderio, è  caduta da un oblio dal quale non tornerà più. E non ne è rimasta nemmeno cenere.
Una fusione totale e distruttiva, l'incontro col fuoco.
E un accenno di singulto e l'unico requiem per la morte di una falena.

< Chi si avvicina troppo al fuoco finisce bruciato, no? >

Quella voce ti coglie alla sprovvista, un lieve batticuore per la sorpresa; il tuo sguardo si sposta: lì vicino Mustang ti guarda.

< Scusa... non ti ho visto... >

Balbetta con forte imbarazzo maledicendoti per la figura idiota.

< Scusami tu. Ti ho spaventata? >

Domanda apparentemente interessata.

< Credevo fossi andato via >

< Stavo finendo di leggere un capitolo su L'alchimia del Fuoco >

Risponde alla tua implicita domanda.
E poi nasce la curiosità.
Una curiosità che in fondo ti auguravi da parte sua, per un primo passo, un passo verso la conoscenza del decantato allievo del tuo papà
 
< Ti interessa l'alchimia? >

< Non abbastanza da praticarla >

Ti avvicini composta e lentamente, per educazione.
Hai sempre pensato che l'andamento di una persona può intimorire l'altra o creare pregiudizi in essa. Studiato dunque è il tuo portamento, a cui ora il corpo si è abituato.

< Beh... allora prendi la morte di quella farfalla come uno scambio equivalente >

< Scambio equivalente di cosa? >

Si sistema sulla sedia, lasciando aderir meglio la schiena allo schienale in pelle.
Portamento d'interesse: per un dibattito o per una persona.

< Sai cos'è? >

< Si, ma non capisco cos'ha ottenuto. E' sola morta >

< La curiosità la divorava. E alla fine è stato il sapere a divorarla >

< Non doveva? >

Ti accomodi lasciando che lo sguardo andasse sul lume del desiderio


< A suo rischio e pericolo >

< Non c'è mai stato qualcosa che ti ha incuriosito, tanto da farti rimanere scottato? >

< Ho sempre cercato di prendere le dovute distanze >


"Ha evitato la domanda"

Cerchi di trattenere un sorriso divertito.


< Eri nel bosco prima >


Tremula il labbro e ti stupisci.

Ti ha lasciato senza parole, a te che sei silenziosa ma hai sempre la risposta pronta.



< ...a mio padre manca di tatto >

< Questo non vuol dire che non è una brava persona... >


Non sai cosa rispondere e ti vergogni; trovi giusto che tuo padre sia lì presente e ti molli un ceffone.
Per scuotere il tuo spirito, per farti rispondere.
Non era il tuo idolo?




(  Spesso le persone aprono gli occhi, il dolore fa aprire gli occhi )


< ...non gli vuoi bene? >

Chiede con il timore d'aver detto qualcosa di male.

< Ovvio che gli voglia bene! >

< No scusa... è che... ho visto esitavi >

< Sai... lui ama l'alchimia >

< Anch'io >

< Ma forse l'ama più delle persone... >


Ti sorrise, in modo melenso e con lo sguardo sicuro di se, brillanti, gli occhi.


< Spesso le persone per noi più importanti non si accorgono del nostro amore, per quanto ci impegniamo e sforziamo >


In silenzio  fai quelle parole tue.
E le senti calde, piene di comprensione.
Ti danno calore come un abbraccio, come un focolare d'inverno.
Il Fuoco ha due facce: può bruciare e può portare calore.
Tu li hai conosciuti entrambi, adesso puoi dirlo.


< Già. Si tratta di aver a che fare col fuoco con persone simili >


Fissi la candela con un sorriso malinconico.


< Mai metafora fu più appropriata >

Scherzò divertito dalla battuta della giovane Hawkeye.



Una pausa significativa accompagnata da un sorriso mesto.
Mastica dell'amarezza.

< ...la realtà è così.  Per quanto può sembrarci ingiusta e spietata, gli uomini, in fondo, sono come il fuoco >

Una mano si protende verso la candela.

La tua mano s'avvicina senza timore al fuoco, guardando la fiamma amichevolmente.
Le dita passano con maestria tra il fuoco, accarezzandone l'essenza.
Con l'apprensione d'una madre e la tenerezza di un'amante.
E lui, Mustang, guarda il palmo con curiosità, ipnotizzato dall'eleganza di quei tocchi, di dita affusolate che giocano con intima confidenza col fuoco e diventano, in quegli attimi, fonte di crescente interesse.
Tocco dopo tocco.
     Carezza dopo carezza.




 < Chi conosce il segreto del fuoco non ne rimane scottato >

< E tu lo conosci? >

< Io custodisco quel segreto >


Incontro di sguardi.
Schegge brillanti nell'antracite e nell'ambra.
Si sostengono entrambi, si specchiano l'uno nell'altra nel silenzio alla fievole luce d'una candela, fin quando l'alchimista non rompe il silenzio, ma senza piegare lo sguardo.

< Interessante... >

Una parola che intende molte cose.

< Chissà... un giorno potresti conoscerlo >


Ti alzi dal tavolo, chiudendo la conversazione.

Ti piace dire l'ultima parola, soprattutto se quell'ultima parola è densa di significati.


E segue  la sua  uscita con un vivace entusiasmo.
L'occhio accarezza i filamenti dorati e scende, oltre la chioma...

< Mi piacerebbe conoscerlo >
 

Esordisce lui mentre sei sulla soglia.

E senti gli occhi pizzicarti e un sorriso farsi largo sincero. La gioiosa bambina esce dal tempo dell'infanzia, come un raggio di sole  brilla di luce propria in quell'istante, mostrandosi a Mustang.


Siete andati oltre quel buon giorno e buona sera.



< Grazie >




E Roy ammira una bellezza riemersa dal passato, solare risplende per un attimo e riflettere una verità, prima che il lume della candela si spenga, sotto un soffio di brezza, e il buio diventi padrone. 







Che ne pensate?
Io sono soddisfatta del risultato: è venuta ambigua quanto desideravo, come il titolo.
Mirage of blaze ( titolo di un bellissimo anime shonen ai/yaoi ) ha tanti significati. Blaze è fiamma, lingua di fuoco, ma può essere la fiamma che Riza vede negli occhi di Roy, la fiamma della vitalità o la fiamma intesa come cotta, colpo di fulmine.
Lascio la più libera interpretazione a voi, con la speranza vi sia piaciuta e che soprattutto Shatzy abbia apprezzato, visto che senza lei questa storia non avrebbe preso vita: Ti voglio bene cara!


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