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Autore: Mels_36    27/10/2013    5 recensioni
Thad è solo. Al buio.
Ma non smette di sperare.
"Poteva solo usare l’udito, e tentare di memorizzare.
Come faceva in classe quando l’insegnante di storia elencava delle date importanti.
Come faceva quando sua madre suonava il pianoforte e lui la ascoltava di nascosto."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Save me from the dark


Thad si sentiva vuoto. Solo. Spaventato. Impaurito.
C’erano voluti pochi istanti per rapirlo.
Pochi istanti  per caricarlo su un furgoncino che lo aveva portato lontano.
Lontano dai suoi amici, con i quali prevedeva di passare una tranquilla serata al cinema.
Lontano dalla sua famiglia, che lo aspettava a casa per pranzo nel week-end.
Lontano da Sebastian, che pur di farlo felice aveva indossato la sciarpa che gli aveva regalato.
Anche se era di cotone e il calendario segnava il 25 novembre.
Anche se era arancione e quel colore Sebastian lo odiava.
 
Un’imprecazione. Dei passi pesanti. Una porta sbattuta.
 
Thad non sapeva cosa stesse succedendo.
Non sapeva per quale ragione si trovasse lì.
Non sapeva  cosa volessero da lui.
Lui che era solo uno studente, e neanche tra i migliori.
Lui che amava cantare, e non faceva nemmeno più parte dei Warblers.
 
Delle voci. Una risata. Una maniglia girata.
 
“Sembra che paparino si stia dando da fare per pagare il riscatto, giovane Harwood.”
Thad non poteva vedere il volto della persona che aveva parlato, per colpa della  benda che gli copriva gli occhi.
Non poteva alzarsi in piedi e fuggire, perché aveva una corda legata intorno ai polsi e una intorno alle caviglie.
Poteva solo usare l’udito, e tentare di memorizzare.
Come faceva in classe quando l’insegnante di storia elencava delle date importanti.
Come faceva quando sua madre suonava il pianoforte e lui la ascoltava di nascosto.
 
Un respiro affannato. Un motivetto canticchiato a bassa voce.
 
“Lo capisco, sai? Nessun vorrebbe che il proprio figlio venisse torturato, o peggio, ucciso.”
Una lacrima, una sola, stava scendendo sul viso di Thad.
Una lacrima era scesa al funerale di sua nonna, la donna che lo aveva cresciuto per oltre dieci anni.
Una lacrima era scesa quando aveva lasciato Sebastian, perché le incompresioni erano troppe e i chiarimenti troppo pochi.
 
Una risata. Un colpo di tosse. Un  tonfo sordo.
 
“Non preoccuparti, se avremo i soldi non ti faremo niente. O almeno credo.”
Quelle parole risuonarono come lame affilate nella sua testa, ma Thad aveva imparato che l’unico modo per non arrendersi era continuare a sperare.
Così come continuava a sperare nella fine dei litigi tra i suoi genitori.
Così come continuava a sperare in una futura vittoria dei Warblers.
Così come continuava a sperare che lui e Sebastian sarebbero tornati insieme, facendo questa volta funzionare le cose.
 
Un urlo. Dei passi veloci. Delle sirene.
 
“Capo, bisogna scappare, altrimenti ci arrestano!”
Il respiro di Thad era accelerato, il cuore batteva forte.
Batteva forte al suo sesto compleanno, quando i suoi genitori gli avevano regalato la sua prima bicicletta.
Batteva forte la prima volta che si era esibito sul palco, con i Warblers, durante le Provinciali.
Batteva forte quando Sebastian gli aveva urlato “Ti amo” per la prima volta, durante l’ennesimo litigio.
 
Rumori improvvisi. Suoni confusi.
 
“THAD!”
Il sollievo lo invase, così come altre centinaia di sensazioni.
Gioia. Felicità. Sicurezza.
Qualcuno gli slegò le caviglie.
Qualcun altro gli slegò i polsi.
Ma fu solo quando gli tolsero la benda davanti agli occhi che tutto tornò al suo posto.
Quando occhi verdi si specchiarono nei suoi.
Quando braccia forti lo strinsero.
Quando labbra sottili gli sussurrarono: “Mi dispiace. Avrei dovuto proteggerti. Ma prometto che non succederà mai più. Nessuno ti porterà più via da me.”
 
Luce. Volti familiari. Sorrisi sinceri.
 
Arrivò l’abbraccio dei suoi genitori, che mai avevano avuto così tanta paura.
Arrivò l’abbraccio dei suoi amici, che avevano sperato di ritrovarlo sano e salvo.
E arrivò la mano di Sebastian a stringere saldamente la sua.
L’incubo era finito.
Era ora di tornare a casa.
  
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