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Autore: Crona Lunatica    28/10/2013    0 recensioni
Dal capitolo 1.
Venne distolto dai suoi pensieri vedendo una ragazza che lo aspettava seduta su di una panchina al molo dove attraccava il battello.
Non appena si accorse di essere osservata, la ragazza si voltò e gli sorrise per poi avvicinarglisi e gettargli le braccia al collo.
non trovò altra parola per descriverlo.
Da un mese a quella parte aveva intrecciato una relazione con una delle sue studentesse.
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ecco un nuovo aggiornamento ragazzi !
Ftemi sapere che ne pensate! 
Un bacione


In bottega quella mattina c’era molto fermento.
Adriana Imperi era passata in panetteria prima di andare a scuola; stava facendo la fila assieme ad altre due donne che si dirigevano al lavoro ed a una signora in pensione, quando nel piccolo negozio fece la sua irruzione la signorina Baldoria.
<< L’ha ucciso, l’ha ucciso! L’ho inteso io, quanto è vero che mi chiamo Selvaggia!>> si fece il segno della croce.
Un brusio corse tra il gruppo di donne ed Elvira, la bottegaia, chiese: << Di chi sta parlando, signorina Selvaggia?>>
La donna, avendo ottenuto l’attenzione di tutti, tirò su col naso, si sistemò la sciarpa e si portò una mano alla bocca come se volesse confidare un segreto ad Elvira, avvicinandosi al bancone e costringendo le altre a farsi vicine.
<< Quel professore, uno di quelli nuovi della scuola***. Quella dove hanno gettato tutti i registri nei water! L’ho inteso dal signor Toni, il mio inquilino, la figlia sta indagando sul caso…e s’è lasciata scappare della Claretta Petacci!>> si segnò nuovamente.
<< Ne è sicura?>> chiese una delle donne lì presenti.
 << Viva Dio! Il fantasma dell’amante di Mussolini ha fatto un altro morto>>
Lasciò che i presenti assorbissero la notizia e, approfittando della pausa, << Due panini e un etto di cotto, Elvira>>.
Adriana non aspettò nemmeno che finisse di parlare. Uscì dal negozio e si appoggiò al muro con un mano sul cuore; prese un respiro profondo e si incamminò verso la scuola, non doveva fare tardi, quel giorno c’era il compito di storia.
Mentre la signorina Baldoria faceva una capatina in tutte le botteghe del centro di Salò, Mistica Enigma dormiva placidamente nel suo letto.
Improvvisamente la sveglia suonò, ma, con disappunto di questa, la ragazza non si scosse; anzi, lanciò un ingiuria all’oggetto e, afferratolo, lo lanciò contro la parete.
La sveglia non si ruppe, ma smise di suonare e giacque come un animale ferito sul pavimento della camera.
Non era però destino che Mistica dormisse, quella mattina; non era passato che un minuto quando sua madre fece capolino nella stanza.
Osservò con sconcerto lo stato in cui si trovava la stanza, abiti sparsi sul pavimento, scarpe appese alla spalliera del letto e la scrivania occupata da cosmetici e libri sull’anarchia e l’arte come forma di protesta.
<< Non ti avevo detto di mettere in ordine?>> chiese pacatamente avanzando nella penombra.
Un grugnito proveniente da una massa informe sotto le coperte le rispose.
Emilia spalancò la finestra della camera della figlia facendo entrare la luce del sole direttamente in faccia alla ragazza.
<< Hei!>> esclamò questa.
<< Muoviti, farai tardi a scuola, e se stasera non trovo tutto in ordine non uscirai per il resto della settimana>>.
Mistica si alzò controvoglia e azzardò qualche passo verso la madre, ma inciampò nella sveglia che ricevette la sua vendetta.
<< Merda!>> esclamò la ragazza rialzandosi.
Le unghie nere risaltavano sul tessuto chiaro della sua camicia da notte, fece per lanciare nuovamente la sveglia sul comodino ma la madre la fermò << Questa la prendo io, ora fila!>>.
La ragazza sbuffò e brontolò qualcosa, poi si diresse verso il bagno, dal quale uscì almeno trenta minuti dopo per andare in cucina.
<< Hai cambiato costume oggi?> chiese Emilia vedendo gli abiti della figlia.
Era completamente vestita di nero, con una sciarpa viola legata a mo’ di cintura in vita, gli anfibi con le borchie ai piedi erano stati incisi con pentacoli e svastiche e la faccia era struccata in modo pesante con tinte dai toni scuri che risaltavano il pallore creato dalla cipria bianca.
Il tocco finale era dato dai capelli, corti e lisci con un lungo ciuffo viola che scendeva sull’occhio destro e copriva quasi mezza faccia.
Mistica ignorò totalmente la colazione e si affrettò a prendere la tracolla per uscire con la mano coperta da un mezzo guanto blu scuro.
<< Non si saluta?>> chiese sua madre.
<< A stasera>> brontolò la ragazza.
<< Aspetta un secondo>> la richiamò Emilia.
<< Sono in ritardo>>
<< Per cosa? Per vedere i tuoi amici? Lascia perdere quella gentaglia, non mi piace che frequenti quei ragazzi>>
<< Cosa te ne frega? E’ la mia vita, non sono fatti tuoi con chi mi vedo>>
<< Ascoltami bene, la tua vita mi riguarda eccome, sei minorenne e sotto la mia responsabilità. Se ti vuoi mascherare andando a scuola sei liberissima di farlo, ma non pensare che io ti lasci frequentare quella marmaglia di tossici che chiami amici>>
Mistica sospirò << E va bene, non li vedrò più, sei contenta?>>
Sua madre la guardò preoccupata << Mistica, lo so che adesso ti sembra un sacrificio ascoltarmi, ma lo faccio solo per il tuo bene. Quando sarai più grande capirai>>
<< Ora posso andare? Farò tardi>> .
Emilia guardò la figlia uscire casa e allontanarsi; ogni volta che si vedevano e che cercava di azzardare una conversazione litigavano. Se in quel momento le avessero chiesto cosa fosse più difficile tra fare l’ispettore e la madre, avrebbe detto quest’ultimo.
Non c’era lavoro più complicato. Badare alla casa e al suo mantenimento e contemporaneamente crescere una figlia non era impresa da poco e spesso Emilia si lasciava cadere sul letto sfinita dopo una lunga giornata.
Purtroppo quella mattina non sarebbe stato così. Bevve l’ultimo sorso di caffè prima di alzarsi da tavola e dirigersi nello studio del marito. Quella stanza era divenuta il ripostiglio di tutti i ricordi legati a Marco; non veniva aperta da anni, ed Emilia la teneva rigorosamente chiusa a chiave.
Solo una volta la figlia vi aveva fatto incursione, ma da quel giorno se ne era tenuta ben lontana.
Emilia ricordava un fascicolo sulla seconda guerra mondiale che il marito teneva nella sua libreria; le aveva detto che era una ricerca risalente agli studi universitari, che lui aveva lasciato prima di darsi al mestiere del pompiere.
Varcò la soglia con un tuffo al cuore. Tutto era ricoperto da un leggero strato di polvere. Si diresse senza indugio verso la libreria e afferrò la cartella di pelle con i decori dorati.
Non sapeva cosa aspettarsi quando l’aprì.
Il suo contenuto non poteva essere più innocuo. Una ricerca sulla seconda guerra mondiale: La repubblica sociale italiana.
Venti pagine in tutto di cui tre erano dedicate al rapporto tra il duce e l’amante e, sul fondo, due nomi: ricerca di Marco Enigma e Amadeo de Dama. Prese la cartelletta e la portò a lavoro con sé. Poteva ancora tornarle utile.
  
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