Libri > Percy Jackson
Ricorda la storia  |      
Autore: BeeMe    28/10/2013    4 recensioni
Quanto poteva resistere prima che il ghiaccio si prendesse la sua anima?
-
-
Ambientato durante THE HOUSE OF HADES - SPOILER! - Fate attenzione se non l'avete letto! (anche se poi non spoilera più di tanto, ma io vi ho avvisati!)
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calipso, Leo Valdez
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Di albe gelide e eroi maledetti

 

Finiva sempre per odiarli, gli eroi che arrivavano sulla sua isola e di cui non poteva fare a meno di innamorarsi.

Erano tutti così perfetti, fantastici in ogni loro sfaccettatura, che Calypso non riusciva a fare altro che donargli il suo cuore.

Di solito durava per qualche tempo, all’inizio sembrava sempre che il suo fosse un amore ricambiato. I primi giorni erano sempre felici, passati a passeggiare lungo la spiaggia, a camminare vicini, le mani che si sfioravano appena e dei sorrisi impacciati stampati sulla faccia.

A distanza di anni, di millenni, riusciva ancora a ricordarsi ogni tramonto passato accanto all’eroe del momento, ogni alba in cui si era risvegliata accanto ad un semidio pronto a stringerla fra le sue braccia per proteggerla dal freddo della mattina.

Erano sempre gelide le albe, Calypso ormai lo sapeva.

Nei giorni passati da sola, senza nessuno a riscaldarla, si svegliava scossa dai brividi, domandandosi cosa ci fosse che non andava in quel freddo sole che ogni giorno spuntava all’orizzonte.

Col passare delle ore i i suoi raggi diventavano via via più caldi, fino ad arrivare ai torridi mezzogiorni e ai tiepidi tramonti che la ninfa non riusciva a dimenticare.

Ogni volta che un eroe arrivava ad Ogigia, lei non poteva far altro che sperare che restasse, che accettasse l’immortalità che lei offriva ad ognuno dei suoi ospiti pur di trattenerlo al suo fianco.

Ne aveva abbastanza delle albe gelide, dei brividi che la scuotevano fin nel profondo.

Era davvero troppo pregare che un eroe si innamorasse di lei e non volesse più andarsene?

Eppure c’era sempre qualche Penelope, qualche Annabeth a cui il suo ospite non poteva fare a meno di pensare.

Ogni volta se ne andavano, chiamando la scialuppa magica destinata a portarli a casa con gli occhi che brillavano, illuminati da quella luce che Calypso desiderava veder brillare per lei.

Li aveva maledetti, i suoi cosiddetti eroi. Gli aveva augurato di sentire le dita gelide dell’alba sfiorare i loro cuori, di non riuscire a trovare nessuno che volesse veramente restare con loro.

Erano maledizioni piene di rabbia, di rimpianto, maledizioni di una ninfa col cuore infranto.

Mentre vedeva la scialuppa allontanarsi in quel mare che lei non avrebbe mai potuto solcare, non poteva fare a meno di domandarsi se alla fine avessero effettivamente trovato quel che stavano cercato, se l’Annabeth di turno li stava aspettando con le lacrime agli occhi o se avrebbe voltato loro le spalle per qualcun altro.

Si chiedeva spesso se i suoi eroi avessero mai trovato la felicità o se l’avessero solo vista di sfuggita per poi lasciarsela sfuggire fra le mani, magari rimpiangendo le fredde albe di Ogigia.

In fondo, sapeva che non avrebbe mai potuto rivederli, che nessuno di loro sarebbe tornato a stringerla fra le braccia e a sussurrarle di stare tranquilla che, ehi, andava tutto bene.

Niente andava più bene da un pezzo, Calypso se n’era resa conto molto tempo prima, ma questo non l’aveva resa libera o l’aveva salvata da quel gelido sole che sembrava non smettere mai di splendere.

 

 

 

*******************

 

 

 

Quando Leo Valdez era arrivato, Calypso aveva capito subito che non era uno dei suoi eroi, uno di quelli con cui avrebbe camminato mano nella mano sulla spiaggia o con cui avrebbe guardato il tramonto splendere all’orizzonte.

Era diverso da tutti gli altri che erano arrivati sulla sua isola, così se stesso che la ninfa non aveva potuto fare altro che pensare che il suo arrivo non fosse altro che un gigantesco scherzo organizzato da un qualche dio particolarmente perfido.

L’aveva trattato male, lasciato solo sulla spiaggia con nient’altro che la sua stupida sfera, ma quando era tornata da lui, Leo non l’aveva cacciata.

Aveva piegato le labbra in quel sorriso da cattivo ragazzo e aveva ringraziato per il cibo.

Calypso non sapeva perché fosse tornata da lui, forse non voleva più sentirsi sola in quell’isola che sembrava non cambiare mai.

Una voce in fondo al suo cuore le sussurrava che non era per questo, che stava mentendo a se stessa, ma lei la spinse via e continuò a portare al quello strano figlio di Efesto tutto ciò che le chiedeva.

Lui non è come gli altri, si diceva, certa di non riuscire nemmeno a tollerare l’idea che potesse restare per sempre a farle compagnia.

Non voglio che resti, pensava, e ne era sicura. Leo non aveva mai cercato di nascondere il fatto di voler tornare dai suoi amici e lei non poteva fargliene una colpa, in fondo avevano bisogno di lui.

Forse era per questo che non voleva averlo al suo fianco più di qualche minuto, magari non riusciva solo a tollerare l’idea che qualcuno lo stesse cercando, che lo volesse indietro e che pur di riaverlo avrebbe fatto di tutto.

Nessuno l’avrebbe mai cercata a lei, nessuno si sarebbe mai impegnato tanto quanto Leo nel costruire un meccanismo per tornare indietro, per tornare a casa.

Aveva messo da parte il risentimento, alla fine. Leo era lì, magari non era come gli altri, ma questo non voleva dire che avrebbe dovuto trattarlo come un emarginato.

Magari anche lui ne aveva abbastanza di essere messo da parte.

Aveva cercato di aiutarlo e si era resa conto che con lui si divertiva, che in fondo non era male passare del tempo girando bulloni con un ragazzo tremendamente somigliante ad un folletto di Babbo Natale versione latina che non faceva altro che cercare di farla ridere con delle battute assurde.

Alla fine avevano finito di costruire quello che a Calypso ricordava uno specchio e Leo aveva iniziato a dire cose riguardanti qualche meccanismo che probabilmente non girava bene o che forse era il progetto di base ad essere sbagliato.

Lo specchio non funzionava, se ne rese conto dopo qualche minuto passato a sentire il ragazzo cercare una soluzione, ma non era la parte meccanica quella che gli impediva di partire, era quella magica.

E così aveva cantato per lui, aveva lasciato andare tutte quelle emozioni che la opprimevano da troppo, troppo tempo.

Voleva tornare a casa, quella vera, voleva non essere più sola, voleva smettere di essere scossa dai brividi ogni volta che vedeva il sole sorgere.

Quando aveva finito di cantare, lo specchio aveva crepitato e si era acceso finalmente, facendo vedere a Leo i suoi amici, quelli per cui si stava facendo in quattro.

Aveva anche mostrato una ragazza, Reyna.

Forse fare finta che Leo non le piacesse non le era riuscito così bene, l’aveva capito solo troppo tardi, quando le crepe avevano iniziato a farsi strada nel suo cuore.

Una ragazza lo stava aspettando, anche lui non sarebbe rimasto.

Eppure lei aveva davvero pensato che lui fosse la chiave per risolvere i suoi problemi, che forse sarebbe stata felice a dividere l’eternità con lui.

Erano solo le fantasie di una ninfa sciocca, si disse fra sé, scuotendo la testa e cercando disperatamente di trattenere le lacrime.

“Ehi, guarda che non c’è niente fra me e Reyna, non in quel senso!” cercò di sorridere, ma era chiaramente a disagio e i suoi occhi non si illuminarono con quella strana luce che ti convinceva che stava ideando qualcosa.

Calypso annuì, passandosi una mano sulla guancia nel caso una qualche lacrima fuggitiva fosse riuscita a scappare. 

In quei giorni passati insieme aveva sentito Leo borbottare cose riguardo se stesso come ‘incapace di relazionarsi con le persone’ o ‘non bravo con le forme di vita organica’, ma quando lui la strinse in un abbraccio caldo, cercando di rassicurarla, Calypso pensò che si stesse sbagliando di grosso.

Abbracciarlo era fantastico, lui era così caldo. La ninfa sentiva sciogliersi il gelo che tutte quelle albe fredde le avevano lasciato dentro, lasciando spazio ad un sentimento che pensava non avrebbe più provato per qualcuno, non dopo che Percy Jackson l’aveva abbandonata per tornare a quello stupido campo mezzosangue.

“Sei così fredda” ridacchiò Leo e lei gli tirò un pugno sulla spalla, allontanandosi un poco.

“Sei tu che sei una caldaia umana.” ribatté tentando di restare seria, ma un grosso sorriso si era dipinto sul suo volto e non sembrava intenzionato ad andarsene.

Lui rise e uscì dalla baracca di fortuna che aveva attrezzato come officina personale.

“Veramente sono più come Johnny, hai presente quello dei Fantastici Quat-” iniziò il ragazzo, ma un sonoro Pop! lo interruppe a metà frase.

La scialuppa magica, quella che non si era presentata quando lui l’aveva chiamata giorni prima, era comparsa nella baia.

Dopo i primi secondi passati a fissarla a bocca aperta, la sua mente che sembrava rigettare l’idea in stile: Davvero? Ora arrivi?, Calypso scattò in avanti, afferrando la sacca piena dell’essenziale per sopravvivere durante il viaggio di ritorno che aveva riempito quella mattina, per sicurezza.

“Devi andare!” gli urlò raggiungendo in fretta la barca e buttando la sacca dentro “Potrebbe sparire da un momento all’altro!”

Leo si avvicinò, a prima vista sembrava più in stato confusionale di lei, per poi fermarsi da un passo dalla scialuppa.

“Devo andare” ripeté per poi annuire e far ricomparire il suo solito sorriso “Tornerò non appena avrò aggiustato Festus e lui sarà in grado di arrivare qui e tornare indietro!”

“Che cosa?!” Non poteva aver appena detto quel che Calypso aveva sentito. Era una cosa  da pazzi, impossibile. “Nessuno può tornare ad Ogigia dopo averla lasciato, è la regola.”

Leo piegò di lato la testa, come per riflettere, ma la ninfa sapeva che ci aveva già pensato a lungo, lo leggeva nel suo sguardo: “A Bologna ho, ehm, trovato un navigatore magico che con il cristallo che mi hai dato potrebbe funzionare. Sarà facile.”

Avrebbe voluto credergli, lo desiderava con tutto il cuore, ma sapeva che era un’impresa impossibile.

Nessuno tornava. Mai.

Faceva parte della maledizione, la stessa che la tratteneva sull’isola. Eppure Leo sembrava crederci, era sicuro di non star sbagliando, di poter tornare davvero.

“Ce la farai.” sussurrò Calypso a bassa voce per poi avvicinarsi a lui e baciarlo. Era diverso da baciare uno dei suoi eroi, era meglio.

“Buon viaggio, Leo.” disse sorridendo appena e lui saltò nella barca, scomparendo lentamente oltre l’orizzonte.

Sarebbe tornato, glielo diceva il cuore, le raccontava delle albe che avrebbe visto stretta al fianco del suo ragazzo di fuoco, dei raggi caldi del sole che le avrebbero riscaldato la pelle e di tutte le macchine che avrebbero costruito insieme.

Le maledizioni possono essere spezzate, i malefici infranti, bastava solo crederci.

E poi Calypso sapeva che il cuore non avrebbe resistito ad un altro addio, che le crepe che lo devastavano si stavano ingrandendo e che, senza Leo Valdez al suo fianco, si sarebbe spezzata fino a diventare uno di quegli incubi di cui le persone parlavano a bassa voce, forse per paura di risvegliarli.

La ninfa aveva paura di sentire il suo cuore fermarsi nel suo petto, congelato da quel sole freddo che la seguiva ovunque andasse.

Quando c’era Leo perfino le albe sembravano calde, ma già i brividi tornavano a scorrerle lungo le braccia.

Ti aspetterò, mio eroe, si ripeteva, ma quanto poteva resistere prima che il ghiaccio si prendesse la sua anima?

 

 

 

 

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: BeeMe