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Autore: Laylath    29/10/2013    3 recensioni
Se c’era una cosa che il sergente maggiore desiderava era che nella sua squadra ci fosse totale armonia… e dato che Hayate era il cane del tenente (e… forse, un pochino anche suo), lo considerava come parte integrante di essa.
Ma poi… come si faceva ad odiare i cani?
Perché Fury aveva appena preso la decisione di guarire Breda dalla sua paura per i cani.
Genere: Comico, Demenziale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kain Fury, Team Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 1.
“Questa non me la doveva fare.”

 

La porta dell’ufficio sbatté con violenza alle sue spalle, mettendo finalmente un ostacolo tra lui e quella cosa che imperversava nell’ambiente di lavoro. Nonostante questa relativa sicurezza il suo corpo e la sua mente dovevano ancora riprendersi dallo shock che aveva appena subito: un fastidiosissimo tremore ancora persisteva sulle sue braccia e sulle sue gambe, brividi freddi gli percorrevano la schiena, e gocce di sudore gli imperlavano la fronte.
Facendo qualche passo esitante per allontanarsi ulteriormente dal suo problema, il sottotenente Heymans Breda, classe 1887, una delle migliori menti strategiche di tutto il Quartier Generale dell’Est, raggiunse il piccolo salottino che era stato ricavato in una rientranza dell’ampio corridoio. Non si buttò su una delle morbide poltroncine, come era solito fare, ma serrò le mani contro uno degli schienali, le nocche che diventavano bianche per l’intensità della stretta, cercando un sostegno fisico per la sua persona.
Scosse il capo, cercando di allontanare la nebbia che aveva ingoiato la sua mente e di recuperare almeno in minima parte la sua caratteristica lucidità.
Ed il primo pensiero coerente che riuscì a formulare fu il seguente:
Questa non me la doveva fare!
Fu come se l’aver finalmente pensato qualcosa di senso compiuto permettesse alla sua mente di riprendere a funzionare: riuscì a controllare il tremito lungo gli arti e anche il brutto senso di viscere attorcigliate diventò solo un fastidio di sottofondo. Con un sospiro si spostò e si concesse di cadere sulla poltroncina, posandosi pesantemente allo schienale e portando indietro la testa fulva.
Respirò profondamente, controllando i propri battiti del cuore e sentendo con sollievo che diventavano regolari: l’emergenza era finita.
O, forse, era appena iniziata.
 
“Non me la doveva fare…” mormorò tenendo gli occhi chiusi.
Dei passi che si fermarono accanto a lui lo avvisarono della presenza di una persona: non ebbe bisogno di aprire gli occhi per sapere di chi si trattava.
“Va meglio?” chiese Havoc.
“Più o meno.”
“Credo sia stata una delle tue peggiori reazioni che abbia mai visto, e ci conosciamo da quasi dieci anni.”
“Non me lo doveva fare, Havoc. – disse ancora Breda, non riuscendo ad andare oltre quel concetto – Questa proprio non me la doveva fare.”
“Non credo lo sapesse” gli ricordò la voce del biondo.
“La deve smettere di comportarsi da bambino. – dichiarò l’altro, senza nemmeno ascoltarlo, mettendosi più composto e recuperando ulteriormente il controllo – Tra tutte le cose che… quando mai si è visto un sergente maggiore che si comporta così?”
Havoc scoppiò a ridere, provocando lo sguardo seccato del compagno. Se c’era una cosa che il sottotenente rosso apprezzava del suo amico era che non l’aveva mai preso in giro per questo suo… difetto: perché proprio ora doveva trovarlo divertente?
“Scusa, Breda, – si ricompose Havoc, sedendosi accanto a lui e tirando fuori il pacchetto di sigarette – ma in genere sono io quello che se la prende con il ragazzino. Vedere questi ruoli invertiti è notevolmente comico.”
“Scusami tanto se non condivido questa tua ilarità.” borbottò il rosso.
“In ogni caso hai proprio una bella gatta da pelare… anzi, non è proprio il caso parlare di gatta. Ma dubito che quella palla di pelo verrà riportata fuori con tutta questa pioggia.”
“Non mi dire che hai intenzione di prenderlo davvero tu? – supplicò Breda, sgranando gli occhi chiari – Se farai una follia simile scordati che frequenti ancora casa tua.”
“Io veramente avevo proposto di farlo alla piastra… oh, dai, non fare quella faccia! Stavo scherzando. Ma perché siete tutti così poco fiduciosi nei miei confronti?”
“Ti sei fatto la domanda e ora prova a darti la risposta…” commentò causticamente il rosso.
“In ogni caso non ho intenzione di prenderlo, anche perché credo che il tenente me lo impedirebbe. Dunque, io, te, Fury e Falman non possiamo… vediamo che diranno il tenente ed il colonnello.”
“Un cane… non posso ancora credere che ci sia un cane dentro l’ufficio.” sospirò Breda.
“Vedrai che entro stasera Fury gli trova un padrone.”
“O me o quella bestia, Havoc: quell’ufficio non è abbastanza grande per tutti e due!”
Quest’ultima frase fu detta con particolare ostinazione.
Havoc, che nonostante le apparenze, aveva una profonda conoscenza del carattere dell’amico, si sorprese. Raramente parlavano della sua grande fobia per i cani: non aveva mai pensato che il rosso arrivasse a fare dichiarazioni simili. In genere tra i due Breda era quello più maturo e paziente, specie nei confronti di Fury, ma in questo caso non aveva nessuna intenzione di desistere da questo atteggiamento ostile. La sua paura per il mondo canino era troppo forte e il sergente maggiore gli doveva essere parso come un traditore che gli aveva portato il mortale nemico nel proprio territorio.
In tutta sincerità il sottotenente biondo temeva che nei prossimi giorni i rapporti tra Breda e Fury venissero messi a dura prova.
Facendo un profondo tiro dalla sigaretta sperò che quel botolo bianco e nero trovasse un padrone, possibilmente esterno alla squadra.
 
“Ehi, piccolo Hayate?” chiamò dolcemente il sergente, osservando il musetto che sbucava dal panno bianco. Il cucciolo si sporse per leccare il viso del ragazzo, provocandone la risatina divertita.
“Bene, – dichiarò il tenente Hawkeye, finendo di sistemarsi il cappotto e mettendosi addosso la tracolla – adesso è ora di andare.”
“Signora, la ringrazio ancora tantissimo per aver deciso di prendersi cura di lui. – dichiarò Fury con gratitudine, passando il fagottino alla donna – E’ stata davvero gentile.”
Certo, poteva anche evitare di insegnargli ad usare la lettiera sparandogli a pochi centimetri…
Ma la mente buona del giovane preferì dimenticare quel dettaglio così sconvolgente. Del resto considerava il tenente quasi come una seconda madre… una madre parecchio marziale ed intransigente ad essere sinceri, e non aveva dubbi che il cagnolino si sarebbe trovato bene.
“Però questo non ti autorizza a raccogliere di nuovo animali dalla strada, intesi?” gli disse la donna, riportandolo all’ordine.
“Va bene, signora, lo prometto. Questa è la prima e l’ultima volta; è che lui… - Fury si dimenticò di terminare la frase, dato che il cucciolo aveva liberato la zampetta dal panno e la agitava contro di lui, uggiolando – … ma quanto sei carino, Hayate! Vedrai che ti troverai benissimo con la tua padrona: promettimi che farai il bravo e sarai un cane buono e fedele.”
Il tenente guardò tra il perplesso e divertito quella strana amicizia che era appena nata. Gli era capitato altre volte di vedere il sergente assumere atteggiamenti di entusiasmo che si poteva definire infantile, ma questa volta aveva raggiunto nuove vette.
Del resto, quale bambino non era profondamente eccitato all’idea di un cucciolo?
Spinta da quello strana forma di senso materno che provava nei confronti del soldato più giovane della squadra, nei cui occhi si leggeva già la tristezza per la prossima separazione dal cucciolo, arrivò a dire una frase che mai avrebbe concesso ad altri.
“Se ti fa piacere ogni tanto lo porterò in ufficio, oppure potrai passare qualche volta a casa mia a trovarlo, va bene?”
Fu una frase così fuori dall’ordinario che il colonnello Mustang, che stava prendendo il cappotto dall’attaccapanni, bloccò il braccio a mezz’aria, girandosi a fissare sconvolto la sua assistente ed il ragazzo.
Ha appena invitato a casa sua un maschio?!
“Cosa? – si sorprese, altrettanto, Fury, gli occhi illuminati dalla felicità – Davvero, signora? Oh, grazie! Grazie infinite! Sentito, Hayate? Ci potremo vedere e giocare ancora insieme, sei contento?”
Ed il cagnolino abbaiò, contagiato dall’entusiasmo del suo amico umano.
Il sergente era così contento per l’esito felice di quella giornata: aveva avuto il timore di non riuscire a trovare un padrone per quel cucciolo così dolce ed invece era andato tutto bene. E non solo: avrebbe avuto anche occasione di continuare a frequentare il suo nuovo amico a quattro zampe.
L’entusiasmo era tale che si era completamente dimenticato della reazione del sottotenente Breda… e non aveva minimamente notato lo sguardo sconvolto del colonnello.






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Nda.
Finito il trauma dei 33 capitoli di Falman, ieri il mio estro creativo (?) mi ha fatto iniziare questa nuova storia.
Come si può intuire già dal titolo e da questo primo capitolo/prologo, l'argomento è totalmente comico e leggero (come sempre il mio cervello ha bisogno di "rilassarsi" dopo lavori impegnativi). Era un'ideuzza che avevo in mente già da tempo, ad essere sincera, ma non avevo ancora deciso come svilupparla.
Come si può notare, accanto alla "problematica principale" ossia la fobia del sottotenente rosso, c'è anche la "sottotrama" del colonnello non proprio felice di vedere Fury invitato a casa del tenente. Ovviamente non intendo assolutamente sfociare nella Royai, è solo un pizzico di gelosia/incredulità che mi serve per scene che mi sono venute in mente. Ah, sempre a proposito del tenente: ovviamente Riza può apparire un po' OOC per la sua indulgenza con Fury, ma per chi ha già letto le mie fic sa che è una cosa ampiamente collaudata... poi, in questo specifico caso, trattandosi di una fic comica, potrebbe essere una cosa più evidente ed estremizzata, ma penso che mi terrò nei limiti del consentito.
Enjoy!   :D

Laylath

 
  
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