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Autore: slanif    29/10/2013    3 recensioni
Genzo/Karl, Tsubasa/Sanae
Cosa proverà Genzo una volta tornato in Giappone? Cosa troverà ad aspettarlo? E cosa ha lasciato in Germania? Qual'è la sua casa?
Su questi interrogativi è nata questa mia song-fic, accompagnata dalle note di "Welcome Home" dei Radical Face! Spero vi piaccia!
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Karl Heinz Schneider, Ryo Ishizaki/Bruce Arper, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Welcome Home
di slanif

**

 
Il sonno non arriva
e quindi soffoco nel sole
e i giorni sfocano in uno solo
e i miei occhi canticchiano cose che non ho mai fatto

Il viaggio aereo dal Giappone alla Germania è molto lungo. L’ho intrapreso anche poco più di quindici giorni fa, al contrario, e allora era pesante tanto quanto adesso. Era pesante per le tante ore, ma anche perché non sapevo bene cosa aspettarmi una volta arrivato in Giappone.
Cosa lasciavo in Germania lo conosco bene, e proprio per questo adesso ho così tanta voglia di arrivare…
Ma cosa c’era in Giappone ad aspettarmi, fino a quindici giorni fa, mi rendeva incerto. Avrei avuto le mie conferme? Ora so di sì.
Chiudo gli occhi, cercando di dormire, ma invano.
Ho scelto apposta un volo notturno per il ritorno, così sarei atterrato in mattinata con un aspetto un po’ meno stravolto di quello che avevo quando sono arrivato in Giappone nel tardo pomeriggio di due martedì fa.
Ma evidentemente passerò la notte in bianco, se il sonno continua a non arrivare…
Di sicuro non mi va di pensare a quello che è successo a casa.
Casa… è davvero più il Giappone la mia casa? Io mi sento Giapponese, rispetto le mie radici e onoro la mia tradizione, ma cosa c’è in Giappone per me? Un bel niente…
La Germania è la mia casa, ora. E’ lì che ci sono i miei amici, la mia vita, la squadra in cui gioco, l’amore della mia vita…
Apro gli occhi e osservo il mondo sotto di me, fatto di nero e piccole luci gialle. Sembra un cielo al contrario, con strisce e puntini luminosi, come stelle cadenti e stelle silenziose e immobili.
Ne fisso una, non so neanche bene perché e quale sia, e lentamente chiudo gli occhi. Il suo calore accecante mi riempie la vista, anche a palpebre chiuse posso vedere il suo bagliore.
Così, a occhi chiusi, comincio a pensare…
A quello che è successo e a quello che ho capito tornando in Giappone…

 
Le lenzuola oscillano, appese al filo per stendere
come una fila di fantasmi catturati
sulla vecchia erba morta
non è stato mai abbastanza ma abbiamo fatto del nostro meglio
Bentornato a casa

La prima cosa che ho visto, una volta fuori dal cancello dell’enorme casa dove sono cresciuto, sono state le lenzuola stese sui fili nel giardino sul retro. La governante li stende lì da sempre, ci sono tutti i giorni, che sventolano e oscillano col vento, facendo cigolare i ganci di metallo arrugginito dei fili. Sembrano tante anime fluttuanti, e quando ero piccolo ne avevo un po’ paura… adesso che ho ventisei anni so bene che non c’è niente da temere, che non nascondono spiriti maligni, ma che volete farci? Da piccoli si è suggestionabili…  tutte le volte che Schuter(1)* si infilava lì in mezzo, quando giocavano insieme da bambini, io non lo seguivo mai e iniziavo a chiamarlo solo a gran voce, da vero fifone…
Schuter… il mio amato Schuter… l’amato cane che tanti anni fa se n’è andato.
Ho sempre desiderato portarlo in Germania con me, ma i miei genitori non me lo hanno mai permesso. Eppure per me era come un fedele amico, il migliore tra i miei fratelli! Quando mi hanno detto che era morto, ho imposto che fosse seppellito sotto l’albero grande in giardino, dove l’ultima fila di lenzuoli sfiora l’erba e dove a Schuter piaceva tanto dormire d’estate…
Vedo da lontano la lapide che ho chiesto a Mikami di mettere e lo saluto con lo sguardo, sentendo in petto un grande affetto per quel mio fratello purtroppo scomparso…
Riporto lo sguardo sulla grande casa e apro il cancello, chiudendo lo sportello del taxi giallo che mi ha accompagnato dall’Aeroporto di Tokyo a qui.
E’ gigantesca, austera, fredda e impersonale. Come i miei genitori, d’altronde…
“Genzo! Gen! Ben arrivato!”.
La voce di mio fratello Shintaro(2)*, il terzogenito dei miei genitori, è la prima cosa che mi accoglie.
“Ciao, Shin” lo saluto.
“Finalmente sei arrivato!” mi dice, allegro, afferrando la borsa che ho in spalla “Vieni, entriamo…”, mi dice, mettendosi la tracolla in spalla e lasciandomi solo col borsone in mano.
Entrati in casa, ci sono tutti: i miei genitori, Mikami, i miei altri due fratelli e il nuovo cane, Momo.
“Ben arrivato” mi accolgono tutti in coro, sorridenti.
E’ piacevole, ma freddo. Nessuno si avvicina per abbracciarmi. I miei amici in Germania lo fanno sempre, anche quando sto a casa per qualche giorno con l’influenza e poi torno agli allenamenti. Loro ti fanno vedere che sono davvero felici di vederti. La mia famiglia rimane invece lì, immobile, come belle statuine perfette.
Li osservo, come se fosse la prima volta. Ma è passato così tanto tempo che è come se lo fosse…
Mia madre, Haruko, è piccolissima, discreta, dall’espressione dolce e l’aspetto calmo. Ormai ha i capelli mesciati di bianco, ma il suo aspetto è sempre giovanile. Sembra sempre una bambina, con quella bocca piccola a bocciolo di rosa, il naso a patata e le guance paffute. Non è mai stata magra, sempre un po’ rotondetta, ma mai grassa. Ha quella pienezza in viso e nel corpo che è piacevole, ma insolita per una Giapponese. Di tipico Giapponese, invece, ha il kimono. Sempre portato, sempre messo, sempre quello. Non l’ho mai vista vestita all’occidentale, e credo non ce la vedrò mai.
Mio padre, Yoichi, è il suo esatto opposto: alto, slanciato, magro, aitante, con i capelli brizzolati, mossi come i miei, tirati indietro. Ha i baffi, ed è buffo perché al contrario di noi asiatici che siamo molto poco pelosi, lui ha tantissimi peli, e infatti i suoi baffi sono folti. E’ sempre stato un uomo distinto, dall’aria austera. In questo io gli somiglio moltissimo.
In compenso non somiglio granché a nessuno dei miei tre fratelli…
Il maggiore è Shuntaro: è la fotocopia di mio padre nel carattere e nell’aspetto, solo coi capelli lisci di mia madre. Mi somiglia nella stazza, ma per il resto non abbiamo minimamente niente in comune.
Il secondogenito è Shotaro. Anche lui somiglia molto a papà, esteriormente, ma caratterialmente è più schivo e riservato come la mamma. In questo, forse, ci somigliamo.
Il terzogenito è, come detto, mio fratello Shintaro. Lui è quello che somiglia di più alla mamma: piccolo di statura, con un’area sempre di gentilezza.
Io, beh… non si sa bene né a chi somiglio caratterialmente, né esteticamente. Sono un mix, diciamo, ma mi distinguo da tutti e questo mi piace. Anche il mio nome è totalmente diverso da quello dei miei fratelli, e questa è una bella soddisfazione! Infatti come avrete potuto notare i miei fratelli hanno tutti nomi molto simili: Shuntaro, Shotaro, Shintaro. Li ha scelti tutti mio padre, super tradizionale e col desiderio di avere figli con nomi abbastanza simili e con la stessa iniziale, come se fossero fatti tutti con lo stampino. Il mio nome è diverso perché è stato scelto dai miei fratelli. I miei genitori decisero che dovevo chiamarmi Shinichi, ma i miei fratelli si lagnarono talmente tanto che alla fine i miei genitori li accontentarono e mi chiamarono come volevano loro: Genzo. Non saprò mai come ringraziarli, per questo…
Ad ogni modo, il resto della serata è proseguita sullo stesso tono tiepido: qualche chiacchiera formale, informazioni varie sulla mia carriera sportiva, complimenti e congratulazioni per il passaggio al Bayer Monaco(3)* e poco più. Nessuno mi ha fatto domande personali, né mi ha raccontato i fatti suoi. I momenti con la mia famiglia sono sembrati tutti una scarsa cena tra colleghi dove tutti in cuor loro pensano solo a tornare a casa e concludere così quell’incontro pieno di noia. Il problema è che, in teoria, sarebbe questa la mia casa…
Una casa dove sono un estraneo.

 
Delle navi stanno varando dal mio torace
alcune hanno dei nomi ma la maggior parte no
se tu ne trovi una, per favore fammi sapere
quale pezzo ho perso

La cosa che ho fatto più spesso nel mio soggiorno Giapponese è stato attraversare di corsa il ponte di seicento metri che collega la terraferma di Fujisawa all’Isola di Enoshima(4)*. Quindi fermarmi lì, seduto sulla spiaggia, ad osservare il mare.
Mi è sempre piaciuto fare quel pezzo di strada di corsa. Dalla mia casa è abbastanza distante, ma è tutto esercizio. E poi riposarmi in tutta tranquillità, col rumore delle onde a cullarmi, è sempre stato un toccasana per concludere le mie lunghe corse solitarie…
Non che mi piaccia il mare, intendiamoci, preferisco di gran lunga la montagna!, ma questa minuscola spiaggia è sempre stato un posto speciale per me dove rifugiarmi da solo a pensare.
E’ qui che ho preso la mia decisione di andare in Germania. E’ qui che ho deciso che non sarei più tornato in Giappone. E’ sempre qui che mi sono reso conto di essermi innamorato, di sentire terribilmente la sua mancanza e di non vedere l’ora di tornare per poterglielo dire.
Già…
Questa spiaggia è custode di molti miei segreti.
Questo, forse, è il più importante. Come quello di quando mi sono reso conto, tanti anni fa venendo in visita dopo tre mesi, che per la mia famiglia ormai non contavo più come una volta.
E’ stata una cosa strana, rendersene conto, ma alla fine era una cosa che in cuor mio già sapevo.
Non è che qualcuno mi abbia detto che dovevo togliermi dalle scatole, intendiamoci, tutti erano gentili e cortesi, però mi sentivo trattato come un ospite. Fu la prima volta che successe, e ci rimasi di sasso. Ammetto di aver pianto nella mia camera, dal grande dispiacere, ma alla fine, proprio su questa spiaggia, con la visiera del berretto che mi copriva gli occhi dal sole, ho capito che non aveva importanza. Io avevo già una mia vita, ed era in un altro continente a migliaia di chilometri da qui.
Le cose erano andate così e basta.
Altra cosa che ho fatto spesso, in quei quindici giorni, è stato vedermi con i miei amici di sempre: Tsubasa e Ryo. Taro purtroppo era in Francia, e non abbiamo avuto modo… invece Tsubasa è tornato dal Brasile in visita anche lui in questo periodo, sapendo che tornavo anche io, così abbiamo avuto modo di passare un po’ di tempo insieme.
Ormai è un uomo sposato con quella pazza di Sanae, che vive con lui in Brasile e che è uscita a cena con noi solo una volta. Il resto del tempo, ha preferito passarlo con la sua famiglia, come è giusto che sia per una figlia unica adorata dai genitori. In compenso, quell’unica volta che è stata a cena con noi mi ha dato il tormento: “Allora? Io la voglio conoscereee! Quando diavolo ce la presenti questa biondissima fidanzata?”.
Aaahhh… Sanae, cara, ingenua, Sanae… se solo tu sapessi chi è la mia bionda e sexy fidanzata…
“Quando sarà il momento”, le ho risposto tutte le volte, ma lei ovviamente non ha desistito e non vuotare il sacco è stato difficile. Come dirgli: “Per quanto ad essere biondo è biondo, ma ti assicuro che tra le sue gambe non c’è niente che non ci sia anche tra le mie!” senza sconvolgerla e farle venire un infarto?
Per fortuna, però, mi sono trattenuto, e di certo Tsubasa e Ryo non hanno insistito.
Le nostre uscite, infatti, sono state tutte molto piacevoli e divertenti, piene di chiacchiere e ricordi.
Tsubasa è sempre il solito, ma anche Ryo! Non sono cambiati di una virgola, anche se sono passati così tanti anni!
Ormai ognuno di noi ha una propria vita in giro per il mondo, ma è bello sapere che ci sono vecchie amicizie che durano negli anni.
“E’ stato davvero bello rivederti, Gen”, mi ha detto Tsubasa l’ultima sera che ci siamo visti.
“Lo è stato anche per me, Tsubasa, davvero”.
Anche rivedere quel pazzo di Ryo è stato piacevole. E’ sempre un attaccabrighe, e ammetto che ci siamo spesso punzecchiati, ma è stato così divertente che non ho nulla da recriminare. La cosa più strana che mi ha detto è stata: “Ehi, Gen! Certo che adesso parli giapponese con un accento tedesco terribile!”.
Davvero è così? Mi ha fatto piacere saperlo. Sono stato felice che anche gli altri si siano resi conto di quanto la Germania ormai sia la mia casa, di quanto mi sia entrata nella pelle, sotto la carne, fino ad incollarsi alle mie ossa. Così tanto che anche la mia lingua madre ne ha gli influssi quando esce dalla mia bocca.
“Vediamoci più spesso, eh?”, mi ha detto Ryo l’ultimo pomeriggio insieme.
“Vieni a trovarmi in Germania!” gli ho detto.
“Sarebbe bello! Verrò a vedere una tua partita, adesso che sei al Bayer!”, ha riso lui.
Ho riso con lui. E’ stato bello. Rivedere queste facce amiche, i loro sorrisi sinceri, la loro parlata così giapponese e cantilenante, diversissima dalla dura parlata tedesca, è stato come ritrovare tanti tasselli della mia vita passata, anche se per poco. Tanti tasselli che hanno costruito l’uomo che sono ora e che hanno spianato la strada alla mia vita attuale.

 
Guarisci le cicatrici che ho sulla schiena
non ho più bisogno di loro
tu puoi gettarle via o
mantenerle nei tuoi vasetti
Sono arrivato a casa

Riapro gli occhi.
E’ incredibile. Mi sembra di ricordare cose di qualcun altro, che non mi appartengono, cose che non ho vissuto io sulla mia pelle.
Il Giappone ormai mi è estraneo. La mia famiglia mi è estranea. I miei amici sono quelli di quando ero bambino, ma a parte qualche risata, un caffè e i ricordi, non ho null’altro da condividere con loro.
Quello che adesso sono, è in Germania.
La mia vita, i miei amici, il mio amore.
Tutto è in Germania.
La Germania è la mia casa.
Casa…
“Si informano i gentili passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza. Atterreremo all’aeroporto di Monaco, Franz Josef Strauss International Airport(5)* tra quindici minuti”.
Finalmente sono a casa…

 
Tutti i miei incubi scappati dalla mia testa
sbarra la porta, per favore non farli rientrare
non avrei mai voluto lasciarti
adesso la mia testa sta scucendo le cuciture
e non so se posso

E’ stupendo sentire il freddo gelido della Germania che mi brucia le guance. Vedere la neve, sentir parlare solo tedesco.
Tutto questo mi è mancato.
E non importa quanto questa mia trasferta in Giappone sia stata piena di orribili conferme: adesso sono a casa. Il Giappone deve essere chiuso in un cassetto, lontano da me, dalla mia memoria, dal mio cuore, lontano.
Lontanissimo, come fisicamente è.

 
Qui, sotto i miei polmoni,
sento i tuoi pollici premere nella mia pelle, di nuovo

“Gen!”.
La tua voce è come una chiave miracolosa. Improvvisamente il Giappone sparisce, chiuso saldamente in un cassetto, e tutto il mio cuore si riempie di te.
Anche i miei occhi, che ti vedono, e sei bellissimo come mai prima d’ora.
“Karl!”. Ti saluto con lo stesso entusiasmo, perché è stupendo vederti e sento i miei polmoni pieni del tuo odore stupendo. Sento che ti amo. Ti sento. E non mi serve altro.
“Bentornato a casa”.
La tua voce è calda e dolce, come solo io ho mai potuto sentirla. Mi stringi le braccia al collo e appoggi la tua guancia contro la mia.
Sì, è questa la mia casa…

**FINE**

*(1) Schuter: C’ho pensato a lungo, ho cercato anche su internet, ma non mi è venuto niente in mente e niente ho trovato nella mia ricerca, perciò per me il cane di Genzo si chiama così, anche se scommetto che è sbagliato! Addirittura forse è il nome del cane di Karl… chi mi aiuta a risolvere l’arcano? Comunque abbiate pietà della mia scarsa memoria e passatemi questo piccolo errore, okay?
*(2) Shintaro: Come per Schuter, anche qui sono andata ampiamente di fantasia! Se non ricordo male la pagina del manga dove si vedono per l’unica volta i familiari di Genzo, si vedono i genitori e tre fratelli maschi. Ma ovviamente potrei sbagliarmi e i fratelli potrebbero essere solo due… perciò i nomi e il quantitativo di fratelli è del tutto inventato! Ciò vale anche per i nomi degli altri parenti che presenterò in seguito.
*(3) Bayer Monaco: So che Genzo rifiuta l’offerta di Karl di andare a giocare al Bayer Monaco, ma la mia fan fiction si svolge quando ormai Genzo ha 26 anni, quindi qualche anno dopo quei fatti, e mi piace pensare che ci abbia ripensato!
*(4) Fujisawa e Isola Di Enoshima: Non me lo sono inventata. Esiste davvero un ponte di seicento metri che collega la città natale di Genzo ad un’Isoletta balneare, Enoshima, appunto.
*(5) Franz Josef Strauss International Airport: E’ il vero nome dell’Aeroporto di Monaco Di Baviera.
   
 
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