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Autore: aiechan    16/04/2008    5 recensioni
19..20..21. Eccola, è proprio davanti alla camera contrassegnata da questo numero che si ferma Kyouraku Shunsui, una mano sulla maniglia, nell’altra un mazzo di gigli bianchi.
Non puoi prendere in giro te stesso. Entra.
[one-shot su una coppia che adoro e di cui praticamente non si trovano fanfiction ._. la storia è come sempre un mio viaggio mentale, ambientato alla fine della Soul Society Arc]
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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White lily

È una bella giornata, il sole splende nel cielo terso e gli uccellini cinguettano allegri svolazzando qua e là.


Ti senti in colpa?

L’aria che si respira nella Soul Society è leggera, sembra quasi profumare della pace che è tornata dopo la tempesta.

Eppure sapevi che lo avrebbe fatto comunque, e sarebbe finita così.

È quasi mezzogiorno e tutti si dirigono verso i propri alloggi o le mense comuni delle divisioni, camminando tranquillamente tra le strade bianche della Seireitei.

Ma potevi proteggerlo. È questo che stai pensando, vero?

Camminano distrattamente, chiacchierando del più e del meno, ridendo e godendosi il piacevole tepore del sole estivo.

Ma ora tutto è finito, è inutile pensarci ancora.

Ognuno sembra aver dimenticato le proprie preoccupazioni e, soprattutto, la battaglia che ha sconvolto l’intera Soul Society. Ogni cosa sembra essere tornata al consueto ordine, alla normalità.

Perché non vai da lui? Hai paura, forse?

Solo gli shinigami della 4° compagnia continuano instancabilmente a fare il loro dovere, occupandosi di chi è rimasto ferito nello scontro.

Nascondi questi pensieri inopportuni dietro la tua solita maschera e vai, forza.

Il viavai nei dintorni della loro divisione è più intenso, ma tra tutti gli shinigami che entrano ed escono uno in particolare non passa inosservato. In effetti, farlo sarebbe anche piuttosto complicato, per qualcuno che cammina con indosso un enorme cappello di paglia e un haori rosa da donna finemente decorato a mo’ di mantello.
Un abbigliamento piuttosto eccentrico, ma Kyouraku Shunsui, capitano dell’ottava compagnia del Gotei 13, inguaribile casanova e bevitore di sakè, nonché primo studente ad essersi diplomato all’Accademia per Shinigami e uno dei due allievi preferiti di Yamamoto Genryuusai, può permettersi questo ed altro.
- Nanao-chan!~ ♥ - una ragazza con gli occhiali dall’aria seria e diligente viene praticamente assalita dal capitano e stretta in un abbraccio fin troppo entusiastico.
- Waaah, che dolce la mia Nanao~! Mi ha portato dei fiori! – continua, dopo aver liberato la sua luogotenente dalla stretta, osservando il mazzo di gigli che questa teneva in mano.
- Non lo dica come se lo avessi fatto per farle un regalo, sa benissimo che questi sono i fiori che mi aveva chiesto di comprare stamani, capitano. E ora vada a fare il suo dovere – precisa la donna, lasciandogli il mazzo e continuando poi per la sua strada.

Te l’ha dovuto dire perfino Nanao. Smettila di esitare e sbrigati, Shunsui.

I corridoi del quartier generale di cura sono piuttosto affollati, ma alla vista di un capitano tutti si fanno da parte per lasciare libero il suo passaggio.

Lo odi tutto ciò, vero? Tutta l’attenzione incentrata su di te. Eppure ti è sempre piaciuto averla, perché oggi non la sopporti?

L’ala riservata ai pazienti ricoverati per periodi più lunghi è tutta un’altra storia, molto più tranquilla e silenziosa. Le porte si susseguono uguali ai lati del corridoio, chiuse, fredde, insensibili.

Non venirmi a dire che odi anche questo. Sai benissimo cos’è che in realtà non sopporti, tanto quanto sai che devi farlo.

19..20..21. Eccola, è proprio davanti alla camera contrassegnata da questo numero che si ferma Kyouraku Shunsui, una mano sulla maniglia, nell’altra un mazzo di gigli bianchi.

Non puoi prendere in giro te stesso. Entra.

Abbassa la maniglia, lentamente, entrando nella stanza col suo migliore sorriso.
- Ehi, casanova! Mi spiace, ma non sono l’infermiera di turno~! – chiude la porta alle sue spalle, il mazzo di fiori nascosto dietro la sua schiena.
La persona seduta sul letto gli sorride amabilmente, un sorriso sincero che illumina il volto pallido, incorniciato dai lunghi capelli argentei. Non basta però l’espressione serena di Ukitake Juushiro a coprire i segni della malattia che lo accompagna da sempre e da due settimane a questa parte lo costringe a letto, privo di forze.

Lascia cadere la tua maschera, non cercare di trattenerla, non devi farlo, non davanti a lui. Lasciala cadere, e non distogliere lo sguardo.

Si toglie il cappello, appoggiandolo su una sedia lì vicino, e avvicinandosi poi all’altro.
- Allora, hai intenzione di stare ancora molto qui a poltrire? Guarda che poi Yama-jii* ti sgrida se non fai il tuo lavoro!
- Ah ah! Mi dispiace Kyouraku, ma proprio non riesco ad alzarmi da qui… Temo di aver un po’ esagerato ultimamente.
- Tutte scuse, tutte scuse! Ammettilo, lo fai solo per farti coccolare dalle infermiere~!

No, no, no! Maledizione, sii sincero con te stesso e con gli altri per una volta! Non credi che Juushiro si meriti almeno questo?

Il capitano Ukitake ride divertito. Un attacco di tosse lo coglie, però, tra le risate ed è costretto a portarsi una mano davanti alla bocca, nel vano tentativo di reprimere l’ennesima dimostrazione della sua debolezza.
- Juushiro! -
Mentre si china verso di lui per sostenerlo, un rumore inesistente rimbomba nella stanza, il suono silenzioso della maschera di Kyouraku Shunsui che cade a pezzi. Non c’è più alcuna espressione sorniona sul suo volto, nessun sorriso sereno ad increspare le sue labbra. Tutto ciò che rimane è preoccupazione, dispiacere, impotenza.
E i cocci di una maschera invisibile sparpagliati a terra.

Finalmente. Anziché farti inutili seghe mentali, rifletti piuttosto sul fatto che solo la vista del suo sangue riesce a smuoverti.

E Juushiro trova rifugio tra le sue braccia, affonda il volto contro il suo petto. Dopo attimi che sembrano ore la tosse si calma, ma nessuno dei due si muove.
- Mi dispiace – un sussurro si fa strada nel silenzio piano, con timore.
- E di cosa, Shunsui? Lo sai che non hai colpa della mia malattia. – le sue parole sono sempre così gentili. Come può la piaga di una tale sofferenza abbattersi su di una persona talmente buona?
- Non avrei dovuto farti combattere contro Yama-jii, né trascinarti nella rivolta.
- Non dire sciocchezze. Dovresti conoscermi abbastanza per capire che lo avrei fatto comunque, anche se tu avessi cercato di fermarmi.
- Avrei dovuto sciogliere io quel sigillo.
- Solo io avevo le conoscenze per farlo. Piantala di farti dei problemi, Shunsui. Tu ti preoccupi troppo.

“Ti comportavi con frivolezza, ma eri profondo e premuroso” Yamamoto ha sempre avuto ragione.

- Piuttosto, quei fiori? A chi stai correndo dietro stavolta?
- Fiori? – il capitano sembra cadere dalle nuvole e rivolge uno sguardo perplesso all’altro, che lo osserva divertito e curioso, col viso ancora semi-affondato tra le sue vesti ed i capelli leggermente scompigliati.
- Sì, quelli che stai tenendo nascosti dietro la schiena da quando sei arrivato!
- Ah, questi! – mostra il mazzo di gigli, accompagnando il gesto con un sorriso luminoso – ma sono per te, ovvio!~♥
- Per… me? – guarda stupito i fiori bianchi che Kyouraku gli ha cacciato tra le mani, un vago rossore diffuso sulle sue guance.

E secondo te, dicendoglielo con quel tono, avrà capito il vero motivo per cui glieli hai portati? Ma fammi il piacere.

- Certo, Juu-chan~! – la sua voce è ancora scherzosa, ma la mano che accarezza dolcemente i capelli serici dell’altro capitano fa intuire la serietà delle sue parole. Ukitake se ne accorge non appena sente quelle dita affondare tra i propri capelli ed arrossisce decisamente quando, alzando lo sguardo, incontra le iridi color pece del capitano dell’ottava compagnia. Non riesce però a dire nulla per una decina di secondi e ne perde ogni possibilità più tardi, quando sente le sue labbra posarsi delicatamente sulle proprie.
Il contatto viene però interrotto subito dopo da un educato bussare alla porta che fa trasalire entrambi.
- Si può? – chiede una voce femminile dal corridoio, ben nota a tutti e due.
- A-avanti – risponde un Juushiro a dir poco imbarazzato, dandosi una veloce sistemata ai capelli e tentando di riportare il suo volto al colore pallido di sempre.
Aprendo la porta, entra nella stanza una donna giovane e formosa, i lunghi capelli biondi che ricadono elegantemente sulle sue spalle, evidenziando l’ampia scollatura. Matsumoto Rangiku, luogotenente della 10° compagnia, aveva fatto la sua entrata in scena, con un pacco di fogli tra le mani ed un sorriso malizioso sulle labbra, dopo essersi trovata di fronte il capitano Ukitake insolitamente agitato ed il capitano Kyouraku in piedi vicino alla finestra, lo sguardo rivolto insistentemente verso l’esterno.
- Le ho portato il resoconto della riunione di stamattina, capitano – che poi, dopo aver visto Shunsui dirigersi verso l’ospedale avesse tolto di mano quei fogli a Kiyone per portarli di persona ad Ukitake e vedere cosa stesse succedendo in quella camera, erano solo dettagli.
- Oh! Ah… grazie mille, Rangiku…
- Si figuri – un sorriso gentile, mentre lo sguardo curioso vagava per tutta la stanza, soffermandosi soddisfatto sul mazzo di fiori posato sul comodino. – Beh, tolgo il disturbo. E… congratulazioni, Ukitake-san – aggiunge Matsumoto con un tono fin troppo ingenuo, un attimo prima di richiudersi la porta alle spalle.

Eh sì, è proprio palese. E anche se non lo fosse, tempo due ore e tutto il Gotei ne sarebbe comunque a conoscenza.

Il capitano della tredicesima compagnia sfoglia il rapporto, come se lo stesse leggendo realmente – Per cosa pensi si congratulasse, Kyouraku? – chiede poi, senza alzare gli occhi dai fogli.
- Non mi chiamare per cognome, Juu-chaa~n! È così freddo! – si lamenta l’altro, con la sua solita faccia da stupido.
- E tu sei un bambino, Shunsui. La mia domanda era seria – replica Ukitake con un sospiro, appoggiando il rapporto sul comodino, accanto al mazzo di gigli.
- …è così palese, vero? – ritorna serio, avvicinandosi all’altro e sedendosi accanto a lui, che annuisce piano con un cenno del capo. – Scusami… ho dovuto vederti combattere contro quello stesso maestro che tanto rispettavi per capirlo – una mano torna ad accarezzare i suoi capelli, prendendone poi una ciocca ed avvicinandola al proprio volto, per sentirne il profumo.

Ecco, questo potrebbe essere un buon momento per dirglielo. Anche se ovviamente lo avrà già capito – è sempre stato più intuitivo di te per certe cose – dirglielo esplicitamente non sarebbe affatto una brutta cosa.

- Juu-chan… ti amo – sussurra a pochi centimetri dalle sue labbra, lo sguardo fisso in quello dell’altro, il quale arrossisce vistosamente e sente il proprio cuore perdere come minimo un paio di battiti. Non gli lascia il tempo di ribattere alcunché, annullando ogni distanza tra di loro e riprendendo quel bacio che prima avevano bruscamente interrotto.
- Ce ne hai messo di tempo per arrivarci, eh? – mormora divertito Juushiro, il respiro leggermente affannato da quel contatto così intenso e desiderato – devi essere proprio negato per queste cose, se solo nello scontro con Yamamoto-sama sei riuscito a capire che ti amo.
Questa volta è il turno del capitano dell’ottava compagnia di diventare rosso da capo a piedi.

Incassa, incassa. Forse la prossima volta imparerai a darmi un po’ più ascolto.

- Beh, in ogni caso meglio tardi che mai, come si suol dire… no, Juu-chan? – non c’è niente da fare, il sorriso di Shunsui è sempre fin troppo contagioso per l’altro capitano, che non può far altro che sorridere a sua volta a quell’affermazione. – Peccato che debba andarmene ora… tra poco arriva la cena vero?
- Già… quelli della quarta divisione sono sempre puntuali – Ukitake lo guarda alzarsi e dirigersi verso la porta, con un’espressione indecifrabile sul viso – stasera comunque è caldo, credo terrò aperta la finestra.
- Allora ti consiglio di mettere i gigli sul davanzale… alla luce della luna sono stupendi – recupera il proprio cappello e se lo mette in testa, la mano già sulla maniglia della porta. Un momento prima di uscire, si gira verso l’altro, il suo tipico sorriso sornione dipinto sulle labbra – E poi le finestre di questo edificio sono tutte uguali. Di notte è ancora più difficile distinguere quella giusta.

--- Owari ---



NdA: è stato divertente fare la parte della "coscienza" di Shunsui XD anche se, seriamente, ci ho messo un secolo a creare questa fic ._. e spero di non essere andata troppo OOC, poichè -sebbene adori questa coppia- mi rendo conto di conoscerli veramente poco caratterialmente òò
Spero vi sia piaciuta comunque~♥ il finale mi soddisfa *-* commentate, commentate! X3

* "Yama-jii" è il soprannome con cui Shunsui chiama Yamamoto; letteralmente significa "vecchio Yama", ovvero "vecchia montagna" XD.
  
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