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Autore: Ethasia    29/10/2013    0 recensioni
Da piccola ho sempre detestato il personaggio di Peter Pan. Adesso che sono più grande, il suo mondo, il suo modo di vivere mi hanno affascinata, al punto di desiderare di volare sull'Isola che non c'è. E mi sono domandata... cosa succederebbe se, dopo essersi lasciati a Londra, Wendy e Peter si ritrovassero, cresciuti e cambiati entrambi? Se l'Isola non fosse più il posto che i Darling avevano conosciuto da bambini? Così è nata la mia fanfiction.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimbi Sperduti, Capitan Uncino, Peter Pan, Wendy Moira Angela Darling
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Londra. Una città che tutti, prima o poi, vogliono visitare. Con i suoi autobus, le sue cabine telefoniche, il suo tè delle 17 con i pasticcini, le sue guardie reali e i loro cappelli strani. Per alcuni, un sogno adolescenziale.
Per me, la mia prigione.
E non soltanto perché, in tutto ciò di cui è priva, mi ricorda incessantemente il posto in cui dovrei trovarmi. Se le persone sapessero come certi londinesi veramente sono, forse si farebbero passare la voglia di passarci anche solo una notte. Le famiglie più antiche e aristocratiche di questa città sono ancora estremamente bigotte, soffocante, di vedute ristrette. Ed io provengo direttamente da una di quelle famiglie, che continua a disprezzare cose come tatuaggi, piercing, carriere differenti e troppo distanti da quelle di medico o avvocato, sesso pre-matrimoniale e omosessuali. Insieme ad un miliardo circa di altre cose "moralmente sbagliate". Per questo detesto stare qui. Perché nonostante le mie piccole battaglie per cambiare un mondo troppo vecchio, continuo a perdere. Dalle piccole cose che ho fatto alle più grandi, da svariati orecchini, a qualche dread, a un modo di vestire "inappropriato", da discorsi in difesa della libertà di scelta dei figli alla dichiarazione che la monarchia sia una pagliacciata tanto quanto la relgione. E niente. Fossi riuscita a convincere anche un solo, schifido membro della mia famiglia. Solo sgridate, insulti e punizioni.
Però porto avanti la mia missione. Che altro potrei fare? Restare zitta, lasciarmi inghiottire da un mondo ottocentesco, contrarre un matrimonio combinato, fare buon viso a cattivo gioco?
A dispetto dell'odio che nutro per Londra - e che lei, sicuramente, prova per me -, io e la città abbiamo stretto un tacito accordo, che stipula che lei mi lascia libera di vagare indisturbata per le sue strade, e io mi impegno a non deturparla né insultarla a parole. Ed è per questo che adesso, a notte inoltrata, mi trovo qui, in un banalissimo Starbucks a bere un enorme caffè in compagnia di un libro. Per questo e perché, tanto per cambiare, ho disobbedito ai miei genitori. L'unica punizione che hanno potuto infliggermi per tutti gli sbagli che secondo loro avrei commesso, è stata quella di confinarmi permanentemente in casa. E quale modo migliore per continuare a dar loro battaglia, se non andare contro la loro volontà ancora un volta? Tanto, il massimo che possono fare l'hanno fatto.
Sono l'ultima avventrice, persa a leggere della Barcellona del dopoguerra sulle pagine de L'Ombra del Vento. Io e il cassiere, che ancora una volta ha tenuto aperto un po' di più per permettermi di stare ancora qualche istante in quello che ormai è diventato un piccolo rifugio.
- Tranquillo, Alan - lo rassicuro senza alzare gli occhi dal libro, - finisco il capitolo e ti lascio chiudere.
- Wendy, non preoccuparti - risponde. E sono sicura che stia sorridendo, perché lui è il genere di persona che sorride sempre. - Io non ho fretta di tornare in una casa vuota.
Alan è una persona estremamente gentile, con me in particolar modo. Ma abusarne così spudoratamente non mi sembra cosa carina da fare, perché dubito che il suo capo gli paghi gli straordinari.
- Quant'è? - domando, avvicinandomi alla cassa. Spero di non aver sforato il budget: con la miseria che mi passano mensilmente i miei, dato che ritengono inutile il mio possedere del denaro che secondo loro non posso spendere, è molto probabile. 
- Offre la casa - risponde facendo spallucce. 
- Non posso accettare - ribatto decisa.
- Esci con me e sarà come se avessi pagato - replica a bruciapelo. 
Oh. Diamine. L'avevo sospettato - quando le cose vanno troppo bene, c'è sempre qualcosa sotto -, ma speravo potesse rimanere solo un'impressione. A disagio, penso ad una risposta abbastanza diplomatica da non farlo rimanere male, ma la pena mi viene risparmiata dall'aprirsi della porta. Dio, grazie.
- Desidera? - domanda Alan, riluttante. 
- Solo un caffè, per favore - ordina il nuovo arrivato. Per un attimo rimango spiazzata: chi è che ordina un caffè a quest'ora di notte? Poi ricordo di aver appena finito il mio.
Mentre Alan lo prepara, osservo per un attimo il ragazzo: non sembra molto più grande di me. Avvolto in un pesante cappotto grigio scuro, e nonostante il bavero rialzato per proteggersi dal freddo, si intravede il viso; lineamenti marcati, labbra piene, e occhi... dio, occhi assurdi. Intorno alla pupilla sono nocciola, ma il resto è azzurro. Rimango a osservarli incantata per qualche istante, fin quando quei fenomeni della natura sembrano intercettare il mio sguardo; allora ficco il naso in una pagina a casa nel libro, sentendomi avvampare... Non diventare rossa, maledizione.
- Ecco a te - interviene Alan, porgendogli un bicchiere di carta colmo di caffè. Il ragazzo lo prende, e senza una parola lascia sulla cassa dieci sterline, prima di avviarsi verso l'uscita.
- Aspetta, il tuo resto...! - lo richiama Alan.
- Tienilo pure - risponde quello, uscendo. Sembrava aver molta fretta di defilarsi. Ecco il motivo per cui da piccolo ti insegnano a non fissare le persone. Potresti spaventarle.
- Però - commenta Alan, allegro, - ne esiste di gente strana. Allora, ehm, per quanto riguarda l'uscita...
- Cosa? - lo interrompo prima che finisca. - Scusa, Al, devo proprio andare... Magari un'altra volta, okay?
- Va bene - riesco a sentire un cupo borbottio prima di andarmene. 
Quando sono fuori, mi fermo per un attimo a riflettere, col cuore che batte un po' più forte. Ferire Alan era una delle ultime cose che volevo, ma lo avrei ferito ancora di più dandogli corda. Non sono brava nelle relazioni. Non sono fatte per me.
E poi, avevo fretta. C'era qualcosa, negli occhi di quel ragazzo, che mi ha smosso qualcosa. Come un ricordo d'infanzia molto poco nitido. 
Le strade di Londra, stanotte, sembrano quelle di una città fantasma. L'asfalto umido di pioggia e la nebbia illuminati dai riflessi aranciati dei lampioni. Il freddo di dicembre che entra sotto il cappotto. La sensazione di essere osservata da occhi nascosti...
D'istinto, accelero il passo. 




il mio angolino. 
ciao a chiunque abbia deciso di provare a leggere questa storia :) non vorrei spendere molte parole su questa storia, perché ho spiegato un po' la mia idea nell'introduzione, piuttosto vorrei chiedervi di recensire, di dirmi quello che pensate del racconto. le critiche sono molto ben accette :D
ah, una piccola precisazione: l'ambientazione è la Londra moderna, ma l'idea di società che ho scelto di usare è un po' novecentesca, perché si adattava decisamente meglio alla condizione di Wendy. 
goodbye c:
  
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