Libri > I Miserabili
Segui la storia  |       
Autore: Do_Not_Touch_My_Patria    29/10/2013    5 recensioni
Courfeyrac ha avuto un'altra brillante idea delle sue: organizzare una vacanza in Italia.
Inutile dire che, all'idea di un po' di relax in terra straniera, gli Amis de l'ABC si sono mostrati tutti entusiasti.
Beh. Quasi tutti...
Fra viaggi in macchina degni di un poema epico, drammatici disguidi con l'assegnazione delle camere, Grantaire ubriaco, Courfeyrac ipercinetico, Joly con la nausea e Marius che alla fine è riuscito a portarsi dietro la sua adorata Cosette, riuscirà il povero Enjolras a resistere ad un mese lontano dalla sua amata Patria e godersi la vacanza?
Tutto questo e molto altro in una fanfiction che di serio ha giusto il protagonista.
E forse nemmeno lui...
[Enjolras/Grantaire; Courfeyrac/Jehan; Bossuet/Joly con accenni -ma nemmeno troppo leggeri- Marius/Cosette e Combeferre/Eponine]
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
~Capitolo XVI










Quando Enjolras arrivò all’ospedale Grantaire dormiva ancora.
Entrò nella stanza cercando di non fare rumore e si sedette accanto al lettino. Le tende erano già tirate, segno che un’infermiera era già passata per i controlli mattutini, e la luce che giungeva dall’esterno era tiepida e piacevole.
Il biondo trasse un profondo respiro e si sistemò meglio sulla seggiola, per poi afferrare distrattamente il blocco da disegno abbandonato sul comodino e dare un’occhiata ai lavori di Grantaire.
Aveva fatto qualche altro schizzo da quando se n’erano andati; uno era un semplice studio dell’infermiera del pomeriggio, quella simpatica, qualcuno raffigurava Parigi nei suoi angoli più pittoreschi, vi era un disegno molto bello di Piazza Signoria e un foglio stracolmo di piccoli ritratti. Non si sorprese nemmeno troppo quando, ad uno sguardo più attento, si accorse che quei visi appartenevano tutti alla stessa persona, cioè lui.
Voltò il foglio e svelò il ritratto del pomeriggio precedente.
Rimase qualche secondo a fissare i suoi occhi accigliati che, nel disegno, guardavano altrove e per la prima volta vi scorse l’imbarazzo.
Impercettibile, celato e velato, nei suoi occhi vi era l’imbarazzo iniziale che aveva provato a posare per lui; ancora una volta Grantaire aveva saputo cogliere anche le più profonde sfaccettature della sua anima.
Sentì il suo cuore accelerare i battiti al ricordo di quel momento insieme, da soli.
Ricordò il silenzio, quell’atmosfera fuori dallo spazio e dal tempo, ricordò l’armonia, la pace e il respiro di Grantaire a un soffio dalle sue labbra, i suoi ricci neri come l’abisso a coprire occhi che, finalmente, riuscivano a raggiungere la purezza delle stelle.
Richiuse il blocco da disegno e lo mise a posto, sopraffatto dalle emozioni con cui quel ricordo gli faceva vibrare il cuore e trasse un profondo sospiro.
- Buongiorno, Apollo… - lo raggiunse la voce impastata di sonno di Grantaire. Il ragazzo si stiracchiò e si mise seduto.
- Che ci fai qui di prima mattina? – domandò dopo un’occhiata rapida al display del cellulare, riacquistando pian pianino coscienza.
Enjolras abbassò istintivamente lo sguardo, ancora in imbarazzo per il pensiero appena interrotto.
- Ero solo passato a salutarti… - borbottò.
Silenzio.
- No. In realtà volevo parlarti. Ecco, io… Io ho pensato a quello che è successo l’altra sera, a come mi sono comportato… - balbettò.
Dannazione, non aveva messo in conto che sarebbe stato così difficile, non aveva messo in conto gli occhi di Grantaire.
Buttò fuori l’aria dai polmoni in un respiro secco e agitato e si alzò in piedi.
- E’ che tu sei sempre così… Così dannatamente te stesso! Tutte le volte che cerco di fare qualcosa mi devi sempre smontare, devi sempre sminuire i miei ideali… E credi che faccia piacere? Credi che io sia indistruttibile? Beh, no, non lo sono. Anche io ogni tanto avrei bisogno di qualche parola di incoraggiamento, qualche parola di conforto… Ma ovviamente tu devi sempre essere cinico e acido come tuo solito! –
Grantaire non parlò, non disse niente, nemmeno si mosse.
Si limitò ad alzare gli angoli della bocca verso l’alto in un sorriso tranquillo e carico d’affetto.
- E poi te ne salti fuori con queste tue trovate geniali di fare l’eroe e salvarmi… Io davvero non ti capisco! Dopo quello che ti avevo detto, dopo il modo in cui ti avevo trattato! –
Deglutì e riprese fiato, senza nemmeno rendersi conto che il discorso stava prendendo una piega completamente diversa rispetto ai suoi intenti.
- Ma certo! Cacciati pure sotto una macchina! Dopotutto se è una trovata stupida perché no? Perché non farsi investire rovinando la vacanza a tutti? Dannazione, Grantaire, se non fossimo in un ospedale ti… ti massacrerei! Non puoi fare sempre di testa tua, non puoi far sempre come meglio credi! Devi mettere in conto anche l’esistenza di altre persone attorno a te! Come pensi che si siano sentiti gli altri a vederti sdraiato in mezzo alla strada con tutto qul sangue? Marius non ha aperto bocca per tutta la sera, Courfeyrac piangeva come un bambino! –
Il sorriso di Grantaire si fece più ampio, più dolce.
Questa volta riusciva a filtrare attraverso gli insulti un messaggio diverso, un messaggio atteso da molto tempo.
Ancora non parlò, non disse niente, ma quando il suo sguardo incrociò quello di Enjolras, che aveva preso a misurare la stanzetta a grandi passi, comprese che non era ancora giunto il momento.
Il giovane leader tacque, ansimando per l’enfasi con cui si era scagliato contro l’artista.
No, non era quello ciò che voleva dirgli! Non erano quelle le parole che lo avevano tenuto sveglio tutta la notte!
Cosa stava facendo? No, così stava rovinando tutto!
Si passò una mano fra i riccioli biondi in un gesto agitato e stizzito, il gesto di quando sapeva di non avere la situazione sotto controllo.
- Io volevo semplicemente dirti che… - ritentò, sforzandosi di non guardarlo negli occhi.
Ma quelle due schegge d’azzurro erano come calamite.
- Ah, dannazione! Niente, Non volevo dirti niente, fai finta di niente! – esclamò, il viso rosso quanto la sua maglietta, prima di spalancare la porta e andarsene.
Subito dietro l’uscio, però, in atteggiamento davvero poco equivocabile, c’erano Combeferre e  Courfeyrac.
- Voi due… Voi due stavate origliando? – sibilò sottovoce, troppo imbarazzato dall’idea che Grantaire da letto potesse sentirli.
- Che modo originale di dichiarare il proprio amore… - commentò stranamente ilare Combeferre.
- Vai al diavolo. – fu la brusca replica di Enjolras, prima che l’amico facesse spallucce e lo seguisse lungo il corridoio, lasciando Courfeyrac solo sulla porta.
Quest’ultimo represse una risatina soddisfatta e scosse la testa, scivolando all’interno della stanza.
Chiuse la porta con cautela e si voltò lentamente verso Grantaire, per poi sollevare piano il pollice della mano destra.
- E’ cotto di te! – cinguettò con un enorme sorriso.
Il giorno dopo, le dimissioni del ragazzo dall’ospedale furono una festa infinita.
Marius scoppiò in lacrime e si appese al collo dello scettico chiedendogli scusa infinte volte: si sentiva colpevole per tutto il casino che era successo.
Eponine non si comportò in modo troppo diverso. Certo, non piangeva e non si scusava, ma comunque il suo abbraccio fu così forte e carico di sentimento che gli Amis rischiarono di dover riportare Grantaire di corsa all’ospedale con qualche costola rotta.
- Calma, calma! Non sono mica morto! – esclamò il ragazzo fra le risate.
- Certo, anche perché se avessi solo che osato morire ti avrei ammazzato! – esclamò Ponine con tono minaccioso.
Ci fu un secondo di silenzio, poi la ragazza incassò la testa fra le spalle.
- Si, lo so, questa frase non ha senso. Ma rende l’idea, no? – e tutti scoppiarono di nuovo a ridere.
Quegli ultimi tempi, nonostante tutto, erano stati appesantiti dalla mancanza di Taire, e adesso bisognava festeggiare.
I primi due giorni di convalescenza non organizzarono nulla, limitandosi a tranquille passeggiate nei dintorni dell’agriturismo o rilassanti pomeriggi ai Boboli, ma l’ultimo giorno di permanenza a Firenze gli Amis decisero di festeggiare la completa guarigione di Grantaire con un bel pranzetto al ristorante.
Questa volta fu Courfeyrac a incaricarsi delle ricerche, e trovò una trattoria niente male appena fuori dalla città, nella quiete delle vigne toscane.
La comitiva percorse la stradina fino al locale fra le risate, Joly che si ostinava a voler far indossare a Bossuet il suo cappellino affinchè non si ustionasse la testa e Marius che si preparava psicologicamente all’ennesimo discorsone sul sole di mezzogiorno, mentre Courfeyrac affondava allegramente una mano nella tasca posteriore dei jeans di Jehan facendolo avvampare e Eponine e Cosette commentavano assieme a Combeferre le ultime fotografie scattate ai Boboli.
Ogni tanto qualcuno si voltava per assicurarsi che Grantaie e Enjolras fossero ancora dei loro.
Quest’ultimo infatti, da quando Grantaire era stato dimesso, era diventato particolarmente paranoico. Non si allontanava un momento da lui, gli chiedeva come si sentisse ogni cinque minuti e lo aiutava a salire e scendere le scale quasi fosse stato un vechietto.
Non che a Grantaire quelle premure dispiacessero, chiaro, ma si trattava di scene alle quali nessuno degli Amis era psicologicamente preparato.
- Ce la faccio, tranquillo, Apollo… - sorrise quando il biondo gli offrì il braccio per salire quei quattro gradini per la sala da pranzo della taverna.
- Zoppichi ancora, è meglio non rischiare. – fu la sua replica serissima.
Una volta a tavola Courfeyrac li deliziò con una delle sue solite storie allucinanti di vita vissuta, finchè, al momento del secondo, Cosette non si schiarì la voce attirando l’attenzione dei presenti su di sé.
- Ragazzi, io e Marius vorremmo dirvi una cosa… -
Improvvisamente a tavola calò il silenzio.
Otto paia di occhi erano piantate sui due ragazzi, che sorridendosi con dolcezza si tenevano per mano.
Marius si alzò in piedi e si posizionò dietro alla seggiola di Cosette, mettendole entrambe le mani sulle spalle.
- Questa vacanza in Italia è stata densa di avvenimenti… - incominciò, le guance leggermente arrossate.
- A partire da Combeferrre e Eponine… - continuò.
- Passando per Joly e Bossuet… - gli fece eco Cosette rivolgendo agli amici un sorriso gentile.
- Finendo con Courf e Jehan! – aggiunse il ragazzo, scuotendo la testa quando Courfeyrac colse alla sprovvista il poeta baciandolo dolcemente, giusto per dare credito alle parole di Pontmercy.
- E chissà quante altre cose ci aspettanto ancora in questi ultimi due giorni… - la voce vellutata e allegra di Cosette andò ad accarezzare direttamente il cuore di Enjolras, che arrossì e iniziò a fissare le posate, apparentemente interessantissime.
- Insomma, tutti questi avvenimenti ci hanno fatto riflettere su quanto la vita sia meravigliosa, ma una ed imprevedibile. E siamo giunti a una conclusione. – spiegò Marius, scambiando uno sguardo d’intesa con la sua ragazza.
Strinse impercettibilmente la presa sulle sue spalle finchè la mano piccola e candida di Cosette non si intrecciò con la sua.
- Ecco… Io e Cosette ci sposiamo. –
Lasciò che la frase cadesse nel silenzio, prima che un applauso scrosciante partisse dal tavolo.
Eponine si alzò i piedi e corse ad abbracciare gli amici, Courfeyrac finse di commuoversi e Jehan si propose di comporre una poesia sul momento per rendere il tutto più romantico, ma il viso di Marius improvvisamente paonazzo riportò tutti all’ordine e alla calma.
- A quando il lieto giorno? – domandò Grantaire, che con la scusa di brindare alla salute degli amici si era scolato un’intera bottiglia di vino da solo.
Cosette fece spallucce.
- A dire il vero non abbiamo ancora deciso, è stata una cosa un po’ così… Improvvisata, anche se ponderata. – spiegò con un sorriso che inondava la sala di una gioia senza confini.
Marius tornò a sedersi accanto a lei e le posò un bacio su una guancia, per poi farle l’occhiolino.
- Però a una cosa abbiamo già pensato… - disse guardandosi intorno.
- Ebbene, vorrei che il mio testimone fosse qualcuno di speciale. Qualcuno che ha dimostrato di saper farmi ridere anche nei momenti peggiori, qualcuno che a volte sa essere davvero appiccicoso, ma dopotutto va bene così… -
Courfeyrac sorrise, pronto ad alzarsi in piedi e ricevere il meritato applauso dopo tutti quegli strani complimenti.
Sapeva che Marius avrebbe scelto lui, era un tacito accordo che era entrato in vigore dal momento in cui il giovane Pontmercy aveva dichiarato di essersi perdutamente innamorato di Cosette, e sottosotto Courf ci teneva tantissimo.
- Ed è per questo che come testimone di nozze ho scelto il più caro amico che chiunque possa desiderare: Vomito di Joly! –
Tutti si voltarono simultaneamente verso Joly, eccetto Courfeyrac che, già mezzo in piedi, si lasciò cadere sulla seggiola con un’espressione di pura delusione sul volto.
Joly sorrise gentilmente e fece uno strano verso con la gola.
- Vomito vi ringrazia dal più profondo del mio pancreas, ma vorrebbe comunicarvi che si vede costretto a declinare la vostra offerta in favore di qualcuno di più meritevole e meno… uhm, come dire… Imbarazzante… Anche se su questo ho le mie riserve… - ridacchiò poi sottovoce, lasciando comunque che gli altri lo sentissero.
Gli Amis scoppiarono a ridere e Marius si voltò verso Courfeyrac, chiedendosi con un po’ di stupore se era stata solo una sua impressione quel luccichio negli occhi dell’amico.
- Beh, visto che Vomito si rifiuta direi che non mi resta che ripiegare su un’altra persona che soddisfi tutte le qualità precedentemente elencate… Courf, hai l’agenda libera? –
Il ragazzo esibì un sorriso radioso e si alzò nuovamente in piedi, aggirando il tavolo per stringergli la mano.
- Puoi contarci, amico! – e lo abbracciò fra gli applausi degli altri e gli “aaaaaw” delle ragazze.
- Adesso è il mio turno! – esclamò Cosette.
- Ecco, io… Sì, insomma, ho sempre faticato a stringere amicizie salde e durature, un po’ per il mio carattere e un po’ per via delle stranezze di mio padre. I tempi del Liceo sarebbero stati duri, se non avessi avuto al mio fianco un amico buono, dolce e generoso come Jehan. Ecco perché vorrei che fossi tu il mio testimone. – spiegò con semplicità.
Il poeta avvampò e sorrise, senza nemmeno accorgersi che due lacrime solitarie stavano rotolando giù dalle sue guance.
- Hey, guarda che se non vuoi lo chiedo a qualcun altro, eh! Magari Vomito ha cambiato idea… - scherzò la ragazza.
Jehan scoppiò a ridere e si asciugò le guance con le maniche della camicia.
- Scusa… Non me lo aspettavo, mi sono commosso… - singhiozzò in quello che probabilmente doveva essere un “sì, accetto”.
Cosette si voltò poi verso la sua sinistra.
- Questo momento lo devo a te e a te soltanto. Dopo tutto quello che abbiamo passato dalla nostra infanzia fino ad oggi io davvero non so come… - ma Eponine non la lasciò finire e le gettò le braccia al collo.
- Sono io che ti ringrazio: mi hai salvata da Pontmercy, questo basta a sdebitarti di qualsiasi cosa! – esclamò fra le risate del gruppo, mentre Marius si fingeva offeso.
In tutto quello, Enjolras continuava a fissare le posate.
La forchetta aveva una strana macchiolina proprio in fondo all’impugnatura che gli ricordava un fegato…
Si sentì stupido, non perché non riuscisse a condividere la gioia del momento, ma piuttosto perché se ne sentiva estraneo. Non aveva mai assistito a una scena simile, e quel sentimento per lui così nuovo adesso gli si manifestava in una delle sue forme più alte, forse quella che temeva di più: il matrimonio.
Non sapeva come comportarsi, non sapeva cosa dire, non sapeva nulla.
- Enjolras… - la voce di Marius lo richiamò alla realtà.
- Sì? –
Si accorse in quel momento che tutti gli Amis lo stavano guardando.
- Che c’è? – domandò, in imbarazzo.
Marius sbiancò e il ragazzo si accorse di aver detto qualcosa che non doveva dire.
- Ti ho fatto un discorso chilometrico e non mi sei stato nemmeno a sentire?! – sbottò Pontmercy.
- Che palle, e io che volevo essere gentile e dimostrarti la stima e l’affetto che nutro per te nonostante tu mi tratti sempre come l’ultima ruota del carro! – scherzò, ma di nuovo Enjolras non colse quella nota di ironia.
- Come? –
- Vuoi essere tu il mio altro testimone? – si arrese a semplificare Marius, sgranando gli occhi nel vedere quelli di Enjolras inumidirsi.
Oddio, lo sapeva, non doveva chiederglielo.
- Ehm… Come… Come non detto… Capisco se non vuoi… - iniziò a balbettare, terrorizzato.
- Sarebbe un onore, Marius. – rispose semplicemente il biondo.
Sulla tavolata calò il silenzio.
- Da… davvero? Non mi mandi a quel paese? – continuò il ragazzo, troppo stupito dal fatto che Enjolras avesse accettato per rendersi conto che l’aveva chiamato per nome.
Il biondo si grattò la testa imbarazzato.
- Beh, sì… Cioè, no, non ti mando a quel paese… Mi fa piacere che tu abbia pensato a me… - sorrise.
- Ottimo! Adoro i matrimoni, da bere per tutti! – esclamò improvvisamente Grantaire alzando un’altra bottiglia di vino al cielo e versandosene un generoso bicchiere.
- Taire, sei una spugna! – esclamò Combeferre fra le risate del gruppo, mentre Bossuet, nell’imitare l’artista, si versava mezzo bicchiere sui pantaloni.
- Merda, era il mio ultimo cambio pulito! – piagnucolò.
Quel pomeriggio rientrarono all’agriturismo abbastanza presto per preparare i bagagli, occupazione che rese Bossuet così annoiato da fargli venire la malsana idea di fregare a Joly tutte le cose che metteva in valigia e lanciarle sul letto.
- Bossuet, cosa diamine stai facendo?! – sbottò il ragazzo dopo un po’ che rimetteva pazientemente i vestiti al loro posto.
L’altro rise di gusto.
- Niente, ti sto rompendo le scatole. Non è giusto che tu possa fare le valige e io no! – sbuffò.
- E poi mi annoio… - aggiunse con un broncetto da cucciolo.
Joly scosse la testa.
- Lasciami finire di mettere a posto e poi facciamo qualcosa… Dai, non fare il bambino… - continuò, raccattando una maglietta da terra e piegandola schifato.
Bossuet scese dal letto e si avvicinò piano al compagno, cingendogli la vita con le braccia.
 - E se invece mettessi a posto dopo e facessimo qualcosa adesso? – gli sussurrò nell’orecchio.
Joly ebbe un piccolo fremito e si voltò, alzandosi in punta di piedi per dargli un bacio da capogiro.
- E invece dico che finisco adesso. – disse a un soffio dalle sue labbra.
Bossuet si lasciò cadere nuovamente sul materasso, ma un crack sospetto gli fece gelare il sangue nelle vene.
- Temo… temo sia una doga… - pigolò.
- Bossuet… - sospirò l’aspirante medico.
Diede un’occhiata al materasso che ora presentava un incavo inquietante, poi si voltò verso la valigia aperta ed infine tornò a posare lo sguardo sul ragazzo affranto e sconsolato.
Sorrise dolcemente e si sedette sulle sue ginocchia, poggiandogli la testa sulla spalla e dandogli un piccolo bacio sul collo.
Dopotutto i bagagli potevano aspettare ancora un po’…
Cenarono all’agriturismo e decisero di non scendere a Firenze: il cielo quella sera era terso e limpido, la luna non era ancora sorta e le costellazioni brillavano tranquille.
Si sdraiarono tutti sul prato accanto alla piscina per guardare le stelle come suggerito da Jehan, ma ben presto il gruppo si divise a coppiette.
Fu a quel punto che Grantaire si accorse che Enjolras era scomparso.
Si alzò in piedi con leggera fatica e si guardò intorno, ma del ragazzo non vi era traccia. Pensò di mandargli un messaggio, ma cambiò presto idea:  forse sapeva dove si era cacciato…
Si mosse lentamente verso l’edificio dell’agriturismo, zoppicando ancora lievemente, e girò l’angolo fino a ritrovarsi sotto alla finestra della 206.
Ah, se lo conosceva…
- Che ci fai da solo? Non ti piacciono le stelle? – domandò, facendolo trasalire.
Enjolras se ne stava seduto sulla panchina proprio sotto alla loro finestra.
Lo vide scuotere la testa alla tenue luce delle costellazioni e andò a sedersi accanto a lui.
- Non è questo… E’ che… Mi sono un po’ fatto cogliere dalla malinconia, ecco. – confessò.
- Malinconia? E di che cosa? –
Il biondo fece spallucce.
- Non lo so. E’ una sensazione strana. Sono cambiate così tante cose da quando siamo partiti… E’ già passato un mese, e domani dobbiamo tornare a casa… - spiegò.
- Visto che alla fine l’Italia ti è piaciuta? – scherzò Grantaire.
Ci fu un momento di silenzio durante il quale Enjolras temette che l’amico potesse udire gli ingranaggi del suo cervello macinare un pensiero più grande di lui.
- Apollo… -
- No. –
Grantaire si zittì, stupito e confuso.
- Come? – domandò.
- No. – ripeté Enjolras.
- Ora è giunto il momento che lasci da parte la mia testardaggine e il mio orgoglio e ti dica le cose come stanno. –
L’artista sgranò gli occhi e gli si avvicinò impercettibilmente con il busto.
- Io… Io ti ho sempre trattato in maniera orribile. Me ne pento. Me ne pento davvero, Grantaire. Non ho mai capito nulla, sono sempre stato così cieco! Il punto è che, sotto sotto, pensavo che tu ci saresti stato; sotto sotto ho sempre dato per scontata la tua presenza. –
- Enjolras… - disse questa volta Grantaire, ma l’altro ignorò quel richiamo.
- L’altra sera, quando quella macchina ti ha investito. Dio mio, non ho mai avuto così tanta paura in vita mia, paura di averti perso, perso per sempre! E in un modo così stupido! Sono stato un idiota, perché tu l’hai sempre detto, e io non ti ho mai voluto credere. E ci ho messo davvero così tanto tempo a capire! – strinse gli occhi, e il cuore di Grantaire perse un battito quando si accorse che una lacrima stava scivolando lungo la guancia del suo leader.
- E il punto è che in tutti questi giorni in cui non ho fatto che pensare a te, a noi, a tutto… beh, non ti ho nemmeno ringraziato! E io… –
- Enjolras… -
- E io vorrei che tu potessi sentire tutto quello che ho dentro il mio cuore, perché non sono capace a dirlo, perché ho paura di fare un casino, e… -
- Enjolras. –
Il ragazzo tacque solo quando si accorse che Grantaire aveva posato una mano sulla sua guancia.
Si guardarono negli occhi per un lungo, interminabile secondo.
Non una voce si udiva in quella calda notte di fine estate, non un animale osava incrinare quel silenzio perfetto, quasi atemporale.
Sembrava che il mondo attorno fosse scomparso, che adesso ci fossero solamente loro due, gli occhi dell’uno aggrappati a quelli dell’altro, le anime intrecciate e i cuori separati dalla distanza di un battito.
Fu un attimo, Enjolras chiuse gli occhi e si sporse in avanti ad incontrare le labbra di Grantaire.
Fu un attimo, e tutte le volte in cui quegli occhi azzurri così cupi e così misteriosi lo avevano lasciato con la mente vuota e il cuore gonfio trovarono una spiegazione.
Fu un attimo, e Grantaire dischiuse le labbra affinchè il biondo potesse approfondire il bacio, riversando in lui quel sentimento che aveva imparato a conoscere da così poco tempo, ma che già lo travolgeva.
Quando Grantaire si allontanò appena, quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi, Enjolras sentì una fitta all’altezza del cuore, come se quella distanza fosse stata dolorosa ddirittura per il suo fisico.
Stava ansimando, ma questo certo non poté impedirgli di affondare le mani fra i ricci selvaggi dello scettico e baciarlo ancora, e ancora, e ancora.
Nel frattempo la luna faceva capolino, bagnando della sua luce tenue e placida le vigne attorno a Firenze.
Seduta sul prato, Eponine si guardò intorno con le sopracciglia aggrottate.
- Che c’è? – le domandò Combeferre, la testa appoggiata sulle gambe della ragazza che gli stava accarezzando i capelli.
- Che fine ha fatto Taire? Non era qui fino a tre secondi fa? – chiese.
Il giovane si mise a sua volta a sedere e scrutò l’oscurità.
Un sorrisetto saccente e divertito allo stesso tempo gli si dipinse sulle labbra.
- Che fine ha fatto Enjolras? – rispose con un’altra domanda.
Eponine rise e scosse la testa.
Quei due erano veramente incredibili…
Enjolras non era in grado di definire quanto tempo fosse passato da quando lui e Grantaire erano entrati in camera, avvinghiati come nemmeno Cosette e Marius erano in grado di fare.
Le sue labbra continuavano a incontrare quelle dell’altro senza nemmeno dargli il tempo di recuperare il fiato, quasi come se l’interrompersi di quel contatto avesse potuto in qualche modo ucciderli sul colpo.
Grantaire, a quanto pare, era della sua stessa opinione.
Le sue mani da artista continuavano ad accarezzare il viso di Enjolras con la stessa delicatezza con cui avrebbero maneggiato un’opera d’arte delle più famose, mentre quelle del biondo andavano ripetutamente ad aggrovigliarsi  con quei fitti e morbidi ricci neri che sembravano volerlo intrappolare per non lasciarlo più andar via.
Enjolras nemmeno si accorse di quando raggiunsero il letto, gettandovisi sopra sempre alla ricerca dell’altro.
I baci si facevano via via sempre più intensi, così come più intenso diveniva il bisogno di maggior contatto.
Le mani di Grantaire accarezzavano ora il ventre piatto del leader, alzando la maglietta sempre di più, ad ogni carezza. La pelle di Enjolras bruciava dove passavano le dita del suo scettico e il bisogno di sentirlo più vicino aumentava ad ogni tocco.
Le sue labbra pulsavano, e il desiderio si espandeva in lui annebbiandogli i sensi e oscurandogli la ragione.
Non seppe bene spiegarsi come, ma in meno di un secondo le posizioni erano ribaltate, era Enjolras ora a comandare il gioco e Grantaire non riusciva a spiegarsi come quelle labbra, quella lingua e quelle mani tanto inesperte potessero essere diventate già così abili ad accarezzare la sua pelle.
Enjolras si sistemò meglio sopra il moro, posizionando un ginocchio fra le sue gambe. Grantaire si spinse verso di esso, lasciandosi sfuggire un gemito basso quando il suo inguine ormai bello sveglio andò a strusciarsi sul muscolo teso della coscia del suo Apollo.
Il biondo rimase qualche istante a fissarlo, incatenando i suoi occhi a quelli lucidi e desiderosi dello scettico.
Come diamine aveva fatto a vivere senza di lui, prima?
Come aveva fatto senza quelle labbra e quelle mani da artista a modellargli la pelle?
Non fu in grado di trovare una risposta in quell’occasione; i vestiti dei due amanti abbandonarono presto i loro rispettivi proprietari finendo dimenticati per terra.
Quella notte furono i loro sentimenti a tener loro compagnia, furono dolci baci e gentili carezze a tenerli al caldo.
L’amore impossibile tra un uomo che non sapeva amare e un altro che non credeva in nulla se non in quello stesso amore si era dimostrato più forte di qualsiasi divergenza.
Sì, adesso Enjolras poteva dirlo: finalmente aveva trovato un motivo per cui avrebbe dovuto amare l’Italia.
Le costellazioni si avvicendavano nel nero pece della notte, lasciando che la luna percorresse il suo tragitto su quella campagna quieta e custode dei segreti e dei desideri più disparati, testimone del concludersi di una vicenda bizzarra e impensata.
Ancora poche ore e la vacanza sarebbe giunta a termine, portando con sé il profumo di un’estate ricca di ricordi, il profumo dell’Amicizia più vera, sincera e indissolubile, come l’acqua di sorgente, dell’Amore più puro, limpido e resistente, come il diamante.
Fuori dalla finestra della stanza numero 206 il tricolore francese sventolava placido e complice, accarezzando sogni e speranze, progetti e scoperte di un gruppo che forse non avrebbe mai fatto la Storia, ma che, comunque, ne avrebbe avuta una da raccontare…











 
Note:

D'accordo. Cercherò di essere comprensibile in queste note di fine capitolo.
Iniziamo con il commentare cosa è successo.
Parte prima, Enjolras è una testa di rapa allennesima potenza.
"Questa volta gliel’avrebbe detto.", così si concludeva il capitolo precedente.
Ahahahah. Credici, Enj. Credici...
Parte seconda, Cosette e Marius si sposano.
Okay, ho adorato questo pezzo. Ho adorato quei due. Sono scemi -almeno, Marius lo è-, ma li amiamo, e anche loro si meritano un po' di felicit.
E Courf che ci resta male perchè Marius non lo sceglie come testimone è kgasdhafafkg <3
Parte terza, Bossuet e Joly.
No, dai, seriamente. Immaginatevi Joly tutto concentrato a separare gli indumenti puliti da quelli sporchi, a ripiegare tutto in maniera precisa e asettica, e Bossuet che si annoia e lancia tutto per terra o sul letto. Ma io li amo... xDDDD
Parte quarta. -che si consiglia di rileggere con "The Reason" degli Hoobastank come sottofondo-
Io non ho parole. Davvero. Non so come esprimermi.
Sedici capitoli, signori miei. Sedici dannati capitoli.
UNA FANFICTION INTERA.
Ma ne è valsa la pena, no?
Voi non avete idea di come mi senta in questo momento. Sto piangendo. Ce l'hanno fatta, finalmente. <3
Ps_ la scena clou è gentilmente offerta da Ame, io sono troppo Enjolras per riuscire a scrivere una cotal meraviglia senza arrossire come una suora di clausura... xD
E poi beh, il finale... Io ho pianto per qualcosa tipo due giorni consecutivi. E vengo colta da singhiozzi ogni volta che rileggo.
Ah, a proposito. In questo capitolo ci sono due citazioni che spero abbiate colto: la prima è del meraviglioso Capitan Jack Sparrow, e la seconda è una semicit dal caro Nonno Hugo, senza il quale questa fanfiction nemmeno esisterebbe.
Boh.
Mi piacciono le citazioni... xDDDD

Adesso, siccome la nostra storia è praticamente finita, passo alle note tecniche.


L'idea per questa storia ci è venuta a Luglio.
Cioè, in realtà è venuta ad Ame, perchè fra le due è lei quella delle idee geniali, io mi limito a trascriverle al pc... xD
Inizialmente avevamo solo un luogo, Firenze, dieci personaggi, gli Amis, e un titolo, Trovami Almeno un Motivo per cui Dovrei Amare l'Italia.
Nulla di meno, nulla di più.
Io ero scettica, Ame era esaltata.
E' la prima volta, se non si considerano un paio di fic sulla Divina Commedia, che scrivo su un'opera di Letteratura, fra l'altro di uno dei miei autori preferiti studiati in cinque lunghi e pallosi anni di Liceo. Temevo di fare un gran casino, di rovinare un'opera meravigliosa come Les Misérables, di non riuscire a cogliere i personaggi e fare una schifezza.
E' stata Ame a stressarmi l'anima finchè non mi sono arresa e ho incominciato a scrivere, nel bel mezzo della notte.
E' andata un po' come per Enj, che all'inizio in Italia nemmeno ci voleva andare... xD
Adesso, dopo quattro mesi da quando ho scritto le prime righe di questo delirio, posso dire per fortuna.
Per fortuna, perchè questa fanfiction mi ha permesso di esplorare la psiche di ben dieci persone diverse, portandomi sull'orlo dello sdoppiamento della personalità.
Per fortuna, perchè è stato un ottimo esercizio di stile.
Per fortuna, perchè mi sono divertita tantissimo a escogitare tutte le peripezie, gli amori, le sfighe, i litigi e le storie di Courfeyrac che hanno dovuto subire i nostri eroi.
Per fortuna, perchè grazie a questa fanfiction abbiamo potuto conoscere persone meravigliose, ridere, piangere, sclerare e fangirlare tutte insieme.
Quindi, adesso, vorrei passare ai ringraziamenti.

GRAZIE a chi ha messo questa fanfiction fra le preferite.
GRAZIE a chi ha messo questa fanfiction fra le seguite.
GRAZIE a chi ha letto timidamente, ma tanto l'ha letta e ci riempe di gioia lo stesso.
GRAZIE anche a chi non è iscritto al sito ma ci ha seguite lo stesso, vogliamo bene anche a voi!
GRAZIE a chi ha recensito, perchè diamine, mai più ci saremmo aspettate risultati simili da questa piccola commediola idiota, e quel numero così alto al contatore recensioni ci commuove e ci riempe di gioia. Davvero.

Un ringraziamento speciale a _Noodle, perchè sì. Perchè non capisce gli spoiler nemmeno con i disegnini, perchè Enj piastrato, perchè mi mette le corna, ma dannazione, non riesco a ribellarmi, perchè è il Jehan migliore del mondo e perchè ci sopporta ormai da abbastanza tempo da meritarsi un ringraziamento speciale. <3


Termino con un ultimo grazie.
Vorrei ringraziare il mio Grantaire, quella personcina cinica e odiosa che ha sempre un commento acido su tutto, che non perde mai l'occasione di rimarcare i miei difetti e che sa farmi venire il nervoso con una semplice espressione del viso, ma rimane al mio fianco, nonostante io mi sia comportata nei suoi confronti come -se non peggio- di quanto ha fatto Enjolras.
Eppure questa personcina, nell'arco di un secondo, sa trasformarsi -conservando i capelli- nel mio Bossuet. Quella persona che sopporta in silenzio tutte le mie lagne, i miei momenti di depressione, i miei svenimenti improvvisi e gli attacchi di panico senza un motivo che in realtà un motivo ce l'hanno, e per ulteriori informazioni si consulti Joly, prego.
Questa personcina, che quando è in vena è peggio di Courfeyrac, che si crede Dio -e forse lo è- e mi fa ridere come nessun altro è in grado di fare.
Senza questa persona non ci sarebbe TAUM, non ci sarebbe Do_Not_Touch_My_Patria e soprattutto non ci sarei io.
Il ringraziamento più importante va ad Ame, e guai a lei se osa replicare, sminuirsi, o qualsiasi altra cosa che vada contro il mio slancio d'affetto. -guarda male Ame prima che possa reagire alla Taire e dire qualcosa di estremamente stupido-


Insomma, cari lettori, siamo giunti alla fine.
La storia si è conclusa, ma al termine della fanfiction manca ancora l'EPILOGO, che pubblicheremo Martedì prossimo.
Se la nostra avventura vi è piaciuta e se siete curiosi di scoprire come procederanno le cose in questo gruppo di pazzi, oppure come i nostri cari Amis si siano uniti fino a formare la migliore associazione di Francia... beh, abbiamo molti progetti in cantiere per voi!
State collegati, torneremo presto con nuove storie, nuove follie e nuove avventure! ~ <3


Au revoir et Vive la France!
Ame&Koori
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > I Miserabili / Vai alla pagina dell'autore: Do_Not_Touch_My_Patria