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Autore: FrecciaJones    30/10/2013    1 recensioni
Questa storia racconta di una ragazza, il suo nuovo inizio ...
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jackson Avery
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mi sono sempre chiesta quale istinto spinga noi donne e uomini a scappare via dai problemi senza tenere conto delle conseguenze. Ci deve essere un preciso meccanismo, se non biologico, psicologico che fa nascere in noi uno strano istinto di sopravvivenza delle emozioni, che tentano di sopravvivere nel mare di cinismo in cui rischiano di affondare. La delusione può essere capace di distruggere quel poco di buono che ci resta, per questo motivo ci chiudiamo a riccio, proteggiamo quello che di noi rimane, e scappiamo. La fuga fa parte del piano : più ti allontani dalle cose che potrebbero ferirti più abbassi le possibilità di perdere te stessa.  
Sono arrivata a questa conclusione da un paio di anni, da quando lasciai l’Italia dopo aver scoperto che il mio fidanzato mi tradiva con la mia migliore amica. Storia già sentita, si, proprio così, eppure capace di distruggere e mettere sottosopra perfino la vita della più cinica delle donne, figuriamoci io, che tra tutte le ragazze che conosco, probabilmente, sono quella più ridicolmente romantica.
Avevo perso l’amore, non aveva una spalla amica su cui piangere e aveva deciso di mandare all’aria ogni mio progetto lavorativo.  Avevo ancora la mia famiglia, è vero, ma, a parte i miei genitori e mio fratello, ovunque mi voltassi vedevo impiccioni e finti perbenisti che con i loro sorrisi falsi invadevano il mio privato rendendolo ancora più precario.
Al liceo sognavo Londra, Parigi, New York, ma non ero nella posizione di decidere cosa fare dei miei sogni riprogettando la mia vita da zero,perché  non ero libera, ero in trappola, e quando si è chiusi dentro una realtà soffocante i tuoi progetti non hanno come obiettivo il miglioramento ma la fuga, si desidera l’aria, non la felicità.
 Decisi così di andare da chi per anni mi aveva sopportata, Monica, la ragazza con cui avevo condiviso un appartamento per ben quattro anni ai tempi dell’Università. Aveva conosciuto il mio isterismo prima di un esame, la depressione  post sbornia, il cattivo umore  dopo un litigio e l’irritabilità dopo una giornata nera, praticamente il peggio di me. Era dunque temprata, e capace di sopportare la negatività che tutta quella storia mi aveva lasciato addosso. Aveva conosciuto anche la parte migliore di me, le risate notturne, la voglia di fare, i sorrisi e la comprensione, lei sapeva che s’era altro oltre quell’inquietudine.
Decidere di raggiungerla non era stata una scelta progettata e ponderata, semplicemente sembrava la cosa giusta da fare. 
Ci sentivamo spesso, nonostante il fuso orario, e lei si sforzava di essere positiva, di non girare il dito nella piaga, ma i miei pensieri erano talmente pesanti al riguardo da far sentire in imbarazzo gli altri, persino lei, che si trovava in un altro stato e mi guardava attraverso un monitor.
-          “Vieni a da me!” disse .
-          “Venire a Seattle ? A fare che?”
-          “Intanto una bella vacanza …”
-          “Non mi serve una vacanza , mi serve una nuova vita perché questa fa schifo!” risposi io .
-          “Ascolta, non per essere crudele ma,da quando ti conosco non fai altro che analizzare i pro e i contro ogni volta che devi prendere una decisione e guarda dove questo ti ha portato! Per una volta segui il tuo istinto!”
Aveva ragione, per cambiare vita bisognava innanzi tutto cambiare atteggiamento, e così feci . Con settecento euro in meno nel conto, un biglietto aereo per Seattle, due valigie e un borsone, arrivai in America, una terra di cui poco sapevo ma dalla quale tanto pretendevo . Stavo scappando, e me ne rendevo conto, ma adesso a distanza di tempo, definirei più la cosa come una corsa, andavo incontro a me stessa e a quello che la vita mi poteva offrire, anche se, devo ammettere, c’è voluto un po’ di tempo per trovare me stesse la mia strada.  Ci volle un po’ di tempo per ottenere i permessi e tutti i documenti per l’espatrio, ma alla fine riuscii a partire.
Litigare con mio padre la sera prima della partenza non mi aiutò di certo ad affrontare bene il volo. Lui era sempre stato il mio specchio della verità, confrontarsi con lui voleva dire confrontarmi con me stessa, per questo motivo, quando mi disse che non era da me lasciare tutto e andare via, mi infuriai per la prima volta dopo oltre un mese di silenzio, perché aveva ragione, non ero io quella. Avevo passato la mia vita a costruire il mio futuro, ero sicura e fiera di me stessa, niente poteva fermarmi, eppure era bastata una piccola scheggia per distruggere l’enorme palla di vetro in cui vivevo. Tutto quello che avevo avuto era quello che volevo, e quello che volevo era la sintesi di me stessa, tutto era successo per una ragione, per questo motivo arrivai al punto di pensare che la ragione di quel doppio tradimento fossi io . A tutti serve un colpevole contro cui puntare il dito quando succede qualcosa e io puntavo il dito su me stessa, e credetemi non esiste giudice più crudele di se stessi  . Il biglietto di sola andata non preoccupò invece per niente mia madre, convinta del fatto che sarei ritornata dopo l’estate. Io glielo lasciai credere, non per addolcirle la pillola ,ma  semplicemente perché non avevo veramente idea di quello che sarebbe successo dopo, Atterrata in aeroporto ad aspettarmi c’erano Monica e la piccola Charlotte , la figlia che Monica aveva avuto da Peter, un medico conosciuto pochi mesi dopo essere arrivata a Seattle. Avevo sempre visto la bambina al di là dello schermo di un computer, eppure quel viso era così familiare che abbracciandola mi commossi. Aveva gli occhi chiari della madre e lunghi capelli rossi e mossi, proprio come quelli del padre.
  • “Come mai questo ritardo?” domandò Monica.
  • “ Problemi alla dogana” risposi.
  • “ Davvero ? Come mai?”
  • “  Si sono insospettivi a causa del biglietto di sola andata , credevano che volessi entrare per lavorare clandestinamente”
  • “ E  ti hanno fatto passare lo stesso? Cosa gli hai detto?”
  • “ La verità … che sono venuta a trovare una mia amica dopo aver scoperto che il mio fidanzato mi aveva tradito con la mia testimone di nozze”
  • “ E loro?” mi chiese Monica incuriosita .
  • “ La ragazza che controllava i documenti è stata comprensiva, una volta venuta a conoscenza del motivo ha capito perché io non avessi fretta di tornare in Italia prima di tre mesi” .
Scoppiammo a ridere, poi lei mi abbracciò forte, ne avevo bisogno, e i dubbi di quel viaggio sembravano aver avuto finalmente una risposta : avevo bisogno di amicizia dopo settimane di compassione .
  • “Finalmente conoscerò Peter … E’ a lavoro?”
La bambina era stata messa a letto, eravamo rimaste sole , Monica ed io su un divano a chiacchierare, come i vecchi tempi. Lei aveva tagliato i suoi lunghi capelli neri, ed io avevo perso i chili messi su dopo anni di fritture e cibi in scatola da studentessa fuori sede, ma eravamo sempre noi.
Avevo già preso il pigiama dalla valigia, ero pronta a rilassarmi davanti ad una bella tazza di the caldo, ma queste non erano le stesse intenzioni di Monica.
  • “  Levati quel pigiamone e indossa il vestito che ti ho lasciato sul letto, andiamo ad un ballo stasera!”
  • “ Un ballo? Ma dove?”
  • “ L’ospedale dove lavora Peter ha organizzato un evento di beneficenza e noi ci andiamo”
  • “ No … no … non se ne parla , non ce la farò mai ad essere pronta in tempo”
  • “ I capelli li lasci così sciolti che vanno bene, il vestito ce l’hai già …”
  • “ Il tuo?” la interruppi io “non mi entrerà mai!”
  • “ Smettila di pensare come se non avessi perso quindici chili” disse lei “li hai persi , sei bellissima e io, anche se non ho il tuo seno e il tuo fondoschiena, ho avuto una bambina, quindi quel vestito ti starà benissimo, oltre tutto” aggiunse ironicamente “ quel rosso rubino farà risaltare i tuoi occhioni scuri” .
Se c’era una cosa che Monica non faceva facilmente era cambiare idea, così, consapevole del fatto che oppormi sarebbe stato praticamente inutile, indossai quel vestito e andai al ballo.
Quella sera vidi per la volta Jackson Avery, e non so dirvi se me ne innamorai subito, so solo che da quella volta fu difficile non pensare ai suoi occhi verdi.
Era così  impegnato con i finanziatori da non accorgersi minimamente del fatto che lo stessi fissando, non prestava attenzione a nessuno che non avesse un libretto degli assegni in mano pronto da compilare, ed una ragazza infiltrata alla festa che con quel mondo non c’entrava niente non era tra questi .
Fortunatamente, però, quella non fu l’ultima volta che vidi Jackson Avery. 
  
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