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Autore: C l o u d    30/10/2013    3 recensioni
[...] «Posso percepire il tuo dolore» affermò, infine, l’anziana signora. Shiro la guardò negli occhi, inarcando un flebile sorriso che si poteva benissimo classificare tra i più falsi che egli abbia mai fatto. «Cosa darei per poterla riabbracciare …» [...]
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Quando il sole tramonta, con esso tramonta la vita di qualcuno.
La vita di Kasugano Urara, giovane ventunenne, si spense proprio una sera d'ottobre, il giorno in cui il suo fidanzato, Shiro, le avrebbe chiesto la mano.
[AU!; Sad!Urara/Shiro; Probabile OOC!Shiro; Dedicata a tutti voi, ma ad EmPotter in particolare]
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Syrup/Shiro, Urara Kasugano/Cure Lemonade
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Freddo. Faceva freddo quella mattina di fine ottobre. Le prime foglie staccatesi dai grandi alberi della città, il clima ormai rigido, davano il benvenuto ad un autunno sempre puntuale. 
Tokyo era vuota; né auto a riempire le strade in marmo grigio chiare, né gli abitanti ad occupare i marciapiedi e i negozi. Tutto era addormentato.
Ma neanche pochi minuti che il rintocco di campane risuonò per tutte le case e negozi. Le campane di una chiesa, ove una bara veniva trasportata a spalle fino al cimitero non tanto lontano. E urla e gemiti di familiari e amici.
Urara Kasugano, giovane ventunenne, era morta la sera prima, al tramonto. Il pianto disperato della madre era inquietante e contagioso per i presenti, e per lui. Lui che stava in silenzio, ma soffriva. Soffriva più di chiunque altro potesse perdere qualcuno di così importante, come lo era stato lei per il giovane Shiro Amai.

“Quando il sole tramonta, con esso tramonta anche una vita.” Così vi era inciso nella lapide bianca dedicata alla giovane Urara, mentre qualcuno spolverava la fotografia ove essa vi era raffigurata; i suoi lunghi capelli biondo acceso facevano invidia a chiunque, mentre i suoi occhi dorati, così belli e rari e pieni di pura dolcezza, scioglievano il cuore di chiunque.
«Avrei dovuto farle la proposta proprio oggi» singhiozzò egli alla madre della sua – o, almeno, ciò che era – ragazza. Avrebbe dovuto chiederle la mano. Aveva aspettato tanto quel giorno, voleva starle vicino per l’intera vita, anche se non in questo modo. Ci era riuscito, in un certo senso, ma non credeva che tutto sarebbe finito così presto.
Si voltò verso la – quasi – suocera, e la pena che provò fu immensa. Chi rimarrà con lei, adesso? Si chiese, guardandola mentre piangeva tutto il suo dolore: il marito era morto pochi anni prima, per un colpo al cuore e Urara era l’unica cosa che l’era rimasta.  Le si avvicinò ancora di più, permettendole di poggiare il capo sulla sua spalla. Sentì la giacca nera inumidirsi. Le cinse la schiena col braccio sinistro, mentre si lasciò sfuggire una e più lacrime dai suoi occhi ambrati. “Abbi cura di lei anche da lassù” sussurrò, così piano in modo che nessuno, neanche la donna che piangeva sul suo abito nero pece, potesse sentirlo. E, poi, altre lacrime.
Folate di vento scompigliavano i suoi capelli castano chiaro e mille pensieri gli balenarono in mente: Cosa avrebbe fatto, ora che aveva perduto la sua ragione di vivere?

 Era rimasto solo lui, in quel luogo ove soltanto il silenzio più perenne gli faceva da compagnia. Guardava l’immagine che raffigurava la sua donna, colei che avrebbe amato per l’eternità.
Si accasciò vicino la lapide, urlando a squarcia gola.
Nessuno l’avrebbe reso felice, ormai. La sua vita aveva perso il senso di continuare.

Camminava senza meta, tra le strade deserte. A passi lenti, si dirigeva verso il parco, con gli occhi persi nell’ oblio più nero, nella disperazione totale. Senza volerlo, i suoi occhi si posarono su una panchina vuota. Quella panchina.

Luglio era appena iniziato e il caldo era fastidioso, dati i 37° C al sole. Un ragazzo s’era appena seduto su una panchina, respirando a fatica. Prese la piccola bottiglia che teneva nella sua tracolla rossa e bevve metà dell’ acqua che conteneva tutt’un fiato. «Uh, finalmente» sussurrò, asciugando il viso con una specie di asciugamano che dava sul verde militare. I capelli castani erano umidi e tutti appiccicaticci, prova che il giovane abbia corso già per almeno mezz’ora. Si guardò la canotta bianca – che, ormai, così bianca non era – e notò le macchie di sudore sparse un po’ ovunque. Portò il capo all’indietro, sbuffando e lanciando gli occhi al cielo.
Dopo qualche minuto di riposo, sistemò la bottiglia e l’asciugamano nella tracolla. Quando fece per alzarsi, vide una figura femminile, in veste sportiva, sedergli accanto.
Da subito si poteva notare il colore della pelle pallido e il viso un po’ arrossato per la possibile corsa che aveva appena svolto e i lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo.
«Oh, no! Ho dimenticato la mia aranciata! Sono un disastro!» la sentì lamentarsi, e gli venne da ridere quando notò l’espressione che le era apparsa in volto.

«E lei che ha da ridere?»
Il moro si raddrizzò subito, borbottando delle scuse impacciate mentre ella accennò un risolino divertito. Frugò nella sua tracolla e porse una bottiglia ancora nuova alla giovane bionda. «T-tenga! – balbettò –Mi a-avanza …»
Ella guardò prima il ragazzo, poi la bottiglia, accettando la bevanda. Dopo averne bevuto sei o sette sorsi, un sorriso le si espanse in volto. «Grazie! Mi ha davvero salvato la vita!» sorrise.
«Kasugano Urara, – continuò – molto lieta!» porgendo una mano al ragazzo. «Shiro, - rispose, accettandola – Shiro Amai»


Si sedette su quella panchina, accarezzandone il legno infreddolito e ormai consumato.
«Cosa c’è che non va, giovincello?» Un’anziana donna gli si sedette accanto, sorridendogli radiosamente. Shiro si voltò appena per accennarle un “salve” senza espressione, vuoto.
«Ho perso una parte di me» disse più a sé che alla signora sedutagli accanto. «Ho perso parte della mia vita»
Portò le mani al viso, scuotendo il capo più volte. «Perché? – chiese – Perché lei?» Ma come risposta ricevette soltanto il fischiare del vento.
«Urara … non potrò mai più …» Si fermo, perché quei pensieri lo stavano letteralmente uccidendo.
La donna, capendo, frugò fra le sue cose sparse in una piccola borsa di velluto nero. Ne tirò fuori una foto antica, alquanto rovinata e leggermente ingiallita. Ella sospirò, incitando il moro ad avvicinarsi a lei.
«Questo eravamo io e mio marito, da giovani» gli sussurrò, indicando un uomo con all’incirca trent’anni di vita sulle spalle. «Ci amavamo tanto»
Silenzio. Soltanto il silenzio regnava in quel momento. I loro occhi erano concentrati a scrutare ogni parte della fotografia. «Adesso è lassù» Disse, indicando il cielo con un dito. «E starà sicuramente vegliando su di me» Fili argentei le ricadevano sul viso, mentre ammirava il cielo sfumatosi di varie tonalità d’arancio.
«E lo stesso farà la tua ragazza con te» La vecchietta sorrise, battendo due volte il palmo della mano sulle ginocchia del ragazzo.
«Posso percepire il tuo dolore» affermò, infine, l’anziana signora. Shiro la guardò negli occhi, inarcando un flebile sorriso che si poteva benissimo classificare tra i più falsi che egli abbia mai fatto. «Cosa darei per poterla riabbracciare …»
Una foglia secca e ingiallita oscillava leggera, lasciandosi cullare dalla brezza autunnale del tutto piacevole. Si posò sulle mani fredde del giovane, assorbendo una lacrima caduta dai suoi occhi color miele. Poteva sentire il cuore farsi sempre più pesante, sempre più colmo di tristezza. «Maledizione!» urlò, mentre dei corvi neri si innalzavano nel cielo. «Maledizione …» E da lì i singhiozzi furono più evidenti.
Straziato, ecco come si sentiva. Un aggettivo che, al solo sentirlo, riesce a trasmettere tutto quel dolore profondo che stava provando.
Le folate di vento si fecero più forti, scompigliando la sua corta chioma castana. Gli occhi bagnati dalle lacrime, a contatto con l’aria lievemente gelida, pungevano fastidiosamente. Ma non gl’importava.
E mentre il sole stava per tramontare, in quel momento avrebbe voluto scomparire insieme a lui, per non tornare mai più.




Note me: Buonsalve gente di città e di periferia! Dopo due giorni a riflettere su come comporre il testo che avete letto, eccomi qui!
Temevo di aver perso la mia inspirazione! Ma, fortunatamente, non è così. Fiu. Cosa ne dite? L'ho voluta dedicare a voi, ma, un po' più, a EmPotter, per ringraziarla. Grazie, Em! Ti mando un abbraccio gigante.
Bene, mi raccomando, fatevi sentire/leggere! Ho bisogno di sapere se sono tornata come quella di una volta. Ci conto, mh? Ci (ri)becchiamo in giro!
    Ayako.

 
  
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