Era stata una giornata terribile. In tutti i sensi, in tutti i modi.
Il caso ci aveva portati in un piccolo paesino molto fuori città, un posto tranquillo ed apparentemente sicuro.
La mattina il sole risplendeva nel cielo, che era di un azzurro impareggiabile.
L'aria aveva quell'odore di autunno e tutti gli alberi e le vie avevano assunto quei colori spettacolari, possibili solo in quella stagione.
L'omicidio era stato compiuto in un villa, su una delle stradine secondarie. Moglie e figlia, morte sgozzate. La bambina avrà avuto non più di cinque anni.
Avevamo torchiato il marito per ore, sembrava lui il colpevole, senza dubbio. Non aveva alcun alibi, il movente era quasi certamente una causa di divorzio in arrivo. La bambina semplicemente aveva visto troppo.
A metà pomeriggio, mentre Cho era ancora con l'uomo-solo apparentemente distrutto- Jane entrò nel mio ufficio come una furia.
"Dovete smetterla di interrogarlo!" Mi gridò, come se fosse il padrone del pianeta.
"E tu dovresti smetterla di credere che tutto il mondo sia a tua disposizione. Evidentemente avremo entrambi una delusione oggi." Commentai con una punta di acidità.
Odiavo questi suoi comportamenti. Per cominciare, sulla scena del crimine si era comportato in maniera indecente, inquinando prove ed insultando tecnici. Dopodiché aveva preso la sua citroen ed era sparito.
Ed ora ripiombava nel mio ufficio con assurde pretese.
Il caso sembrava risolto, ma quell'uomo non parlava; avevo perso un fascicolo di documenti, Brenda voleva una conferenza stampa per un caso precedente, Minelli aveva indetto una riunione per le cinque, il caffè era finito e, come se non bastasse, fuori aveva preso a piovere senza ritegno.
Avevo la luna sorta all' inverosimile e lui non aiutava.
"Lisbon, dammi retta, smettila." Smettila!? Come se fosse una tortura personale che mi divertivo ad infliggere. Cretino.
"Jane, puoi anche uscire dal mio ufficio, lo sai?"
"E tu puoi anche andare al diavolo." Sibilò con rabbia.
Non l'avevo mai sentito parlare così. Non a me.
Lo guardai sgomenta ma lui non mosse un muscolo.
"Come scusa?" Ribattei, furente.
"Hai sentito. Puoi andare al diavolo."
"Non ti permetto di parlarmi così, maleducato." Mi alzai in piedi. Aveva superato ogni limite ed io non ero persona da sopportare certe cose.
"Per cominciare, il tuo comportamento indecoroso di stamattina non ti mette nelle posizione di dettare ordini, mi pare. E nemmeno la tua sparizione gioca a tuo favore." Aspettai che si difendesse, prima di partire con il contro attacco.
"Per cominciare, il mio comportamento ha delle motivazioni nemmeno così velate, Teresa. Sei tu che sembri avere delle tendine sugli occhi. Forse dovresti scostarle, ogni tanto. Ti farebbe bene."
Eh? Rimasi qualche momento senza parole. Cosa? Che motivazioni?
Oddio.
Corsi nella stanza degli interrogatori interrompendo il povero Cho.
"Smettila! Smettila subito! Libera quest'uomo con le scuse del dipartimento." Gli gridai in faccia, sconvolta.
Feci per tornare di corsa nel mio ufficio ma nel corridoio sbattei contro Jane.
"Dio, Jane, mi dispiace, non-non ho..."
Mi baciò.
Di un bacio vero, prendendomi il viso tra le mani.
Patrick Jane mi stava baciando nel corridoio del CBI, a qualche passo dall' ufficio del capo.
Dovetti ricambiare, solo il Cielo sapeva da quanto lo aspettavo. Gli misi le mani dietro la nuca, mentre mi reggevo sulle punte.
Era quello l'amore, dunque.
Orribile, straziante, ingiusto, dal sapore di the alla citronella.



Piccole note dell' autrice:
Te l'avevo promesso Reggy, dopo quella cosa agghiacciante che ti ho fatto leggere ^.^
È venuta una semi schifezza ma almeno la trama non è terribile come quell'altra, ti pare?
Beh, sappiatemi dire cosa ne pensate, tutti i tipi di recensioni sono ben accette, purché non prevedano minacce di morte, naturalmente.