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Autore: IL TONNO    17/04/2008    1 recensioni
Occhei, sono alla prima storia pubblicata su efp. Sarà un buon inizio? Spero proprio di sì. Semplicemente non so se ho scelto la categoria giusta... ------------------------------------------- Questa storia è di carattere onirico. Nasce come realtà ma sembra un sogno.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mon Sir
All’improvviso spalancò le palpebre. Bastò quell’attimo per lasciare che la frenesia quotidiana s’impadronisse della sua mente e ascendesse nei suoi più remoti pensieri.
-È tardi- rigurgitò quelle parole disprezzandole, dando un occhiata ai tondi luminosi sulle lenzuola, inconfutabili orme della luce che filtrava attraverso le persiane. Stanco, portò istintivamente il braccio destro in aria in cerca di un appiglio. Il braccio non ebbe il tempo di accomiatarsi dal suo padrone che tornò sconfitto dalla stanchezza, si sollevò appena di qualche centimetro. Nella semioscurità le sue dita callose incontrarono le venature legnose della mensola e afferrarono un oggetto metallico, preda prediletta dei dormienti pigri. Il suo viso paffuto si voltò e osservò lo schermo della sveglia che teneva nel palmo della mano.
-Marie!- chiamò con voce tenorile e, bisogna ammettere, prestando molta attenzione al dosaggio dei tempi e delle pause per quanto una parola così corta lo permetta.
Il rumore di passi felpati precedette la figura esile di Marie che apparve poco dopo sulla soglia.
-Ha chiamato, mon Sir?-
L’indice dell’uomo si accomodò verso una porta sulla sinistra e trovata la sua posizione nell’etere s’immobilizzò, svolgeva diligente il suo incarico ogni mattino, poi si accoccolò, seguito dalla mano intera, sul ventre caldo del proprietario degli arti.
La donna sapeva ormai riconoscere il linguaggio del suo amato signore. Lo raggiunse al suo capezzale e poggiò cautamente le pantofole su un tappeto di raso consunto, guidando  i piedi dell’uomo all’interno di esse. Ogni azione pareva compiuta dispensando la fatica e lo sforzo che essa richiedeva. Fu allora che l’uomo emerse dal groviglio di lenzuola, rivelando il torso nudo e abbigliamento da camera. La donna posò con premura una vestaglia sulle scapole del suo ammirevole signore, porse quindi l’avambraccio e mutò in àncora per permettergli di ergersi in tutta la sua signorilità. All’unisono mossero verso la porta incriminata. Il ritmo cadenzato delle falcate avrebbe ingannato chiunque, infatti alla apparente lentezza si contrapponeva all’andatura sublime delle due figure. Giunto dinanzi ad essa, l’uomo tentò diverse volte di girare la maniglia, riuscendo però solo a racchiudere un po’ d’aria tra le dita, ma all’ennesimo tentativo scagliò la mano nella giusta direzione, arpionando fortunosamente il pomello d’argento. Egli spinse quindi il massello in avanti.
I piedi dei due sfiorarono il tappeto di muschio e lo respinsero al contatto. L’umidità dell’oceano scalfiva la ruggine dell’uscio e il rumore del mare ingaggiò un aspro combattimento con il cigolio della porta. L’uomo e Marie volsero il capo verso il saggio albero che adombrava il suolo circostante. Colsero una foglia e l’avvicinarono agli orecchi, tentando di ascoltare la sua voce. Non udendo alcunché, la posero su uno scoglio circondato dalle acque, attendendo che essa si librasse in aria spensierata. Distratti forse dalla quiete assoluta ed imprevista che li circondava, non notarono che la fogliolina, dopo qualche sparuto tentativo di lasciarsi trasportare dalla brezza leggera, aveva deciso di porre fine alla propria esistenza, gettandosi nel fluido trasparente scivolando sulla roccia.
Quando l’uomo ne prese coscienza e la vide affogare tolse la vestaglia e corse incontro all’acqua, tuffandosi precipitosamente. La sottile foglia annaspante si raggomitolò nel pugno bagnato del suo salvatore. L’uomo, la donna e l'arborea figlia trovarono sollievo all’ombra del grande frassino, i cui rami comprensivi si erano abbassati, destinandosi il gratificante compito di assiepare i tre naufraghi nella loro coltre protettiva. Un gatto carbonato che pareva tornato da una spedizione nei camini di tutto il mondo attraversò loro la strada.
-Al tempo d’oggi non ci sono più tanti camini.- obiettò l’uomo.
La bestiola rispose altezzosa:-Allora ho visitato tutte le stufe del mondo- Proseguì il proprio cammino ondeggiante e perdendosi tra i flutti borbottò:-Ma il camino era più chic...-
Marie osservava silenziosa le mosse insicure della foglia che cercava ostinata di non esser vinta dal vento impetuoso. Ella guardava implorante il suo ammirevole signore, senza essere notata, e sconsolata rivolgeva i suoi pensieri alla foglia fuggiasca.
Il torpore mattutino scuoteva gli occhi umidicci dell’uomo. Con alcuni gorgheggi insensati egli tentava di acquistare il fil di voce necessario alla parola. Tutto è nulla, nell’animo di un uomo disperato. Egli si sofferma restio sui propri sentimenti omologati e scorge un lume di speranza, verde speranza, una foglia. Salva quindi la propria speranza dai flutti perigliosi e archivia così il rischio di morire infelice. Ma ora nella mente di quell’uomo non v’era posto che per il disco luminoso che irradiava voglia di nascere e vivere e morire. Il sole splendeva trepidante in attesa che l’uomo desse segni di felicità. Rompendo il delicato equilibrio di quel mondo onirico le labbra del suo radioso signore furono sfiorate da quelle di Marie.
Queste si schiusero lentamente, e pronunciarono lentamente come un lungo bacio appassionato:
-Volo-
Il Conte saltò e il vuoto lo strinse dolcemente. La donna guardò il cielo niveo:
-Amo-
E saltò, come una foglia staccatasi dal ramo.
Le loro menti vacue dalla mediocrità giornaliera già veleggiavano verso lidi sconosciuti.
  
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