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Autore: Pascoli Oscar    31/10/2013    0 recensioni
Favola di un giovane uomo che vaga per il mondo fino a giungere in un giardino dove incontra animali e che alberi che parlano.
"Anche un pettirosso ne fu colpito, tanto che chiese all'albero, sul quale s’era posato, “Sai perché quest’uomo piange?”
-Guarda che roba, anche gli animali fuggono alla mia vista, anche loro avranno avuto paura-
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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IL GIARDINO DELL’AMORE
 
 
 
        In un vecchio giardino, di un’antica città, un giorno si trovò a passare un giovane, che vagava solo e triste per il mondo. Si fermò per riposare e, siccome il sole era alto, si sedette ai piedi di un albero di ulivo, che con la sua ombra alleviava il calore.
        Il giovane stette un po’ a pensare, poi cominciò a parlare.
        - Povero me come sono sventurato! Nessuno mi vuole bene, nessuno che voglia darmi un lavoro per vivere! –
L’albero, udendolo, si scosse un po’ e guardò chi fosse che stava seduto ai suoi piedi ed era così triste! Il suo volto era coperto da strani brufoletti, che lo facevano apparire brutto come un crespo.
        - Me sventurato, il mio volto, è così spregevole che nessuno osa guardarlo e nessuno vuole darmi un lavoro perché sono brutto come un rospo e hanno paura di perdere i clienti o che porti sventura.
         L’albero lo ascoltava e ne aveva compassione. Il giovane cominciò a piangere, le lacrime caddero a terra e bagnarono le radici dell’albero, che rabbrividì. Anche un pettirosso ne fu colpito, tanto che chiese all’albero, sul quale s’era posato, “Sai perché quest’uomo piange?”.
        “Dice che è solo, e nessuno lo vuole perché, brutto com’è, fa paura e lo cacciano via” rispose l’albero.
        Anche la terra, che si sentì bagnata da quelle lacrime, si scosse e, come svegliata da un lungo sonno, mormorò “Chi mi bagna con acqua salata?”.
        “Sssss…!!” sussurrò una margheritina dai petali gialli, “non vedi che quest’uomo piange?”.
        “E perché mai?” chiese la terra.
        “E’ triste, è solo, ecco perché!” rispose un coniglio, che da poco lontano, nascosto tra l’erba, aveva ascoltato tutto.
          IL giovane, intanto, piangeva sempre di più.
I suoi singhiozzi avevano destato la curiosità di tutto il giardino, che s’era svegliato.
          “Qui ci vuole un’idea!” commentò l’albero.
           “Forse ne ho una” disse il pettirosso.
           “Qual è?” chiese il coniglio.
           “Ascoltate. Ricordate quando tanti anni fa…”.
            Tutti erano rimasti sotto l’albero ad ascoltare l’idea del pettirosso, quando all’improvviso corsero via. Il giovane si convinceva sempre più della sua bruttezza.
           -Guarda che roba, anche gli animali fuggono alla mia vista, anche loro avranno avuto paura.
           Ma l’albero cercò di consolarlo.
           “Non preoccuparti, noi ti aiuteremo e vedrai che quando avremo finito tu sarai l’uomo più bello del mondo”
           -Adesso sto per diventare pazzo: sento un albero che parla!
          L’albero continuò a parlare, raccontandogli una storia.
          “Tanto tempo fa, quando solo di spada o veleno si poteva ammazzare la gente, viveva un uomo nella città qui vicino, bello come l’alba e buono come un uccello. Amava gli uomini e di loro si prendeva cura. Parlava di pace e tutti lo ascoltavano, ma pochi capirono cosa volesse dire. Così un giorno gli uomini più cattivi della città decisero di condannarlo a morte, perché dicevano aizzava il popolo contro il re”
           Mentre l’albero raccontava questa storia, dal suo arbusto cominciava ad uscire un liquido che somigliava a delle lacrime. Il giovane volse lo sguardo in alto.
          -Ma tu come sai questa storia?
          -L’albero si piegò e rispose.
          “Proprio dove sei seduto tu egli veniva a pregare; e l’ultima volta che venne bagnò con il suo sudore di sangue la terra e le mie radici”.
           Gli animali erano intanto tornati e circondarono allegramente il giovane, che si stupì di vedersi attorno tanti amici.
           -Se l’uomo fosse come voi, così buono, la terra sarebbe un paradiso.
           -Apri la tua mano destra” gli disse il pettirosso “e ti metterò nel palmo qualcosa. Dovrai stringare forte, senza guardare, finché non ti dirò basta”.
           Il giovane ubbidì e strinse il pugno tanto forte da farsi male, finché non ne uscì sangue; e il pettirosso lo fermò.
           “Adesso apri il pugno e guarda ciò che ti ho dato” disse il pettirosso.
           IL giovane aprì la mano e vide una spina conficcata nel palmo e il suo sangue che veniva fuori.
           “Vedi quel tronco secco?” chiese il coniglio indicando l’orizzonte.
            -Lo vedo.
            “Quel tronco era una volta l’albero più bello di questo giardino, ma da lui fu preso il legno per fare la croce, dove quell’uomo emise l’ultimo suo respiro. Da allora non germoglia più. Là tu dovrai andare e bagnare col tuo sangue le sue radici, così ch’egli possa di nuovo germogliare”.
            Il giovane ubbidì ancora. Si avvicinò al tronco secco e col suo sangue bagno le radici. D’un tratto, come per miracolo, l’albero cominciò a germogliare. Il giovane, stupito, tornò indietro e si rivolse al pettirosso.
            -Quale mistero nasconde questa spina?
            -Apparteneva alla corona che misero in testa a quell’uomo. Il mio capostipite la tirò fuori dalla sua fronte e si macchiò il petto di sangue. Da allora infatti tutti noi abbiamo il petto rosso del suo sangue!.
            -Il giovane commosso, gli rese la spina e con meraviglia si avvide che il palmo della sua mano era guarito.
            -Poi la terra gli disse “Adesso torna sul posto dove hai pianto. Le tue lacrime cadute su di me sono diventate fango: prendine un po’ e spalmale sul tuo viso, poi scendi al fiume e lavati”.
            Il giovane fece come gli disse la terra: si spalmò il fango ottenuto con le sue lacrime e andò al fiume a lavarsi. Mentre si lavava si accorse l’acqua rifletteva la sua immagine; e quando i cerchi formati dalle sue mani si fermarono vide riflesso nell’acqua un uomo bellissimo, con un volto dolce e delicato, come quello di un angelo. Allora ebbe paura e fuggì correndo verso il giardino, dove trovò tutti ad aspettarlo.
            “Oh…!!! Esclamarono. E lui ansimando per la corsa.
  • Cosa mi è successo?
L’azzurro dei suoi occhi incastonati in quel suo dolce viso prese luce e i suoi capelli assunsero il colore del sole. Era bellissimo.
            “Il tuo animo gentile e la tua tristezza ci hanno commosso. Per questo ti abbiamo voluto aiutare, però tu non dovrai dimenticarci e dovrai tornare qui ogni volta che la notte più lunga dominerà sul giorno, per darci le tue lacrime”.
            Il giovane ringraziò tutti e tornò al suo paese. Nessuno lo riconobbe, anzi si chiesero come un uomo di tale bellezza si potesse trovare lì. E mentre la notte si faceva più fitta, egli andò nella sua casa di fango e paglia, quasi vuota, con sola sedia e un lettino, anch’esso di paglia, sul quale era stesa una vecchia coperta bucata. Erano anni che non ci metteva più piede, da quando iniziò a girovagare per il mondo.
            Si stese sul lettino e cercò di ricordare ciò che poche ore prima gli era accaduto. Si addormentò presto e sognò, sognò un lavoro che lo fece diventare ricco e rispettato da tutti, sognò una moglie che gli preparava da mangiare e dei figli che lo rendevano felice. Sognò e sognò ancora.
            Svegliatosi all’alba, si mise in ceca di un lavoro, che trovò subito in una casa dove si lavorava il lino. Diventò ricco e stimato dalla gente; ma non teneva per sé le sue ricchezze: infatti, con i soldi che guadagnava dava da mangiare ai poveri, cercando anche di dare loro un alloggio vivibile, mentre egli viveva con umiltà, in quella casa fatta di paglia e fango. Anche quando trovò moglie ed ebbe dei figli continuò ad abitare lì.
            Come aveva promesso agli amici del giardino, ogni anno, nella notte più lunga, ritornava in quel luogo a versare le sue lacrime. Fu la diciassettesima notte e l’ulivo gli parlò di nuovo:
            “E’ venuto l’uomo e mi ha detto <> . Ecco, questo mi disse e ti ho riferito. Adesso vai, perché ci non serve più che tu ci lasci le tue lacrime”.
            Senza chiedere nulla, il giovane se ne tornò mesto e silenzioso. All’alba del giorno dopo tornò nel giardino col suo primogenito, che aveva già quindici anni. Giunti, videro un giovane seduto ai piedi dell’ulivo, con le gambe piegate su se stesse e il capo appoggiato sulle ginocchia. Allora il giovane capì, baciò il figliolo sulla fronte e andò a sedersi accanto allo sconosciuto.
            D’un tratto i due, sotto gli occhi del ragazzo, diventarono un’unica persona. Il ragazzo corse verso il padre, gridò il suo nome, lo toccò e si accorse che era ormai senza vita. Scoppiò in lacrime.
            Un uomo con una lunga veste di stracci venne al suo fianco: una luce lo illuminava, facendolo apparire bello e maestoso. Le sue mani e i suoi piedi portavano il segno dei chiodi. “Non piangere” gli disse “tuo padre è con me. Lo rivedrai, ma vai, avvisa tua madre perché venga a prendere il suo corpo”.
 
  
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