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Autore: Io_me stessa    01/11/2013    2 recensioni
Ciao! Questa storia parla dei figli di Katniss e Peeta, a cui si accenna alla fine della saga, ho inventato io i loro nomi, visto che non sono scritti. Spero che vi piaccia, buona lettura!
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rue arrancava lungo la salita, cercando di non perdere la presa sulle rocce sopra di lei. Sapeva che se fosse scivolata, anche solo di pochi centimetri, Finnick si sarebbe fatto venire un infarto, suo fratello era la persona più paurosa che avesse mai conosciuto. Ogni tanto sentiva la sue grida di avvertimento: ”Se la mamma ci scopre è finita!” (esagerato), o “Se ci ha detto di non oltrepassare la collina c’è un motivo!” (si, certo, come no), o ancora “Ci sono gli orsi là sopra e se cadi ti farai male, quello che stai facendo è troppo pericoloso!” (chi non rischia non vive, fratellino), a volte perfino “ Mi metterò nei guai per causa tua!” (Magari! Diventeresti un po' più interessante) Rue gli avrebbe detto volentieri tutte queste cose ma sarebbero servite solo a perder fiato. Un paio di volte minacciò di chiamare la mamma, ma evidentemente la storia della valigia ( praticamente l’unica infrazione alle regole che suo fratello avesse mai commesso) era un sufficiente deterrente. Non le importava se Finnick vedeva la sua impresa come una brutta idea, Rue era certa che se Posy fosse stata lì l’avrebbe appoggiata. Purtroppo Posy era una donna in carriera, spesso non aveva tempo per gli sciocchi progetti di una bambina scalmanata come lei, al momento si trovava nel Distretto 5, probabilmente intenta a discutere con qualche alto funzionario politico, riguarda a chissà quali decisioni IMPORTANTISSIME per il destino del paese. Essere arrabbiata con lei era ingiusto, Rue lo sapeva, ma non riusciva a fare a meno di sentirsi messa da parte. Forse era questo che l’aveva spinta a scalare la collina, voleva avere qualcosa da raccontare all’amica al suo ritorno, anche se non poteva competere con le riunioni dei governatori di Panem. Persa in questi pensieri, si accorse di aver raggiunto la cima, si sedette cercando di recuperare il respiro e farsi passare il dolore al fianco. Quando la vista le tornò a fuoco, si alzò in piedi ed esplorò con lo sguardo il paesaggio sotto di lei: a est i campi coltivati  si spandevano a perdita d’occhio, come pezze che un dio aveva legato a formare una  coperta colorata di giallo, verde e marrone; ad ovest i frutteti brillavano alla luce del sole morente, e dietro questi, sino all’orizzonte, il mare punteggiato di barche grandi e piccole del distretto 4;  a nord le montagne verdi del 7; e a sud… casa. Rue sentì una fitta di malinconia guardando in quella direzione, mancavano ormai da 3 mesi, l’11 le piaceva ma per quanti posti dentro e fuori Panem avesse visitato, nessuno era come casa. Un improvviso dolore alla schiena interruppe le sue riflessioni, si era inconsciamente seduta contro un tronco d’albero, si girò e vide quel che l’aveva punta. In un ampio buco della corteccia, sufficiente a farci passare la mano di un bambino, era incastrato un cofanetto in pelle con intarsi in oro. Rue, mossa dalla curiosità, allungò la mano e lo estrasse. Lo posò sul terriccio morbido, e subito si emozionò nel sentire quant’era pesante, magari aveva trovato un tesoro, questo sì che sarebbe stata una gran cosa da raccontare a Posy. Ma quando lo aprì rimase delusa, dentro c’era solo un paracadute argentato che avvolgeva… un pugnale! Rue saltò indietro per lo stupore. Aveva riconosciuto il paracadute, lo aveva studiato a scuola, era quello con cui cadevano i doni durante gli Hunger Games. Gli Hunger Games. Rue sapeva cos’erano quei giochi, glielo avevano insegnato, ma trovarsi di fronte a una simile reliquia di quei tempi li faceva sembrare così reali… avrebbe voluto gridare, ma le mancava la voce. Dopo un po’ riuscì a recuperare il controllo di sé. L’arma si ostinava a fissarla dalla sua scatola, immobile come si confaceva a un oggetto inanimato, e per questo ancor più inquietante. La lama doveva essere stata trattata per non cedere ai segni del tempo, perché non aveva un grammo di ruggine, splendeva come se fosse stato appena consegnata. La cosa veramente spaventosa era proprio questa, che fosse ancora lì dopo tanto tempo, anche dopo che i Giochi erano stati banditi, come a dire: “Ehi, tranquilli, fate quello che volete, tanto io resto qui, non me ne andrò mai, e un giorno tornerò, non importa quando, non ho paura del tempo, io sono immortale”. In un impeto d’ira inaspettato la bambina raccolse un grosso sasso e  colpì il pugnale, lo colpì ancora e ancora, come se si potesse sconfiggere il male con una roccia. Ma presto dovette arrendersi al fatto che era un materiale resistente, forse indistruttibile.

Dal basso giunse la voce preoccupata di suo fratello: ”Rue, tutto bene?”  “Sì, Finnick” rispose cercando di non far trapelare le forti emozione degli ultimi minuti “tutto a posto” “Dobbiamo andare, si sta facendo buio” Era vero, il cielo si stava scurendo lentamente “Arrivo” rispose Rue. Rimise il cofanetto nell’albero, non avrebbe raccontato quella storia Posy, né a lei, né a nessun altro.  Ciononostante non riusciva a dimenticare; quell’arma le aveva dato i ricordi di gente vissuta prima di lei, ricordi che non si poteva perdere, che non si doveva scordare, per il bene di Panem.
***
Angolo dell'autrice
Allora... Sì,sn io l'autrice di questa schifezze...ma vorrei sapere quanto la reputate schifosa :) me la fate qualche recensione? Vi preeeego *occhioni da cucciola*
  
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