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Autore: Shirokuro    01/11/2013    3 recensioni
{ ornella centric | one-shot di 1960 parole circa | possibile ooc | introspettivo }
«Oggi il mondo mi odia!» sbottò. «Nemmeno un sfidante?» chiese a nessuno, sperando in risposta qualche bersaglio per la sua rabbia. Possibile che la sua spensieratezza fosse finita nelle mani di una principiante in tutto e per tutto? Scosse la testa contrariata all'idea. Quella giornata poteva migliorare solo con una corsa per i Percorsi stanti ad Yantaropoli, o almeno ci sperava.
Prese un gran respiro e in non molto capì che stava sfrecciando tra gli alberi e che non era sola. Fermandosi di colpo, mise a fuoco l'immagine di un ragazzo moro e più basso di lei quando intuitì - e realizzò - che si trattava di Calem, l'ultimo personaggio di quel mondo che voleva vedere dopo Serena. Cominciò a squadrarlo, mentre lui era intento a fissare l'espressione dipinta sul viso di Ornella. «Si dovrebbe salutare» iniziò fermo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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E ciao popolo! Vi assicuro che prima di postare questa cosa, ieri, me ne sono fatta un sacco di problemi. Rileggendola non ci ho fatto caso, ma copiando in modo errato un movimento dell'istuttrice di Zumba ho avuto un flash: somiglia tantissimo ad un'altra storia che probabilmente è stata lettissima. Potrebbero essere solo supposizioni, magari perché usare le maschere come metafora è ormai un clichè del fandom, magari perché prima di fare qualsiasi cosa ci penso troppo. Non lo so e vorrei saperlo a dir la verità, ma spero di sbagliarmi e dopo che un intero corteo mi ha convinto - mica Whatsapp l'hanno inventato solo per farseli i problemi - eccovela. Se vi ricorda quella fic ditemelo, ma sia chiaro che non c'entrano nulla l'una con l'altra, tutt'anzi.
L'ho scritta ovviamente ascoltando la Pausini - l'intero album di "Inedito" - e Up All Night e Gotta Be You degli One Direction, mi hannodato molta spinta, già. E indovinate grazie a chi l'ho scritta? Orsù, ci potete arrivare. Il nome Sofia vi dice nulla? No, lo so. E' stata la mia Ely tanto amata perché senza di lei io scrivo solo cose oltre il limite del diabete (cit.), ma anche Pokémon X e Y hanno fatto una buona parte del lavoro. L'improvviso cambio d'atteggiamento e dell'artwork - odio il fatto che non si usino sprite ma bensì artwork D: - mi hanno dato un'impressione particolarmente cupa di Ornella, oggi poi non è che veda tutto rose e fiorellini vari eh. Ho fatto riferimento al nonno della nostra Erede come Sapiente perché non ricordo come lo appellavano, santa pazienza. Ma quindi, dopo queste note a dir poco lunghe - no -, vi auguro buona lettura.


La ragazza uscì desolata dalla Torre. Non sapeva esattamente come prenderla, era abbastanza scioccata; ricordava ogni dettaglio di quel volto dove brillavano due minerali color acciaio, incorniciato solo da limpidi capelli biondi e un sorriso pieno di speranza e fierezza, ricordava tutto di Serena, di come si era avvicinata a Calem per incoraggiarlo e rincuorarlo per la sconfitta come fosse una madre, di come aveva esultato nella Palestra sotto i suoi occhi fermi, di come aveva guadagnato il Megacerchio e di come aveva abbracciato sorridendo di sincera felicità il suo Lucario accettandolo come compagno - quando il “suo” ormai era riferito all'Allenatrice. Non era riuscita a batterla come Capopalestra e non era riuscita a farsi valere da Erede, Lucario aveva capito subito il potenziale di quella ragazzina. Suo nonno aveva posato gli occhi su Serena sin dall'ingresso trionfale che aveva fatto assieme a Shana, sicura e pronta, le aveva svelato tutto e senza badarsi dei sentimenti della nipote, donandole l'unica cosa che possedeva oltre al Guanto con cui si possa attivare la Megaevoluzione. Ma non doveva essere lei ad apprendere tutto e tramandarlo fino al momento in cui si sarebbe saputo ogni cosa e magari ampliare le poche conoscenze? Perché Serena e quei ragazzini avevano tanta importanza? Cosa vedevano in loro Platan ed il vecchio? 
Tirò un pugno sulla colonna in marmo bianco, piena di delusione. Osservava la mano contro la rifiniture mentre cominciavano a scorrere lacrime d'ira e profonda tristezza. Non poteva essere davvero solo uno schizzo, rifinito in una biondina che era solo una nana, non poteva esserlo. Aveva passato la sua vita ad allenarsi, per rendere fiero il suo parente più importante, per essere l'orgoglio di suo nonno, poter davvero ritenersi forte. La facilità con cui era stata battuta l'aveva mandata nel panico, ma darlo a vedere era l'ultimo dei suoi obiettivi. Nell'intanto si asciugò le lacrime in modo da nasconderne ogni segno. 
«Ornella cara, qualcosa che non va?» interuppe i suoi pensieri il vecchio Sapiente. Le venne facile sorridere, farlo passare per il suo bel sorriso radioso di sempre, era brava a fingere, lei. Quello splendore così falso, una maschera di gioia che difficilmente le era stata tolta anche se sono bastate poche ore per mandarla in frantumi: piccolissimi frammenti che si ricomponevano adesso si trovavano sul suo volto, bastavano quelli per rassicurare un cieco come quello. «Affatto, nonno. Sono solo stanca» la prima delle bugie che usciranno da quella bocca che prima di allora era rimasta pura e immacolata, priva di ogni menzogna e scorrettezza. Così si congedo sui suoi pattini bianchi dalle striature rosse incapace stavolta di non mostrare la propria frustazione con smorfie di disassenso. 

Non voleva saperne di alzarsi dal soffice letto su cui era poggiata in modo grossolano. Si sentiva uno schifo, sotto un metro e mezzo di terra, opressa dal peso dell'humus e senza alcun Pokémon abitante nel sottosuolo a notarla, sola, con un grande peso sul petto a rovinarle la giornata sin dai primi albori mentre l'intera città di Yantaropoli era ancora dormiente. La fastidiosa luce dei raggi del Sole nascente su Kalos, poteva sentire la calma sulla pelle e il dolore nel corpo. Stava morendo, anche se non voleva ammetterlo, era gelosa e purtroppo se ne rendeva conto, ma la sua furia era davvero troppa. Doveva sbollirla e così decise di alzarsi, per poi cambiarsi. Voleva lottare e correre, sui suoi pattini o magari con quelli vecchi.
Ah, no, ricordò, quelli... li ho dati a Serena... per amareggiarsi soltanto di più. Perché lei era al centro del Mondo? Perché? Cercando di scacciare quell'ennesimo pensiero funesto, si infilò le calzature. Andò a specchiarsi e solo allora realizzò che sul suo viso si notavano i segni delle lacrime della sera prima o magari aveva pianto incosciamente, ma dovette cancellare come le orme sparivano sulla sabbia in modo che nessuno capisse che la sua felicità era sparita. Una volta pronta si diresse verso l'unico luogo in cui avrebbe potuto lottare e correre assieme.
Entrò nella Palestra, cominciando a pattinare velocemente, aspettando uno sfidante: voleva sfogarsi sul primo Allenatore malcapitato, liberare la sua ira gridando la prima mossa che le veniva in mente e passare le sue iridi lucide al poveretto, mentre lo rassicurava sorridente. La sola idea la fece sorridere mestamente, a che punto era arrivata, così in basso. Nel quarto d'ora successivo nemmeno un passo eccheggiava in quelle mura particolarmente scure; frenando di lato, decise di uscire a vedere se fuori c'era qualcuno.
«Oggi il mondo mi odia!» sbottò. «Nemmeno un sfidante?» chiese a nessuno, sperando in risposta qualche bersaglio per la sua rabbia. Possibile che la sua spensieratezza fosse finita nelle mani di una principiante in tutto e per tutto? Scosse la testa contrariata all'idea. Quella giornata poteva migliorare solo con una corsa per i Percorsi stanti ad Yantaropoli, o almeno ci sperava.
Prese un gran respiro e in non molto capì che stava sfrecciando tra gli alberi e che non era sola. Fermandosi di colpo, mise a fuoco l'immagine di un ragazzo moro e più basso di lei quando intuitì - e realizzò - che si trattava di Calem, l'ultimo personaggio di quel mondo che voleva vedere dopo Serena. Cominciò a squadrarlo, mentre lui era intento a fissare l'espressione dipinta sul viso di Ornella. «Si dovrebbe salutare» iniziò fermo. La ragazza pensò che aveva capito qualcosa, subito cercò di ravvivare l'atmosfera come riusciva spesso.
«Scusa, non avevo capito che eri tu!» sorrise impacciata. Non era lei nemmeno così. Mantenendo quell'atteggiamento forzato osservò il viso del ragazzo. Non traspariva apparenti emozioni, restava apatico e pensava a come contrabattere.
«Deluso dalla sconfitta?» chiese la ragazza usando un tono particolarmente comprensivo, dopottutto anche lei era alquanto amareggiata e quella fitta nel cuore faceva male. Ora il suo sorriso era più sincero guardando come Calem contorceva il viso in un'espressione di profonda sconsolazione come la sua. Non sapeva esattamente perché, ma pensava avessero molto in comune sotto quel punto di vista. «Sì! È vero, pensavo che almeno questa volta sarei riuscito a battere la mia nemesi» disse tutto d'un fiato, stringendo i pugni «E a te? Non fa male? Non senti bruciare il petto, esplodere la testa?» continuò fissandola calmo, ma le gracili mani esperte nel maneggiare strumenti tremavano e facevano male tanto le stringeva. Il dolore era più dentro che fuori.
La bionda fissò sgomenta l'altro sgranando gli occhi. Era così che si sentiva, le faceva invidia il suo modo di contenersi, ma abbassando lo sguardo sorrise melifluamente «Sì. Ma io ho perso due volte, come Capopalestra e come Erede. Fa male».
«Cosa?» chiese il più giovane con occhio indagatore. «La sconf-» iniziò a rispondere sapendo di mentire, ancora, ma non era la risposta che voleva il moro.
«Fa più male l'aver perso come Capopalestra o come nipote del Sapiente ed Erede?» interuppe «Una sconfitta tra le tante da Capopalestra o la prima ed ultima sconfitta come Erede?». Ornella sentì gli occhi inumidirsi. Non ci aveva effettivamente pensato, non aveva provato a dare una ragione alla rabbia che l'attanagliava. Portando una mano alla fronte cominciò a pensare: da Capopalestra aveva subito tante sconfitte, negarlo era impossibile, ma mai nessuno l'aveva sfidata per il Megacerchio e figuriamoci se ha mai dovuto lottare contro il suo stesso Pokémon. Perdere sotto un ruolo della Lega di Kalos poco aveva inciso sul nonno, perdere sulla Torre Maestra nemmeno. Finalmente aveva capito, il problema non era Serena, se fosse salito lui o magari Shana o anche Trovato, con una sconfitta avrebbe perduto comunque il senno. 
Strinse la mano e con grande impeto la riportò accanto al fianco «Aver passato la vita per la Megaevoluzione e non essere compresa da chi mi ha spronata a farlo» soddisfò la curiosità di Calem «Mentre tu? Non era la prima volta che perdevi ho capito».
«Deluderò mio padre,» disse sorridendole «lui mi voleva il migliore, mentre non riesco nemmeno a battere una novellina e pensavo che se avessi avuto la Megaevoluzione avrei potuto recuperare» alzò lo sguardo alla volta celeste «Ma lei mi ha battuto, ancora. Eppure ogni volta lei sorride serenamente e mi incoraggia anche se non sa che non cambierà nulla. Ma lo fa, lei non perde mai il suo sorriso, dalla sua bocca escono solo parole gentili e vere: è così innocente a modo suo» sorrise quasi sognante.  
«Grazie, ho capito chi devo veramente affrontare» disse infine Ornella allontanandosi sicura sul da farsi «Ricambierò il favore, tu intanto non cominciare a correre da solo, passo per passo anche tu capirai cosa fare».

Ornella tornava alla Torre Maestra come quando c'era entrata la sera prima, quando sapeva che avrebbe perso ma era ancora decisa anche se poco speranzosa. Poteva immaginare quella stessa espressione sul suo volto in quel momento, ma il cuore era molto più sereno. Sospirò per calmare comunque quel battito surreale nel suo corpo, raffreddare il sangue che scorreva bollente nelle vene, forzare le labbra a non curvarsi verso l'alto. Varcando la soglia immaginaria tra le colonne antiche sentì una sensazione piacevole, liberatoria perché aver superato questo ostacolo - la paura per quel monumento - era già tantissimo. La prima cosa che ai suoi trasparì era l'atmosfera decisamente più piacevole di quella del giorno prima, il suo amato Lucario che le andava incontro e l'aria leggera che le placava l'animo in una tormenta d'emozioni contrastanti, purtroppo era ancora molto amareggiata ma era bastato poco per allievare questo peso.
Abbracciò ridente il Pokémon piegandosi in ginocchio per arrivare al suo livello «Scusa se ieri ti ho lasciato così male» mormorò all'amico cingendolo in un caloroso abbraccio. Intanto sulle piastrelle di marmo non erano più pressate dall'aria e loro due, ma anche dalla figura di un uomo anziano che fissava intenerito la scena. In quel momento Ornella rammentò il motivo per cui era là. 
«Nonno, volevo parlarti della mia sconfitta di ieri» disse con la voce spezzata per lo sforzo dell'alzarsi e l'emozione. Le mani non tremavano, erano ferme; il cuore invece aveva ripreso a martellare nello sterno, una vita di progetti infranti si celavano nelle parole non meditate da rivolgergli - aveva deciso di dirgli tutto, ma istintivamente con tutto l'animo che possedeva -, ma quella fermezza e sicurezza tanto incisive erano un non nulla in quel momento. Sparite. Adesso c'era un sorriso imbarazzato ma il suo sorriso di sempre. 
«Io volevo volare, come quando pattino, essere in alto. Lì, in cima!» disse indicando il soffitto «Io... io volevo renderti fiero di me, non tanto come Capopalestra, ma come la tua Erede, perché tu hai riposto in me tutto quello che sapevi e la tua fiducia! Essermi fatta battere da una ragazzina che sui Pokémon ha studiato solo come catturarli mi ha mandato in totale confusione, e tu non te ne sei nemmeno badato!» enfatizzò, mentre il suo eco incerto attirava l'attenzione di qualche Allenatore nelle sale soprastanti. Il vecchio osservava spaesato ma mite gli occhi accessi e infiammati di sicurezza di Ornella: sì, ne era sicura, aveva usato le parole più adeguate e corrette. Voleva solo sapere se all'uomo interessava che il suo progetto fosse stato distrutto o non gliene importava minimamente. Voleva che lo dicesse di suo, senza che glielo chiedesse esplicitamente per quanto quella tacita questione era stata posta abbastanza chiaramente. 
«Mi stai forse dicendo che vorresti che me ne dispiaccia? Che vedermi così impassivo nei tuoi confronti ti abbia confusa?» la bionda annuì temendo che fosse un rimprovero, ma comunque in modo deciso. «Normale che non ci sia rimasto bene, cara» disse sorridendo mesto «Ma nemmeno essere arrabbiato con Serena o con Calem, ci hanno provato e uno di loro è riuscito nell'impresa. Tu non saresti lieta?» 
«A me va benissimo così. Io non vorrei che della mia perdita non ti interessasse perché... solo l'essere apprezzata nel mio piccolo mi rende felice!». Quel sorriso che le si dipinse in volto non era che il primo di una lunga, lunghissima storia. 
   
 
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