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Autore: Rowan936    02/11/2013    6 recensioni
« Papà! Papà, guarda che cosa ho trovato! »
Il principe si voltò in direzione del bambino che, ricoperto di polvere dalla testa ai piedi, sventolava quella che aveva tutta l’aria di essere una bella foto.
Ma dov’era stato per sporcarsi in quel modo?
« Dove l’hai presa? » domandò, ancora prima di aver degnato l’oggetto, che il piccolo esibiva come un trofeo, di una sola occhiata.
« In soffitta! Stavo cercando il tesoro, Billy mi ha detto che nelle soffitte ci sono i tesori! » spiegò Goten, entusiasta.
Vegeta sbuffò.
« Non c’è proprio niente in soffitta, solo polvere e vecchi scatoloni. »
« Oh. » fece il piccolo, deluso. Dopo qualche istante, però, gli era tornato il sorriso e aveva ripreso a sventolare la foto sotto il naso del padre, per poi arrampicarsi sul divano e sedersi accanto a lui. « Papà, guarda che bella la signora in questa foto! »

***
Goten trova in soffitta una foto di Bulma e Trunks. La reazione di Vegeta, nel vederla, non sarà molto entusiasta, anzi, senza pensarci, caccerà il bambino di casa. Cosa succederà?
[Fa parte della serie "My son"]
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goten, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'My son'
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Angolo autrice:
 
Visto il mio vergognoso ritardo nell’aggiornare – al solito -.- – ho deciso di pubblicare un altro piccolo missing moment, sempre ambientato tra il prologo e il primo capitolo della long “You’ll always be my son” – tra l’altro, questo titolo non mi piace per niente lalala.
Coooomunque, qui abbiamo un Vegetaamoremio particolarmente suscettibile e un Gotenino ancora più dolciUoso del solito. Ok.
Ah, e per chi ce lo vuole vedere c’è qualche accenno di Bulma/Vegeta, ma poca roba ^^
Forse, FORSE, c’è un po’ di fluff, ma parlando di Vegeta – che, diciamocelo, è l’anti-fluff per eccellenza – non sono sicura che possa essere definito così. La ragione di tutte queste informazioni? Ignota pure a me, dovevo solo riempire lo spazio autore con qualcosa ^^”
Niente, grazie a tutte le anime pie (?) che seguono la long e a tutti coloro che avranno la pazienza di leggere questa OS e segnalarmi qualche errore che – ci scommetto – mi sarà sfuggito.
Buona lettura :)
 

 
 
 
~ Sparisci immediatamente!
 

Vegeta guardava un film d’azione con aria poco interessata, trovando orribilmente antiquate tutte quelle attrezzature che i terrestri usavano per ammazzarsi.
Insomma, armi rudimentali come dei fucili non avrebbero mai potuto scalfire un Saiyan.
« Papà! Papà, guarda che cosa ho trovato! »
Il principe si voltò in direzione del bambino che, ricoperto di polvere dalla testa ai piedi, sventolava quella che aveva tutta l’aria di essere una bella foto.
Ma dov’era stato per sporcarsi in quel modo?
« Dove l’hai presa? » domandò, ancora prima di aver degnato l’oggetto, che il piccolo esibiva come un trofeo, di una sola occhiata.
« In soffitta! Stavo cercando il tesoro, Billy mi ha detto che nelle soffitte ci sono i tesori! » spiegò Goten, entusiasta.
Vegeta sbuffò.
« Non c’è proprio niente in soffitta, solo polvere e vecchi scatoloni. »
« Oh. » fece il piccolo, deluso. Dopo qualche istante, però, gli era tornato il sorriso e aveva ripreso a sventolare la foto sotto il naso del padre, per poi arrampicarsi sul divano e sedersi accanto a lui. « Papà, guarda che bella la signora in questa foto! »
Il principe dubitava che una tizia presa da qualche rivista potesse destare il suo interesse, ma decise di dare comunque un’occhiata, giusto per accontentare il moccioso e fare in modo che decidesse di levarsi finalmente dai piedi.
« Dammi qua. » sbuffò, strappandogli l’oggetto dalle mani. Quello che vide, però, non era ciò che si aspettava. La foto rappresentava Bulma, intenta a tenere in braccio il piccolo Trunks, fissandolo con amore, mentre un enorme sorriso le illuminava il volto.
Deglutì, nel tentativo di sciogliere il nodo che gli aveva chiuso la gola, poi strinse forte la presa sulla foto, accartocciandola con rabbia.
« Ma papà! » protestò Goten, imbronciato. « Perché l’hai stropicciata? »
« Sparisci! » urlò il principe, gli occhi pieni di stupidissimi ricordi che avrebbe voluto cacciare via insieme al moccioso.
Il bambino lo fissò con gli occhi sgranati che si stavano rapidamente riempendo di lacrime, non comprendendo il motivo di tanta rabbia.
« M-ma papà… » mormorò, il labbro inferiore tremante.
Vegeta, tuttavia, era troppo preso dal viso sorridente di Bulma che continuava a balenargli davanti agli occhi, insieme all’immagine di suo figlio di appena un anno, per far caso a come stesse trattando Goten, così gli urlò ancora: « Sparisci dalla mia vista! Vattene via da qui, immediatamente! »
Il bambino lo fissò ancora per qualche istante, poi corse via, in lacrime.
Allora Vegeta si lasciò cadere con la schiena contro il divano, cercando d’ignorare la fitta che gli squarciava il petto. Senza pensarci, prese a lisciare la foto, osservando i lineamenti di Bulma, così giovane e bella, così spensierata, ignara del fatto che di lì a qualche mese sarebbe morta. Posò lo sguardo sull’immagine del figlio, quel bambino minuscolo e ridente che allungava le manine verso la macchina fotografica, come a voler afferrare quello strano oggetto mai visto prima. Lui non aveva vissuto, non aveva fatto nulla per meritare di morire. Mentre lui, il Principe dei Saiyan, che era stato uno spietato assassino, aveva torturato e ucciso milioni d’innocenti, era sopravvissuto.
Perché io e non loro? Si era chiesto una notte, nel desiderio comune a ogni padre, quello di proteggere la sua famiglia. Ma lui non ne era stato in grado, perché non sapeva cosa volesse dire avere una famiglia. Aveva passato così poco tempo con Bulma e ancora meno con il figlio, ma li amava entrambi. Possibile che fosse in grado di amare gli altri solo dopo averli persi?
Pensò anche a Mirai Trunks, il figlio venuto dal futuro, quel ragazzo cresciuto senza padre che aveva tentato di avvistare un briciolo di affetto nel suo sguardo, trovandovi solo buio. Aveva provato a vendicarlo, dopo che Cell l’aveva ucciso, ma aveva fallito miseramente. Idiota e incapace, ecco cos’era.
Idiota e incapace.
 
-
Goten corse fuori da casa sua, lanciandosi uno sguardo alle proprie spalle, nell’infantile speranza che suo padre lo avesse seguito per fermarlo e dirgli che fosse tutto uno scherzo. Solo uno scherzo. Ma non era successo, così il bambino aveva spiccato il volo.
Aveva solo sei anni, ma suo padre aveva iniziato ad allenarlo quando ne aveva cinque, quindi era perfettamente in grado di volare e azzerare la propria aura, ormai. Diede sfoggio di quest’ultima capacità non appena fu atterrato nella spiaggia dove una volta era andato con il suo papà, che aveva accontentato la sua richiesta di andare al mare. Era un luogo isolato, nessuno a parte loro che sapevano volare avrebbe potuto raggiungerla, ma al piccolo non importava: quel posto gli piaceva perché gli ricordava la giornata trascorsa con il suo papà, nient’altro.
Aveva azzerato la sua aura non perché non volesse farsi trovare, ma perché aveva infantilmente paura che il solo percepire il suo ki potesse dare fastidio al suo papà.
Si sedette sulla sabbia, disegnando piccoli cerchi con le dita e rimase lì, ad aspettare nemmeno lui sapeva cosa. In fondo, era solo un bambino ed era appena stato cacciato di casa, cosa avrebbe dovuto fare?
 
-
Era ormai mezzogiorno e mezza, quando Vegeta, dopo due ore trascorse a rimuginare sul passato, si decise ad alzarsi, per preparare il pranzo. Aveva infilato la foto in un cassetto nella sua stanza, nemmeno lui sapeva perché, forse per non dimenticare. Come se fosse possibile, poi.
Lanciò un’occhiata alla porta della cucina, chiedendosi dove fosse finito il moccioso. Ormai si era pentito di averlo trattato così: in fondo, non era certo colpa sua, lui non poteva sapere.
Uscì in giardino, mentre il pranzo cuoceva, credendo che fosse lì a giocare. Non si sarebbe scusato, ovviamente, ma avrebbe ignorato l’accaduto, facendogli intendere che fosse tutto a posto.
« Moccioso! » chiamò, con voce autoritaria, mentre l’odore del cibo iniziava ad espandersi nello spazio circostante.
Nessuna risposta.
Il principe inarcò le sopracciglia, stranito: di solito non ignorava i suoi richiami. Magari, era offeso per quanto accaduto. Quest’ultimo pensiero, lo fece sbuffare lievemente.
Si concentrò, alla ricerca dell’aura del bambino, ma non la trovò da nessuna parte. Strano, doveva averla azzerata per non farsi trovare.
Ringhiò sommessamente, tornando dentro casa.
Quando avrebbe avuto fame, sarebbe tornato indietro da solo.
 
-
Goten iniziava a sentire lo stomaco brontolare, mentre il caldo iniziava a farsi opprimente.
Si tolse la maglietta, gettandola alle proprie spalle, e fece lo stesso con gli altri vestiti e le scarpe, tenendo solo le mutande. Lanciò un’occhiata ai disegni, ormai semicancellati dal vento, che aveva fatto sulla sabbia, per poi correre verso l’acqua e gettarvisi dentro.
Sguazzò vicino alla riva per un po’, poi prese a guardare il cielo con aria triste.
Perché il suo papà non era ancora venuto a prenderlo? Uffa, era ancora tanto arrabbiato?
Il suo stomaco emise un sonoro brontolio e il bambino arricciò le labbra.
Aveva anche fame, accidenti.
Quando un pesce gli sguazzò accanto, Goten pensò che magari avrebbe potuto pescarlo e mangiarlo, ma subito dopo si rese conto di non essere in grado di cucinarlo. E, comunque, non gli piaceva l’idea di mangiarsi quell’animaletto tanto carino.
Non gli restava che aspettare il suo papà.
 
-
Vegeta tamburellò velocemente le dita sulla poltrona.
Erano le cinque e mezza del pomeriggio, ma Goten non si era ancora fatto vivo. Non era da lui tenere il muso così, era uno che dimenticava subito i torti subiti e non serbava rancore. Inoltre, era assolutamente intollerante alla fame, quindi non si spiegava come mai non fosse tornato a mangiare.
Per la millesima volta, si concentrò per trovare l’aura del bambino, che risultò azzerata.
Digrignò i denti, mentre i muscoli delle sue gambe ebbero un guizzo, come a volerlo costringere a cercare il figlio.
E lo avrebbe anche fatto, non fosse stato per il suo orgoglio, che gli urlava come lui non dovesse assolutamente abbassarsi a rincorrere un moccioso in giro per il pianeta.
Fissò le lancette dell’orologio. Le cinque e trentuno.
Certo, forse avrebbe anche potuto decidersi a cercarlo… Insomma, si era ridotto a fare da mammina al figlio di Kakaroth, che senso aveva parlare ancora di orgoglio? E poi, se lo avesse trovato, avrebbe potuto punirlo ben bene. Innanzitutto, lo avrebbe mandato a letto senza cena. Poi, il giorno dopo, lo avrebbe sottoposto al doppio delle ore di allenamento, non lo avrebbe portato al parco e lo avrebbe tenuto in casa per una settimana, ecco. Così gli sarebbe passata la voglia di andarsene in giro senza il suo permesso.
Allietato da quella prospettiva, Vegeta si alzò in piedi e uscì di casa, deciso a setacciare tutto il mondo se fosse stato necessario.
 
-
Goten aguzzò la vista, seguendo la lucertola con lo sguardo.
Sorrise lievemente e si mise a gattoni, deciso a inseguire l’animaletto che sembrava essere il suo unico compagno di giochi.
Quando l’animaletto sgusciò via, infilandosi tra la fitta vegetazione alle spalle della spiaggia, però, il bambino si sedette a gambe incrociate con aria afflitta.
Erano passate tante ore, ma il suo papà non era ancora venuto a prenderlo. Allora doveva essere proprio arrabbiato… Non pensava certo che, avendo azzerato la propria aura, il Saiyan non potesse rintracciarlo.
Ormai gli era passata anche la fame, ma si stava annoiando da morire: doveva assolutamente trovare qualcosa da fare.
Con aria pensierosa, alzò lo sguardo sugli alberi alle sue spalle e il suo volto infantile si aprì in un sorriso luminoso: si sarebbe arrampicato, come le scimmie che aveva visto una volta allo zoo.
 
-
Vegeta ringhiò di frustrazione, continuando a setacciare la città in volo.
Niente da fare: aveva guardato ovunque, in tutti i posti in cui era solito portare Goten, ma quello sembrava svanito nel nulla.
« Dannato moccioso, se lo becco…! » ringhiò, nascondendo persino a se stesso che più che arrabbiato fosse solo preoccupato: insomma, Goten aveva solo sei anni, poteva anche essergli successo qualcosa… Non che non avesse la forza necessaria a difendersi, ma non l’avrebbe mai sfoderata sapendo di poter far male a qualcuno.
Sbuffò, spazientito.
« Ma guarda te cosa mi toc– »
S’interruppe quando avvertì l’aura di Goten aumentare, all’improvviso.
Era su quella stupida spiaggia, dove lo aveva portato qualche tempo prima!
Maledicendosi per il senso di sollievo che lo colse all’improvviso, si trasformò in Super Saiyan e accelerò più che poté, giungendo alla spiaggia in pochi minuti.
Posati i piedi a terra, tornò allo stadio normale, mentre quello che era senza dubbio il pianto isterico del figlio gli trapanava le orecchie.
Guardandosi rapidamente intorno, individuò il bambino seduto ai piedi di un albero, con aria disperata.
Che si fosse fatto male? Ma come avrebbe potuto, lì non c’era nulla di pericoloso per un Saiyan.
« Moccioso! » lo richiamò, avvicinandosi a grandi passi.
Goten interruppe il suo pianto e sul volto umido di lacrime gli si disegnò un enorme sorriso.
« Papà! » esclamò, correndogli incontro e abbracciandolo. « Non sei più arrabbiato! »
« Che hai da frignare? » domandò il Saiyan, cercando di convincersi che, no, la sua non fosse affatto preoccupazione.
Gli occhi del bambino tornarono a riempirsi di lacrime e prese a piagnucolare: « I-io… Non l’ho fatto apposta… Non volevo… Papà, ho schiacciato un uccellino! »
Vegeta si trattenne a stento dall’urlare una serie di imprecazioni contro chiunque avesse conosciuto. Maledetto moccioso piagnone che andava a preoccuparsi di insulsi animaletti!
« E quindi? » domandò, a denti stretti.
Goten gli prese la mano e lo tirò per un braccio, fino a condurlo nel punto dove si trovava prima e dove era ben visibile un uccellino con un’ala evidentemente spezzata, che tentava invano di rialzarsi in volo.
« Non l’ho fatto apposta, sono caduto… » piagnucolò il bambino. « Volevo solo accarezzarlo, non l’ho fatto apposta… »
Vegeta sbuffò sonoramente.
« Non m’interessa, andiamo via. Sei stato anche troppo in giro, moccioso. »
« Ma papà! » protestò Goten, guardandolo con aria implorante. « Non possiamo lasciarlo qui! Gli ho fatto male, papà! »
Il Saiyan adulto si massaggiò le tempie con i polpastrelli degli indici, frustrato.
Quello che stava per fare avrebbe spedito il suo orgoglio ancora più in basso di quanto già non fosse. Probabilmente, a ben pensare, non lo aveva neanche più, il suo orgoglio.
Lanciando un’occhiata omicida all’animaletto a terra, si accucciò, avvicinando il palmo al corpicino tremolante. Sotto lo sguardo meravigliato di Goten, dal palmo del principe fuoriuscì una luce azzurrina e, dopo qualche istante, l’uccellino fu come nuovo, pronto ad alzarsi in volo.
Vegeta si alzò in piedi, ringhiando: « Contento, moccioso? »
Goten, dal canto suo, osservò l’uccellino volare via, sorridendo a trentadue denti, poi rivolse il proprio sguardo ancora umido di lacrime al padre, esclamando: « Grazie, papà! Ma come hai fatto? Voglio imparare anch’io, voglio curare gli uccellini! »
« Io non curo gli uccellini, chiaro?! » sbottò il principe, incrociando le braccia.
Fissando il bambino che, imperterrito, continuava a sorridere, prese a meditare la giusta punizione per la sua fuga di casa. Tecnicamente, era stato lui a cacciarlo, ma questi erano solo dettagli, ovviamente.
« Sei il papà migliore del mondo! » esclamò sinceramente Goten, appendendosi al suo collo come per prendersi in braccio da solo.
Stretto in quella presa carica di affetto, Vegeta, senza sapere come, dimenticò tutte le fantasiose punizioni che aveva macchinato dalla fuga del figlio.


 
  
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