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Autore: Symphonia    03/11/2013    3 recensioni
Dal cumulo di neve, emerse un’esile figura. Era gracile, infreddolita e confusa, per non dire spaventata.
Non sapeva dove andare e non ricordava che il suo nome, ma era un’informazione abbastanza inutile.
La luna piena che risplendeva come la più bella delle regine in quella notte così limpida, era l’unica cosa che le diede conforto.
Si girò di scatto e lo scrutò coi suoi occhi color ambra. Sembrava il figlio della signora Neve e del signor Ghiaccio.
“Puoi vedermi?” domandò con un sorriso scettico.
“E perché non dovrei? Sei forse un fantasma?”
“No. Io sono Jack Frost.”
[STORIA SOSPESA]
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Cinque Guardiani, Jack Frost, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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        Dal cumulo di neve, emerse un’esile figura. Era gracile, infreddolita e confusa, per non dire spaventata.
Non sapeva dove andare e non ricordava che il suo nome, ma era un’informazione abbastanza inutile. Si risvegliò in mezzo ad una radura, a pochi passi da lì c’era un laghetto ghiacciato, più in là ancora doveva esserci un villaggio. Come lo sapeva? Beh, il suo istinto glielo suggeriva.
Si mosse, camminò e il freddo scivolava via dal suo pigiama bianco che portava con una spalla scoperta, lasciando cadere malamente una manica. Le pesanti calze di lana arrotolate non si stavano inzuppando, ma lei non se ne rese conto.
Camminava senza una meta precisa, lo sguardo cristallino perso nel vuoto.
Stava per piangere. Si sentiva triste, vuota, senza ragione di esistere. Si poneva così tante domande, ma non sapeva rispondere neanche ad una. Si augurava in cuor suo (sperando di avercelo ancora, un cuore) di trovare le risposte oltre al laghetto ghiacciato, oltre le fronde del bosco.
Ricominciò a camminare e si fermò al centro del lago. Stranamente, non sentiva il gelo che si annidava sotto i suoi piedi.
Quanto tempo rimase lì immobile, non lo seppe nemmeno lei, ma la luna piena che risplendeva come la più bella delle regine in quella notte così limpida, era l’unica cosa che le diede conforto.
D’istinto, chiuse gli occhi. Immaginava nel silenzio i suoni e le voci di quando quel posto prendeva vita grazie alle persone. E poi una musica. Una musica fluttuava nell’aria, le sue note armoniose riecheggiavano nella sua testa. Canticchiando quella familiare melodia, danzò sul ghiaccio come se fosse la cosa più naturale del mondo. Non scivolò nemmeno una volta. Forse perché ad ogni singolo passo, fluttuava elegantemente in aria. La melodia incalzò, la coreografia divenne sempre più decisa e intricata e la sua risata echeggiava tra il vento e gli alberi.
Oramai la ragione non la guidava più, solo l’istinto, le sue emozioni la trascinavano. Non desiderava più andarsene da quel posto.
Poi susseguì un rumore sgraziato ed assordante che rovinò il sonno delle famigliole lì residenti e le fece volare via. Lei invece non sapeva se imitarli e scappare o se era il caso di dirigersi verso quello che sembrava un chiaro brusio di persone. Scelse la seconda ed uscendo dal boschetto ciò che le si presentò era sicuramente tutto, fuorché qualcosa di familiare. Case scure, enormi e dall’aspetto pesante, luci accese senza fuoco, un terreno nero e duro, carrozze a quattro ruote che si muovevano a gran velocità. Non sapeva perché, ma lo scenario che le si presentò le era del tutto estraneo e la spaventava.
Avrebbe voluto correre via, ma i suoi piedi erano piantati nel suolo biancastro, incapaci di muoversi. Si guardava nervosamente intorno, voltava la testa ad ogni minimo rumore e guardava la folla che si accalcava vicino ad una di quelle carrozze con grande ansia. Non capiva cosa stava succedendo, ma era piuttosto allarmata. Chi non lo sarebbe stato vedendo del fuoco uscire da una carrozza?
“Non ti preoccupare. E’ un incidente, ma non si è fatto male nessuno.” la rassicurò un ragazzo, comodamente appollaiato su un lampione.
Si girò di scatto e lo scrutò coi suoi occhi color ambra. Era un ragazzino esile, non al disopra dei 15 o 16 anni, vestito con un semplice maglione blu col cappuccio e i pantaloni marroni trasandati. Stava giocherellando col suo bastone. La cosa che la colpì di più era il colore bianco-argenteo dei suoi capelli e quel blu innaturale negli occhi. Sembrava il figlio della signora Neve e del signor Ghiaccio. Non poté non sorridere a quella somiglianza.
Notando che lo fissava da parecchio tempo, il ragazzo capì che la ragazza dai capelli chiari poteva vederlo. Scese con un vivace balzo e atterrò con la leggerezza di una piuma.
“Puoi vedermi?” domandò con un sorriso scettico.
“E perché non dovrei? Sei forse un fantasma?”
“No. Io sono Jack Frost.” si presentò lui con un certo orgoglio.
Da quando era diventato una Leggenda e i bambini credevano in lui, potendolo così vedere, Jack si sentiva molto più soddisfatto e orgoglioso di quel che era diventato. Ora che esisteva realmente, quasi si meravigliava che qualcuno non lo conoscesse. Scrutando la ragazza, constatò che forse era un po’ troppo grande. Era proprio quel fatto che lo meravigliava. Di solito chi era troppo adulto o non credeva in lui, non lo poteva vedere.
“Spiacente, ma non mi dice proprio nulla…”
Quella frase confermò la sua ipotesi e lo lasciò con una certa amarezza in bocca. Voleva, però, poterle spiegare chi era.
“Mai sentito ‘chiuso per neve’?”
“Temo di no.”
“Come no?? Si può sapere da dove vieni?” domandò stupito, che una ragazza dell’età di una studentessa, non sapesse cosa fosse.
In tutta risposta, lei indicò il boschetto alle sue spalle con uno sguardo interrogativo. Aveva preso la domanda troppo seriamente.
Pensò che forse quel tale Jack poteva darle delle risposte. Non ebbe il tempo di chiedergli nient’altro, che delle persone vestite con abiti inusuali e dei cappelli rossi stavano correndo verso di lei. Li avrebbe fermati, ma questi la sorpassarono, come se non ci fosse. Capì che si trattava dei soccorritori, ma non riusciva a comprendere perché non le avessero degnato nemmeno uno sguardo, nemmeno per dirle di togliersi di torno. Confusa, notò con un certo ritardo che un terzo le era proprio passato nel mezzo, rendendola aria illusoria, un fantasma.
Jack la guardò con meno stupore di quanto ne provasse lei. Con una certa rapidità, prese coscienza di come stessero le cose. Era diventata come evanescente, invisibile agli occhi delle persone.
Vive.
“Sono morta…?” sussurrò con le lacrime agli occhi.
Jack Frost rimase appoggiato al suo bastone pensieroso. Possibile che quella ragazza sarebbe stata una nuova Leggenda? Scacciò da subito l’idea che Pitch potesse riapparire così presto dopo la loro vittoria. Non poteva essere.
Un senso di solidarietà però lo univa a quella ragazza ormai in lacrime. Anche lui aveva vissuto la medesima situazione per 300 anni. Non gli era affatto piaciuta. Sapendo cosa si provasse, le si avvicinò.
“Non mi hai detto come ti chiami.”
“Sylvette…”
Lui annuì e con un sorriso, le tese la mano. Titubante, la ragazzina la afferrò. Era pallida, fredda, ma allo stesso tempo emanava uno strano tepore. Il suo tremore cessava piano piano, quando udì lo Spirito della Neve mormorarle una frase. Espirò e chiuse gli occhi.
Era più calma adesso.
Adesso apriva gli occhi con serenità e, a cavallo delle correnti d'aria invernali, volava sopra la città.
   
 
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