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Autore: Angel with a Shotgun    03/11/2013    1 recensioni
Anastasia è una ragazza diciassettenne, che ha vissuto la maggior parte della sua vita in solitudine. Le uniche persone che le stanno vicine sono Pierre, suo fratello maggiore, Lara, sua madre e Gregor, suo caro amico. Lei e suo fratello non avevano mai conosciuto loro padre, solo vaghi ricordi non definiti. Poi se n'era andato. Sua madre diceva che era stato obbligato, ma, i due fratelli, non ci credevano molto. Nemmeno potevano immaginare chi fosse loro padre.
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Annabeth Chase, Percy Jackson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Non sono mai stata una ragazza popolare, non sono mai stata la sfigata di turno, quella di cui si prendono tutti gioco. Sono sempre stata la via di mezzo. “carina ma non bellissima” “decisa ma non troppo”. E io davvero non sopporto essere così. Le persone di queste generazioni ti giudicano solo in base a come ti vesti, o a come ti atteggi, non pensano a come uno sia dentro, o a come si senta. Ho sempre preferito la chitarra ai suoni computerizzati, vestiti larghi e comodi ai vestiti attillati, i jeans alle gonne, un cd ascoltato in camera alle discoteche. Per questo tutti mi consideravano “la via di mezzo”. Oltre alla solitudine, alla mancanza di autostima, ero anche perennemente nel mirino dei prof. Ho sempre avuto, come mio fratello, una strana forma di dislessia: mentre cerco di leggere una frase, le parole di essa, si mettono a roteare, rendendomi impossibile la lettura. Io e mio fratello ci consideravamo fortunati però : era una cosa che ci aveva lasciato nostro padre. Comunque, per questo mio problema, i prof mi interpellavano sempre, chiedendomi di leggere, mettendomi in soggezione con tutti i miei compagni.
L'unica persona che mi sta vicino è Grover, un ragazzo che, come me, ha dei problemi che lo rendono “la via di mezzo”. Lui ha un problema alle gambe, di conseguenza usa le stampelle. Ma non esagero quando dico che mi fa ridere più di chiunque altro. 
Tutti i giorni, dopo le lezioni, io e Grover aspettiamo in biblioteca che mio fratello finisca i vari corsi : lui, essendo più grande di noi di due anni, fa dei corsi di specializzazione, che noi ancora non facciamo.
Quel pomeriggio Grover non era potuto restare, ma non era la prima volta. Ad un certo punto iniziarono a cadere tutti i libri e la bibliotecaria era sparita. Mi alzai, guardandomi intorno : nessuno.
Una vecchiaccia si avventò su di me, io mi abbassai, schivandola. Questa mi urlava contro, parole che non riuscivo nemmeno a capire, poi mi prese, e mi gettò addosso ad una libreria. 
L'ultima cosa che vidi era un ragazzo, con... Grover ? E poi l'azzurro, il fresco dell'acqua.
Ho sempre amato l'acqua, mi fa sentire a casa, sempre. Rimango nella vasca anche per ore, spesso rimango vari minuti in apnea. Anche mio fratello è così, da piccoli giocavamo nella vasca a chi tratteneva il fiato più a lungo. Vinceva quasi sempre lui.
Nostra madre diceva sempre che avevamo gli occhi di nostro padre, ma, a me, per quanto mi potesse far piacere, era come avere gli occhi di uno sconosciuto. Il che mi faceva sentire terribilmente stupida.
Mi sembrò di stare nell'acqua per minuti...Ore, forse. Poi mi svegliai, con Pierre che mi scuoteva agitato.
“oh” dissi mentre premevo la mano sulla testa, che sanguinava “che è successo?”
mio fratello guardò Grover e l'altro ragazzo, come per deviare la domanda a loro.
“Sei stata attaccata, An” mi rispose Grover “da una furia..”
Una furia? cos'era? Il personaggio di un gioco?
“Si beh, se aspettiamo che torni, magari con qualche amico, possiamo farci una festa, in questa biblioteca.” non avevo avuto l'occasione di guardare bene quel ragazzo prima d'allora. Alto, capelli scuri, occhi chiari. Somigliava incredibilmente a Pierre. 
“Portiamola al campo.” gli disse Grover “subito”
“Non è meglio portare anche il ragazzo?” 
“No. Per ora no.”
Quei due stavano parlando come se io e mio fratello non fossimo presenti, il che mi faceva venire il nervoso. Prima che io potessi aprire la bocca e fargli un pò di domande, lo fece mio fratello.
“Ma di che razza di campo state blaterando, voi due? Dove volete portare mia sorella?!”
“Ogni cosa a suo tempo, dobbiamo avvertire sua madre. Muoviamoci.”
Appena cercai di alzarmi mi venne un capogiro, strinsi i denti e li seguì. Prendemmo un taxi fino a casa, poi, Grover, chiese all'autista di aspettare. Mi lasciarono in macchina con quel ragazzo.
“Come ti chiami?” mi chiese.
“Anastasia. Tu chi saresti?” gli risposi, con tono seccato, mentre cercavo di tamponarmi la ferita con la mano.
“Percy Jackson. Ti fa male?” perchè si interessava? 
“Solo un pò..” si strappò un pezzo della maglietta e me lo porse, poi si girò verso il finestrino, impaziente di vederli ritornare. 
Grover tornò, senza Pierre. Non mi diedero la minima spiegazione, guardavano la strada e si chiesero quanto tempo mancasse prima di arrivare alla foresta. Foresta? Una paura mi invase completamente. Un campo? era pieno di campi.
Pagarono il taxista e uscimmo. Un altro capogiro.
“Te la senti?” mi chiede Grover, con aria preoccupata.
“SENTIRMI DI FAR COSA? NON STO CAPENDO NULLA!” urlai, non ne potevo già più. E, se era uno scherzo, era di pessimo gusto.
“Dobbiamo attraversare un fiumiciattolo. Poi ti spiegheremo tutto.”
Camminammo per un pò prima di arrivare al fiumiciattolo. Grover e Percy mi tennero a spalla per tutto il tempo, ma, quando arrivammo al fiumiciattolo, scivolai su un sasso  bagnato e finì nell'acqua. Mi sentì cullata dalle piccole onde e che il dolore alla testa poco a poco se ne andava svanendo. Quando Percy mi alzò dall'acqua, mi sentì immediatamente più lucida, e i miei vestiti non erano bagnati. Percy mi guardava, con gli occhi sbarrati.
“Tu..” balbetto qualcosa, ma non ebbi il tempo di chiedergli di ripeterglielo che si era messo a correre, con la mia mano in mano. Fui  obbligata a rincorrerlo, altrettanto veloce.
Arrivammo ad una specie di arco, formato da due alberi che si intrecciavano. Percy mi tirò oltre quel passaggio. Camminammo ancora un pò in silenzio, le nostre mani si erano separate già da un pò. Quando mi girai, Grover aveva delle zampe di capra al posto delle gambe e delle stampelle.
“UN SATIRO?!”
“Ti spiegherà Chirone.” Grover, anche mentre mi parlava, non staccava gli occhi da Percy. Che stava succedendo?
Mi fermai. E dissi loro che non sarei andata avanti finchè non mi avessero raccontato la verità. Fu Percy a Parlare.
“Qualche anno fa, fui attaccato da una furia, come è successo a te, che mi accusava di aver rubato una folgore, la folgore di Zeus. Da quel momento la mia vita cambiò radicalmente. Scoprì che il mondo che fino ad allora conoscevo non era nulla in confronto a quello che realmente esiste. Scoprì l'esistenza degli dei, e che questi, a volte, fanno figli con gli umani. I così detti
 'semidei' o 'mezzosangue', io sono figlio di Poseidone, il Dio dell'acqua. E pure tu sei sua figlia.
Fu come se il mondo mi cadde addosso, sapeva che Percy non mentiva, aveva una faccia così seria, e quello che era successo poco fa nel fiume, e al fatto che io stava sempre così bene nel fiume, e la mia dislessia...
“E' per questo che sono dislessica?”
“come ben saprai, Poseidione è un dio della mitologia greca e, di conseguenza, la lingua madre di tutti gli dei è il greco. Quindi lo sanno leggere senza problemi, tu, essendo sua figlia, hai eriditato questa loro abitudine, così che non sai leggere le normali lettere.”
Il suo ragionamento non faceva una piega, eppure le pareva strano che al grande punto di domanda su suo padre ci fu una risposta così netta e così... Impossibile? Avrebbe pensato. Ma Percy aveva ragione, la sua vita ebbe un cambio radicale, in quel preciso momento. Ma quindi, se entrambi erano figli di Poseidone... Si girò verso Percy, e le sembrò fantastico, ma allo stesso momento orribile. Scoprire dell'esistenza di un fratello, così?
“Si, sono tuo fratello.” concluse lui, quasi come le avesse letto nel pensiero. “Ora muoviamoci. Chirone si starà preoccupando.”
Fu così che iniziò la mia nuova vita. Decisamente meglio di quella che avevo prima.
  
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