A
radioactive e alla mano curiosa di Roel.
«And I remember when I moved
in you
The holy dove was moving too
And every breath we drew was Hallelujah»
Il dolce mormorio
del ruscello era interrotto a tratti dal suono delle risa, eco delle montagne
che abbracciavano quello sprazzo di erba ancora verde sul quale erano stesi.
Una battaglia era in
corso: lui coglieva dei candidi ranuncoli
di montagna, si impegnava a intrecciarglieli fra i capelli color dell’oro; e
quanto più si concentrava ad attorcigliare quei gambi alle ciocche, tanto lei
si divertiva a scuotere il capo, facendoli cadere sul prato.
«Non ti regalo più niente…» borbottò Roel fingendosi
offeso, raccogliendo i fiori e infilandoseli dietro le orecchie, spargendo i
restanti sui vestiti.
«Non fare lo scemo!»
ridacchiò la ragazza, ripulendolo dai petali mentre lui si ostinava a
respingerla, scacciandola con dei gesti delle mani. Non era arrabbiato sul
serio, in tanti anni erano state poche le volte in cui Liv lo aveva visto
davvero irritato. Certo, litigavano anche loro, ma anche questo faceva parte
del rapporto che stavano lentamente costruendo.
«Smettila!» rise di nuovo
lei tirandogli un leggero schiaffo sul braccio, lasciandosi sfuggire un acuto
quando il suo fidanzato le afferrò il polso, atterrandola sulla schiena.
Sentiva il peso del corpo dell’altro sul suo, ma non abbastanza perché sentisse
male. Si guardarono negli occhi per alcuni secondi – le iridi verdi mischiate
in quel blu così intenso – e poi Roel sorrise,
chinandosi sulle labbra di lei. «Domani c’è la Mietitura…» soffiò su quella
bocca, e Liv s’irrigidì appena, affogando le dita fra i suoi capelli.
«Non parliamo di domani…» mormorò in risposta, cercando di rilassarsi, di
cancellare dal viso ogni segno che avesse potuto in qualche modo tradirla,
lasciando intendere all’altro che cosa in realtà lei avesse in mente di fare.
Non voleva parlargliene, sapeva che cosa sarebbe successo se lo avessero fatto,
e lei non voleva che lui si arrabbiasse o arrivasse a pensare che a lei non
bastava quello che lui aveva da darle: non
era per questo che aveva intenzione di vincere i giochi.
«E di cosa vuoi
parlare?» le chiese in un sussurrò, facendo leva sui gomiti per evitare di
schiacciarla – aveva sempre avuto il timore di farle del male in qualche modo,
motivo per cui non aveva sopportato nemmeno le piccole smorfie di dolore che le
erano sfuggite la prima volta che avevano fatto l’amore. Lui era così, il solo
pensiero di ferirla lo uccideva.
«Non parliamo…» replicò Liv, poggiando poi le labbra su quelle
di lui. Le loro bocche si unirono per qualche secondo, si accarezzarono e
sfiorarono con una lentezza maniacale, per poi staccarsi e rincontrarsi con più
foga e passione, lasciando che anche le loro lingue danzassero e facessero lo
stesso. Non fu un solo bacio: ne seguì un altro, e altri due ancora, una lunga
serie che a Liv parve infinita, esattamente come la durata di quel momento.
Sentiva solo il
respiro di Roel sul suo collo, le mani rovinate
infiltrarsi sotto le spalline del vestito mentre la stoffa scivolava sulle
spalle, scoprendole le clavicole e l’incavo fra i seni.
«Roel!»
lo rimproverò ridendo «Non possiamo, se arriva qualcuno?» domandò poco
convinta, stringendogli le spalle.
«Ci fa un applauso e
si ferma a godersi lo spettacolo»
«Cretino!» sibilò
tirandogli appena i capelli, sentendo l’altro scoppiare in una tenue risata:
non c’era niente all’infuori di loro respiri, del canto del rigagnolo che li
camuffava, e delle loro mani, di quel tocco bollente che ora le risaliva piano
la coscia, costringendola a piegare la gamba.
«Non passa mai
nessuno qui…» si giustificò il ragazzo sfiorandole la
clavicola con la punta del naso, facendola rabbrividire.
Liv avrebbe voluto
dirgli che era un bugiardo, perché in realtà quel luogo era conosciuto da
tutti, in città, ma per qualche motivo a lei oscuro si limitò a mormorare «…
no?», stringendosi ancora di più al corpo dell’altro.
«No…»
le fece eco il fidanzato «tu non lo sai cosa mi fai…»
soffiò piano sul quel collo pallido, compiacendosi del brivido che scosse il
corpo sotto di lui. Liv non lo sapeva davvero che cosa era in grado di fargli
provare, che effetto avevano le sue mani e il suo profumo su di lui. Il fiato
caldo di lei gli accarezzò il padiglione auricolare facendolo vibrare mentre le
sue mani le toccavano le cosce color madreperla, insinuandosi sotto la stoffa
di quel vestitino rosa che le ricadeva in maniera scomposta sulle braccia,
scoprendole di poco i seni.
«Roel…»
mormorarono quelle labbra, prima che lui le impegnasse in un bacio.
Avrebbe voluto
sentirla gridare il suo nome, intrecciare i loro corpi e vedere un po’ se alla
fine ognuno sarebbe riuscito a riprendere i propri pezzi, oppure se qualche
frammento dell’anima sarebbe comunque rimasta incollata all’altro, diventando
definitivamente parte di esso.
Sollevò le braccia
lasciando che Liv gli sfilasse la maglietta, lanciandole da qualche parte, in
un posto che al momento non riteneva importante, e poi le prese piano un piede
fra le mani, posando la bocca sulla sua caviglia. Le baciò il polpaccio e il
ginocchio, salendo lentamente verso la coscia, godendo di ogni tremito
dell’altra, della pelle d’oca e della unghie che gli graffiavano la schiena. La
sentì inarcarsi e sospirare quando finalmente le sue labbra le sfiorarono
l’inguine, facendole schiudere le gambe in un gesto involontario.
«Roel…»
pigolò scompigliandogli i capelli «così
mi uccidi».
Ma non era stato lui
a farla morire.
Roel aprì gli occhi
muovendo appena i piedi nell’acqua gelida del torrente, fissando l’albero
davanti a lui, oramai spoglio delle foglie. Si sentiva così anche lui: nudo e vuoto, come se Liv si fosse
portata via con sé non solo il suo sorriso, ma anche la sua pelle, lasciandolo
solo e infreddolito, dolorante e spoglio di ogni sentimento.
Ricordava quel
giorno, l’ultima volta in cui i loro corpi si erano incastrati perfettamente a
formarne uno solo. Ricordava i sospiri, le unghie di lei che affondavano nella
sua schiena ad ogni movimento del suo bacino. Le aveva fatto gridare il suo
nome, aveva lasciato che lei si prendesse pezzi di lui, e adesso li aveva persi
per sempre… persi
assieme a lei.
Non era nulla, non
aveva fatto niente di eclatante in vita sua, nessuno lo avrebbe ricordato, ma
una cosa gli era riuscita perfettamente, una sola: aveva amato una donna con
tutto se stesso, per sempre, ed ora ne stava pagando le conseguenze.
Si mordicchiò
l’interno della guancia cogliendo uno di quei ranuncoli cerei e perenni, gli
unici che si erano ostinati a non morire, a non abbandonarlo da solo in
quell’inverno.
Strappò i petali,
uno ad uno, lasciandoli cadere nell’acqua, osservandoli mentre venivano portati
lontani dallo scorrere del fiume: lontani da lui, da quello che gli
rievocavano.
Si era ripetuto
un’infinità di volte che se solo avesse saputo che quella sarebbe stata la loro
ultima volta, probabilmente avrebbe fatto in modo che fosse definibile come
tale. L’avrebbe resa diversa, avrebbe prestato più cura e attenzione ai
dettagli, rendendola memorabile, rendendola quell’ ultima volta che probabilmente Liv avrebbe voluto.
Così mi uccidi, gli aveva detto.
Una tacita
preghiera, una richiesta, forse.
Perché morire così,
fra i petali bianchi e il suo caldo respiro, sarebbe stato il paradiso.
“I poeti spesso descrivono l’amore come un’emozione
incontrollabile, che cancella la logica e il buon senso. È accaduto anche a me.
Non avevo previsto di innamorarmi di te, e immagino che nemmeno tu avessi
previsto di innamorarti di me. Ma quando ci incontrammo, fu subito evidente che
nessuno di noi due avrebbe potuto controllare quanto ci stava accadendo. Ci
innamorammo nonostante le nostre differenze, e nacque tra noi qualcosa di raro
e di stupendo. Secondo me, un amore così è unico nella vita, ecco perché ogni
minuto passato assieme è sigillato nella mia memoria. Non me ne dimenticherò
mai.
NICHOLAS
SPARKS”
| LE
PAGINE DELLA NOSTRA VITA|
• NdA;
Eccomi qui.
Non ho nulla da dire
a mia discolpa, questa è una palese Loel (Roel/Liv) un po’… pop-porno.
L’idea mi è stata
data da radioactive che ha recensito
l’altra Shot dicendo che avrei potuto pensare di fare
una fan fiction sul flash back di Roel… ed eccola
qua!
Non so come
sentirmi, davvero. In realtà non mi piace, ma niente di quello che scrivo mi
piace, quindi direi che è tutto perfettamente normale.
La canzone iniziale
è la famosissima Hallelujah, e siccome ci sono due versioni
tradotte io vi dico subito che intendo quel “moved in you” nel senso più letterale del termine. 8D
Ecco perché sta là
in alto, sì. Mentre la citazione finale è quella e basta: loro mi ricordano
troppo Noah ed Allie – i
protagonisti del libro che è anche film, e se non lo avete visto /fatelo/ – ,
non posso farci niente, scusatemi.
Per il resto non ho
nulla da dire, io li shippo e non faccio testo,
quindi addio.
Spero che a radioactive sia piaciuta, e che anche voi
abbiate apprezzato più di me.
Perdonatemi se
potete, altrimenti perirò nella Genna(?).
Il magnifico banner
– come sempre – appartiene a radioactive. Amatelo quanto me. ♥
Salut
~yingsu.
Ta ta ta ta…
pubblicità.
• Die
on the front page, just like the stars [ 72nd Hunger Games | Lyosha and Ariel Isaacs | DISTRETTO 8 ] di
radioactive.
• Blur [ Klondon | Klaus e
London | DISTRETTO 6 ] di Ivola.
• Senza di te
non posso sopportare il suono della pioggia. [SPIN-OFF 72nd Hunger Games | Mietitura Distretto 2 | Roel/Liv
] di yingsu.
• Sono stato fatto per amarti. [child!Roel/child!Liv | SPIN- OFF 72nd and 73rd
Hunger Games ] di radioactive.
•
When it’s
time to live and let die. [ Loel | Roel/Liv | SPIN-OFF 72nd
Hunger Games CAP. 13 ] di yingsu.